circo massimo

 

 

di Gabriele Colosimo

Concludevo il mio articolo sul 20 giugno, a proposito del milione di persone in piazza San Giovanni quel giorno, affermando che la Verità non è un pallottoliere.

Questo, purtroppo, non vale in democrazia, in cui la legge (teoricamente) la fa il numero. Il Magistero di papa Leone XIII ci insegna che la Chiesa non ha preferenze sul regime di governo, a patto che non venga intaccato il diritto di Dio, cosa che, in verità, sembra non essere più valida dopo il Concilio. Così si spiega perché Chiesa è ridotta a svolgere una mera azione di lobbying a favore di questa o quella causa, non condannando, ma neanche astenendosi completamente. Dante avrebbe posto tra gli ignavi quasi tutta l’attuale gerarchia.

Un posto di riguardo, però, sarebbe toccato al presidente della CEI, mons. Bagnasco, che ha espresso la posizione più “conservatrice” uscita dalle mura leonine riguardo il DDL Cirinnà. In pratica, secondo Bagnasco, lo Stato dovrebbe pensare ai poveri e ai disoccupati, invece di occuparsi delle unioni civili. Tenta di salvarsi in corner dicendo che i vescovi sono “uniti per la famiglia”, guardandosi però bene dal dirci quale. Non credo di esagerare nel dire che possiamo tranquillamente escludere quella basata sul matrimonio, dato che tra i promotori del Family Day c’è anche chi ha preteso di insegnare il concubinaggio.

Permettetemi di glissare su quale girone infernale ritenga che il Poeta potrebbe assegnare a Galantino, non sono sicuro di poter essere lucido verso chi, da quella posizione, dice: “unioni sì, adozioni no”. I suoi fan più sfegatati hanno notato (e considerato cosa buona) che si è raccomandato di non chiamarle matrimonio. Ripeto, glissiamo. Perché è vero che hanno depenalizzato l’ingiuria, ma, se commentassi a briglie libere, credo che violerei una decina di articoli del codice penale.

E poi c’è lui, il nostro Bergoglio. Chiaro, netto e “sì, sì, no, no” come sempre. Dalla cattedra petrina ci invita a “non fare confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione”. Proprio lui, poi, che dal Sinodo del 2014 è tutto un ibis redibis sui divorziati risposati. A proposito: se qualcuno ci ha capito qualcosa, ci mandi un bell’articolo, visto che nessuno di noi ha ben afferrato quali siano state le conclusioni del Sinodo e la disciplina dei sacramenti secondo Bergoglio. Senza far confusione però.

Passando all’altro versante, questi erano i “buoni” (!), su tutte le più importanti testate giornalistiche viene sventolato il (presunto) grande successo delle manifestazioni delle “famiglie arcobaleno”. A Roma hanno preso piazza delle Cinque Lune, dietro la storica piazza Navona, che ospita, a dir tanto, 1000 persone. A Milano era a piazza della Scala, circa 80 metri quadrati, Google Maps alla mano. Più o meno come la dependance della colf di Bertone.

Si rimarca, inoltre, che le manifestazioni hanno avuto luogo in 98 città italiane, senza, stranamente, mostrarcene le foto. Allora noi arrotondiamo per eccesso ed ipotizziamo mille persone a piazza. 98mila persone in piazza a favore del DDL Cirinnà.

Se fossimo in democrazia e la politica dipendesse dal solo voto del popolo, non ci sarebbe storia, anche solo guardando allo scorso 20 giugno. Il problema è che non è così, quindi dobbiamo combattere a denti stretti anche sull’ovvio. Quando mi rendo conto del tipo di battaglie che stiamo affrontando, non posso fare a meno di pensare alla celeberrima frase di Chesterton: “spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate”. E’ il caso di dire che ci siamo.

Ho letto molti pareri sul Family Day, sono probabilmente di parte se ritengo quello del nostro Massimo Micaletti di gran lunga il migliore. Mi permetto di aggiungere che, a mio modesto avviso, il 30 è importante esserci anche per dimostrare che ci siamo al momento giusto. Mi spiego: né gli organizzatori, né tutte le organizzazioni che aderiscono mi fanno particolarmente impazzire (credo si sia vagamente intuito…), altrimenti non lo scriverei qui su Radio Spada, ma su qualche rivista diocesana, e, soprattutto, ritengo ci sia un’evidente volontà di “intestarsi” questa manifestazione da parte di alcuni politicanti, più o meno ex che siano. Però andare il 30 significa dire “no al Cirinnà”, non significa dover andare a fare le danze eucaristiche neocatecumenali col pittore spagnolo o aderire completamente alle visioni di Mario Adinolfi, che evita accuratamente di parlare del sacramento del matrimonio e cioé di quell’unica famiglia che è veramente come vuole Dio.

Il popolo di Dio non può non portare pubblicamente lo stendardo solo perché quel giorno ci sarà anche chi non si cura per nulla della nostra Santa Religione. Non solo credo che dovremmo esserci, ma dovremmo anche puntare a convertire e magari un giorno superare in numero i tiepidi, gli insipidi, gli indecisi.

Un po’ di coraggio per la buona battaglia è quello che mai dovrebbe mancare al vero cattolico.