Mattia Rossi

di Mattia Rossi

La II domenica dopo l’Epifania, da un punto di vista liturgico, è la domenica nella quale si fa memoria delle nozze di Cana: per questo, tale domenica, viene denominata “Terza Epifania”.

Ma la stretta connessione che questa domenica ha con la festa dell’Epifania non è solamente liturgica o esegetica. Il suo Proprium, infatti, fatta eccezione per il communio composto sul testo evangelico del giorno, si richiama molto a temi (testuali e non) della festa – l’Epifania – nella quale la  manifestazione di Cristo al mondo intero la fa da padrone.

• L’introito, innanzitutto: “Omnis terra adoret te, Deus, et psallat tibi : psalmum dicat nomini tuo, Altissime“. Un testo fortemente “epifanico”, con accenti sull’universalità della salvezza di Cristo e inserito su una musica anaforica nella quale i due emistichi dell’introito si rincorrono in citazioni melodiche interne.

• Il graduale Misit Dominus condivide, con quello dell’Epifania, l’ambito modale nel quale è scritto: non è un dato eccezionale, certo, ma le sonorità che riecheggiano sono quelle dell’Omnes de Saba.

• Un discorso analogo a quello condotto per l’introito può valere anche per l’offertorio: “Iubilate Deo universa terra, psalmum dicite nomini eius. Venite et audite, et narrabo vobis omnis qui timetis Deum quanta fecit Dominus animae meae“. Il livello è sempre di lode universale, tutta la terra canti le lodi dell’Altissimo Re.

• Un discorso più esteso merita, infine, il communio «Dicit Dominus: Implete hydrias aqua et ferte architriclino. Cum gustasset architriclinus aquam vinum factam, dicit sponso: Servasti vinum bonum usque adhuc. Hoc signum fecit Iesu primum coram discipulis suis» (Il Signore disse: “Riempite i vasi d’acqua e porgete al maestro di tavola”. Non appena costui ebbe gustato l’acqua fatta vino, disse allo sposo: “Tu hai conservato il vino migliore finora”. Questo fu il primo miracolo operato da Gesù alla presenza dei suoi discepoli).

L’antifona, nella sua lunghezza, è stata strutturata in diverse parti, come “dialogata” tra i due protagonisti della scena evangelica: Gesù e il maestro di tavola. E la suddivisione, naturalmente, ha seguito criteri squisitamente retorici.

La prima parte del communio, infatti, quella che conserva le parole di Gesù, si pone in un registro vocale basso arrivando a toccare addirittura l’estremo grave di tutto il brano. È una melodia interamente cadenzata su due sole note, molto asciutta: un atteggiamento, questo, inaspettato. 

È come se il compositore gregoriano, attraverso questa sorta di “oscuramento” delle parole di Gesù Cristo, volesse sottolineare come la scena si collochi prima della sua (terza) epifania. E su questa frase, collocata, dunque, su un’unica corda di recita, vi è una sola parola allargata e focalizzata dato il suo significato allusivo: «aqua».

Un cambiamento radicale di concezione si ha nella seconda parte, dove fa la sua comparsa il maestro di tavola con le sue parole di attestazione del miracolo: «Hai conservato il vino migliore finora». Tutto l’inciso «Servasti vinum bonum usque adhuc», infatti, eleva drasticamente il registro passando all’estremo acuto e facendo, così, da contraltare alle parole attenuate di Gesù cantate poco prima. La ragione di questo atteggiamento è, ancora una volta, retorica al fine di stravolgere e destare un brano, che fino a quel momento si presentava come ordinario, nel momento in cui avviene la manifestazione divina.

 

Buona (terza) Epifania!