Un commento giuridico-canonistico alle dichiarazioni di Mons. Rino Fisichella in merito alla assoluzione dei Vescovi  appartenenti alla Fraternità Sacerdotale San Pio X. [RS]

 

di Guido Ferro Canale

 

Un lancio di Zenit riferisce che Mons. Fisichella, quale Presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, avrebbe precisato – con un documento che, tuttavia, ancora non appare sul sito ufficiale del Giubileo – che i Missionari della Misericordia possono bensì assolvere i peccati riservati alla Sede Apostolica, come da n. 18 della Bolla “Misericordiae Vultus”, però non dalla consacrazione episcopale senza mandato pontificio, conferita o ricevuta; in questo caso, infatti, occorrerebbero una richiesta di perdono indirizzata al Pontefice in persona e la manifestazione pubblica del pentimento, per riparare allo scandalo [superflua ogni considerazione di merito sullo “scandalo” che la resistenza antimodernista porterebbe, ndr].

Si impone subito un paio di precisazioni: intanto, riparare lo scandalo rientra nella soddisfazione per il peccato e può farsi anche dopo l’assoluzione, sicché potrebbe imporsi come penitenza, senza che occorra una diversità di disciplina (cfr., comunque, il can. 1347 §2). Inoltre, a norma del can. 1357, i confessori posso rimettere, nel foro interno sacramentale, le scomuniche “latae sententiae” non dichiarate, ma con obbligo per il penitente di ricorrere al Superiore che sarebbe competente a dichiararle; la facoltà straordinaria dovrebbe eliminare quest’obbligo, conferendo al Missionario della Misericordia le stesse facoltà che avrebbe il Superiore, ma, in assenza di una deroga espressa, ritengo che resti ferma la restrizione alle censure non dichiarate.

Ciò detto, il riferimento alla Fraternità Sacerdotale S. Pio X, che ha subito agitato le acque, a mio parere è solo un’aggiunta dell’articolista. Anche se sarebbe interessante capire quali fantomatici… rischi di indebite assoluzioni abbiano spronato Fisichella a precisare.
Tuttavia, è pur vero che vi sarebbe tuttora una scomunica ex can. 1382 – che non mi risulta dichiarata, ma certo non è stata rimessa – a carico di Williamson, Tissier de Mallerais e de Galarreta, che, nel 1991, hanno consacrato Mons. Licinio Rangel a Campos, affinché potesse subentrare a Mons. de Castro Mayer. Rangel è morto in “piena comunione”, ma la remissione della scomunica non si estende ai complici, essendo il pentimento faccenda prettamente individuale. Siccome, poi, è possibile – almeno finché si resta nell’ambito dell’attrizione – pentirsi di un peccato e non di un altro, o ritenere giustificata la consacrazione A e non la B, la richiesta indirizzata, a suo tempo, a Benedetto XVI per la remissione delle scomuniche del 1988 giuridicamente non si estende in automatico a quelle del 1991, tanto più che il decreto della Congregazione per i Vescovi non le menziona (cfr. can. 1359). Nel caso di Mons. Williamson, si è poi avuta un’altra consacrazione senza mandato, non so se con pena dichiarata oppure no.
Ma, nell’eventualità assai remota che un Williamson, o un Vescovo cinese della “chiesa patriottica”, vadano a confessarsi da un Missionario della Misericordia e manifesti il proprio pentimento per l’avvenuta consacrazione senza mandato, potrà essere assolto?
Secondo me, sì.
E’ vero che le cause penali dei Vescovi sono riservate al Papa in persona, ma qui stiamo parlando, evidentemente, di un altro aspetto, che è la riserva del peccato (non del delitto) cui sia annessa una censura. La vecchia disciplina prevedeva varie riserve alla Sede Apostolica: simpliciter, speciali, specialissimo e addirittura quam specialissimo modo (per il crimine di appartenenza all’Action Française). Il nuovo Codice, tuttavia, le ha unificate in una sola; il can. 1357 vale per tutti i peccati, previsti dalla legge come delitti di competenza della S. Sede. Anche per quelli spettanti al Papa in persona, perché le espressioni “Santa Sede” e “Sede Apostolica” designano innanzitutto il Pontefice in carne ed ossa (cfr. can. 361). Quindi, l’espressione “peccati riservati alla Sede Apostolica”, sia nel Codice sia nella Bolla, comprende di per sé il can. 1382; e se, riguardo alla Bolla, dovesse rimanere qualche dubbio, la facoltà del Missionario è “res favorabilis” e va interpretata nel senso più ampio.
Verrebbe da concludere “Tanto rumore per nulla”, se non fosse che resta la curiosità sul perché di questa lettera di Fisichella. Qualche Missionario particolarmente scrupoloso si è trovato un Vescovo… “fuorilegge” in confessionale e ha chiesto lumi? A qualche curiale è passato nella testa… Dio solo sa quale timore? Intanto, per una volta nella storia della Roma bergogliana, si può sorridere tranquilli di fronte ad un non-problema. Magari suggerendo a Fisichella di approfondire un po’ meglio la vera opinione comune dei canonisti… 

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