renzi

di Massimo Micaletti

 

Prezzolini diceva, che mentre il progressista è l’uomo del domani, il conservatore è l’uomo del dopodomani. Ebbene, siccome si dice che quelli che ci hanno la fissa della famiglia naturale  sono conservatori quando non nazisti, fascisti, totalitari, criminali, feccia, ignoranti e via tollerando, allora mi sorge istintivo pensare al dopodomani, posto che il domani sarà la manifestazione del 30 gennaio al Circo Massimo.

In proposito faccio un doppio coming out, ben diverso da quelli che oggi come oggi vanno di moda: a Roma andrò e con convinzione; e soprattutto io non ho la fissa della famiglia naturale, ho proprio la fissa del matrimonio, anzi del matrimonio sacramento, leggasi “indissolubile” e presuntivamente valido (oggi tocca precisare pure questo) ed intendo battermi perché il matrimonio torni ad esistere anche nelle norme civili.

Resi i dovuti chiarimenti, torniamo al filo sconnesso di queste riflessioni. Se il domani è l’evento del 30 gennaio, qualcuno pensa al dopodomani? Cosa faremo dopo che il ddl Cirinnà, per ragioni meramente di opportunità, sarà nuovamente riscritto, magari prenderlo digeribile anche a quei cattolici, in talare e non, che dicono sin da ora che le unioni civili vanno bene ma l’equiparazione al matrimonio e le adozioni no?

Faremmo bene a chiedercelo sin da ora. Se il 31 gennaio ci trovassimo dinanzi, come è probabile, ad un nuovo disegno di legge, che non contempla né similitudini col matrimonio né appropriazione di minori su commissione, scenderemmo nuovamente in piazza? E quanti saremmo, allora? O finiremmo addirittura per cantare vittoria?

Per essere ancora più chiari: a Roma andiamo contro le unioni civili o solo contro le adozioni gay?

La questione è complicata assai perché impone un confronto colla Verità ed impone con sincerità ed al cospetto di Dio di chiedersi se davvero siamo convinti, come vanno predicando alcuni degli alfieri contemporanei della famiglia naturale, che quello che fanno i gay va bene purché lo facciano a casa loro, o che certi diritti vanno comunque riconosciuti ma altri no.

La questione è complicata assai anche perché impone un confronto con un’analoga, disastrosa, esperienza condotta dieci anni fa colla Legge 40 sulla fecondazione artificiale, in cui, in patente contrasto colle espresse indicazioni del Magistero e con una visione anche solo politica che definire di corto respiro è già essere generosi, si optò per accogliere il Male contendo che esso restasse confinato nei paletti che, ovviamente, il Male in dieci anni ha travolto.

Ripensiamo all’esperienza drammatica della Legge 40: una volta che viene introdotto il principio per cui la produzione dell’Uomo in provetta è una terapia, ecco che allora in nome del diritto alla salute tutto viene permesso se non dalla norma, dai Giudici e poi dalla Corte Costituzionale; similmente, una volta che viene riconosciuta una rilevanza giuridica e sociale ad un legame affettivo tra persone dello stesso sesso, ecco che questo legame finisce nel giro di poco tempo ad esser in tutto e per tutto equiparato al matrimonio.

Ma attenzione: questo non avviene perché le unioni civili assomigliano al matrimoni, avviene piuttosto perché, dopo il divorzio, il matrimonio è nella sostanza una unione civile. Il matrimonio oggi come oggi è il suggello normativo all’affetto di due persone che vogliono stare insieme (non per sempre ma) il più a lungo possibile e sempre che ciò sia sopportabile da entrambi: cosa c’è di diverso rispetto ad una unione civile? Nulla. Quello è il nodo e qualcuno prima o poi dovrà affrontarlo.

Quindi, per tornare al… dopodomani. Al Circo Massimo saremo due milioni, e si spera: ma dopodomani, saremo ancora in piazza? E in quanti? Quanti di quei due milioni si opporranno ad una regolamentazione delle unioni civili “sostenibile”?

Persone come Maurizio Lupi o Assuntina Morresi o ancora il presidente del Forum Famiglie, Gianluigi De Palo, che pure invitano alla manifestazione, nel contempo dicono che il ddl va riscritto o che è scritto male, per non parlare di quei Vescovi che la pensano allo stesso modo o addirittura invitano ad un basso profilo: sono queste le vere, inconsapevoli, chiavi che i militanti LGBT usano per scardinare qualsiasi tentativo di resistenza. E costoro e chi la pensa come loro saranno presenti a Roma accanto a chi, alle unioni civili, dice NO sempre e comunque. E lo sanno gli uni e lo sanno gli altri e si guarderanno – e ci guarderemo – intorno, rincuorati dalla piazza stracolma, senza confessare gli uni agli altri le ragioni degli uni e degli altri. E stanti così le cose, le ragioni sono diverse, apparentemente unisone ma in realtà consapevolmente confliggenti, ma ci penseremo… dopodomani.

Eppure queste divisioni sottotraccia, queste ambiguità sono ben presenti ai nostri avversari che infatti sanno bene che, seppur questo costi in termini di vittoria di bandiera, è più furbo ed opportuno (ed anche rasserenante sul piano degli equilibri politici) accontentare Lupi e assimilati e battere temporaneamente in ritirata su matrimonio ed adozioni per ottenere comunque una legge, una qualsiasi, sulle unioni civili: una carica che a tempo opportuno e col dovuto innesco esploderà travolgendo ogni forma di compromesso, benedetto o no che sia.

Quindi l’evento di Roma è buona cosa e a mio giudizio è bene partecipare, ma immediatamente dopo sarà il caso di uscire dalla logica dell’ambiguità, del “tutti dentro”, della piazza piena ad ogni costo. Sarà il caso di distinguere le battaglie graduali dalle schermaglie di ripiego, l’orizzonte limitato e soffocante del “salviamo il salvabile” dal cammino faticoso, costante, protervo, del passo a passo.

Questo voglio dire con queste mie sconnesse riflessioni: la buona volontà serve, l’entusiasmo aiuta ma la Verità prima o poi arriva a chiederci conto di quel che stiamo facendo.

E la vera battaglia inizierà allora, inizierà quando gli avversari prepareranno le contromosse al Family Day e le contromosse non sono le manifestazioni deserte di qualche militante LGBT o gli insulti alle Sentinelle in Piedi: la contromossa sarà accontentare quelle persone che andranno al Circo Massimo a chiedere che il ddl Cirinnà sia riscritto, a protestare contro l’utero in affitto o il “just married” LGBT e nulla più. Lo riscriveranno, i Giudici faranno il resto, e qualcuno magari dirà che il 30 gennaio abbiamo vinto. Qualcuno, molti certamente no.

 


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