«Come si può amare l’ordine senza odiare il caos? Così la tenerezza conduce al rigore: si costruiscono bastioni per preservare la cattedrale e tutti i focolari raggruppati attorno ad essa. Amare in verità, non è intenerirsi su se stessi attraverso gli altri, come il borghese che, secondo Bernanos, unisce «il cuore duro alle budella sensibili». È voler salvare e saper difendere ciò che si ama»

G. Thibon

 

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di Alessandro Pini

 

Ho letto con gran piacere gli ultimi interventi radiospadisti in merito al Family Day del prossimo 30 Gennaio [qui , qui qui]. Anzi, devo proprio ringraziare gli autori, in quanto, con le loro parole, hanno aperto una breccia nel mio iniziale rifiuto circa la partecipazione a simile evento.

Il presente scritto tralascerà, quindi, gli aspetti già curati dagli autori poc’anzi citati, per considerare l’avvenimento da un altro punto di vista, o meglio,​ da un’altra prospettiva.

Infatti, se gli articoli anzidetti – molto giustamente  – hanno messo in guardia dalle vicende e dai personaggi nell’orbita della manifestazione, e dal pericolo post-manifestazione (compromesso), io, piuttosto, vorrei far riflettere sul perché e come siamo arrivati a dover sguainare le spade per dimostrare che le foglie sono verdi in estate.

Perché il vero scandalo è questo: giunti nel Terzo Millennio, dobbiamo scendere in piazza per difendere l’ovvio, per dimostrare l’evidenza, oltretutto accusati d’essere nemici della libertà (semmai della libertè rivoluzionaria) e messaggeri d’odio. Mala tempora currunt.

Ogni buon medico prima di somministrare la cura deve fare tutto il possibile per scoprire le cause della malattia, altrimenti rischia di rendere inefficace ogni intervento a tal proposito. Ecco la ragione del presente scritto. Ecco la radice dei molti dubbi in merito all’evento del 30 Gennaio.

​E’ cosa buona e giusta manifestare il proprio dissenso verso leggi inique, ma non basta, occorre denunciare, e smascherare la radice malata di quest’albero, altrimenti, quelle che vediamo oggi saranno nient’altro che primizie.​

 

Come siamo giunti a tanto?

Dobbiamo​ tener presente che le attuali pretese gaie (et similia) rappresentano il naturale esito​ della post-modernità filosofica, e del modernismo teologico, il quale ha privato il gregge del proprio Pastore, riducendolo a massa informe e corrotta.​

Percuoti il pastore e sia disperso il gregge.​

Donde, ecco il mondo contemporaneo: una massa d’allucinati, innamorati di se stessi fino al disprezzo di Dio. Perchè?

La simia dei ha istigato l’uomo alla ribellione, insinuando nel cuore umano – già ferito dal peccato originale – la bramosia di piacere e di (falsa) libertà. Le tre RRinascimento, Riforma e Rivoluzione – hanno cambiato il volto della società, tramutando la civiltà cristiana in ben altro: il Regnum hominis.

“Tutto rientri nel caos e dal caos esca un mondo nuovo e rigenerato!” esclamava la Rivoluzione. “Devi godere” o subire le conseguenze di tale rifiuto, sembrano urlare i suoi nipoti.

Infatti, oggi, l’amore è interpretato e vissuto come godimento; e quando ciò non si realizza?

Ecco che il compagno (qualche anno fa il marito) è sostituito – come un apparecchio domestico – da un altro, che in quel momento riesce a darmi l’amore bramato.

Ecco che la moglie è barattata con un amico alto e baffuto; che male c’è? Rispetto il nuovo comandamento: “devi godere”!

Questa è l’anti-filosofia postmoderna; non abbiamo un Creatore, un’essenza, e tanto meno un’anima. Siamo soltanto materia (ingranaggi), destinati al Nulla; ergo, dobbiamo godere l’attimo presente. Preludio alla follia.

Non essendoci un Creatore, non esiste alcuna morale oggettiva (legge naturale), pertanto ognuno segue la propria, e ne crea una nuova, secondo l’istinto del momento.

Tuttavia, l’uomo d’oggi dimentica che tale comportamento lo accomuna alle bestie e rende la società un Grande Zoo, dove ognuno deve sfogare i propri istinti, rendendosi schiavo di essi, ingabbiato, proprio come gli animali del giardino zoologico.

Perché sappiamo benissimo che il vizio corrompe l’intelletto umano, e l’amore disancorato dalla verità sfocia nel suo contrario: egoismo, lussuria, odio.

La volontà corrotta, quindi, suggerisce la legge, la norma da seguire, per di più abusando meschinamente del termine amore.

 

Il problema attuale

Nel suolo bagnato dal sangue dei martiri e benedetto dalla presenza bimillenaria del Vicario di Cristo, abbiamo  assistito a parate oscene di depravati in costume, impuniti ed invocanti – scimmiottando la sacra liturgia  – diritti e libertà, impensabili soltanto pochi anni fa. Miracoli della Propaganda.

Incensati dalla Repubblica Democratica, la quale oltraggia Dio in nome del politically correct, adesso  – dopo aver violato (più volte) la Città Santa con inni e corpi blasfemi – pretendono pari diritti; in nome dell’amore.

Quale amore?

Non quello autentico. Forse il prodotto di secoli di filosofia anticristiana. Sicuramente l’amore di sé spinto fino al disprezzo di Dio (S. Agostino “De civitate Dei”).

Nel vecchio “vocabolario” l’amore era ben altro.

L’amore si tramuta a somiglianza di ciò che ama – scrive Mons. Sheen – Se ama il paradiso, diventa celestiale; se ama il carnale fino a divinizzarlo, diventa corruttibile.

L’uomo contemporaneo ama soltanto la materia, il fango, ed in esso si crogiola, altresì pretende che tale melma sia, da tutti, riconosciuta ed apprezzata come l’oro e la seta.

Sant’Agostino, invece, ci ricorda che l’amore, quello vero, nasce da un cuore puro, da una coscienza buona e da una fede sincera.

Scrive Dante par­lando di Beatrice: «Ella mirava al cielo ed io a lei». Questo è vero amore. Volere il bene dell’altro, mirando entrambi al Cielo, vera Patria d’ogni uomo.

Vediamo bene che il problema attuale deriva dalla degenerazione di un valore eterno, di quella grande forza che ha ispirato la Creazione e la successiva Incarnazione del Verbo.

Tale (moderna) degradazione, storpiatura, dell’amore, deriva “​naturalmente”​ da colui che è definito, a giusta ragione, la scimmia di Dio. Ogni deformazione, qualsiasi menzogna ha lui come padre ed ispiratore (Gv. 8, 44).​ Costui combatte contro Dio, ed il campo di battaglia sono le nostre anime.

 

Amore autentico

Il più grande gesto d’Amore si è celebrato, oserei dire consumato, due millenni fa sul monte Calvario; l’Uomo-Dio che si china sull’uomo per salvarlo dalle proprie miserie, fino alla morte, la morte in croce, tra il disprezzo e l’abbandono dei suoi.

Questo è il termine per poter definire l’amore. Donarsi agli altri, sacrificando se stessi per il bene altrui. La forza per attuare ciò la ricaviamo dalla Fonte, altrimenti, se provvediamo da soli – come pretende di fare l’uomo contemporaneo – otteniamo il risultato opposto: ossia sacrificare il prossimo in nome del proprio “Io”.

Come abbiamo potuto barattare l’Amore di Dio con l’amore (presunto tale) verso noi stessi, incapaci di creare anche un solo ramoscello secco? “Mistero!” afferma chi non crede alla ferita del peccato originale.

Non lo è affatto per chi accetta la Verità e con essa la ragione, quale dono di Dio per conoscerLo: l’uomo, infatti, ha l’essere dal Creatore, senza di Lui non è, pertanto solamente una perversione della ragione poteva permettere tale orrore.

Siffatta ingratitudine verso il Tutto sarà documentata dai nostri posteri come un’autentica malattia, da evitare, proprio come la peste nera.

L’uomo ubriaco di sé, ha perso il lume della (retta) ragione, a poco a poco si è raffreddato nell’amore di Dio e così ha cessato di odiare il male e la menzogna, procurandosi la materia necessaria per l’edificazione del Regno della Bugia, nel quale trionfa il caos e la (malsana) tolleranza.

Eccoci giunti ad un altro punto dolente: la tolleranza.

Un gran pensatore, non pochi anni fa, scrisse che chi ama la verità odia la bugia.

Così, amando poco o tiepidamente la Verità, l’essere umano ha permesso alle tenebre di crescere e conquistare nuovi spazi, un tempo abitati dalla Luce.

La tolleranza verso il Male ha permesso ed agevolato la scomparsa della vera fede nei cuori delle persone.

La tolleranza tout court è la nostra antagonista. Ed è nemica dell’amore.

Dobbiamo perciò disprezzare il peccato (e non il peccatore) e odiare il disordine conseguente, cosicché possiamo tornare a sprigionare scintille d’amore per la Verità, che non tollera l’errore e serra le porte del Paradiso agli amanti della menzogna.

La sana intolleranza, se osserviamo bene la realtà intorno a noi, è veramente essenziale e connaturale alle attività umane: la sentinella è obbligata ad essere intollerante, pena l’invasione nemica, il contadino idem, non può permettere che le erbacce rovinino quanto seminato con cura, allo stesso modo la madre protegge il proprio bambino e non tollera alcun male nei suoi confronti, proprio come il (buon) medico; intransigente e persecutore delle malattie.

Se non odiamo il Male, non possiamo amare sinceramente ed integralmente la verità. Ciononostante, è bene ricordare che il male è semplicemente un’assenza di bene, una mancanza, un difetto. Dunque, non è opera di Dio.

Spetta, pertanto, a quanti amano la Verità colmare questi vuoti, altrimenti lo faranno i partigiani di satana – notevolmente più zelanti di noi cristiani moderni(sti) –, e saranno nuovi territori strappati alla Luce ed alla Regalità di Dio.

Con il buon Gandalf, quindi, possiamo affermare con certezza, che sono i piccoli gesti quotidiani, le tenerezze, a contenere davvero il Male, piccoli atti di bontà e amore, i sacrifici quotidiani che ci assicurano la Grazia e le grazie necessarie per contrastare l’oscurità. Ecco il lavoro da fare.

 

Conclusione

Ho sprecato fin troppe parole per affermare che il problema attuale, l’attacco che subiamo quest’oggi non deve farci dimenticare né l’origine, né le motivazioni delle nuove orde barbariche (immensamente peggiori delle prime): esse – consapevoli o meno – lavorano per la distruzione del cristianesimo e con esso dell’uomo quale essere fatto a immagine e somiglianza di Dio.

Operano per l’edificazione di un Nuovo Ordine, abitato da un uomo nuovo, simile alla bestia, schiavo degli istinti e delle suggestioni offerte con incantevole premura dal Potere moderno.

Quello che non viene detto, e dai più neanche pensato – ivi compresi i milioni di manifestanti per la famiglia “tradizionale” (come se ne potessero esistere altre) – è la necessità di un autentico amore per la verità ed una sana riflessione filosofica, la quale deve sbocciare nel ritorno dell’umanità all’unico e vero Dio, quindi alla Sua legge eterna.

Per giungere a questa “vetta”, l’uomo del tempo presente deve rompere i legami con lo spirito liberale e laicista che pervade l’atmosfera, per tornare a respirare aria pura e fresca, che ossigena la mente e rinvigorisce il corpo; di nuovo pronto a fare il bene e odiare il male.

In altri termini, dobbiamo tornare ad essere cristiani, portatori di Luce, come tanti piccoli fiammiferi sparsi per il mondo, pronti ad accendere intorno a sé piccoli lumini, perché è da questi che divamperà la Speranza.

Quanti manifestanti pro-family condividono le suddette analisi?

Concludo citando le ottimistiche – vista la realtà intorno a noi – parole del buon Juan Donoso Cortès: “Il mondo cammina con passi rapidissimi alla costituzione di un dispotismo, il più gigantesco ed assoluto che sia mai esistito a memoria d’uomo“.