I media hanno paura di affrontare l'Islam o sono complici?

di Agostino (Tino) Nobile.

Che i laicisti-progressisti siano complici dell’Islam, per una viscerale e insopprimibile avversione al cattolicesimo, lo sanno pure i sassi. Ma di questa quinta colonna che sta letteralmente destrutturando le fondamenta della civiltà occidentale, ne parleremo prossimamente. Adesso vorremmo fare alcune considerazioni su quel cavallo di Troia dell’anti-pensiero che teniamo generalmente nel nostro salotto. La TV.

Dopo una censura mediatica imposta dai vari governi europei sulle violenze attuate dai migranti in Colonia, nonché in altre città europee che vanno avanti da anni, giornalisti e personaggi pubblici si sono sbizzarriti in una gara di un tale pressapochismo che ai telespettatori ha creato confusione, se non senso di colpa.

Il sindaco di Firenze del PD, Dario Nardella, alla trasmissione Porta a Porta dell’11 gennaio scorso, a proposito delle violenze dei giovani musulmani nella città tedesca, ha esordito affermando che in Italia le violenze contro le donne ci sono sempre state, sfoderando numeri e percentuali. Un commento infelice per eludere l’aspetto religioso degli attacchi contro donne indifese. Non sappiamo se la boutade del sindaco Nardella sia stata fatta in malafede o, molto più probabilmente, è la conseguenza di una incolpevole mancanza di raziocinio. Ma abbiamo due certezze: non ha il minimo rispetto per milioni di telespettatori italiani e, ancora peggio, in un sol colpo ha scusato le violenze dei musulmani.

Dov’è il trucco grossolano e vecchio quanto il mondo?

Cotrapporre le tendenze sociali, che col sacro non hanno niente a che fare, coi i precetti religiosi. La violenza dell’uomo occidentale contro la donna, se non ha radici psicologiche, è causata da dissidi familiari. Per il Magistero della Chiesa cattolica qualunque forma di violenza è considerato peccato grave, tranne che per legittima difesa. Nel mondo musulmano, invece, punire le donne che creano scandalo, è un precetto di Allah (Sura IV. An-Nisâ – Le donne). Aspetto, questo, confermato dai paesi come l’Arabia Saudita e ribadito – in uno special andato in onda nel canale La7 – da giovani e meno giovani musulmani che vivono in Italia, secondo cui le donne che vanno in giro abbigliate in una certa maniera si meritano le violenze.

Se, per esempio, è vero che in Europa per secoli alla donna è stato vietato uscire sola di casa la sera, è altrettanto vero che era un fatto culturale e non evangelico. Nei paesi di osservanza coranica, la donna non può uscire sola di casa ventiquattr’ore su ventiquattro, non per motivi culturali, ma per principio religioso. Se i diritti della donna e dell’uomo occidentali si sono progressivamente equiparati, nel mondo musulmano, dove qualcosa è cambiato rispetto ai tempi di Maometto, si sono levate solenni le condanne degli imam per apostasia e degenerazione. Per il semplice fatto che trasgredire i testi sacri equivale ad un sacrilegio. Che tradotto, significa l’inferno.

Ecco perché non si possono contrapporre le tendenze del mondo con i precetti religiosi. I primi tendono ad evolversi, nel bene e nel male. I precetti sacri, se sono positivi, fortificano l’essere umano e quindi la società; se invece umiliano la persona, si realizza una dittatura dove viene soffocata la crescita umana, artistica e scientifica.

Dunque, i giovani musulmani che minacciano, perseguitano, umiliano e violentano le donne europee (anche musulmane che seguono i costumi occidentali), è giustificato dai testi sacri e non dal testosterone, come hanno detto alcune/i radical chic privi di contenuti scientifici, ma tracotanti di ideologismi.

Ma davvero è l’abbigliamento della donna che causa violenze?

È da oltre mille e quattrocento anni che i musulmani violentano, crocifiggono, squartano e schiavizzano le occidentali, e non solo donne. Ovvero, fin dai tempi in cui le cristiane mostravano solo il viso e le mani, lavorando in casa e nei campi. Dire il contrario è un’offesa alla Storia e alle centinaia di migliaia di europei che hanno sofferto, in terra propria e fino all’inizio del secolo scorso, le violenze dei saraceni musulmani.

Anche su Rai 2, in un talk show ben fatto come Virus, nel programma andato in onda il 14 gennaio abbiamo assistito ad un confronto tra sordi, che ha diffuso la solita confusione. Senza dubbio il video che mostra un imam in tutta la sua piccineria e irrazionalità è efficace, ma è bastata la presenza in trasmissione di un bravo dissimulatore per limitarne i danni.

Davide Piccardo, coordinatore delle Associazioni Islamiche di Milano, Monza e Brianza, ha furbescamente giocato il ping-pong del sacro e profano con il direttore del quotidiano Il Giornale Alessandro Sallusti, i giornalisti Maria Latella (più superficiale che ambigua) e Carlo Panella, facendoli cadere nella trappola. Per dirla tutta, lo scrittore e giornalista Panella, che si definisce un oppositore dell’islamizzazione dell’occidente, nella trasmissione Rai Uno Mattina In Famiglia del 16 gennaio, ha affermato che le violenze di Colonia sono come le “porcate che facevano i maschi siciliani” e che “forse fanno ancora”. A questo punto non si capisce che gioco fa. Se non ci prende in giro, pare evidente che dei giochetti ping-pong tra sacro e profano non ha capito nulla.

Tornando al programma Virus, a nostro parere non è stata una buona scelta mettere a confronto un esperto di Islam musulmano italiano, che conosce molto bene costumi e vizi della nostra società, con tre occidentali che sanno poco sia di Islam che di vizi e costumi dei paesi musulmani. Quando il signor Piccardo ha menzionato la mafia, si poteva rispondere che tutti i paesi musulmani, anche quelli più laici, vivono immersi nella mafia e nella corruzione.

Secondo la graduatoria stilata dalla Transparency International, nei primi dieci paesi più corrotti del pianeta sono presenti paesi musulmani, tranne la Corea del Nord che si trova al nono posto. Ma la frase più perfida e imbarazzante del signor Piccardo è stata quella che ha ricordato, a muso duro, gli scandali di pedofilia che hanno travolto la Chiesa. Lasciando di stucco i tre interlocutori. Questa provocazione è stata l’assist partita che i nostri giornalisti hanno sprecato per ignoranza, per eccessivo rispetto o, presi in contropiede, per mancanza di lucidità intellettuale.

Al signor Piccardo sarebbe bastato ricordare che nella Chiesa questi atti sono considerati scandalosi, perché fortemente condannati dal Vangelo (qui una risposta argomentata). A ruota, potevano chiedergli – cosa che sanno bene tutti i musulmani – quanti anni aveva Maometto quando sposò la giovane Aisha di sette anni (o forse nove), consumando il matrimonio due anni dopo. Non è un caso se, secondo stime di Amnesty International e UNICEF, nel mondo musulmano le bambine spose con uomini molto più vecchi di loro, oggi sono oltre 60 milioni. A questo punto la partita era chiusa. Con un cappotto.

Consoliamoci con lo scorrettissimo Vittorio Sgarbi, quando ricorda la Chiesa portatrice di cultura e bellezza nel mondo.

di Agostino (Tino) Nobile.