Con i debiti distinguo e ricordando che le posizioni espresse dall’Autrice non rispecchiano (necessariamente) quelle della Redazione di RS, offriamo ai nostri lettori un interessante studio sulle radici cattoliche – termine molto più pregnante e adeguato di “cristiane” – d’Europa. [RS]

 

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di Cinzia Palmacci

 

A quanti leggeranno questo articolo spero di suscitare la stessa riflessione che in me si è fatta strada riconsiderando e analizzando alcune tappe della storia europea ed italiana. Quando nel 2009 i capi di Stato europei sono stati chiamati a votare l’inserimento delle radici cristiane [o meglio: cattoliche, ndr] nella Costituzione Europea, si sono aperti due fronti opposti: i contrari, tra i quali il nostro premier di allora Romano Prodi, e i favorevoli, che sono stati completamente ignorati. Dunque, via ogni richiamo, liquidato ogni incoraggiamento, ogni sforzo dell’allora Papa Benedetto XVI al valore e alla necessità di riconoscere ed affermare le origini cristiane del popolo europeo. Com’è possibile escludere un elemento essenziale dell’identità europea qual è il Cristianesimo, in cui una vasta maggioranza continua a identificarsi?… Non è motivo di sorpresa che l’Europa odierna, mentre ambisce a porsi come una comunità di valori, sembri più spesso contestare che ci siano valori universali e assoluti? Questa singolare forma di apostasia da se stessa prima ancora che da Dio, non la induce forse a dubitare della sua stessa identità?  L’Europa rischia il congedo dalla storia e l’apostasia se dimentica le sue radici cristiane, chiarì Papa Benedetto XVI in occasione del convegno organizzato per l’anniversario della firma dei Trattati di Roma. A distanza di quasi dieci anni, queste parole suonano profetiche tra esodi biblici di immigrati, minacce fondamentaliste e crisi valoriali, politiche ed economiche. Praticamente, lo sfacelo di quella Europa Unita alla quale tutti ci pregiavamo di appartenere. Ora si fa a gara per uscirne come la Gran Bretagna, mentre altri paesi meditano la stessa decisione.

Il Presidente del Consiglio italiano di allora, Romano Prodi, affermò che la motivazione per cui non valeva la pena citare le radici cristiane, quasi a farne un fatto ideologico “dell’élite cristiana”, era perché «occorreva guardare al futuro». Bene! Allora perché “alzare tanta polvere” per realizzare spot pubblicitari, eventi culturali, attività didattiche nelle scuole per il “giorno della memoria” del genocidio nazista compiuto, in particolar modo e non solo, nei confronti degli ebrei durante la seconda guerra mondiale? Perché dedicare “giorni della memoria” all’eccidio delle fosse Ardeatine? Perché restare “così legati” ad un passato tanto triste? Tanto vale cancellare il giorno della memoria e “pensare al futuro”! Non si offenda nessuno per questa provocazione, tanto di cappello e il mio più grande rispetto per giornate della memoria così importanti e necessarie: attraverso la memoria ci si propone, dunque, di formare coscienze mature, generare uomini e donne capaci di guardare veramente al futuro imparando anche dagli errori del passato. Ammettere le radici cristiane dell’Europa costringe ad ammettere che tutti quei “buoni” sentimenti, di pace, solidarietà, giustizia, libertà, a cui sempre si fa appello, per primi sono stati affermati da un uomo di nome Gesù.

La cancelliera tedesca Angela Merkel, in un’intervista al settimanale “Focus”, ha lamentato che l’attuale formulazione del preambolo della Carta Ue omette l’eredità del Cristianesimo e ha avvertito che l’Europa deve essere “pronta a lottare” per i suoi valori. “Avrei desiderato un più chiaro riferimento alle radici cristiane”, ha affermato la signora Merkel. Nell’intervista concessa insieme al cardinale Karl Lehmann, presidente della Conferenza episcopale tedesca, la cancelliera ha sottolineato che con un riferimento al cristianesimo “nessuno viene escluso”. “Ma con il timore che con la nostra professione di fede potremmo marginalizzare gli altri, abbiamo rinunciato a propagare le nostre convinzioni”, ha aggiunto la Merkel. A suo giudizio “poter esprimere con gioia la propria fede e’ la premessa per essere tolleranti”.

 

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  • Le radici cristiane nella Costituzione italiana? Un progetto fattibile e doveroso

La volontà di inserire le “radici cristiane” all’articolo 1 della Costituzione è parte di un progetto di legge presentato da Alessandra Mussolini, Antonio Pepe, Manuela di Centa e Renato Farina che nel 2009 chiedeva infatti che il testo fondamentale dello Stato italiano cominciasse così: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro, e riconosce le radici cristiane come fondamento della civiltà italiana”. Riporto il testo integrale della PDL 2457 presentata il 20 maggio 2009:

Modifica all’articolo 1 della Costituzione, concernente il riconoscimento delle radici cristiane della civiltà italiana

Presentata il 20 maggio 2009

Onorevoli Colleghi! – I Padri costituenti, dopo l’esperienza della guerra, vollero marcare, con il primo articolo della Costituzione, la volontà di ricostruzione del popolo italiano. Ricostruzione in senso materiale e morale, e per questa ragione fu giustamente introdotto come fondante il lavoro.
In quel momento non c’era bisogno di notare l’ovvio, e che cioè esistesse, più profondo delle divisioni ideologiche, un sostrato comune, un «ethos» nazionale e locale che non può che definirsi «cristiano». Oggi, in un momento di diffuso smarrimento, specie delle giovani generazioni, è importante che quanto era sottinteso nella visione dei Padri costituenti sia esplicitato e posto come visibile punto di coesione del nostro popolo e come punto di paragone necessario per uomini di altre culture e tradizioni che, stabilendosi in Italia, la vogliano arricchire con la loro differenza integrandola, però, con il portato della nostra civiltà.
Siamo consapevoli che in questa definizione di civiltà cristiana concorrono gli apporti della cultura classica, di quella giudaica, di quella celtica e, in fasi successive, di quella illuministica. Ma la cultura-civiltà cristiana è da intendere come il luogo sintetico e simbolico più importante e caratterizzante della nostra storia e del nostro presente. Ed è per questo che qui si propone di modificare l’articolo 1 della Carta costituzionale, introducendo il riconoscimento delle radici cristiane come fondamento della nostra civiltà.

Art. 1.

  1. Al primo comma dell’articolo 1 della Costituzione sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, e riconosce le radici cristiane come fondamento della civiltà italiana».

Silvio Berlusconi, durante il suo incarico presidenziale, insistette più volte per un riconoscimento esplicito delle radici cristiane nella Costituzione europea nonostante il parere contrario delle fazioni “laiche”, se così possiamo definire quella parte di sinistra insofferente a qualsiasi tipo di cedimento nostalgico del passato cristiano del nostro continente. Nel 2012 venne approvato in Senato un emendamento, proposto dalla Lega Nord, per la promozione delle “radici giudaico-cristiane” del continente nella Costituzione dell’Unione Europea. Un vero e proprio colpo di mano che introdusse esplicitamente l’espressione “e giudaico-cristiane” nella premessa della mozione 1-00534 sulla politica europea, dove si faceva riferimento alle “radici culturali” europee. Passato con voti dei leghisti, del Pdl e del Terzo Polo.

Ad oggi, sia Benedetto XVI, sia Berlusconi, sia la Merkel, ovvero tre autorevoli promotori del riconoscimento delle radici cristiane nella Costituzione europea, hanno subito delle vicende quantomeno sospette. Papa Ratzinger diede le dimissioni nel 2013, costretto da poco convincenti ragioni di età, a Berlusconi venne dato il “benservito” per far posto al governo Monti dopo un complotto ordito a quanto pare dai servizi segreti americani che lo spiavano segretamente con la complicità di altri personaggi avversi al suo governo. Anche la Merkel venne attenzionata dai servizi segreti americani. che per poco non scatenarono una seria crisi diplomatica con la Germania. Tutte coincidenze? Sembra improbabile.

 

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  • Il mancato riconoscimento delle nostre radici cristiane alla base dell’invasione islamica?

“L´Europa è debitrice verso il cristianesimo: perché, che lo voglia o no, esso le ha dato forma, significato e valori. Rifiutare tutto ciò significa, per l´Europa, negare se stessa”.  Il musulmano è Khaled Fouad Allam, algerino di nascita, cittadino italiano dal 1990, professore di islamistica nelle università di Trieste e di Urbino, studioso molto stimato e ascoltato anche in campo ecclesiastico. Sulla prima pagina di “la Repubblica”, che è il più importante quotidiano della sinistra laica che si stampa in Italia, Allam ha pubblicato il 23 settembre 2003 una lettera aperta agli europei che suona come una severa lezione a tutti quelli che, negando le radici cristiane dell´Europa, in realtà cancellano se stessi e si chiudono a qualsiasi accoglienza degli altri.
Nei due giorni successivi, il quotidiano della conferenza episcopale italiana, “Avvenire”, ha dato forte rilievo all´articolo di Allam. E l´ha contrapposto a quello che invece capitava proprio in quegli stessi giorni a Strasburgo, nel parlamento d´Europa. Lì, il 24 settembre, un emendamento del Partito popolare europeo mirato a introdurre nella futura costituzione del continente un riconoscimento delle sue radici cristiane è stato respinto con 283 voti contrari, 211 a favore e 15 astensioni. Il 4 ottobre prenderà il via a Roma la conferenza intergovernativa che dovrà varare la nuova costituzione. L´ultima sua bozza si limita a parlare, nel suo preambolo, di “eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa”.
Ecco per intero l’articolo di Allam, uscito su “la Repubblica” del 23 settembre 2003:

Io, musulmano nell´Europa cristiana di Khaled Fouad Allam

Mentre le preoccupazioni sul declino dell´Europa si fanno sentire sempre più chiaramente – drastico calo demografico e dunque forte invecchiamento della popolazione, stagnazione economica, paralisi politica, divisione fra i popoli europei, scetticismo intellettuale – forse non ci si è chiesti che cosa pensino dell´Europa i nuovi europei, quelli che come me vivono qui anche da oltre vent´anni, e che vi sono approdati per ricostruire la propria esistenza, per sperare in una vita migliore. Educato nell´islam, musulmano, ho lasciato una terra, l´Algeria, che ha generato Sant´Agostino, Albert Camus e uno dei più grandi mistici dell´islam, Sidi Abu Meddin. Ho imparato a vivere in un islam di testimonianza, capace di confrontarsi e di rimettersi in causa nei confronti dell´altro: ed è perciò che la questione delle radici d´Europa interroga il mio essere europeo e musulmano. Le questioni in gioco sono molteplici, complesse, difficili, ma una è essenziale: quella dei fondamenti dell´identità europea. Nell´odierno momento storico esistono gli europei, ma non esiste l´Europa: e il richiamo di Giovanni Paolo II alla questione delle radici cristiane del continente assume un´importanza centrale, e richiede molto più di una semplice lettura storica e culturale. Certo, più d´uno ha contestato un tale approccio: alcuni temono che quel richiamo possa trasformarsi in uno strumento per infrangere i principi della laicità; altri, appellandosi alla sfera giuridico-costituzionale, affermano che il compito di una costituzione è quello di organizzare i rapporti fra i diversi poteri. Tutti questi argomenti mi sono sempre apparsi deboli: quella in discussione non è infatti una costituzione, ma una convenzione europea, vale a dire un patto che richiede di riconsiderare le ragioni del nostro stare insieme, della nostra condivisione di valori e, infine, di chiederci come uno spazio politico in itinere possa essere considerato anche uno spazio di speranze. La questione posta dal Santo Padre ci porta a riconoscere che il pensiero politico non si riduce a un´expertise contabile, e che è sempre necessario interrogare la politica, purché non la si riduca a strumento di manipolazioni o a cinica espressione del potere; con la domanda sulle radici cristiane, è la politica che ci invita a interpretare, a interrogare dei saperi per capire e costruire, a formulare delle ipotesi. Mi sono chiesto più volte perché il tema delle radici cristiane susciti ancora tante polemiche, mentre la parola “mercato” suona come leit motiv in tutto il testo della convenzione, e come mai ciò non abbia suscitato alcuna riflessione sul rapporto fra mercato e costruzione europea.
Certo, a prima vista è possibile dare un´interpretazione esclusivista delle parole “radici cristiane”, ma si tratta di una lettura errata perché non tiene conto del contesto in cui la questione si colloca: quella domanda si situa come prolungamento di venticinque anni di attività del papa sulle vie del pianeta. In realtà, l´insistere di Giovanni Paolo II sulla questione delle radici cristiane d´Europa non deve essere separato dalle sue molteplici iniziative di dialogo: dalla preghiera di Assisi del 1986 al suo incontro con il rabbino Toaff nella sinagoga di Roma, dal suo viaggio in Israele al suo incontro nella moschea di Damasco con il muftì di quella moschea, e prima ancora all´incontro di Casablanca con la gioventù marocchina nel 1985. Tutto ciò ha definito un nuovo sguardo, una nuova lettura del cristianesimo che la storia dei secoli passati aveva impedito. E la costruzione europea, all´orizzonte del XXI secolo, avviene parallelamente al definirsi di questo nuovo cristianesimo che si è emancipato dalla propria storia e che ha interiorizzato la secolarizzazione. In effetti, che cosa fa il Santo Padre se non rinnovare costantemente il viaggio di san Francesco verso i sultani del mondo, verso le altre culture e religioni?
Le polemiche sulle radici cristiane d´Europa mettono a nudo le nostre contraddizioni: il rifiuto di ammettere quelle radici è sintomo di un timore, di un blocco interiore nei confronti di tutto ciò che i ragazzi europei, oggi quarantenni, hanno imparato sui banchi di scuola (crociate, guerre di religione, la notte di san Bartolomeo, etc.): ma la storia richiede distanza critica e onestà.
Non si può eludere il fatto che le nostre moderne istanze politiche si radicano proprio nel cristianesimo: il diritto e le istituzioni sono frutto dell´elaborazione complessa che questa civiltà ha prodotto, oltre che delle lotte fratricide che l´hanno segnata nei secoli passati.
Ma c´è anche qualcosa di più profondo, che ha segnato in modo indelebile questo continente le cui frontiere culturali sono molteplici ma in cui riconosciamo un´unica essenza, che difficilmente si riesce ad elaborare razionalmente in modo univoco ma che è presente nel cuore più profondo dell´essere europeo: la passione per la libertà – ovvero le passioni democratiche – e il sentirsi partecipi di una storia comune, che ha fatto del cristianesimo il punto focale intorno cui l´Europa si è definita. È così che ci si commuove dinanzi a un Cristo di Cimabue o ci si sente incantati dalle Madonne rinascimentali, che ci si sente travolti all´ascolto di un mottetto di Bach o del Requiem di Mozart. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza quel debito. L´Europa è debitrice verso il cristianesimo: perché, che lo voglia o no, esso le ha dato forma, significato e valori. Rifiutare tutto ciò significa, per l´Europa, negare se stessa. La questione delle radici cristiane d´Europa, in un momento in cui tutti parlano di eterogeneità delle culture e di multietnicità, suscita altre problematiche: come accogliere l´altro se si nega se stessi? Come saldare un patto fra le comunità umane se l´Europa rifiuta di riconoscersi? Le radici affondano nella terra, dove incontrano e incontreranno altre radici. Se le radici del cristianesimo affondano nel mondo ebraico e in quello greco, oggi esso incontra l´islam, domani l´Asia e l´Africa. L´incontro è possibile soltanto se si è consapevoli delle proprie radici. Pensare alle radici d´Europa significa pensare ai possibili, a volte inediti, prolungamenti del continente. Oggi l´America, la Cina, l´Africa ci interrogano, ognuna con le proprie radici fatte di dolore e di speranza, mentre in terra d´Europa l´inquietudine ha già preso forma e si sta diffondendo. L’Europa, faccia a faccia con se stessa, è ricca di saperi ma restia ad accettarsi. Ma per me essa rappresenta l’albero d´ulivo che nel Corano, al versetto 35 della Sura della Luce, è “né d´oriente né d´occidente”.

 

Club Of 300

 

  • Il complotto contro l’Italia e la Chiesa: la minaccia del comitato dei 300

Nella mia appassionata ricerca su massoneria, cristianesimo e distruzione delle radici cristiane dell’Europa, mi sono imbattuta in questo interessantissimo documento il cui autore risulta essere un certo John Coleman, Ph.D. (titolare di quello che in Italia chiamiamo un dottorato di ricerca), classe 1935, è un ex agente del servizio di spionaggio britannico M16, successivamente trasferitosi negli Stati Uniti. Secondo Coleman l’Italia è sotto il tiro di grandi poteri finanziari mondiali, che hanno deciso di ridurne drasticamente il comparto industriale per trasformarla in un Paese arretrato di tipo feudale. Coleman rivela questa congiura nel suo libro “The Conspirator’s Hierarchy: The Committee of 300” del dottor John Coleman (“La gerarchia del cospiratore: Il Comitato dei 300”), pubblicato in inglese dalla World Int. Review di Las Vegas, negli Stati Uniti. Questo libro, giunto ormai alla quarta edizione mondiale, non è mai stato tradotto in italiano. E, se lo si legge, se ne capisce anche il perché. Infatti, in questo volume di 465 pagine viene spiegata la strategia che sarebbe stata adottata dal club dei potenti più forte al mondo, appunto il Comitato dei 300 fondato dall’aristocrazia inglese nel 1727, per ridurre drasticamente il numero di quelli che vengono definiti “useless eaters” (letteralmente “mangiatori inutili”), riportando le economie nazionali a un livello pre-industriale. In altre parole, secondo loro, sarebbe necessario riportare la popolazione mondiale a livelli precedenti il Novecento. Il potere, sempre secondo questi signori, deve essere concentrato nelle mani di pochi, ricchissimi e potentissimi finanzieri (si fanno chiamare The Olympians, considerandosi simili ai mitici dei greci dell’Olimpo), i quali decideranno che cosa sia meglio per tutti, Paese per Paese. I primi tre a essere presi di mira, cioè quelli dove dovrebbe essere adottata questa strategia di impoverimento della popolazione, sarebbero Italia, Argentina e Pakistan. Coleman è arrivato alla conclusione che la finanza e la politica dell’intero globo siano realmente nelle mani di un Comitato di 300 notabili che decidono le sorti del pianeta. Non si tratta di una scoperta del tutto nuova. Già nel 1909 era uscito un articolo in tedesco (“Geschàftlicher NachwucsGeschäftlicher Nachwuchs” di Walter Rathenau), nel quale veniva spiegato per la prima volta che ciò che accadeva nel mondo era opera di un gruppo ristretto di individui che agiva secondo una precisa e meditata strategia. La Rivoluzione Russa, la Prima Guerra Mondiale, l’ascesa di Hitler e la Seconda Guerra Mondiale, non sarebbero affatto casuali. Tutto sarebbe stato ordito e organizzato da potenti finanzieri che agivano secondo uno schema preordinato. Coleman ci avrebbe messo 35 anni per verificare questo assunto. E dopo una miriade di interviste ad ammiragli, capi dei Servizi Segreti, ufficiali di alto rango, politici, banchieri ed economisti, è giunto alla conclusione che quel Comitato dei 300 esiste davvero. E in fondo al suo libro riporta i nomi dei passati e dei presenti membri di quel sodalizio. Compresi quelli degli italiani che ne facevano, e ne fanno, parte.
E’ curioso notare che tra gli antichi fondatori del Comitato dei 300, ispirato alla The East India Company britannica, si trovassero diversi rappresentanti della nobiltà nera veneziana e genovese. Aristocratici, questi ultimi, che avrebbero ancora oggi “scanni” tra le fila dei 300. Del resto, non tutti sanno che la casata di Windsor degli attuali regnanti britannici, venne così definita dal re Giorgio V nel 1917, ma avrebbe dovuto chiamarsi più propriamente casata dei Guelfi, una delle più antiche famiglie della nobiltà nera di Venezia, dalla quale discendeva la regina Vittoria.

Vediamo dunque un po’ più da vicino che cosa scrive Coleman. Prima di tutto, l’attuale Comitato dei 300 sarebbe presieduto da Etienne Davignon, diplomatico, politico e dirigente d’azienda belga, più volte Commissario europeo, proveniente da una delle più blasonate famiglie dell’aristocrazia del vecchio mondo. Davignon, infatti, è anche visconte, nonché presidente del Gruppo Bilderberg, l’altro sodalizio esclusivo degli industriali e dei magnati della finanza internazionale. Il Bilderberg sarebbe una delle organizzazioni controllate direttamente dal Comitato dei 300. Per la cronaca, ne fa parte anche il professor Mario Monti (“Il Club Bilderberg” di Daniel Estulin, Arianna Editrice, pag. 273).

Secondo Coleman, Davignon sarebbe uno strenuo difensore della teoria della deindustrializzazione, con crescita zero. Una prova sarebbe il Piano Davignon del 1981 che promosse la riduzione della produzione siderurgica, la fine dei sussidi pubblici al settore e un drastico ridimensionamento del numero degli addetti. Ebbene, ad un certo punto il Comitato dei 300 avrebbe deciso di mettere in pratica la propria politica di contenimento industriale per ridurre la “surplus population” (cioè la “popolazione in eccesso”) in Italia, Argentina e Pakistan. “Attualmente l’Italia è di fatto sotto il controllo di segreti governanti designati dalla loggia P2 della Massoneria – scrive Coleman. Le corporazioni dirigono l’Italia. I partiti dell’opposizione italiana definiscono lo status quo del corporativismo fascista”.
La cosa più singolare riguarda il metodo adottato dai 300. Coleman sostiene che la loro politica sia quella di sostenere in tutto il globo una diffusione della sinistra politica, sull’esempio dei Socialisti Fabiani. Stiamo parlando di un movimento politico e sociale istituito nel 1884 a Londra col nome di Fabian Society. Si ispirava a Quinto Fabio Massimo, detto “il temporeggiatore”, che contro Annibale aveva usato una strategia attendista di lento logoramento. Il fabianesimo credeva, appunto, ad una graduale evoluzione della società attraverso riforme che portino passo dopo passo verso il socialismo. Il marxismo, invece, crede in un cambiamento repentino e rivoluzionario. Una volta imposto il modello socialista, i 300 lo controllerebbero dall’alto, impedendo che vi siano contestazioni o rivolte. Dunque, una sinistra che verrebbe controllata da una dittatura occulta e potentissima a livello planetario. Ovviamente, nessuno dei sudditi dei regimi socialisti potrebbe mai immaginare che quei governi siano stati voluti da una ristrettissima cerchia di super miliardari che, di fatto, avrebbero costituito un Nuovo Ordine Mondiale.

Per quanto ci riguarda, la notizia più clamorosa che ci dà Coleman la si legge a pagina 47, dove viene raccontata la tragedia di Aldo Moro. Secondo quanto riporta il libro, l’attentato di via Fani, il rapimento e l’uccisione dello statista furono progettati e portati a termine dal Comitato dei 300. Altro che Brigate Rosse. I terroristi ci misero la faccia e l’organizzazione, ma l’operazione sarebbe stata manovrata interamente dai 300. Moro, infatti, si opponeva alla “crescita zero” e alla riduzione della popolazione italiana che sarebbe stata commissionata dai 300 al Club di Roma. “Il 10 novembre 1982, in un tribunale di Roma, un buon amico di Moro (si trattava di Corrado Guerzoni n.d.r.) testimoniò che l’ex primo ministro venne minacciato da un agente del Royal Institute for International Affairs (RIIA) che era anche un membro del Comitato dei 300 e Segretario di Stato. Il testimone disse che quell’uomo era Henry Kissinger – scrive Coleman – L’ex primo ministro Moro venne rapito dalle Brigate Rosse nel 1978 e successivamente brutalmente ucciso a colpi di pistola. Fu al processo dei membri delle Brigate Rosse che diversi di loro testimoniarono di essere a conoscenza del coinvolgimento ad alto livello degli Stati Uniti nel complotto per uccidere Moro. E uno di essi coinvolse Henry Kissinger in questo complotto omicida. Quando Moro venne minacciato, ovviamente Kissinger non era più al servizio della diplomazia americana, ma piuttosto agiva secondo le istruzioni ricevute dal Club di Roma, il braccio politico estero del Comitato dei 300. Questa notizia non venne mai diffusa da nessuno dei media o delle stazioni televisive”. Ma anche negli Stati Uniti, continua Coleman, nessuno arrivò mai ad accusare formalmente Kissinger. Perché, allora, tutto questo sarebbe accaduto?
“Nel mio resoconto del 1982 su questo crimine – spiega Coleman – abbiamo esposto che Aldo Moro, un leale membro del Partito Democristiano, venne ucciso da assassini controllati dalla loggia P2 che avevano come scopo quello di portare l’Italia entro i confini del progetto del Club di Roma per deindustrializzare il Paese e ridurne considerevolmente la popolazione. Il progetto di Moro di stabilizzare l’Italia attraverso la piena occupazione e una pace industriale e politica, avrebbe rafforzato l’opposizione cattolica al comunismo, e reso la destabilizzazione del Medio Oriente (che era l’obiettivo primario) molto più difficile da ottenere per il Comitato”. I 300, insiste Coleman, non si pongono piani a breve scadenza. Anzi, è vero il contrario. Lo proverebbe l’omicidio di Moro.
“La sua morte – si legge nel libro – rimosse i posti di blocco al progetto di destabilizzare l’Italia, e, sulla base di quanto noi sappiamo adesso, ha permesso i piani della cospirazione per il Medio Oriente, portati a termine nella Guerra del Golfo, 14 anni più tardi. L’Italia venne scelta come bersaglio tipo dal Comitato dei 300 a causa della sua importanza per i cospiratori. Un’importanza dovuta al fatto che fosse il Paese europeo più vicino al Medio Oriente e con più stretti rapporti alla politica e all’economia del Medio Oriente. Inoltre è anche sede della Chiesa cattolica, che Rothschild aveva ordinato a Weishaupt di distruggere”. Il riferimento sarebbe ad un antico progetto dei banchieri Rothschilds, potenti membri del Comitato, di affidare ad un loro addetto, Adam Weishaupt, il piano per distruggere la cristianità.

Un piano che portasse all’abolizione dei governi (stati nazionali); della proprietà privata; del matrimonio (e della famiglia tradizionale); delle religioni monoteiste e dello stesso Cristianesimo: considerato il nemico numero uno dei seguaci del suddetto piano mondialista di chiaro stampo luciferino. La volontà ed il piano di distruzione della famiglia tradizionale e del “Sacramento della Famiglia” non è dunque un qualcosa di nuovo, ma trae le sue origini proprio dal Settecento illuminista e dagli Illuminati. Esso, in particolare, fu progettato proprio dal fondatore degli Illuminati, Weishaupt, e portato avanti nei secoli dai suoi successori e seguaci. Allora capiamo come il cammino verso un’Europa snaturata e “progressista” , che vuole abolire ogni radice cristiana ed ogni tradizione familiare, sembra avere dei contorni molto precisi e ben radicati. Nulla è stato lasciato al caso, ma tutto ha un filo logico, seppur ben occultato dalla storia e dai media compiacenti. Pertanto non possiamo assolutamente parlare di novità concettuale.

Sempre secondo Coleman, l’Italia è importante anche per un’altra ragione del panorama mondiale. Il nostro Paese, infatti, viene considerato la porta di accesso dell’Europa per la droga proveniente dall’Iran e dal Libano. Ma l’aspetto più inquietante di questo interesse della finanza mondiale verso l’Italia, resta quello della copertura che sarebbe stata esercitata da non meglio precisati ricchi italiani, nei confronti dei brigatisti e della Massoneria deviata. “Sin dal 1968, quando venne istituito il Club di Roma – scrive Coleman – numerosi gruppi si sono associati sotto l’ombrello del Socialismo allo scopo di far cadere diversi governi italiani, per destabilizzare il Paese. Tra questi, la nobiltà nera di Venezia e Genova, la Loggia P2 e le Brigate Rosse, tutti quanti operavano con lo stesso obiettivo. Investigatori della polizia che lavoravano al caso Brigate Rosse-Moro, sono venuti a conoscenza dei nomi di diverse importanti famiglie italiane che controllavano da vicino i leader di questi gruppi terroristici. La polizia scoprì inoltre le prove che, in almeno una dozzina di casi, queste potenti e importanti famiglie avevano messo a disposizione le loro case e proprietà per essere utilizzate come basi sicure per le cellule delle Brigate Rosse.

La ‘nobiltà’ americana – continua Coleman – ha fatto la sua parte per distruggere la Repubblica Italiana. Un notevole contributo in questo senso è venuto da Richard Gardner, allora Ambasciatore a Roma per conto del presidente Carter. A quel tempo, Gardner operava sotto il diretto controllo di Bettino Craxi, un membro importante del Club di Roma e uomo chiave della NATO”. Secondo Coleman, Craxi sarebbe stato il primo referente dei cospiratori per distruggere la Repubblica Italiana. E, a supporto di questa dichiarazione, gli addebita anche la responsabilità di aver introdotto nella legislazione italiana divorzio e aborto, creando una ferita non rimarginabile nella società italiana. A onor del vero, però, queste accuse non vengono poi dimostrate con prove evidenti e incontestabili. E per quanto riguarda divorzio e aborto, le affermazioni di Coleman sono per lo meno discutibili.

Ben più documentata è invece la parte che riguarda Giovanni Agnelli (Torino 12/3/1921 – Torino 24/1/2003), definito “uno dei membri più importanti del Comitato dei 300”, e il suo amico Aurelio Peccei (Torino 4/7/1908 – Torino 13/3/1984). Peccei, la cui figura non tutti conoscono, fu il fondatore del Club di Roma che Coleman definisce “un ombrello dietro cui si cela un’organizzazione cospiratoria, un matrimonio tra finanzieri anglo-americani e le famiglie della nobiltà nera d’Europa, particolarmente della cosiddetta ‘nobiltà’ di Londra, Venezia e Genova”.
Peccei, comunque, era tutt’altro che uno sconosciuto. Durante la Resistenza aveva militato nelle fila di “Giustizia e Libertà” ed era stato anche arrestato, incarcerato e torturato. Nel 1949 si trasferì per conto della Fiat in America Latina, dove in Argentina fondò la Fiat-Concord, succursale dell’industria italiana. Nel 1958 tornò in patria dove fondò la Italconsult, una joint-venture che comprendeva marchi italiani come Innocenti, Montecatini e Fiat. Nel 1964 venne nominato amministratore delegato della Olivetti e quattro anni dopo, nell’aprile del 1968, fondò il Club di Roma insieme allo scienziato scozzese Alexander King. L’atto di accusa di Coleman verso Peccei è pesantissimo, in quanto lo scrittore sostiene che l’imprenditore italiano abbia avallato nel suo libro “Limits of Growth” (“Limiti della crescita”) un progetto che portò le popolazioni di diverse nazioni africane alla morte per fame. Questo “piano” venne poi formalizzato nel “Global 2000 Report”. Il libro continua la sua lunga esposizione trattando di un’infinità di altri argomenti. Si parla dei miliardari inglesi che finanziarono prima Lenin e poi Hitler; della morte di Grace di Monaco, che sarebbe stata provocata come presunta ritorsione contro il principe Ranieri; del vastissimo mercato della droga che da secoli finanzia le famiglie più in vista del pianeta; dell’incredibile influenza che l’aristocrazia britannica avrebbe ancora oggi sulla Casa Bianca di Washington; della carriera di Henry Kissinger all’ombra del discusso docente di Harvard William Yandall Elliot; del presunto assassinio di Papa Giovanni Paolo I; del complicato e multi sfaccettato complotto che ha portato all’uccisione del presidente John Kennedy, che osò opporsi ai piani del Comitato dei 300, con un incredibile elenco di morti misteriose che vennero subito dopo. Infine, per chiudere tornando all’Italia, del “Permindex affair”, cioè della rete spionistica clandestina che opererebbe da anni nel nostro Paese.

A quanto pare, dopo aver scritto e pubblicato questo libro (l’ultima ristampa risale al 2010), il dottor Coleman ha preso alcune precauzioni per la sicurezza della sua persona. Tuttavia, a prescindere dai pur comprensibili timori di un uomo di 78 anni, nessuno può affermare con assoluta certezza che quanto scrive Coleman corrisponda alla pura e semplice verità dei fatti. Nonostante questo, non c’è dubbio che la lettura di questo libro lasci addosso una forte inquietudine sulla realtà segreta e misteriosa del mondo che ci circonda. E una domanda sorge spontanea: ma quanto sappiamo, in realtà, di ciò che succede intorno a noi? Ad ognuno la sua risposta. Per chi ne volesse sapere di più, il sito dell’autore è www.coleman300.com.