Traduzione dal latino di PATRICIO SHAW. Pubblicazione e piccola revisione a cura di CdP Ricciotti.
FONDAMENTI
* Dio dispone con una provvidenza ammirevole che, se la Chiesa erra e defeziona nell’uno o l’altro luogo, rinverdisca e fiorisca in un altro luogo e popolo, in modo che la corruzione dell’uno sia la generazione dell’altro[1]. Perché, come si da nella maggioranza dei casi, Dio non permette che alcuni cadano senza innalzare altri al loro posto, come San Tomasso deduce da quelle parole di Giobbe[2]: “Egli ne atterra molti, anzi innumerevoli, e altri sostituisce al posto loro”. “Dio, infatti, non permette che alcuni cadano, senza che ne risollevi altri, secondo quel detto di Giobbe: ‘Egli infrange molti e innumerevoli, e pone degli altri in luogo loro’. Così, infatti, in luogo degli angeli decaduti furono sostituiti gli uomini; e in luogo dei Giudei, i Gentili”[3].
* La Chiesa Romana può prendersi in due sensi: 1º Come la raccolta di tutti i fedeli che, dispersi in tutto il mondo, aderiscono al Sommo Pontefice romano e riconoscono questo come capo; e questa non è una chiesa particolare, ma la Cattolica, che non può errare, benché sia e sia detta Romana per la denominazione presa dal capo e dalla parte più principale. 2º Come la Chiesa speciale fiorente nella città romana e nel suo dominio. Anche presa in questo modo non può errare, non perché sia particolare o romana, ma perché ha come capo e rettore il Sommo Pontefice, che nelle definizioni su questioni di fede e costumi non può, in virtù delle promesse divine, favorire l’errore.
* La Chiesa Universale e Cattolica militante quanto alla totalità dei suoi membri ed in quanto subordinata alle promesse divine non può errare negli articoli necessari o fondamentali della fede e dei costumi.
* Deve tenersi come oggetto di Fede che la Chiesa Cattolica militante e visibile non può errare in articoli di fede e costumi da definire, siccome è subordinata alle promesse divine. Così lo sostengono tutti i cattolici. Si prova: 1º Per Isaia 54, 4, dove il profeta introduce Cristo Signore parlando così alla sua Sposa la Chiesa: “Non temere: tu non sarai confusa, né avrai d’arrossire, né da vergognarti”. E come sarebbe immune da confusione se fosse sottoposta a errori nella fede? Segue il profeta nel versetto 10: “Imperocchè i monti saranno smossi e i colli vacilleranno, ma la misericordia mia non si ritirerà da te, e la mia alleanza di pace sarà immobile”. Cioè, “si potranno prima smuovere i monti, che tu sia priva dalla mia protezione”. La ragione di quest’alleanza irrevocabile e della stabilità della Chiesa la dà nei versetti 11 e 12: “Poverella sbattuta dalla tempesta, e priva di ogni consolazione. Ecco, che io disporrò per ordine le tue pietre, e i fondamenti tuoi farò di zaffiri. E farò di rubini i tuoi baluardi, e le tue porte di pietre scolpite, e tutta la tua cinta di pietre preziose.” E nel versetto 17 è predetta inespugnabile a tutti i suoi avversari che, sollevandosi contro di essa con macchinazioni diaboliche, non avranno successo anzi saranno condannati da essa stessa come da un giudice legittimo: “Nessun’arma affilata contro di te avrà successo, farai condannare ogni lingua che si alzerà contro di te in giudizio. Questa è la sorte dei servi del Signore, quanto spetta a loro da parte mia. Oracolo del Signore”.
Qui si intende indicata la Chiesa visibile ed un giudizio visibile nel quale essa finora ha condannato visibilmente tutti gli eterodossi. Quest’alleanza di Dio è confermata in Isaia 59, 21: “E questa è la mia alleanza con essi, dice il Signore. Lo spirito mio, che è in te, e le parole mie, le quali io ho poste in bocca a te, non si dipartirano dalla tua bocca e dalla bocca dei tuoi figliuoli, dalla bocca dei figliuoli dei tuoi figliuoli da questo punto sino in sempiterno.” Lì deliberatamente non si dice “dal tuo cuore”, ma “dalla tua bocca”, ciò significa che la confessione esterna perpetua e visibile della fede non si sarebbe allontanata dalla bocca dei ministri della Chiesa. Sarebbe il contrario se ne allontanasse, se la Chiesa potesse errare.
Si prova. 1º Quest’elogio è anche tributato a tutta la Chiesa visibile, sebbene spetta primo e principalmente alla Congregazione dei Santi latente nella Chiesa visibile, perché spesso la Scrittura attribuisce al tutto, ciò che conviene propriamente soltanto ad una parte. 2º Il testo di san Paolo dice così: “Affinché, ove mai io tardassi, tu sappia come portarti nella casa di Dio, che è la Chiesa di Dio vivo, colonna, e appoggio della verità.”[4]. Qui l’Apostolo non limita la Chiesa così privilegiata a quella che è Casa di Dio, ma piuttosto limita la Casa di Dio a quella che è la Chiesa del Dio vivo; perché la Casa di Dio è più latamente manifesta che la Chiesa; perché ogni uomo giusto, in virtù dello Spirito Santo che abita in lui per la grazia, nella Scrittura si dice casa o tempio di Dio. Ma non può propriamente dirsi “chiesa”. 3º Ogni chiesa, anche particolare, ove rimane valido il ministero puro e (com’era allora il caso della chiesa efesia), così come può assolutamente dirsi santa benché con i giusti involva peccatori, così può anche dirsi “Casa di Dio”. Pertanto non occorreva che l’Apostolo limitasse la Chiesa a quella che è Casa di Dio, essendo tale ogni chiesa vera.
* È in senso architettonico che la Chiesa è detta colonna ed appoggio della verità, perché così come un edificio si sostiene nelle sue colonne e basi (come in basi), così i misteri scuri della nostra fede si sostengono anche nell’autorità infallibile della Chiesa come nella regola proponente. Perché, sebbene la verità della Fede si sostiene nella veracità di Dio rivelante (che non può né venire sbagliata né sbagliare) come nel suo oggetto formale e regola primaria, tuttavia, siccome le cose rivelate e la stessa rivelazione sono in sé già scure (perché Dio non ci parla immediatamente come precedentemente ai Profeti), il nostro intelletto non può essere condotto ad assentirvi se non gli vengono spiegate ed applicate sufficientemente acciocché vi creda. “Ma come invocheranno uno, in cui non hanno creduto? E come crederanno in uno, di cui non hanno udito parlare? Come poi ne udiranno parlare senza chi predichi?”[5]. Perché, non essendo evidenti, non forzano l’intelletto, ma questo resta slegato finché venga determinato e cattivato all’ossequio della Fede dal pio impero della volontà; perciò occorre che il proponente abbia autorità infallibile, cioè, che sia inviato legittimamente. “Come poi predicheranno, se non sono inviati?”[6] E: “Nè alcuno tal onore da sé si appropria, ma chi è chiamato da Dio, come Aronne”[7]. Così furono inviati gli apostoli ed i loro successori legittimi. “E disse loro: Andate per tutto il mondo, predicate il Vangelo a tutti gli uomini”[8]. Perché non deve credersi prudentemente a qualsiasi spirito che si dica inviato se non mostra la sua commissione. Appunto per ciò Dio si lamenta dei falsi profeti: “Io non inviavo questi profeti, ed essi correvano: io non parlavo ad essi, ed essi profetizzano”[9]. Quindi si spiga che la Chiesa necessariamente doveva essere rinforzata con un’autorità infallibile e con la commissione di proporci e spiegarci gli affari controversi della fede perché dessimo loro l’approvazione necessaria. Ed è per ciò che gli assensi della nostra fede risalgono alla Verità Prima rivelante come regola prima o ragione formale del credere ed all’autorità infallibile della Chiesa come condizione necessaria proponente ed applicante gli oggetti della Fede. Vi s’appoggiano come in colonna ed appoggio secondari. Così si deve comprendere il Santo Padre Agostino nel suo libro Contro la lettera di Mani, capitolo 5: “Invero io stesso non crederei al Vangelo, se non mi spingesse a credere l’autorità della Chiesa cattolica”, cioè, con modo di regola infallibile proponente. Sant’Agostino espone questa testimonianza della Chiesa universale e visibile (anche) nel libro 2 Contro le lettere di Petiliano, cap. 103, dicendo: “che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e fondamento della verità[10], diffusa in tutto il mondo in forza del Vangelo, che viene predicato, come dice l’Apostolo: In ogni creatura che è sotto il cielo[11]. Rispondo a nome del mondo, del quale Davide, le cui parole tu non comprendi, dice: L’ha stabilito sulla terra, e non sarà mosso[12]”.
*Prima Promessa. Ogni promessa cade in debito, poiché se è una promessa onerosa in materia di giustizia e comporta animo di obbligarsi, mette in conto di colui che la fa, benché sia Dio stesso, un obbligo di giustizia, come afferma il giudizio più probabile dei teologi. È più: anche se non passi di una semplice promessa o proposito efficace con animo di obbligarsi a dare al beneficiario la cosa promessa, obbliga a fedeltà anche Dio, in modo che non possa negare la cosa promessa senza infedeltà e mutabilità. Così insegnano nel medesimo luogo anche i teologi ed in diversi luoghi i giureconsulti. E Cristo Signore ha promesso alla Chiesa universale e visibile l’infallibilità o l’immunità d’errore negli affari di Fede. Pertanto è obbligato, almeno per fedeltà, a preservarla senza errore nella Fede. La conseguenza si deduce legittimamente dalle premesse. La premessa minore è provata in Matteo 16, 18: “Le porte dell’inferno non prevarranno contro di lei”. Lì per “porte dell’inferno” San Girolamo intende “i vizi ed i peccati o le dottrine degli eretici per le quali gli uomini non retti sono condotti al Tartaro”. Ma prevarrebbero contro della Chiesa se questa defezionasse nella Fede. Ed è manifesto che lì si tratta della Chiesa universale, perché contro delle chiese particolari hanno prevalso spesso le porte dell’inferno. Udiamo ancora Sant’Agostino nel libro 1 del suo Discorso sul Simbolo rivolto ai catecumeni: “Ma la stessa Chiesa è santa, una, vera, cattolica, che combatte contro tutte le eresie; combattere può, ma non essere vinta. Tutte le eresie sono uscite da lei ma come gli inutili tralci tagliati via dalla vite. Essa rimane sulla sua radice, nella sua vite, nella sua carità. Le porte degli inferi non prevarranno su di lei”. Consta inoltre che Sant’Agostino parla della Chiesa visibile perché dall’invisibile non sono usciti mai eretici che non vi stettero mai.
* Seconda Promessa. Matteo 28, 19-20: “Andate adunque, istruite tutte le genti […] Ed ecco, che io sono con voi per tutti i giorni sino alla consumazione dei secoli”. “Bensì quando confronterete i vostri ministeri indubbiamente troverete ostacoli e persecuzioni, tenetevi con spirito forte, perché sarò sempre con voi come aiuto propizio; vi dirigerò con assistenza speciale.” “Non vi lascerò orfani”[13]; “vi sarà dato in quel momento quello che dovrete dire”[14]. Come potettero, allora, errare i capi della Chiesa congregati in uno ai quali Cristo ha assistito come magistrato supremo ed assoluto e come direttore?
* Terza Promessa. Giovanni 14, 16: “E io pregherò il Padre, e vi darà un altro Paracleto, affinché resti con voi eternamente”; Giovanni 14, 26: “Il Paracleto poi, lo Spirito Santo, che il Padre invierà nel nome mio, egli insegnerà a voi ogni cosa, e vi ricorderà tutto quello che ho detto a voi.”; Giovanni 16, 13: “Ma venuto che sia quello Spirito di verità, v’insegnerà tutte le verità [docebit vos omnem veritatem]”, o, come leggono i protestanti, “vi condurrà ad ogni verità [ducet vos in omnem veritatem]”. Qui si promette ai capi della Chiesa congregati nel Signore un’assistenza speciale ed un’ispirazione continua dello Spirito Santo che li conduce ad ogni verità. Inoltre, che questa promessa si diriga non soltanto agli Apostoli, ma anche ai loro successori, lo indicano queste parole: “perché sia con voi eternamente, ecc.” come più sopra: “fino al consumo dei secoli”. Ma gli Apostoli nelle loro persone non dovevano vivere eternamente, (dunque si prova anche questa promessa).
* Dio Padre o Cristo Signore con la forza delle sue promesse è obbligato ad allontanare dalla sua Chiesa ogni errore nella Fede, sia per giustizia, sia almeno per la fedeltà che l’obbliga ad essere fedele a quanto promesso. Per giustizia, se diciamo che quelle promesse sono onerose, cioè, fatte alla Chiesa o ai suoi superiori con il carico d’insegnare alle nazioni, istruire i popoli nella Fede, conservare i mandati di Dio, ecc. “Sarete veramente miei discepoli, se persevererete nei miei insegnamenti”[15]; “Se mi amate, osservate i miei comandamenti.”[16]; “Quello che voi udiste da principio, stia fermo in voi: se in voi starà fermo quello che udiste da principio, anche voi starete fermi nel Padre, e nel Figliuolo”[17]. Così, benché le promesse dell’infallibilità della Chiesa siano assolute dalla parte dell’atto, possono tuttavia dirsi condizionate dalla parte dell’oggetto: non per condizioni precedenti, che essendo previste abbiano dato un’occasione alla promessa, ma per condizioni conseguenti, cioè, unite alla promessa che le comporta con sé. Ed in nessun altro modo suole dirsi che la volontà efficace di Dio di dare ai predestinati la gloria è assoluta dalla parte dell’atto, perché acciocché essi l’abbiano [non significano] meriti previsti come futuri, secondo la sentenza dei tomisti; ma è condizionata dalla parte dell’oggetto, perché per quel decreto Dio non vuole dare loro la gloria del tutto gratuitamente, ma secondo i loro meriti, non meriti presupposti da quella volontà, ma (dove previsto) assistiti infallibilmente per gli ausili della grazia divina.
* Per la forza delle promesse divine è dovuta alla Chiesa un’assistenza speciale o una provvidenza divina dalla quale venga retta in modo da non cadere in nessun errore in affari di fede e morale. Pertanto, se la Chiesa per possibile o impossibile cadesse in qualche errore contro fede e morale, un siffatto errore dovrebbe attribuirsi a Cristo come alla sua causa speciale. Si prova questa conseguenza. Perché un errore nella Fede, così come qualsiasi peccato, è attribuito a colui che ha la capacità e l’obbligo di impedirlo e non l’impedisce. Perché a un governatore o un giudice che per il suo ufficio è obbligato a soggiogare i suoi inferiori e impedirne i peccati e non li impedisce potendo, con ragione gli vengono attribuite le azioni vergognose commesse per la loro negligenza. E Cristo ha la capacità e l’obbligo, sia per giustizia, sia per fedeltà in virtù delle Sue promesse, di preservare la Chiesa Cattolica libera di ogni errore, come abbiamo già mostrato. Pertanto, se la Chiesa cadesse in qualche errore, una tale caduta si attribuirebbe a Cristo.
* Dio circa il peccato non può eccedere i limiti della permissione, com’è manifesto da sé; altrimenti sarebbe causa del peccato. Però se nega alla Chiesa l’assistenza speciale e la provvidenza dovutale per la quale venga preservata da ogni errore nella fede e nella morale, eccederebbe i limiti della permissione. Pertanto con un diritto ottimale Gli verrebbe attribuito un tale errore. La premessa maggiore è certa. La premessa minore si prova. Perché permettere è abbandonare l’uomo alla sua natura senza toglierle né negarle qualcosa di dovuto con che possa evitare il peccato. Pertanto, eccedere i limiti della permissione non è altro che negare o togliere all’uomo qualcosa di dovutogli con che possa evitare il peccato, come se ad un uomo tentato leggermente e volente produrre un pensiero congruo con il quale impedisca un peccato, Dio gli negasse il concorso generale per un tale pensiero ed indi si seguisse il peccato. Circa ciò, Dio eccederebbe i limiti della permissione: e quindi Gli verrebbe attribuito un tale peccato come proprio autore e causa speciale. Così, dunque, Dio eccederebbe i limiti della permissione se alla Chiesa negasse la provvidenza speciale dovutale onde sia preservata da ogni errore; e così a Lui stesso verrebbe attribuita questa classe d’errore. È in seguito così impossibile che la Chiesa cattolica erri nella Fede come che Cristo Signore, o Dio Padre, erri o pecchi. Per questa ragione provano comunemente i teologi, in particolare i tomisti[18], che un angelo non può peccare nel primo istante della sua creazione, altrimenti il suo peccato verrebbe attribuito a Dio, perché all’integrità della natura di Colui è dovuta una provvidenza con cui ne venga allontanato qualsiasi peccato con cui venga ferita la sua integrità nel primo istante. Ed altrove[19] insegnano che l’umanità di Cristo, neppure per potenza assoluta, poté errare o peccare, anche se gli fosse stata tolta la visione beatifica, perché allora il Verbo divino sarebbe obbligato a dirigerla acciocché non pecchi o erri, altrimenti eccederebbe i limiti della permissione e verrebbe attribuitogli, come ad autore speciale, un tale peccato o errore.
* È vero che alla Chiesa non è dovuta una provvidenza assoluta e semplicemente in ragione della sua natura. Ma sì, le è dovuta per la supposizione delle promesse divine. Come all’umanità di Cristo, in ragione della sua natura e secondo la propria essenza, non è dovuta una provvidenza preservativa da ogni peccato, sì le è dovuta per la supposizione della grazia dell’unione ipostatica. Indi sebbene le promesse fatte alla Chiesa siano assolute almeno dalla parte dell’atto, tuttavia l’immunità della Chiesa all’errore non è assoluta ma è verificata per la supposizione delle promesse divine, com’è spiegato con l’esempio citato dell’impeccabilità dell’umanità di Cristo.
* Non soltanto deve attribuirsi peccato a colui che toglie o nega a qualcuno ciò che a lui è dovuto per debito di connaturalità, ma anche a colui che gli toglie o nega ciò che a lui si deve per giustizia. Perché chi togliesse o negasse a Pietro, ad esempio, la propria spada con la quale si difenda da un invasore, con ragione si direbbe causa dell’omicidio di Pietro seguitone, anche se la spada fosse dovuta a Pietro per mera giustizia.
* Un capo morale e mistico è obbligato a reggere il suo corpo e i suoi membri mistici e conservarli per quanto possibile liberi d’ogni difetto e caduta, non altrimenti che come il capo naturale lo è per rispetto al suo corpo e i suoi membri naturali. Analogamente lo sposo è obbligato a disciplinare e reggere la sua sposa, in modo che la caduta e defezione del corpo si attribuirebbe con ragione al capo e quella della sposa allo sposo se è la sua negligenza ad originarla. Ma Cristo è il capo mistico della Chiesa Cattolica. “E le cose tutte pose sotto i piedi di lui: e lui costituì capo sopra tutta la Chiesa”[20]. Ed è anche lo Sposo di questa: “Conciossiaché l’uomo è capo della donna: come Cristo è capo della Chiesa: ed egli è salvatore del corpo suo”[21];; “Poiché li ho sposati con questo solo coniuge, che è Cristo, per presentarseli a lui come vergine una pura e casta”[22]. Così, dunque, Cristo come capo e sposo è obbligato a reggere la Chiesa Cattolica in modo che non erri nei dogmi di Fede e costumi. Altrimenti i siffatti errori, con un diritto ottimo, verrebbero attribuiti a Cristo.
* Si suppone falsamente che la Chiesa possa, per potenza conseguente, o dalla supposizione delle promesse divine, non udire la voce del suo sposo e scivolare all’idolatria o all’eresia. Perché dalla detta supposizione infallibilmente sarà indotta dallo Spirito Santo ad ogni verità di fede, sebbene senza lesione della sua libertà: “Dappoiché vi ho sposati per presentarvi, qual pura vergine, a un solo uomo, a Cristo”[23]. Così si verifica anche nella Chiesa dell’Antico Testamento. Perché anche se nel regno d’Israele s’eclissò il suo splendore, tuttavia nel regno di Giuda fu preservato; è più: fino alla morte di Cristo non fu completamente ripudiata. Allora successe al suo posto la Chiesa di Cristo la cui figura (essa) era stata sin allora. E questa —a cui l’alleanza fu accordata “su migliori promesse”[24]— non deve mai essere ripudiata, né sin allora lo è stata, perché è rimasta e rimarrà incontaminata. Perciò in Osea 2, 19 è detto: “E meco ti sposerò in eterno”.
* Come lo sposo negli affari umani è obbligato a reggere la sua sposa finché possa, acciocché ella non soffra nessun male o caduta grande, ed a dirigerla in materia economica, così Cristo è obbligato a vegliare sulle azioni della sua sposa, la Chiesa, acciocché ella non si scivoli a nessun errore contro della Fede e la Morale. Quindi s’inferisce meno bene che la Chiesa abbia potestà di statuire quanto voglia in disattenzione della volontà del suo sposo Cristo: perché questo né lo vorrà ella, né lo permetterebbe il suo sposo. Non segue inoltre che la moglie terrena possa in materia economica statuire tutto a voglia in disattenzione della volontà del suo marito; è piuttosto al contrario, perché la donna deve essere sottoposta al marito nella sua azione di reggere la famiglia ed essere diretta secondo la sua volontà e piacere, secondo le parole dell’Apostolo.
* San Giovanni Crisostomo, Omelia 55 sul capitolo 16 di Matteo, volume 7: “‘E le porte degli inferi non prevarranno contro di essa’. Gesù promette di dare a Pietro cose che spettano direttamente a Dio: rimettere i peccati e rendere salda la Chiesa in mezzo a tanta agitazione di flutti, rendendo un pescatore più sicuro della pietra, anche se tutto il mondo gli sarà contro.Così diceva il Padre parlando al profeta Geremia:‘Imperocché io ti ho fatto oggi come una città forte, e come una colonna di ferro, e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda, e i suoi magnati, e i sacerdote, e il popolo del paese’[25]. Ma Geremia era posto di fronte a un solo popolo, Pietro invece di fronte a tutto il mondo.”
OBIEZIONI FALLIBILISTE E RISPOSTE.
* Obiezione fallibilista Nº 1: Chi ha un privilegio assoluto di non errare non deve venire ammonito acciocché bada di non cadere. Ma viene spesso ammonito alla Chiesa di badare: “Guardatevi da falsi profeti, che vengono a voi vestiti da pecore, ma al di dentro son lupi rapaci”[26]; “Guardatevi dal lievito dei Farisei, e Sadducei”[27]; “Badate a voi stessi, e a tutto il gregge”[28]. Non ha in seguito il privilegio assoluto di non errare. —Risposta: 1º Questi luoghi s’intendono delle chiese particolari che sono fallibili. 2º Anche se concediamo che queste ammonizioni s’estendano alla Chiesa universale, non ne segue che essa non abbia il privilegio assoluto di non errare, perché acciocché possa venire ammonita così basta che i suoi membri particolari, sotto la sua cura, possano defezionare. Pertanto non senza scopo viene ammonito ai prelati della Chiesa che badino a sé stessi ed al gregge universale, perché i particolari sono fallibili.
* Obiezione fallibilista Nº 2: Il capo naturale è obbligato a reggere e dirigere non soltanto il suo corpo adeguato ma anche a ciascuno dei suoi membri in modo che restino indenni e non distratti nelle loro funzioni. Lo stesso appare anche in un capo morale, ad esempio in un governatore o un prelato, che sono obbligati a conservare non soltanto la comunità tutta ma anche ciascuno dei soggetti da ogni difetto di peccato ed errore in quanto umanamente si possa. In seguito Cristo, come capo mistico, non soltanto è obbligato a preservare la Chiesa universale da ogni errore, ma anche le chiese particolari e ciascuno dei suoi membri, potendo facilmente prestarlo. —Risposta: si concede l’antecedente quanto alle sue due parti e si nega il conseguente. La differenza consiste in ciò che il capo naturale (ed identico è il caso del capo morale umano) è riferito per modo di provvisore particolare che deve escludere nel possibile qualsiasi difetto di colui la cui cura gli è stata affidata. Ma Cristo Signore è riferito per modo di provvisore universale che, per il più grande bene del tutto e con fini altissimi della saggezza divina, suole permettere alcuni difetti nei particolari, come insegna San Tommaso: “Altro è il caso di chi ha la gestione di un bene particolare e altro quello del provveditore universale. Il primo elimina, per quanto può, ogni difetto da ciò che è affidato alle sue cure, mentre il provveditore universale, per assicurare il bene del tutto, permette qualche difetto in casi particolari. Perciò la distruzione e le deficienze delle cose create si possono dire contro la natura particolare di esse; ma rientrano nell’intenzione della natura universale, in quanto il difetto di una ridonda al bene di un’altra, o anche al bene di tutto l’universo; infatti, la distruzione di una cosa segna la generazione di un’altra, e così si conserva la specie. Essendo, dunque, Dio il provveditore universale di tutto l’essere, appartiene alla sua provvidenza il permettere alcuni difetti in qualche cosa particolare perché non sia impedito il bene perfetto dell’universo. Ed invero, se si impedissero tutti i mali, molti beni verrebbero a mancare all’universo; p. es., non vi sarebbe la vita del leone se non vi fosse la morte di altri animali; né vi sarebbe la pazienza dei martiri se non vi fosse la persecuzione dei tiranni. Perciò S. Agostino può dire: ‘L’onnipotente Iddio non lascerebbe trascorrere alcun male nelle sue opere se non fosse tanto potente e buono da trarre del bene anche dal male’.”[29] Sino qua San Tommaso. Quindi risulta che Cristo Signore come Provvisore Universale possa permettere alcuni errori e peccati in chiese particolari ed in membri della Chiesa universale. Ciò può occorrere a diversi fini. Può darsi acciocché per questi errori e peccati si mostrino o manifestino gli attributi divini della giustizia, onnipotenza, misericordia, ecc. Può anche darsi acciocché i peccati dei predestinati siano effetti della loro predestinazione nella misura che danno un’occasione di una maggiore umiltà, penitenza più fervente, ecc., come insegna il giudizio probabile. E può darsi, infine, perché tra la grande caterva dei reprobi e peccatori spicca più chiaramente il piccolo gregge degli eletti e a loro servono per il loro esercizio e progresso, come dice San Giovanni Crisostomo nella sua Omelia di Adamo ed Eva: “Togli i persecutori e non ci saranno dei martiri. Togli gli ubriachi e non faremo l’elogio dei sobri.” E il padre Agostino nel Libro 11 della Città di Dio, cap. 18, dice: “Inoltre Dio non creerebbe non dico un angelo ma neanche un uomo, di cui avesse previsto che sarebbe divenuto malvagio, se non conoscesse pure a quale profitto dei buoni destinarli e ornare così mediante antitesi, come se fosse un bellissimo poema, la vicenda dei tempi”. E nel libro Della Genesi alla lettera, cap. 12, indaga: “Perché è stato creato il demone, sapendo Dio che sarebbe cattivo?”. E risponde: “Non perché l’abbia creato cattivo, ma sapendo che lui sarebbe diventato malvagio di propria volontà per far del male ai buoni, lo creò proprio per servirsi di lui a vantaggio dei buoni”.
* Obiezione fallibilista Nº 3: Se la Chiesa per sé non può errare grazie al governo speciale di Cristo, suo Sposo e Capo, allora, con lo stesso governo neppure potrà peccare; altrimenti, così come il suo errore verrebbe attribuito a Cristo, così anche il suo peccato, che gli ripugna ugualmente. Inoltre, ne seguirebbe che per il governo di Cristo la Chiesa non possa neppure soffrire qualche ignoranza, perché altrimenti ciò sarebbe attribuibile un diritto uguale a Cristo. —Risposta: La Chiesa Cattolica (con la quale al presente intendiamo, oppure l’assemblea di tutti i fedeli insieme con il capo, oppure l’assemblea di tutti i vescovi congregati dall’autorità legittima), così come non può errare nella Fede secondo se tutta, così non può neppure peccare per la forza delle promesse divine con le quali Dio è obbligato ad allontanare da essa tutti i difetti, onde seguirebbe la sua rovina: ma se peccasse secondo se stessa, sarebbe sicuramente distrutta, non essendo più santa. Ma al modo come le chiese particolari o i membri della Chiesa universale errano spesso nella Fede, così anche possono peccare, perché a loro non si estendono le promesse divine. E la Chiesa Cattolica aborrisce più i peccati d’infedeltà o errori nella Fede che altri, perché per loro si espelle la fede, che è come la sua ‘alma’. Quindi essa supporta nel suo grembo altri peccatori e getta da se gli eretici non appena può. Quanto a ciò che nell’obiezione è citato sull’ignoranza, dico che Cristo non è obbligato ad allontanare dalla Chiesa ogni ignoranza onde non segua la sua rovina, né si origina nessun grande male se soltanto la dirige in modo che non si devii dal cammino della Verità in affari di Fede.
* Obiezione fallibilista Nº 4: Dio è anche sposo di ogni anima santa, del cui matrimonio intendono gli interpreti nella maggior parte tutti i colloqui del Cantico dei Cantici tra lo Sposo e la Sposa. E non ne è obbligato Dio Padre o Cristo a preservare l’anima santa immune da ogni errore nella Fede, né il suo errore viene attribuito a Dio Padre o a Cristo. Pertanto, benché Cristo sia lo Sposo della Chiesa Cattolica, non ne sarà obbligato a conservarla indefettibile nelle verità di Fede. —Risposta: è diversa la ragione di ciascuna delle due classi di matrimonio, perché il matrimonio di Dio è l’anima santa, mentre questa pellegrina in questa vita, è solubile, ed è perciò che molti, non incongruamente, lo chiamano fidanzamento; e non le viene conferita la dote finché non avrà perseverato in grazia sino alla fine e, staccata dal corpo, venga introdotta nella casa celeste dello Sposo; perché è allora che per la prima volta è decorata con la dote di cui parla San Tommaso[30]. Ecco un segno che prima non è occorso un matrimonio rato ed indissolubile. E pertanto nel decorso di questa vita Cristo lascia l’anima “tra le mani del suo Consiglio” Eccl. 15,14 e non è obbligato a mantenerla stabile nella verità o il bene. Ma il matrimonio che occorre tra Cristo e la Chiesa è assolutamente indissolubile, secondo Osea 2, 19: “E meco ti sposerò in eterno”. Quindi con il matrimonio indissolubile si rappresenta il temporale, secondo Efesini 5, 32: “Questo Sacramento è grande, io però parlo riguardo a Cristo, e dalla Chiesa”.
* Obiezione fallibilista Nº 5: Un tutto risultante da parti fallibili necessariamente è fallibile, come da molti corruttibili ne risulta uno. Ma la Chiesa universale è un tutto aggregato costituito da parti fallibili come sono le chiese particolari e i fedeli individuali, che sono fallibili e possono errare. Pertanto la stessa Chiesa universale è fallibile. —Risposta: Si distingue la premessa maggiore. Che un tutto risultante da parti fallibili sia fallibile e defettibile intrinsecamente e dalla sua natura, concedo la premessa maggiore. Chi sia estrinsecamente, sub distingo. Se è data la promessa del suo direttore infallibile della sua infallibilità e preservazione dall’errore, nego la premessa maggiore. Altrimenti la concedo. Pertanto, benché la Chiesa universale sia intrinsecamente fallibile per la ragione detta, ugualmente è infallibile estrinsecamente in quanto subordinata alle promesse divine ed all’assistenza speciale dello Spirito Santo. Perché se Dio volesse efficacemente conservare eternamente incorrotto, ad esempio, un bucefalo, questo sarebbe, estrinsecamente assieme, corruttibile intrinsecamente ed incorruttibile estrinsecamente. O se decretasse efficacemente distruggere l’arcangelo Gabriele l’anno prossimo, sarebbe estrinsecamente incorruttibile ed intrinsecamente corruttibile. Aggiungici che spesso alcune cose competono a un tutto collettivo che in senso diviso non quadrano alle loro parti, ad esempio, tutti i cittadini di Erfurt presi insieme possono difendere la città, come supponiamo, ma non gli individui in senso diviso. Analogamente, nessuno può evitare tutti i peccati veniali per lungo tempo senza un privilegio speciale di Dio, bensì i peccati individuali in senso diviso.
* Obiezione fallibilista Nº 6: Il Collegio Apostolico, che rappresentava la Chiesa di Cristo, errò anche dopo la resurrezione di Cristo, pensando che il suo regno sarebbe stato terreno. “Ma quegli unitosi insieme gli domandavano, dicendo: Signore, renderai tu adesso il regno ad Israele?”[31] È più: dopo l’Ascensione di Cristo e l’Avvenimento dello Spirito Santo tutta la Chiesa visibile si vede avere errato per qualche tempo sulla dottrina della vocazione dei gentili, pensando che il Vangelo dovesse predicarsi agli ebrei soli, come seme d’Abramo e popolo eletto di Dio, e non affatto ai gentili. Quindi San Pietro fu ammonito da una visione divina[32] acciocché andasse dal gentile Cornelio “senza il più piccolo dubbio”. Ecco un segnale che egli dubitasse se questo fosse legale. Quindi in Atti 11, 2 Pietro ne è accusato come di qualcosa d’illecito di cui lì è anche obbligato a dare ragione a tutta la Chiesa. Inoltre Pietro, di cui si dice che fu il capo della Chiesa, non capiva l’abrogazione della legge cerimoniale, ragione per cui affermava che alcuni cibi erano ancora impuri: vedere proprio lì in Atti 10,14. In seguito Paolo attesta chiaramente su ciò ciò: che “non andavano con retto piede secondo la verità del Vangelo”[33]. —Risposta:Acciocché si dica qualcuno errare nella Fede non basta che dubiti in qualsiasi modo, ma si richiede che in cose rivelate mediatamente o immediatamente da Dio dissenta positivamente con pertinacia. Non fu tale l’errore dei discepoli di Cristo quando dubitavano se il regno di Cristo sarebbe stato terreno e se fosse legale di predicare il Vangelo ai gentili e se la legge mosaica in punti cerimoniali e giudiziari fosse stata completamente abrogata, ecc. Perché circa queste verità, almeno prima dell’Avvenimento dello Spirito Santo, non furono sufficientemente illuminati ne furono proposte a loro sufficientemente. Neppure capivano lo stesso mistero della Resurrezione prima che Cristo risuscitasse di fatto: “Imperocchè non avevano per anco compreso dalla Scrittura, com’egli doveva risuscitare da morte”[34]. Pertanto è falso che il dubbio dei discepoli di queste verità sia stato un errore nella Fede, poiché è stato piuttosto un’ignoranza invincibile ed incolpevole. E benché dopo l’Avvenimento dello Spirito Santo siano stati istruiti su tutte le verità della Fede, ciò non fu tuttavia in modo simultaneo, ma successivo. Quindi sono ancora rimasti alcuni dubbi su alcune verità finché, meglio illuminati dallo Spirito Santo, li vincevano con il decorso del tempo. Quanto a Galati 2, 14, San Pietro fu reprensibile per una simulazione imprudente con la quale, essendo arrivati a lui alcuni ebrei, egli si sottraeva da alcuni cibi proibiti dalla legge di Mosè di cui prima dell’arrivo di questi utilizzava indiscriminatamente. Simulava così osservare gli usi legali. Ma questa simulazione imprudente (che fu soltanto un peccato veniale oriundo della semplice inconsiderazione) non era un errore giudiziario della Fede, ma di uno di fatto, perché credeva di fede che la distinzione legale dei cibi era stata abrogata da lungo tempo, istruito da Atti 10, 15: “Non chiamar tu comune quello che Dio ha purificato”. Tuttavia, ciò fu un certo modo d’errore non di predicazione ma di comportamento, come dice Tertulliano nel suo libro delle Prescrizioni contro di tutte le eresie; perché San Pietro non definì che occorresse osservare gli usi legali, ma piuttosto l’opposto, come si legge in Atti 15. Ma fu lecitamente che fu rimproverato da San Paolo, perché è irreprensibile che un inferiore o un soggetto corregga il suo superiore quando pecca, avendo mostratogli la dovuta riverenza e carità, ogni volta che si aspetta un’utilità per lui o per il prossimo o si veda che la sua caduta ridonderà nella la rovina di molti. Inoltre, anche quando San Pietro negò Cristo Signore, non peccò tuttavia contro della Fede […] non perse la Fede, perché questa soltanto si perde per un peccato pertinace d’infedeltà, e non è stato tale il peccato della negazione di Pietro cui seguì una penitenza così pronta ed amara. Aggiunge che allora non era Sommo Pontefice, perché fu inaugurato come tale dopo la resurrezione con queste parole: “Pasci i miei agnelli etc…”[35].
* Obiezione fallibilista Nº 7: Sant’Agostino nel suo Sermone 33 sul tempo liturgico dice: “Si sappia che dobbiamo credere la Chiesa, non credere nella Chiesa, perché la Chiesa non è Dio, ma la Casa di Dio”. Pertanto l’autorità della Chiesa non è così infallibile, che la nostra fede vi possa essere sostenuta come nella regola del credere. —Risposta: il Santo Dottore soltanto volle dire che non occorre credere nello stesso modo in Dio e nella Chiesa, come egli stesso si spiega nell’Omelia 3 ai neofiti con queste parole: “Non del modo come crediamo in Dio crediamo nella Chiesa Cattolica, che è santa e cattolica perché certamente crede in Dio”. Circa ciò, San Tommaso[36] distingue tre atti di Fede su Dio che almeno nella ragione sono diversi. Il primo è di credere a Dio, cioè, a Lui come testimoniante e rivelante come ragione formale e ragione del credere: in questo modo non crediamo per la Chiesa, ma soltanto in quanto è la regola infallibile del proporre e del spiegarli, rivelataci. Il secondo atto è di credere Dio, cioè, come esistente nella natura delle cose, perché questo ci si rende noto per la rivelazione divina: così crediamo anche che ci sia una Chiesa che sia una, santa e cattolica. Il terzo atto è di credere in Dio, cioè, nella misura che per l’impero della volontà l’atto di Fede tende a Dio come verità prima e fine ultimo nostro: così dice Sant’Agostino che non possiamo credere nella Chiesa, non essendo essa Dio o la nostra ultima fine, ma la Casa di Dio.
* Obiezione fallibilista Nº 8: San Gregorio dice nel libro 5 delle Decretali, tit. 39, cap. 28: “Il giudizio di Dio si appoggia sempre nella verità che né sbaglia né viene sbagliata; invece il giudizio della Chiesa talvolta segue l’opinione, cui spesso arriva di sbagliare e venire sbagliata; questo perché di tanto in tanto arriva che colui che è legato dinanzi a Dio è slegato dinanzi alla Chiesa”. Dunque, con la propria bocca il Sommo Pontefice ammette che la Chiesa abbia un giudizio fallibile. —Risposta: I giudici della Chiesa nei loro giudizi contenziosi “spesso” sbagliano amministrando la disciplina ecclesiastica, perché “spesso” legano con censura di scomunica colui che è chiaramente innocente e slegato dinanzi a Dio; al contrario, talvolta assolvono colui che deve realmente essere condannato. Ma questi giudici particolari non rappresentano tutta la Chiesa né le questioni sono di diritto e relative alla Fede o alla religione, ma sono di fatto e dipendenti dai testimoni e le deposizioni degli uomini, ove riconosciamo anche che il Sommo Pontefice insieme con un Concilio generale può errare, come con un decreto pubblico di tutti i sacerdoti e profeti fu aggiudicato alla morte Geremia profeta[37]. In un modo non dissimile alcuni dicono che il Concilio VI errò nella condanna del papa Onorio giudicandolo essere stato monotelita giusta testimoni di uomini, quando non lo fu realmente, come insegna Giovanni di Turrecremata nel suo Libro 1 sulla Chiesa, cap. 93.
Originale latino:
https://books.google.com.mx/books?id=ijpCAAAAcAAJ&redir_esc=y
Traduzione parziale spagnola:
http://www.catolicosalerta.com.ar/iglesia-catolica/lutero-calvinismo-cismatico.html
Traduzione dal latino di PATRICIO SHAW. Pubblicazione e piccola revisione a cura di CdP Ricciotti.