Rear view of a boy walking with two men in a park

 

di Massimo Micaletti

 

 

La retorica LGBT ci propone sovente la coppia omosessuale, sposata o no, come un luogo idilliaco di amore e comprensione, in cui i partner si sentono accettati, accolti e compresi l’uno dall’altro. E’ un’immagine necessaria, sia in chiave competitiva rispetto alle famiglie naturali, sia soprattutto con finalità assertiva dell’ideologia omosessualista. In effetti, se si vuol convincere le persone con tendenze omosessuali che possono essere felici solo assecondando tali tendenze, ebbene la coppia che nasce da queste attrazioni disordinate deve apparire come felice, anzi più felice di quelle che nascono da relazioni eterosessuali.

Si tratta quindi non di mera réclame, ma di una precisa condicio sine qua non della militanza LGBT: se io dimostrassi che nelle relazioni omosessuali si soffre e si subiscono abusi in misura uguale (o addirittura superiore) rispetto a quelle eterosessuali, ecco che il pensiero gay affermative verrebbe a crollare, perché vorrebbe dire che seguire le proprie disordinate tendenze equivarrebbe ad essere maggiormente esposti ad abusi e violenze da parte del compagno e quindi ad infelicità. Il punto è che è proprio così.

Nel 2010, un vasto studio pubblicato dal CDC (Center for Disease Control and Prevention) americano e ripreso dal NISVS (National Intimate partner and Sexual Violence Survey) [1] ne dà prova. Nel documento del NISVS si può leggere: “The Sexual Orientation Report indicates that individuals who self-identify as lesbian, gay, and bisexual have an equal or higher prevalence of experiencing IPV, SV, and stalking as compared to self-identified heterosexuals” (grassetto e sottolineato aggiunti).

Sempre nel report del NISVS si legge che il 44% delle donne lesbiche ed il 61% delle bisessuali hanno subito almeno una volta uno stupro, un abuso, un atto di violenza fisica o di stlaking dal loro partner; questa percentuale scende al 35% per le donen eterosessuali. Similmente, il 26% dei gay ed il 37% dei bisessuali ha avuto tali problemi, di contro al 29% dei maschi eterosessuali. Circa una donna bisessuale su cinque ha patito violenza sessuale dal partner almeno una volta, contro il 9% per le donne eterosessuali.

Se si passa a considerare la violenza sessuale non subita dal partner stabile, ma da un conoscente occasionale o da sconosciuti, il discorso non cambia. Circa una donna lesbica su otto (il 13%) e quasi la metà (46%) delle donne bisessuali) denuncia di aver sofferto violenza sessuale, contro il 17% delle donne eterosessuali. L’omosessualità maschile non è messa meglio: un gay su cinque ha dichiarato ai ricercatori del CDC di essere stato abusato, contro il 18% dei maschi eterosessuali ed anche in questo caso la percentuale sale vertiginosamente per i bisessuali (47%).

La conclusione in sintesi, efficacemente resa da uno dei tanti articoli che ha ripreso questa ricerca[2], è che “the prevalence of intimate partner violence was higher in some LGBT relationships than in their heterosexual counterparts: 61% of bisexual women and 44% of lesbian women reported intimate partner violence versus 35% of heterosexual women. Meanwhile, 26% of gay men and 37% of bisexual men reported being assaulted or stalked by a partner, compared with 29% of heterosexual men”.

Uno studio pubblicato nel settembre 2014 dal Journal of Sex & Marital Therapy[3] e ripreso dalla Northwestern University Feinberg School of Medicine di Chicago espone dati molto preoccupanti e ben lontani dalle coppie da Mulino… Arcobaleno che ci vengono dipinte. Dall’indagine, che è in buona parte una sintesi compilativa di precedenti studi, risulta che la violenza domestica interessa dal 25 al 75% di gay, lesbiche e bisessuali; inoltre, riferiscono i ricercatori, da pare della popolazione omosessuale c’è maggior reticenza a denunciare gli abusi subiti dal partner, onde il quadro potrebbe essere anche più serio. A titolo di riferimento, l’indagine dei ricercatori americani censisce che nel campione eterosessuale di riferimento solo una donna su quattro dichiara di aver subito violenze domestiche, molti meno gli uomini.

Più nel dettaglio, l’indagine, che passa in rassegna Quattro precedenti indagini per un totale di 30.000 (trentamila) soggetti esaminati, si spinge anche più in là rispetto alla ricerca del CDC del 2010. “Una delle nostre allarmanti scoperte è che la violenza domestica nelle coppie dello stesso sesso è di gran lunga più ricorrente rispetto alle coppie di sesso diverso”, dice alla BBC Richard Carroll, Psicologo e coautore dello studio[4]. Carroll spiega il fatto con fattori addizionali di stress, che possono essere esogeni (discriminazione vera o presunta, atti di bullismo) ma anche endogeni, come una sorta di inconscia repulsione degli stessi partner verso il comportamento omosessuale. I fattori esogeni esasperano i comportamenti e li prolungano perché la vittima è restia dichiarare alle autorità la propria omosessualità ma, dice Carroll, sono i fattori di stress endogeno che sono di gran lunga i più pericolosi e nocivi: “A volte gli individui omosessuali proiettano il loro stesso giudizio negativo e la loro ostilità verso la condotta omosessuale contro il loro partner. Per contro, noi crediamo che le vittime di violenza domestica nelle coppie dello stesso sesso pensino di meritare l’abuso a causa dell’idea negativa che hanno di sé stesse”. Come a dire che se sento che c’è qualcosa che non va nel mio modo di vivere, la colpa è del partner.

Un report a cura del National Violence Against Women Prevention Research Center, University of Missouri at St. Louis, specificamente dedicato al tema della violenza nelle coppie lesbiche[5], conferma quanto rilevato negli studi che ho citato sopra. L’analisi dei dati – si tratta anche in questo caso di uno studio compilativo, che riprende cioè altre ricerche – indica che una percentuale che va dal 17 al 45% delle donne lesbiche interpellato ha riferito di essere stata vittima di almeno un atto di violenza da parte della compagna, la violenza in questa indagine non è sessuale ma fisica, in termini di pugni, schiaffi, calci, morsi; se si considera invece la violenza psicologica, le percentuali spaziano da un minimo del 24% ad un massimo del 90%. Anche in questo caso, sebbene l’indagine concluda – senza campioni di riferimento! – che l’incidenza della violenza nelle coppie lesbiche sia uguale a quella delle coppie eterosessuali, la ricercatrice avverte che il fenomeno potrebbe essere ben più esteso, perché le vittime omosessuali sarebbero più restia a denunciare gli abusi per non dichiarare la propria omosessualità: insomma, la causa del silenzio su ulteriori casi sarebbe… l’omofobia. Se non ci fosse questa famosa omofobia, dunque, secondo i ricercatori scopriremmo che le persone con tendenze omosessuali che subiscono violenza dal partner sono molte più di quelle già tantissime che gli studi censiscono.

Il fenomeno è diventato di tale evidenza che anche la stampa americana inizia a dargli risalto, raccontando storie di sofferenza e brutalità che poco lasciano alla poesia[6].

Peraltro le dinamiche intrinseche alla relazione omosessuale rendono gli abusi non solo più frequenti, ma pure più incisivi.

Sharon Stapel, Direttrice del New York City Anti Violence Project, dichiara alla CNN che l’omofobia reale o percepita unita all’isolamento che queste relazioni portano nei confronti delle famiglie di origine, anche se esse accettano l’omosessualità del figlio, fanno sì che l’abusante abbia maggior potere sull’abusato e possa ricattarlo rinfacciandogli che solo esso abusante lo ama mentre il mondo lo odia o minacciando di rivelare a familiari ed amici le tendenze omosessuali della vittim. Questo è solo uno dei profili peculiari che spiegano l’incidenza statistica degli abusi nella comunità LGBT.

Come riferisce alla BBC Curt Rogers[7], persona con tendenze omosessuali vittima di ripetuti abusi da parte del compagno, fino al tentato omicidio, c’è la convinzione che la violenza nella coppia sia una questione di sessismo e che quindi riguarderebbe solo le coppie di sesso diverso in cui sarebbe ben identificato un dominante (il maschio) ed una vittima (la femmina); ma i dati sugli abusi nelle coppie omosessuali dimostrano che non è affatto così e che il ruolo abusante-abusato non ha nulla a che vedere col sesso dell’uno e dell’altro. Viene così scardinato un altro dei luoghi comuni della vulgata, che vede sempre l’uomo nel ruolo dell’orco e la donna in quello della colomba. Curt Rogers ha poi fondato un’organizzazione che si occupa proprio di far luce sugli atti di violenza all’interno delle coppie dello stesso sesso, e racconta di aver avuto all’inizio parecchie resistenze da parte degli stessi ambienti LGBT nel trattare queste tematiche, perché esse venivano avvertite “come il lavare i panni sporchi in piazza” (anche qui: pare di leggere della famigerata omertà sulle violenze nelle coppie eterosessuali). All’inizio la comunità LGBT era concentrata sul combattere l’AIDS. Non volevamo essere demonizzati dagli eterosessuali e qualcuno vedeva questo (ossia il parlare dei numerosi casi di violenza domestica, n.d.t.) come il concedere ulteriori munizioni per descrivere le nostre relazioni come malate”. Questa frase è davvero illuminante: ognuno si faccia un giudizio sulle sue implicazioni.

Kate Atkins, lesbica, del Network La Red, un’organizzazione a tutela di persone con tendenze omosessuali che vengano abusate dai partner, conferma quanto Rogers dichiara. “All’inizio, quanto il Network La Red ha iniziato ad operare, la violenza era un argomento che non volevamo toccare. Le persone sentivano davvero che questo non era buona cosa per noi. Io credo che queste persone volessero portare avanti l’immagine degli omosessuali e delle loro relazioni come uguali o addirittura migliori delle altre relazioni (ossia di quelle eterosessuali, n.d.t). Atkins, come Rogers, considera che molte persone ancora non riescono a comprendere come l’abuso è una questione di potere e di controllo psicologico e non ha a che fare necessariamente coll’idea tradizionale di forza fisica.

Persino The Advocate, rivista da sempre portabandiera delle istanze omosessualiste, parla che su questo tema c’è “un silenzio che scaturisce dal desiderio di non mettere in cattiva luce la comunità LGBT[8]. Il medesimo rilievo viene svolto dalla NCDAV, National Coalition Against Domestic Violence, ente americano che avverte che tra i fattori che portano gli abusati a tacere è “la paura che rendere noti i problemi di violenza nella popolazione LGBT potrebbe creare problemi nella via sull’uguaglianza ed alimentare pregiudizi”. Insomma, si preferisce il silenzio nel timore che, se l’opinione pubblica venisse a sapere della diffusione della violenza nel mondo LGBT, la propaganda omosessualista ne uscirebbe compromessa.

Anche Patrick Dati, persona con tendenze omosessuali che da vittima di violenze e stalking da parte del suo compagno ora cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica e LGBT sul tema, ammette chiaramente alla CNN che la violenza nelle relazioni omosessuali è molto ricorrente[9] e che c’è una forte resistenza nel parlarne.

Allan, persona di sesso femminile che si è sottoposta ad interventi chirurgici per apparire maschio, denuncia al Guardian che le violenze subite dal partner erano tese non solo alla sopraffazione ma anche a che Allan avesse rapporti con altri uomini[10].

Da questa breve rassegna possiamo trarre alcune conclusioni.

La prima è che la violenza nelle relazioni omosessuali ha un’incidenza che molti studi indicano maggiore rispetto a quella che si verifica nelle coppie di sesso diverso; altri studi, pure meno allarmanti, riportano comunque una frequenza negli abusi pari a quella delle relazioni eterosessuali. Ergo, uno degli strumenti comunicativi più efficaci della campagna LGBT, ossia l’immagine della coppia gay felice contrapposta a mariti violenti e mogli vittime, non sta in piedi: nelle loro relazioni, le persone con tendenze omosessuali sono abusanti almeno quanto quelle che tali tendenze non hanno. Anzi, come concludeva già nel 1999 una monografia a cura di Nancy Knauer, “ individuals in same-sex relationships are more likely to be abused by their partners than beaten in an act of anti-gay violence[11]: fa più vittime la violenza nelle coppie LGBT che la tanto temuta omofobia.

Non si può inoltre tacere che, con buona pace degli studi che concludono affermando uguale ricorrenza degli abusi nelle coppie omosessuali e nelle coppie etero, la realtà è che la violenza nelle relazioni LGBT è molto più frequente, e ciò proprio perché tutte le indagini rilevano che le vittime sono molto più restie a denunciare. Tale reticenza si può ascrivere al timore di essere discriminati oppure al desiderio di non porre in cattiva luce la comunità LGBT. Indipendentemente dalla cause, è oggettivo che i dati restano comunque approssimati per difetto, anche in quegli studi che indicano una incidenza di maltrattamenti identica o vicina tra relazioni LGBT e relazioni naturali.

La seconda conclusione è che la violenza omosessuale ha dinamiche sue proprie, che fanno sì che essa sia molto più frequente e comunque meno denunciata rispetto agli abusi in coppie di sesso differente. Queste dinamiche non si reggono solo sul ricatto basato sulla cattiva percezione che sovente la persona con tendenze omosessuali ha di sé (“nessuno ti accetta, io sì perciò devi fare quel che ti dico io e se disobbedisci ho il diritto di punirti e ci devi stare”) ma anche sulla maggior frustrazione che deriva all’abusato dal sentirsi inferiore ed umiliato in una relazione che non è tra complementari ma tra uguali[12]. Esiste inoltre nella comunità LGBT il “mito pervasivo” – così lo definisce Amy Caffrey dell’Havens Women Centre, un organismo che si occupa di violenza sulle donne e sulle persone LGBT – che la violenza e l’abuso siano un comportamento accettabile, necessario o addirittura piacevole nella relazione omosessuale. Va poi rilevato che in questo tipo di relazioni, l’abusato tende molto più a controbattere e ad abusare a propria volta, sicché sovente risulta difficile individuare chi dei due sia effettivamente dominante, quindi principale responsabile delle violenze[13].

Quasi tutti gli studi mettono poi in guardia sul fattore esogeno, di cui ho parlato poco sopra, ossia che questa maggiore incidenza sarebbe dovuta anche all’omofobia che non solo frena le vittime dal denunciare ma le fa sentire prigioniere del rapporto vessatorio per timore di non essere accettate: ebbene, a mio modesto avviso tale fattore è estremamente sopravvalutato e viene utilizzato per sostenere, in definitiva, che se le persone con tendenze omosessuali si menano tanto e si menano forte è perché non si sentono accettate da chi tali tendenze non ha. Si tratta di un gioco che non regge, quantomeno per due ordini di ragioni: in primis, il non sentirsi accettati da parte di queste persone non corrisponde sempre ad una effettiva discriminazione che viene praticata nei loro confronti, quanto piuttosto al fatto che esse stesse non si accettano, e ciò è dovuto con buona probabilità alla loro decisione di assecondare tendenze che sono in ultima analisi autodistruttive o comunque causa in sé di continua sofferenza; inoltre, se davvero la famosa omofobia fosse un elemento determinante per il perpetrarsi e soprattutto per il reiterarsi delle violenze, allora in contesti “gay friendly” si dovrebbe registrare una incidenza molto minore di abusi nelle coppie dello stesso sesso, ma non è così.

Ad esempio, stando alle denunce delle associazioni pro LGBT, in città come New York o San Francisco, note per la generalizzata accettazione delle relazioni omosessuali, “c’è un costante incremento della violenza da parte del partner nella comunità LGBT, ed i tassi sono più alti di quelli della violenza contro gli LGBT”, come segnala Chai Jindasurat, codirettrice del Community Organizing and Public Advocacy at the National Coalition of Anti-Violence Programs (NCAVP), un’organizzazione statunitense con base a New York per ridurre la violenza sulle persone con tendenze omosessuali. Tale trend ascendente era stato peraltro già notato qualche anno addietro[14] ed indica, come già rilevato, che il peggior pericolo per l’incolumità delle persone con tendenze omosessuali non sono gli atti omofobici, ma le relazioni che esse conducono.

Dunque, nelle società “aperte”, il tasso di abusi non solo è in crescita, ma supera quello degli atti di “omofobia”: quindi non vale il ragionamento per cui l’omofobia incentiva le violenze nelle relazioni omosessuali, anzi dove più le relazioni tra persone dello stesso sesso sono accettate, gli abusi aumentano. Questo dovrebbe far riflettere sugli esiti di certi comportamenti: perché laddove più sono accettati più si picchiano?

La terza conclusione è poi in realtà la premessa e la tesi che queste brevi riflessioni tendono in parte qua a dimostrare e dimostrano: la relazione tra persone dello stesso sesso non vive secondo le stesse dinamiche che reggono le coppie di sesso diverso. Insomma, non si tratta della stessa cosa, e questo emerge anche nel momento triste e travagliato della violenza. Ne sia riprova che, per stessa ammissione degli attivisti contro gli abusi domestici nelle coppie LGBT, queste coppie non possono accostarsi ai normali sportelli di consulenza e sostegno per la violenza domestica, questi non hanno gli strumenti per gestire i conflitti (prima ancora che gli scontri fisici o psicologici) in questo peculiare tipo di convivenze.

Se la violenza è differente, le cause sono differenti e vanno ricercate nel conflitto interiore permanente che deriva dall’assecondare le tendenze omosessuali, conflitto che non può trovare giustificazione in una pretesa persecuzione da parte del mondo e che esplode anche negli abusi sul partner.

Anche qualora non si condividano gli esiti di questa mia analisi, resta il fatto che nelle coppie LGBT i maltrattamenti avvengono in misura maggiore rispetto alle coppie di sesso diverso: pertanto tutta la retorica che viene scagliata contro la famiglia naturale come teatro delle peggiori atrocità può serenamente essere ribaltata, e cogli interessi, su chi pretende che le cosiddette “nuove famiglie” siano giardini di pace.

Ci pensino, i nostri amici con tendenze omosessuali, prima di imbarcarsi alla ricerca di un’identità diversa da quella che magari hanno perduto di vista: nella complementarietà dei sessi, nel matrimonio cristiano – e cristianamente vissuto – c’è una via difficile ma salvifica. Non sacrifichino, queste persone, la loro vita alle ideologie che li trascinano in cortei, sotto bandiere ed al seguito di personaggi, che poco hanno a che vedere col disegno di Dio per ciascuno di loro. E che le idee omosessualiste poco abbiano a che vedere colla felicità di queste persone, è provato pure, purtroppo, dai dati che ho riportato.

 

 


[1]              http://www.cdc.gov/violenceprevention/pdf/cdc_nisvs_victimization_final-a.pdf
[2]              http://edition.cnn.com/2013/03/14/living/same-sex-domestic-violence-and-vawa/
[3]              Same-Sex Domestic Violence: Prevalence, Unique Aspects, and Clinical Implications, di Coleen Stiles-Shields e Richard A. Carroll
[4]              http://www.bbc.com/news/magazine-29994648
[5]              https://mainweb-v.musc.edu/vawprevention/lesbianrx/factsheet.shtml
[6]              http://www.theatlantic.com/health/archive/2013/11/a-same-sex-domestic-violence-epidemic-is-silent/281131/
[7]              http://www.bbc.com/news/magazine-29994648
[8]              http://www.advocate.com/crime/2014/09/04/2-studies-prove-domestic-violence-lgbt-issue
[9]              http://edition.cnn.com/2013/03/14/living/same-sex-domestic-violence-and-vawa/
[10]            http://www.theguardian.com/society/2015/jul/04/transgender-lgbt-domestic-violence
[11]            http://works.bepress.com/nancy_knauer/6/
[12]            http://hwcstan.squarespace.com/lgbt/2010/5/28/ten-myths-regarding-domestic-violence-in-same-sex-relationsh.html
[13]            https://www.americanprogress.org/issues/lgbt/news/2011/06/14/9850/domestic-violence-in-the-lgbt-community/
[14]            http://www.theguardian.com/society/2007/jan/08/socialcare.comment