Un recente titolo di Sandro Magister recita: In Vaticano c’è un “Sismografo” che provoca piccoli terremoti. Così lo definisce:
“Il Sismografo” non figura tra le voci ufficiali della Santa Sede. Ma è una sua emanazione. È diretto e curato da giornalisti della Radio Vaticana e ricade sotto la supervisione della segreteria di Stato, almeno fino a quando tale incombenza passerà alla neonata segreteria per la comunicazione presieduta da monsignor Dario Viganò, già direttore del Centro Televisivo Vaticano.
La ragion d’essere de “Il Sismografo” è di rilanciare a getto continuo, nel loro testo integrale, gli articoli riguardanti il papa e la Santa Sede che escono sui media di tutto il mondo, cattolici e non, parecchie decine ogni giorno, in varie lingue: italiana, inglese, francese, spagnola, portoghese.
saragh

Oggi, giovedì 21 gennaio, l’emanazione della Santa Sede lancia una nuova picconata del Grande Riformatore [qui]. Riprendo di seguito la sua Lettera sulcambiamento del Rito della “Lavanda dei Piedi” nella Liturgia della Messa in Coena Domini. Il cambiamento, prima che il Messale Romano riguarda il Cæremoniale Episcoporum così come era stato riformato nel 1984, ma comporterà una mutazione che evidenzia sì il “comandamento dell’amore”, ma a scapito del mandatum riferito ai chierici e collegato con la istituzione del sacerdozio.

Al venerato Fratello Signor Cardinale Robert Sarah Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti

Signor Cardinale,
come ho avuto modo di dirLe a voce, da qualche tempo sto riflettendo sul Rito della “Lavanda dei piedi”, contenuto nella Liturgia della Messa in Coena Domini, nell’intento di migliorarne le modalità di attuazione, affinché esprimano pienamente il significato del gesto compiuto da Gesù nel Cenacolo, il suo donarsi “fino alla fine” per la salvezza del mondo, la sua carità senza confini.
Dopo attenta ponderazione, sono giunto alla deliberazione di apportare un cambiamento nelle rubriche del Messale Romano. Dispongo pertanto che venga modificata la rubrica secondo la quale le persone prescelte per ricevere la Lavanda dei piedi debbano essere uomini o ragazzi, in modo tale che da ora in poi i Pastori della Chiesa possano scegliere i partecipanti al rito tra tutti i membri del Popolo di Dio. Si raccomandi inoltre che ai prescelti venga fornita un’adeguata spiegazione del significato del rito stesso.
Grato per il prezioso servizio di codesto Dicastero, assicuro a Lei, Signor Cardinale, al Segretario e a tutti i collaboratori il mio ricordo nella preghiera e, formulando i migliori auguri per il Santo Natale, invio a ciascuno la Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 20 dicembre 2014
FRANCISCUS

Il card. Sarah ha prontamente obbedito. Intanto una prima osservazione, riprendendo alcune citazioni del tempo dei cristiani ostinati nel ‘sempre è stato fatto così’[1] paragonate con quella di oggi. Dal link sopra è possibile leggere il Decreto che sancisce la ‘variazione’. Meminisse horret  – e c’è da temere che per imitazione si estenda ai vescovi mai così pronti a recepire come in questi casi e che non emerge, né poteva emergere, nella disposizione – che siano considerate (e per di più extra moenia come a Casal del Marmo) membri del popolo di Dio, anche persone non battezzate…

Alcune osservazioni

L’Ultima Cena non è caratterizzata dalla “lavanda dei piedi”, che nel rito ambrosiano è celebrata a parte, ma ha un suo specifico significato nel contesto in cui è inserita. La Coena Domini del Giovedì Santo ripresenta l’istituzione dell’Eucaristia e del Sacerdozio da parte del Signore, che i piedi li ha lavati ai suoi discepoli: una sorta di iniziazione perché potessero ‘lavarli ai poveri’ – certamente non riferito solo ai poveri materialmente – esercitando il mandato loro conferito in quella occasione.
La scelta instaurata nella prassi e ora sancita anche de jure non è innocua perché appare come un gesto personale, che il vescovo era solito fare, ma che nei termini sanciti poco si addice ad un Papa che è entrato a gamba tesa fin dal primo istante sui simboli e sulla Tradizione Cattolici, già rivoluzionati in maniera soft dai suoi predecessori e che egli si accinge a rivoluzionare ulteriormente.

Il Decreto è riportato anche da L’Osservatore Romano [qui] ed è accompagnato da una nota dell’Arcivescovo Segretario del pontificio consiglio, Arthur Roche, dalla quale riprendo le citazioni che seguono.

La prima appartiene ai tempi dei cristiani ostinati nel ‘sempre è stato fatto così’.[1] 

… Non a caso era chiamato mandatum, dall’incipit della prima antifona che l’accompagnava: «Mandatum novum do vobis, ut diligatis invicem, sicut dilexi vos, dicit Dominus» (Giovanni 13, 14). Il comandamento dell’amore fraterno, infatti, impegna tutti i discepoli di Gesù, senza alcuna distinzione o eccezione.[2]
«Pontifex suis cubicularibus pedes lavat et unusquisque clericorum in domo sua» recitava già un antico ordo del VII secolo. Applicato in modo diverso nelle varie diocesi e abbazie, è attestato anche nel Pontificale Romano del XII secolo dopo i vespri del giovedì santo, e negli usi della Curia romana del secolo XIII («facit mandatum duodecim subdiaconos»). Il mandatum è così descritto nel Missale Romanum di san Pio v (1570): «Post denudationem altarium, hora competenti, facto signo cum tabula, conveniunt clerici ad faciendum mandatum. Maior abluit pedes minoribus: tergit et osculatur»..

La seconda, al fondo della quale c’è l’idea che ogni tradizione sia adattabile ai cambiamenti dei tempi:

Con la riforma di Pio XII, che ha riportato la Missa in cena Domini in ore serali, la lavanda dei piedi, per motivi pastorali, può compiersi nella stessa messa, dopo l’omelia, per «duodecim viros selectos», disposti «in medio presbyterii vel in ipsa aula ecclesiae»: ad essi il celebrante lava e asciuga i piedi (non si nomina più il bacio). Ha ormai superato il senso piuttosto clericale e riservato, si svolge in pubblica assemblea e l’indicazione di «dodici uomini» lo rende più esplicitamentesegno imitativo, quasi una sacra rappresentazione, che facilita l’imprimere nella mente ciò che Gesù ha compiuto il primo giovedì santo.

Non credo che Pio XII, nell’approvare quella nefasta riforma avrebbe mai immaginato dove si sarebbe andati a finire: al segno imitativo, quasi una sacra rappresentazione…. Il che trasforma ulteriormente in segno imitativo e in rappresentazione tutto il resto, come se già non fosse stato abbastanza reso tale. Una volta scardinato l’uscio (Novus Ordo), il resto è tutta un’ulteriore inarrestabile deriva.
È vero che il comandamento dell’amore è dato a tutti i credenti in Cristo, popolo di sacerdoti sì, ma solo in virtù dell’unzione Battesimale e non del Sacerdozio ministeriale con il suo triplicemunus docendi regendi sanctificandi. che continua a diluirsi nell’inesorabile appiattimento dell’orizzontalità antropocentrica post-conciliare.

________________________

1. L’allusione è alla seguente citazione di un recente mattutino di Santa Marta che, nei termini generali dice cose giuste, ma che ormai sappiamo dove vuole andare a parare, riferendosi a chi ama la Tradizione: “I cristiani ostinati nel ‘sempre è stato fatto così’, ‘questo è il cammino, questa è la strada’, peccano: peccano di divinazione. È come se andassero dalla indovina: ‘È più importante quello che è stato detto e che non cambia; quello che sento io – da me e dal mio cuore chiuso – che la Parola del Signore’. È anche peccato di idolatria l’ostinazione: il cristiano che si ostina, pecca! Pecca di idolatria. ‘E qual è la strada, Padre?’: aprire il cuore allo Spirito Santo, discernere qual è la volontà di Dio.

In realtà questi cristiani sono coloro che:

  1.  non pensano che ciò che il Signore ci ha consegnato sia possibile cambiarlo a seconda dei tempi e delle circostanze, trincerandosi dietro lo spirito del cambiamento cui tutti si dovrebbero assoggettare…
  2. non cedono al mondo, a partire dalla coerenza dottrinale; il che non è farisaismo o mancanza di “misericordia” umana confusa con quella divina oppure rifiutarsi di aprire il cuore allo Spirito Santo[*], discernere qual è la volontà di Dio. Essi hanno un solo movente: «Chi ama, rifiuta l’ingiustizia e la verità è la sua gioia» (1 Cor 13, 6).
* A proposito della ricorrente enfasi sullo ‘Spirito’ Paolo Pasqualucci parla di “fasullo schema triadico di Gioacchino da Fiore nella Lumen Gentium, da approfondire, dove si elabora appunto una visione (negli articoli iniziali) della Chiesa che sembra quella delle tre età gioachimite della Chiesa stessa: epoca del Padre, del Figlio, dello Spirito. E infatti, oggi si riempiono la bocca con il vento dello “Spirito, che spira dove vuole”. Quale “Spirito”? Gioacchino aveva subito l’influenza dei Bizantini. Egli era comunque persona di alta statura morale, soffriva per i mali della Chiesa, ed agiva in buona fede. Questi qui di oggi, invece….”
2. Qui l’Arcivescovo sembra dimenticare che la Chiesa è una realtà gerarchica e che il Signore si rivolge agli eletti, quelli che già si erano posti al suo seguito e che aveva costituito, prima di inviarli: apostolo = inviato. Che poi ogni cristiano diventi a sua volta un annunciatore non mette automaticamente tutti nello stesso ordine e grado di compito e responsabilità. Il Sacerdozio ordinato differisce da quello dei fedeli non solo di grado ma anche di essenza persino nella Lumen gentium, 10. Il livellamento al basso attuale è quanto di più deleterio, oltre che contrario a quanto il Signore ci ha consegnato e alla realtà costitutiva della Chiesa, che potesse accadere….