A cura di CdP Ricciotti.
Sebbene l’oggetto formale della fede soprannaturale sia l’autorità di Dio rivelante, anche la fede, per rapporto alle verità determinate cui aderisce, si distingue in divina e cattolica ed in semplicemente teologica o divina. Siffatta distinzione è espressa dal Concilio Vaticano quando accenna ai dogmi che si devono credere con fede divina e cattolica. Quindi, per intendere correttamente questo decreto conciliare, bisogna spiegare bene in che cosa differiscano le dette due maniere di fede. A tal scopo, si vuol notare che, quando un uomo è certo che una dottrina o un fatto è rivelato da Dio, sia perchè la rivelazione venne a lui immediatamente fatta (ps. il riferimento non è ai sedicenti “veggenti”, NdR), sia perchè ne ha così sicuri argomenti da non poterne dubitare, è tenuto a prestarvi intero consenso. Se il Magistero della Chiesa non ha pronunciato alcun giudizio decretorio intorno alla rivelazione medesima, allora l’obbligo di credere non si estende alla universalità dei fedeli, ma è ristretto all’individuo, al quale la rivelazione venne fatta, e che non ha una cognizione certa; e anche questo individuo, se mancasse al suo dovere di credere alla rivelazione suindicata, peccherebbe e sarebbe eretico in faccia a Dio; ma non soggiacerebbe alle pene dalla Chiesa inflitte contro gli eretici. Questa è la fede semplicemente divina e teologica. La fede che invece tutti gli uomini, non appena ne abbiano sufficiente cognizione, sono obbligati a prestare alle verità proposte a credersi dal supremo Magistero della Chiesa come da Dio rivelate, è fede non solo divina, ma altresì cattolica.
Posta questa distinzione, è facile individuare l’oggetto materiale della fede divina e di quella cattolica. Si noti che come l’oggetto formale della fede è l’autorità di Dio rivelante, così l’oggetto materiale di essa sono le verità determinate da Dio rivelate. Ora, oggetto materiale della fede teologica è ogni verità da Dio rivelata sia che essa riguardi Dio, le di Lui perfezioni, e i liberi di Lui decreti, sia che riguardi le cose create. Una dottrina, poi, per essere oggetto della fede cattolica deve anzitutto essere insegnata da Dio e da Gesù Cristo, o dai Profeti, dagli Apostoli, dai canonici autori divinamente ispirati; in secondo luogo deve essere proposta come rivelata dall’autorità della Chiesa. Il secondo di questi requisiti non può stare senza il primo, poiché avendo Gesù Cristo promesso alla Chiesa l’assistenza dello Spirito Santo che le insegni ogni verità e secondo essa la guidi, non può mai avvenire che la Chiesa dichiari come verità da Dio rivelata, quella che non è propriamente tale. Ciò fu definito dal Concilio Vaticano quando disse:
Si debbono credere con fede divina e cattolica tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio scritta o trasmessa per tradizione, e che dalla Chiesa o per solenne giudizio, o per ordinario universale Magistero vengono proposte a credersi come divinamente rivelate.
Per compiere la spiegazione di questo tratto della Costituzione Vaticana che stiamo esponendo, dobbiamo capire che cosa sia e come si eserciti il Magistero universale della Chiesa. A tale scopo, notiamo tre cose:
- Primo cioè che Gesù Cristo diede al Sommo Pontefice successore legittimo di San Pietro, ed ai Vescovi che tengono il luogo degli Apostoli, il diritto ed il dovere di istruire i popoli nelle verità da Dio rivelate, e che perciò i popoli hanno l’obbligo di aderire a questo altissimo infallibile Magistero con l’atto della fede.
- Secondo, che subito San Pietro e gli Apostoli, e dopo di loro i Sommi Pontefici ed i Vescovi, si dedicarono con zelo instancabile ad evangelizzare, ed estesero in ogni parte dei mondo la Chiesa. Cosi i popoli, aderendo alla parola dei sacri banditori, come “ricompensa” ricevettero la divina grazia e la vera fede.
- Terzo, che, all’insorgere di dubbi e controversie, i Sommi Pontefici, e con essi i Vescovi, dichiararono la verità soprannaturale da credersi, e riprovarono e condannarono gli errori e le empietà contrarie alla dottrina celeste.
Questa è semplice storia, e da essa capiamo ed impariamo che l’insegnamento non di uno o di un altro Vescovo, che può recedere (scrive “decampare”) dalla verità, ma l’insegnamento universale dei sacri Pastori subordinati al Sommo Pontefice Romano, come è mezzo infallibile stabilito dall’incarnata Sapienza per diffondere negli uomini la cognizione della dottrina rivelata, così basta perché la verità religiosa da esso propagata debba dirsi proposta a credersi dalla Chiesa, e debba, dagli uomini, accogliersi quale oggetto materiale della fede cattolica.
Il simbolo degli Apostoli, infatti, che ha legato in un solo vincolo di fede tutta la cristianità, non è che un compendio delle principali verità dogmatiche, predicate in tutti i tempi ed in tutti i luoghi dagli Apostoli e dai loro successori. Chi, anche prima dei grandi Concilii e delle pontifìcie definizioni, non avesse aderito a qualcuno (anche solo ad uno) degli articoli di detto simbolo, avrebbe peccato contro la fede, perchè avrebbe resistito all’universale ed ordinario Magistero della Chiesa. Con l’avanzare dei secoli, il Magistero universale ed ordinario della Chiesa non ha affatto perso la sua autorità ed efficacia, quindi ha sempre avuto la forza di dichiarare infallibilmente le verità da Dio rivelate e conseguentemente di obbligare gli uomini ad aderirvi con l’atto della fede. Con questo, si vuol vibrare con forza (scrive “inferire”) che tutte lo forme con le quali la Chiesa esercita il detto suo Magistero sono altrettanti argomenti che dimostrano con tutta certezza la celeste dottrina. La Chiesa prega, perciò, le formule deprecatorie da essa universalmente adottate, le quali sono testimonianza irrepugnabile della fede. La Chiesa insegna, dunque, il suo insegnamento riferito con unanime consenso dai santi Padri, esprime la verità soprannaturale.
La Chiesa amministra i santi Sacramenti, dunque la pratica sempre ed ovunque usata da essa in tale amministrazione, dichiara indubbiamente ciò che intorno ai medesimi Sacramenti si deve credere; la Chiesa esercita il culto divino, celebra le sacre solennità, e con questo esercizio, con questa celebrazione, in quanto sono universali, fa infallibilmente conoscere i relativi dogmi divini. Esprime l’autorità e l’infallibilità del Magistero universale della Chiesa in fatto di fede o di morale la celebre sentenza di Vincenzo Lirinese che dice:
Nella stessa Chiesa Cattolica dobbiamo avere grandissima cura di attenerci a ciò che da per tutto, a ciò che sempre, a ciò che da tutti è stato creduto.
Forsecchè il pio o dotto scrittore ha voluto, con tale proposizione, come pretesero i giansenisti, eccitare i fedeli a giudicare e contestare (scrive “a chiamare a sindacato”) le decisioni del supremo ecclesiastico Magistero, per giudicare se in qualche modo, a loro parere, si allontanino dalla dottrina rivelata professata indietro nel tempo, e si possano con siffatto pretesto rifiutare? Mai no: Anzi il Lirinese ha voluto premunire i fedeli contro gli errori serpeggianti, e a tal scopo ha dato loro per regola i caratteri che contraddistinguono il Magistero della Chiesa. Questo Magistero è antico quanto la Chiesa, anzi è la stessa Chiesa docente illuminata dallo Spirito Santo e assistita da Gesù Cristo; questo Magistero, quindi, come infallibile ed autorevole, ha insegnato sempre l’identica verità; sebbene sia venuto mano mano sviluppandola secondo il bisogno e l’opportunità, ed ha unito tutti i credenti nel e grazie al (scrive “mercé”) consenso alla verità medesima.
Quindi è chiarissimo (scrive “indi procede”) che realmente la dottrina proposta da questo Magistero è antica quanto la Chiesa perchè sempre identica a se stessa, è diffusa in tutto il mondo cattolico, ed è conosciuta e professata da tutti i cattolici. Ciò detto (scrive “in questo senso”), quindi, è verissimo che si deve credere ciò che sempre, dovunque e da tutti è stato creduto. Ma, per fare ciò, non si richiede altro che aderire semplicemente e con tutta fermezza al Magistero universale ed ordinario della Chiesa. La regola suggerita dal Lirinese tornerebbe di grande giovamento quando, su questo o quel punto determinato di cristiana dottrina, sorgesse controversia o la Chiesa non avesse ancora pronunciato la sua definizione. Allora come, in questa circostanza, dovrebbero regolarsi (scrive “contenersi”) i buoni cattolici che si trovassero nel bisogno di dover scegliere (scrive “appigliarsi”) all’una o all’altra parte? Dovrebbero, facendo quello che dice ancora il citato scrittore, seguire l’universalità, l’antichità, il comune sentimento.
Seguiremo, egli scrive ancora, l’universalità se professeremo quelle fede una e vera che da tutta la Chiesa nell’orbe terrestre è professata. Seguiremo l’antichità se non ci allontaneremo di un punto da quelle massime che dai santi nostri maggiori, e dai nostri padri notoriamente furono venerate. Seguiremo, infine, il comune sentimento se anche fra le antiche definizioni e sentenze adotteremo quelle che da tutti o quasi tutti i sacerdoti e maestri concordemente furono tenute.
Chi non vede che con questa regola il fedele intanto è sicuro, in quanto aderendo alla dottrina più antica, più universale, più comune, ha tutta la ragione di persuadersi di stare col Magistero universale ed ordinario della Chiesa?
Sii. La Chiesa, oltre ad insegnare con Magistero universale ed ordinario la verità rivelata, ed obbligare così gli uomini a prestare alle verità stesse il consenso della fede, in circostanze straordinarie, quando l’integrità del deposito della dottrina celeste e la salvezza spirituale del popolo cristiano il richiedono, pronunzia solenni giudizi coi quali definisce che questa o quella dottrina è da Dio rivelata, e condanna gli errori che sono contrari alla dottrina medesima. Questo giudizio solenne viene pronunciato o da tutta la Chiesa docente nei Concilii ecumenici in adunata, o dal Sommo Pontefice nella sua qualità di Maestro supremo di tutti gli uomini in ordine alla fede ed al costumi. E nell’uno e nel’altro caso il giudizio della Chiesa è infallibile e nessuno può pretendere di conservare la fede se non presta intero consenso alle verità da esso definite.
I solenni giudizi della Chiesa si distinguono in due classi. Alla prima appartengono quelli che si possono dire generali ed alla seconda quelli che possono appellarsi: particolari. I giudizi, o definizioni generali, riguardano un ordine intero di verità rivelate, le quali richiedono la piena adesione dell’animo.
Tali sono:
- 1° il giudizio col quale la Chiesa ha definito che i libri canonici e deuterocanonici con tutte le loro parti sono divinamente ispirati,
- 2° il giudizio col quale la Chiesa ha definito che le tradizioni da essa riconosciute e conservato come divine contengono la dottrina rivelata,
- 3° il giudizio con cui è dichiarata infallibile la dottrina dogmatica e morale dei Condili ecumenici dal Papa approvati,
- 4° il giudizio che ha stabilita l’infallibilità dei Sommi Pontefici Romani in materia di fede e di costumi,
- 5° il giudizio della infallibilità ed autorità del Magistero universale ed ordinario della Chiesa.
Questi giudizi solenni richiedono l’adesione del fedele a quanto per se stessi esprimono, e insieme a tutte le verità a cui si riferiscono. Per tal modo ci obbligano a credere la dottrina espressa dai singoli testi scritturali, e da tutte le tradizioni riconosciute divine dalla Chiesa, ci fanno un dovere di prestare il nostro consenso ai singoli dogmi che dai Concilii, dai Sommi, Pontefici e dall’universale ordinario ecclesiastico Magistero sono definiti ed insegnati. E veramente fa tutto questo il fedele quando dichiara (scrive “protesta”) di credere tutto ciò che crede la Chiesa.
A cura di CdP Ricciotti.
Tratto da Costituzione Dogmatica Dei Filius sulla Fede Cattolica, sancita e promulgata nella Sessione Terza del Sacrosanto Concilio Ecumenico Vaticano, spiegata dal Vescovo Pietro Maria Ferrè, Casale, 1874
Qui il testo della Dei Filius.
Eccellente compendio!
Chiarissimo finalmente il concetto che le definizioni “solenni” vengono usate in casi “straordinari”, di straordinaria necessità di difendere la fede.
Ma non significa che la Chiesa ed il suo Magistero siano infallibili SOLO IN QUELLE OCCASIONI!
Avremmo una infallibilità a singhiozzi, e solo nei casi urgenti e straordinari.
E nella vita ordinaria di fede e morale di tutta la Chiesa universale e di tutte le anime? Potenzialmente condotti in errore? Sostenerlo è accusare Dio!
La fede è così semplice: il magistero ordinario universale non può sbagliare. Punto.
Il Papa come pastore universale non può sbagliare. Punto.
Anche quando non c’è una situazione talmente grave da suggerire l’urgenza di una certa “solennità” ed anatematismi.
Se sbaglia, non è Magistero. Se sbaglia, non è Papa.
Così semplice!
Che poi è quello che sostiene il Concilio Vaticano.
Il Concilio Vaticano dice ESATTAMENTE questo.
È davvero surreale che oggi si debba assistere alla negazione di questo dogma elementare, così ben argomentato non solo nella definizione dogmatica del Concilio Vaticano, ma anche spiegato ESATTAMENTE, in questo stesso senso, negli atti del Concilio.
Inoltre Tadizione è Magistero, difatti da Gesù a Pio XII, il Magistero ha sempre insegnato, anche in questo caso, la medesima dottrina.
Un altro errore molto diffuso è il seguente:
“il Concilio Vaticano I ha fissato i limiti del magistero infallibile del Papa. Esso non può imporre nulla contro la Tradizione multisecolare della Chiesa, quindi, in caso di errore, il Magistero sta sbagliando e noi dobbiamo seguire la Tradizione”.
Ad una prima lettura, questa affermazione può sembrare sensata, mentre in realtà è perisolosissima.
Ma chi ci fa capire se il Magistero sta imponendo qualcosa contro la Tradizione? È il Magistero stesso che ci illumina, quindi è evidente che il Magistero non può andare, mai, contro la Tradizione.
Spiega, difatti, il Concilio Vaticano nella Terza Sessione, approvazione della Dei Filius sulla Fede cattolica, che è chiarissimo che realmente la dottrina proposta dal Magistero è antica quanto la Chiesa perchè sempre identica a se stessa, è diffusa in tutto il mondo cattolico, ed è conosciuta e professata da tutti i cattolici.
Ciò detto, è verissimo che si deve credere ciò che sempre, dovunque e da tutti è stato creduto. Ma, per fare ciò, non si richiede altro che aderire semplicemente e con tutta fermezza al Magistero universale ed ordinario della Chiesa.
Cerchiamo di espletare l’errore gravissimo insito in: “il Concilio Vaticano I ha fissato i limiti del magistero infallibile del Papa. Esso non può imporre nulla contro la Tradizione multisecolare della Chiesa …..”.
È vero sì che il Magistero non può imporre nulla contro la Tradizione, ma è altrettanto vero che è il Magistero stesso che è antico quanto la Chiesa, anzi è la stessa Chiesa docente illuminata dallo Spirito Santo e assistita da Gesù Cristo; questo Magistero, quindi, come infallibile ed autorevole, ha insegnato sempre l’identica verità.
Per concludere, essendo ora chiarissimo l’errore della proposizione che qui commento, il Magistero non si scaglia contro la Tradizione, ma SEMPRE la tramanda, come spiega il dogma.
Allora, in presenza di un Magistero difforme dalla Tradizione, l’atteggiamento da seguire non è semplicemente la ribellione, ovvero la radice dello scisma, ma l’indifferenza, interrogandosi sull’autorita’ promanatrice. La Chiesa ci insegna nella sua comunissima teologia che la presenza dell’errore dove non può esserci, è dimostrazione concreta di una disattesa assistenza, quindi di una privazione della giurisdizione (della sua assenza nel governo e nell’insegnamento), proprio come accade nelle apostoliche “chiese” separate.
Spero di essermi espresso con chiarezza.
La privazione della giurisdizione è anche decadenza dalla carica, nel caso di un papa eretico, non può infatti restare papa un eretico formale, ovvero colui che per sua scelta si mette fuori dalla Chiesa.
Questo non lo dico io ovviamente ma il Bellarmino, Dottore della Chiesa e molti altri.
In tale evenienza è ovvio che non può esserci prosaica indifferenza e basta, ma diviene necessario
opporre resistenza all’azione ereticale di chi in conseguenza del suo potere oggettivo impone dottrine eretiche e le diffonde tra tutti i fedeli.
Il Bellarmino stesso afferma infatti che in tale caso è la Chiesa stessa che deve punire l’eretico e deporlo.
Quando San Paolo resistette a San Pietro, non restò indifferente, anzi lo riprese perché era “reprensibile”.
Non è questione di scisma o ribellione è questione di servizio alla Verità, o se si preferisce di resistenza all’errore.
L’esempio poi delle Chiese separate non mi pare calzante in quanto la presenza delle stesse
è appunto il risultato di uno scisma enorme e non certo di una “indifferenza che si interroga sulla autorità”.
Oltre al Magistero Ordinario e Universale, esiste anche quello Ordinario Autentico (in cose cioè che non sono relative a dottrina rivelata, definito non infallibile, ma comunque sicuro e certo), al quale va dato l’assenso della volontà e dell’intelligenza, assenso interiore, non solo esteriore.
Quindi quelli che, sbagliando, credono che il CVII sia insegnato da una vera Autorità, DEVONO aderire a quelle dottrine anche interiormente.
Esiste il caso che uno abbia dei gravi dubbi di coscienza su questo tipo di Magistero (non certo su quello infallibile). Bene, anche in quel caso non è lecita la resistenza pubblica: “Se poi qualche dotto studioso avesse delle ragioni gravissime per sospendere l’assenso, può sospenderlo senza temerità e senza peccato, finché ricorra al giudizio del romano pontefice. Frattanto però anche per lui è necessaria l’ubbidienza esterna per evitare lo scandalo, e l’assenso interno quanto alla maggiore sicurezza di quello che viene comandato.” (Dall’opinione al domma del Cartechini, pag. 72)
Insomma, quelli che resistono pubblicamente, non potrebbero farlo neppure secondo le stesse leggi in cui credono.
Diverso è il caso in cui i teologi hanno previsto che si possa resistere pubblicamente anche al papa quando sbaglia da dottore privato, pecca personalmente o impone ubbidienza invitando a peccare, dilapida tesori della Chiesa non suoi etc. In tutte quelle situazioni cioè in cui non è coinvolto il Magistero stesso della Chiesa.
Qui invece, nel CVII, altro che se è coinvolto il Magistero: per questo la resistenza pubblica non è lecita per chi crede che quella sia l’Autorità, e per questo ritorniamo alle puntualizzazioni che hai ricordato che cioè è impossibile che il Magistero (in ogni sua manifestazione, Straordinaria, Ordinaria e Universale, Ordinaria Autentica ) neghi il Magistero infallibile e che quindi appunto quello non può essere Magistero e quelli non possono essere papi.
@Matteo, hai ragione di dire che è necessaria la denuncia e la resistenza, ma è possibile solo per coloro che credono che quella non sia l’Autorità, ma appunto decaduta e quelli degli usurpatori.
Mentre l’esempio di San Paolo non mi pare corretto, perché lì era Paolo che resisteva a un comportamento sbagliato di San Pietro che però manteneva intatta tutta la sua Autorità.
Qui invece, come ho detto sopra, è in gioco lo stesso Magistero, lo scopo stesso della Chiesa docente che non può in alcun modo insegnare l’errore ufficialmente!
OT tecnico
Ripeto ancora: clicco su Rispondi vicino al commento sul quale mettere il commento indentato, ma mi reinvia sul Rispondi generico, in fondo e così me li posta sempre alla fine dei commenti…
@Matteo, tu dici: “In tale evenienza è ovvio che non può esserci prosaica indifferenza e basta”.
E dici bene.
Tuttavia è necessario, per evitare di esternare un atteggiamento scismatico, considerare PUBBLICAMENTE anzitutto lo stato di privazione della giurisdizione, SOLO DOPO, si “resiste ordinariamente” all’usurpatore.
Diversamente si scandalizzano gli ingenui, manifestando ribellione ad una legittima autorità pontificia, e questo è il preludio dello scisma.
Non tornerò sull’argomento perché è troppo elementare ed è definito dalla Chiesa.
Grazie.
Interessante articolo per una persona che non mastica teologia come me. Mi permetto di dissentire sulla elementarità della questione, dal momento che la stragrande maggioranza di chi sostiene pubblicamente la posizione da te espressa, in anni passati non lo ha fatto, presentando poi (giustamente) le scuse per i vari errori (secondo loro) insegnati. Per molti di questi è impossibile parlare di ignoranza invincibile, dal momento che ai tempi avevano affrontato studi teologici approfonditi. Di elementare, dunque, mi par esserci molto poco, a giudicare dai vari cambi di rotta di queste persone. Cambi di rotta talvolta non terminati con quanto sostieni tu in questo articolo.
ottimo @Frank10. Dici benissimo. Grazie per i tuoi interventi.
Grazie per il commento.
Dove scrivevo “elementare”, intendevo commentare @Matteo e non “elementare in assoluto”.@Matteo, credo e spero per distrazione, sembra non aver capito il significato della parola scisma, che è invece MOLTO ELEMENTARE. Ecco perché intendevo dire “elementare”, non che la questione in sé sia semplice, ma anzi, è molto “coinvolgente”.
Allora:
“9. Tale giudizio però si avverta, spetta a quella eletta parte della Chiesa che si chiama docente, cioè insegnante, formata in prima dagli Apostoli, e poi dai loro successori, i Vescovi con a capo il Papa, ossia il Romano Pontefice successore di S. Pietro. Il Sommo Pontefice dotato da Gesù Cristo della medesima infallibilità, onde è fornita la Chiesa, e che gli è necessaria a conservare l’unità e punta della dottrina, quando parla ex cathedra, ossia come Pastore e Dottore di tutti i cristiani, può fare quegli stessi decreti e portare quegli stessi giudizi nelle cose che riguardano la fede e i costumi, i quali niuno può rifiutare senza scapitar nella fede. Può sempre esercitare la suprema sua potestà in tutto ciò che riguarda eziandio la disciplina e il buon regime della Chiesa; e tutti i fedeli debbono obbedirlo con sincero ossequio della mente e del cuore. Nell’obbedienza a questa suprema autorità della Chiesa e del Sommo Pontefice, per la cui autorità ci si propongono le verità della fede, ci s’ impongono le leggi della Chiesa e ci si comanda tutto ciò che è necessario al buon regime di essa, sta la regola della nostra fede”. dal CATECHISMO MAGGIORE
Dunque: “224 D. Chi sotto quelli che non appartengono alla comunione dei santi? Non appartengono alla comunione dei santi nell’altra vita i dannati ed in questa coloro che si trovano fuori della vera Chiesa. 225 D. Chi sono quelli che si trovano fuori della vera Chiesa?
Si trovano fuori della vera Chiesa gli infedeli, gli ebrei, gli eretici, gli apostati, gli scismatici e gli scomunicati. 230 D. Chi sono gli scismatici? Gli scismatici sono i cristiani che, non negando esplicitamente alcun domma, si separano volontariamente dalla Chiesa di Gesù Cristo, ossia dai legittimi pastori”.
Chi disobbedisce ordinariamente ai legittimi Pastori è in atteggiamento scismatico, poi scismatico se tale viene dichiarato dall’Autorità che egli riconosce legittima (cf. Mystici Corporis). Ecco perché dico che la questione è semplice e già definita dalla Chiesa.
Questo nella teoria espressa chiaramente, da sempre, dalla Chiesa.
Che cosa potrei aggiungere io? Nulla. E’ già tutto semplicemente spiegato dalla Chiesa, appunto in maniera elementare.
Spero di aver chiarito l’equivoco.
Non volevo apparire presuntuoso o offensivo. Se così non è stato, mi scuso.
Resto a disposizione.
🙂
Caro @frank10, l’esempio invece mi pare più che calzante e spiego perché:
Se è lecito (e doveroso) resistere pubblicamente a chi ha l’autorità ma sbaglia (come fece San Paolo) a maggior ragione è più lecito e doveroso resistere a chi ha persino perso anche l’autorità.
Oppure vogliamo sostenere che San Paolo ebbe un atteggiamento scismatico visto che San Pietro era suo legittimo superiore ???
Come vedi l’esempio è più che calzante perché espone un casus inclusivo e non esclusivo
nell’ambito della questione che stiamo esaminando, ovvero la resistenza all’errore di un superiore
(prescindendo dalla giurisdizione più o meno efficace o valida).
Non può essere ritenuto scismatico o eretico chi resiste all’errore del superiore eretico o scismatico, né si può pretendere di dover diventare eretici come Bergoglio per poter restare cattolici, non vi è alcuna volontà di separarsi dalla chiesa o di negare l’autorità del legittimo pastore in colui che resiste all’errore del medesimo, vi è invece la fermezza nella fedeltà e nella obbedienza che supera persino quella del suo superiore ed il suo umano rispetto, non si riscontra in ciò alcun atteggiamento scismatico.
La resistenza all’errore non è volontà scismatica quando si resiste anche al legittimo pastore che sbaglia, figurarsi quando si resiste ad un impostore eretico, questo anche è ELEMENTARE ed è ora di prenderne atto no?
Caro Matteo, quello che volevo dire sopra è che un superiore, anche papa vero e quindi con vera Autorità, finché si comporta male o si esprime da dottore privato E’ reprensibile anche pubblicamente, soprattutto se il fatto è già pubblico e genera scandalo.
Diverso è il caso in cui chi ha vera Autorità stia parlando a nome della Chiesa nel Magistero, magari anche non infallibile. Qui NON è lecita la resistenza pubblica!
A maggior ragione, quindi, come dici tu, chiunque abbia perso l’Autorità perché eretico, anche se “papa”, può e deve essere contraddetto pubblicamente.
MA SOLO a certe condizioni!! E questo è il nocciolo del mio intervento.
E queste condizioni sono che, quando è dottore privato e dà scandalo di comportamento, si può contraddirlo in ogni caso; INVECE se ha espresso o aderito a delle eresie tramite la forma del Magistero in qualunque sua forma, NON si può andargli contro pubblicamente SE PRIMA non si dichiara apertamente che lo si fa perché lui ha perso la sua Autorità a causa delle sue eresie e quindi quello che SEMBRA Magistero invece NON lo è!
In sostanza il tuo esempio non è corretto non per il fatto che San Pietro aveva l’Autorità e Bergoglio no, quindi a maggior ragione lo si può criticare, MA invece la chiave della mia frase era relativa al “comportamento sbagliato” di San Pietro che consentiva dunque il rimprovero anche se aveva l’Autorità (dato che non ha mai usato male del Magistero), MENTRE in Bergoglio NON è lecito farlo perché lui non sbaglia come comportamento (anche quello ovviamente…) ma soprattutto come DOTTRINA, come MAGISTERO (apparente): per questo non è lecito contraddirlo pubblicamente.
Lo si può (e si deve) fare invece DOPO averlo dichiarato decaduto per sua stessa colpa.
Ma siccome molti oggi credono che sia lecito contraddire pubblicamente il Magistero Autentico che impone invece addirittura l’assenso interiore di TUTTI (e non solo quindi i comportamenti scandalosi) , continuando a dichiarare che l’eretico avrebbe ancora l’Autorità a cui si dovrebbe obbedire, allora il tuo esempio genera confusione in chi non ha ben chiara la differenza tra dottrina privata/comportamenti e Magistero pubblico.
Un caro saluto.