di Massimo Micaletti
La retorica LGBT ci propone sovente la coppia omosessuale, sposata o no, come un luogo idilliaco di amore e comprensione, in cui i partner si sentono accettati, accolti e compresi l’uno dall’altro. E’ un’immagine necessaria, sia in chiave competitiva rispetto alle famiglie naturali, sia soprattutto con finalità assertiva dell’ideologia omosessualista. In effetti, se si vuol convincere le persone con tendenze omosessuali che possono essere felici solo assecondando tali tendenze, ebbene la coppia che nasce da queste attrazioni disordinate deve apparire come felice, anzi più felice di quelle che nascono da relazioni eterosessuali.
Si tratta quindi non di mera réclame, ma di una precisa condicio sine qua non della militanza LGBT: se io dimostrassi che nelle relazioni omosessuali si soffre e si subiscono abusi in misura uguale (o addirittura superiore) rispetto a quelle eterosessuali, ecco che il pensiero gay affermative verrebbe a crollare, perché vorrebbe dire che seguire le proprie disordinate tendenze equivarrebbe ad essere maggiormente esposti ad abusi e violenze da parte del compagno e quindi ad infelicità. Il punto è che è proprio così.
Nel 2010, un vasto studio pubblicato dal CDC (Center for Disease Control and Prevention) americano e ripreso dal NISVS (National Intimate partner and Sexual Violence Survey) [1] ne dà prova. Nel documento del NISVS si può leggere: “The Sexual Orientation Report indicates that individuals who self-identify as lesbian, gay, and bisexual have an equal or higher prevalence of experiencing IPV, SV, and stalking as compared to self-identified heterosexuals” (grassetto e sottolineato aggiunti).
Sempre nel report del NISVS si legge che il 44% delle donne lesbiche ed il 61% delle bisessuali hanno subito almeno una volta uno stupro, un abuso, un atto di violenza fisica o di stlaking dal loro partner; questa percentuale scende al 35% per le donen eterosessuali. Similmente, il 26% dei gay ed il 37% dei bisessuali ha avuto tali problemi, di contro al 29% dei maschi eterosessuali. Circa una donna bisessuale su cinque ha patito violenza sessuale dal partner almeno una volta, contro il 9% per le donne eterosessuali.
Se si passa a considerare la violenza sessuale non subita dal partner stabile, ma da un conoscente occasionale o da sconosciuti, il discorso non cambia. Circa una donna lesbica su otto (il 13%) e quasi la metà (46%) delle donne bisessuali) denuncia di aver sofferto violenza sessuale, contro il 17% delle donne eterosessuali. L’omosessualità maschile non è messa meglio: un gay su cinque ha dichiarato ai ricercatori del CDC di essere stato abusato, contro il 18% dei maschi eterosessuali ed anche in questo caso la percentuale sale vertiginosamente per i bisessuali (47%).
La conclusione in sintesi, efficacemente resa da uno dei tanti articoli che ha ripreso questa ricerca[2], è che “the prevalence of intimate partner violence was higher in some LGBT relationships than in their heterosexual counterparts: 61% of bisexual women and 44% of lesbian women reported intimate partner violence versus 35% of heterosexual women. Meanwhile, 26% of gay men and 37% of bisexual men reported being assaulted or stalked by a partner, compared with 29% of heterosexual men”.
Uno studio pubblicato nel settembre 2014 dal Journal of Sex & Marital Therapy[3] e ripreso dalla Northwestern University Feinberg School of Medicine di Chicago espone dati molto preoccupanti e ben lontani dalle coppie da Mulino… Arcobaleno che ci vengono dipinte. Dall’indagine, che è in buona parte una sintesi compilativa di precedenti studi, risulta che la violenza domestica interessa dal 25 al 75% di gay, lesbiche e bisessuali; inoltre, riferiscono i ricercatori, da pare della popolazione omosessuale c’è maggior reticenza a denunciare gli abusi subiti dal partner, onde il quadro potrebbe essere anche più serio. A titolo di riferimento, l’indagine dei ricercatori americani censisce che nel campione eterosessuale di riferimento solo una donna su quattro dichiara di aver subito violenze domestiche, molti meno gli uomini.
Più nel dettaglio, l’indagine, che passa in rassegna Quattro precedenti indagini per un totale di 30.000 (trentamila) soggetti esaminati, si spinge anche più in là rispetto alla ricerca del CDC del 2010. “Una delle nostre allarmanti scoperte è che la violenza domestica nelle coppie dello stesso sesso è di gran lunga più ricorrente rispetto alle coppie di sesso diverso”, dice alla BBC Richard Carroll, Psicologo e coautore dello studio[4]. Carroll spiega il fatto con fattori addizionali di stress, che possono essere esogeni (discriminazione vera o presunta, atti di bullismo) ma anche endogeni, come una sorta di inconscia repulsione degli stessi partner verso il comportamento omosessuale. I fattori esogeni esasperano i comportamenti e li prolungano perché la vittima è restia dichiarare alle autorità la propria omosessualità ma, dice Carroll, sono i fattori di stress endogeno che sono di gran lunga i più pericolosi e nocivi: “A volte gli individui omosessuali proiettano il loro stesso giudizio negativo e la loro ostilità verso la condotta omosessuale contro il loro partner. Per contro, noi crediamo che le vittime di violenza domestica nelle coppie dello stesso sesso pensino di meritare l’abuso a causa dell’idea negativa che hanno di sé stesse”. Come a dire che se sento che c’è qualcosa che non va nel mio modo di vivere, la colpa è del partner.
Un report a cura del National Violence Against Women Prevention Research Center, University of Missouri at St. Louis, specificamente dedicato al tema della violenza nelle coppie lesbiche[5], conferma quanto rilevato negli studi che ho citato sopra. L’analisi dei dati – si tratta anche in questo caso di uno studio compilativo, che riprende cioè altre ricerche – indica che una percentuale che va dal 17 al 45% delle donne lesbiche interpellato ha riferito di essere stata vittima di almeno un atto di violenza da parte della compagna, la violenza in questa indagine non è sessuale ma fisica, in termini di pugni, schiaffi, calci, morsi; se si considera invece la violenza psicologica, le percentuali spaziano da un minimo del 24% ad un massimo del 90%. Anche in questo caso, sebbene l’indagine concluda – senza campioni di riferimento! – che l’incidenza della violenza nelle coppie lesbiche sia uguale a quella delle coppie eterosessuali, la ricercatrice avverte che il fenomeno potrebbe essere ben più esteso, perché le vittime omosessuali sarebbero più restia a denunciare gli abusi per non dichiarare la propria omosessualità: insomma, la causa del silenzio su ulteriori casi sarebbe… l’omofobia. Se non ci fosse questa famosa omofobia, dunque, secondo i ricercatori scopriremmo che le persone con tendenze omosessuali che subiscono violenza dal partner sono molte più di quelle già tantissime che gli studi censiscono.
Il fenomeno è diventato di tale evidenza che anche la stampa americana inizia a dargli risalto, raccontando storie di sofferenza e brutalità che poco lasciano alla poesia[6].
Peraltro le dinamiche intrinseche alla relazione omosessuale rendono gli abusi non solo più frequenti, ma pure più incisivi.
Sharon Stapel, Direttrice del New York City Anti Violence Project, dichiara alla CNN che l’omofobia reale o percepita unita all’isolamento che queste relazioni portano nei confronti delle famiglie di origine, anche se esse accettano l’omosessualità del figlio, fanno sì che l’abusante abbia maggior potere sull’abusato e possa ricattarlo rinfacciandogli che solo esso abusante lo ama mentre il mondo lo odia o minacciando di rivelare a familiari ed amici le tendenze omosessuali della vittim. Questo è solo uno dei profili peculiari che spiegano l’incidenza statistica degli abusi nella comunità LGBT.
Come riferisce alla BBC Curt Rogers[7], persona con tendenze omosessuali vittima di ripetuti abusi da parte del compagno, fino al tentato omicidio, c’è la convinzione che la violenza nella coppia sia una questione di sessismo e che quindi riguarderebbe solo le coppie di sesso diverso in cui sarebbe ben identificato un dominante (il maschio) ed una vittima (la femmina); ma i dati sugli abusi nelle coppie omosessuali dimostrano che non è affatto così e che il ruolo abusante-abusato non ha nulla a che vedere col sesso dell’uno e dell’altro. Viene così scardinato un altro dei luoghi comuni della vulgata, che vede sempre l’uomo nel ruolo dell’orco e la donna in quello della colomba. Curt Rogers ha poi fondato un’organizzazione che si occupa proprio di far luce sugli atti di violenza all’interno delle coppie dello stesso sesso, e racconta di aver avuto all’inizio parecchie resistenze da parte degli stessi ambienti LGBT nel trattare queste tematiche, perché esse venivano avvertite “come il lavare i panni sporchi in piazza” (anche qui: pare di leggere della famigerata omertà sulle violenze nelle coppie eterosessuali). “All’inizio la comunità LGBT era concentrata sul combattere l’AIDS. Non volevamo essere demonizzati dagli eterosessuali e qualcuno vedeva questo (ossia il parlare dei numerosi casi di violenza domestica, n.d.t.) come il concedere ulteriori munizioni per descrivere le nostre relazioni come malate”. Questa frase è davvero illuminante: ognuno si faccia un giudizio sulle sue implicazioni.
Kate Atkins, lesbica, del Network La Red, un’organizzazione a tutela di persone con tendenze omosessuali che vengano abusate dai partner, conferma quanto Rogers dichiara. “All’inizio, quanto il Network La Red ha iniziato ad operare, la violenza era un argomento che non volevamo toccare. Le persone sentivano davvero che questo non era buona cosa per noi. Io credo che queste persone volessero portare avanti l’immagine degli omosessuali e delle loro relazioni come uguali o addirittura migliori delle altre relazioni (ossia di quelle eterosessuali, n.d.t)“. Atkins, come Rogers, considera che molte persone ancora non riescono a comprendere come l’abuso è una questione di potere e di controllo psicologico e non ha a che fare necessariamente coll’idea tradizionale di forza fisica.
Persino The Advocate, rivista da sempre portabandiera delle istanze omosessualiste, parla che su questo tema c’è “un silenzio che scaturisce dal desiderio di non mettere in cattiva luce la comunità LGBT”[8]. Il medesimo rilievo viene svolto dalla NCDAV, National Coalition Against Domestic Violence, ente americano che avverte che tra i fattori che portano gli abusati a tacere è “la paura che rendere noti i problemi di violenza nella popolazione LGBT potrebbe creare problemi nella via sull’uguaglianza ed alimentare pregiudizi”. Insomma, si preferisce il silenzio nel timore che, se l’opinione pubblica venisse a sapere della diffusione della violenza nel mondo LGBT, la propaganda omosessualista ne uscirebbe compromessa.
Anche Patrick Dati, persona con tendenze omosessuali che da vittima di violenze e stalking da parte del suo compagno ora cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica e LGBT sul tema, ammette chiaramente alla CNN che la violenza nelle relazioni omosessuali è molto ricorrente[9] e che c’è una forte resistenza nel parlarne.
Allan, persona di sesso femminile che si è sottoposta ad interventi chirurgici per apparire maschio, denuncia al Guardian che le violenze subite dal partner erano tese non solo alla sopraffazione ma anche a che Allan avesse rapporti con altri uomini[10].
Da questa breve rassegna possiamo trarre alcune conclusioni.
La prima è che la violenza nelle relazioni omosessuali ha un’incidenza che molti studi indicano maggiore rispetto a quella che si verifica nelle coppie di sesso diverso; altri studi, pure meno allarmanti, riportano comunque una frequenza negli abusi pari a quella delle relazioni eterosessuali. Ergo, uno degli strumenti comunicativi più efficaci della campagna LGBT, ossia l’immagine della coppia gay felice contrapposta a mariti violenti e mogli vittime, non sta in piedi: nelle loro relazioni, le persone con tendenze omosessuali sono abusanti almeno quanto quelle che tali tendenze non hanno. Anzi, come concludeva già nel 1999 una monografia a cura di Nancy Knauer, “ individuals in same-sex relationships are more likely to be abused by their partners than beaten in an act of anti-gay violence”[11]: fa più vittime la violenza nelle coppie LGBT che la tanto temuta omofobia.
Non si può inoltre tacere che, con buona pace degli studi che concludono affermando uguale ricorrenza degli abusi nelle coppie omosessuali e nelle coppie etero, la realtà è che la violenza nelle relazioni LGBT è molto più frequente, e ciò proprio perché tutte le indagini rilevano che le vittime sono molto più restie a denunciare. Tale reticenza si può ascrivere al timore di essere discriminati oppure al desiderio di non porre in cattiva luce la comunità LGBT. Indipendentemente dalla cause, è oggettivo che i dati restano comunque approssimati per difetto, anche in quegli studi che indicano una incidenza di maltrattamenti identica o vicina tra relazioni LGBT e relazioni naturali.
La seconda conclusione è che la violenza omosessuale ha dinamiche sue proprie, che fanno sì che essa sia molto più frequente e comunque meno denunciata rispetto agli abusi in coppie di sesso differente. Queste dinamiche non si reggono solo sul ricatto basato sulla cattiva percezione che sovente la persona con tendenze omosessuali ha di sé (“nessuno ti accetta, io sì perciò devi fare quel che ti dico io e se disobbedisci ho il diritto di punirti e ci devi stare”) ma anche sulla maggior frustrazione che deriva all’abusato dal sentirsi inferiore ed umiliato in una relazione che non è tra complementari ma tra uguali[12]. Esiste inoltre nella comunità LGBT il “mito pervasivo” – così lo definisce Amy Caffrey dell’Havens Women Centre, un organismo che si occupa di violenza sulle donne e sulle persone LGBT – che la violenza e l’abuso siano un comportamento accettabile, necessario o addirittura piacevole nella relazione omosessuale. Va poi rilevato che in questo tipo di relazioni, l’abusato tende molto più a controbattere e ad abusare a propria volta, sicché sovente risulta difficile individuare chi dei due sia effettivamente dominante, quindi principale responsabile delle violenze[13].
Quasi tutti gli studi mettono poi in guardia sul fattore esogeno, di cui ho parlato poco sopra, ossia che questa maggiore incidenza sarebbe dovuta anche all’omofobia che non solo frena le vittime dal denunciare ma le fa sentire prigioniere del rapporto vessatorio per timore di non essere accettate: ebbene, a mio modesto avviso tale fattore è estremamente sopravvalutato e viene utilizzato per sostenere, in definitiva, che se le persone con tendenze omosessuali si menano tanto e si menano forte è perché non si sentono accettate da chi tali tendenze non ha. Si tratta di un gioco che non regge, quantomeno per due ordini di ragioni: in primis, il non sentirsi accettati da parte di queste persone non corrisponde sempre ad una effettiva discriminazione che viene praticata nei loro confronti, quanto piuttosto al fatto che esse stesse non si accettano, e ciò è dovuto con buona probabilità alla loro decisione di assecondare tendenze che sono in ultima analisi autodistruttive o comunque causa in sé di continua sofferenza; inoltre, se davvero la famosa omofobia fosse un elemento determinante per il perpetrarsi e soprattutto per il reiterarsi delle violenze, allora in contesti “gay friendly” si dovrebbe registrare una incidenza molto minore di abusi nelle coppie dello stesso sesso, ma non è così.
Ad esempio, stando alle denunce delle associazioni pro LGBT, in città come New York o San Francisco, note per la generalizzata accettazione delle relazioni omosessuali, “c’è un costante incremento della violenza da parte del partner nella comunità LGBT, ed i tassi sono più alti di quelli della violenza contro gli LGBT”, come segnala Chai Jindasurat, codirettrice del Community Organizing and Public Advocacy at the National Coalition of Anti-Violence Programs (NCAVP), un’organizzazione statunitense con base a New York per ridurre la violenza sulle persone con tendenze omosessuali. Tale trend ascendente era stato peraltro già notato qualche anno addietro[14] ed indica, come già rilevato, che il peggior pericolo per l’incolumità delle persone con tendenze omosessuali non sono gli atti omofobici, ma le relazioni che esse conducono.
Dunque, nelle società “aperte”, il tasso di abusi non solo è in crescita, ma supera quello degli atti di “omofobia”: quindi non vale il ragionamento per cui l’omofobia incentiva le violenze nelle relazioni omosessuali, anzi dove più le relazioni tra persone dello stesso sesso sono accettate, gli abusi aumentano. Questo dovrebbe far riflettere sugli esiti di certi comportamenti: perché laddove più sono accettati più si picchiano?
La terza conclusione è poi in realtà la premessa e la tesi che queste brevi riflessioni tendono in parte qua a dimostrare e dimostrano: la relazione tra persone dello stesso sesso non vive secondo le stesse dinamiche che reggono le coppie di sesso diverso. Insomma, non si tratta della stessa cosa, e questo emerge anche nel momento triste e travagliato della violenza. Ne sia riprova che, per stessa ammissione degli attivisti contro gli abusi domestici nelle coppie LGBT, queste coppie non possono accostarsi ai normali sportelli di consulenza e sostegno per la violenza domestica, questi non hanno gli strumenti per gestire i conflitti (prima ancora che gli scontri fisici o psicologici) in questo peculiare tipo di convivenze.
Se la violenza è differente, le cause sono differenti e vanno ricercate nel conflitto interiore permanente che deriva dall’assecondare le tendenze omosessuali, conflitto che non può trovare giustificazione in una pretesa persecuzione da parte del mondo e che esplode anche negli abusi sul partner.
Anche qualora non si condividano gli esiti di questa mia analisi, resta il fatto che nelle coppie LGBT i maltrattamenti avvengono in misura maggiore rispetto alle coppie di sesso diverso: pertanto tutta la retorica che viene scagliata contro la famiglia naturale come teatro delle peggiori atrocità può serenamente essere ribaltata, e cogli interessi, su chi pretende che le cosiddette “nuove famiglie” siano giardini di pace.
Ci pensino, i nostri amici con tendenze omosessuali, prima di imbarcarsi alla ricerca di un’identità diversa da quella che magari hanno perduto di vista: nella complementarietà dei sessi, nel matrimonio cristiano – e cristianamente vissuto – c’è una via difficile ma salvifica. Non sacrifichino, queste persone, la loro vita alle ideologie che li trascinano in cortei, sotto bandiere ed al seguito di personaggi, che poco hanno a che vedere col disegno di Dio per ciascuno di loro. E che le idee omosessualiste poco abbiano a che vedere colla felicità di queste persone, è provato pure, purtroppo, dai dati che ho riportato.
[1] http://www.cdc.gov/violenceprevention/pdf/cdc_nisvs_victimization_final-a.pdf
[2] http://edition.cnn.com/2013/03/14/living/same-sex-domestic-violence-and-vawa/
[3] Same-Sex Domestic Violence: Prevalence, Unique Aspects, and Clinical Implications, di Coleen Stiles-Shields e Richard A. Carroll
[4] http://www.bbc.com/news/magazine-29994648
[5] https://mainweb-v.musc.edu/vawprevention/lesbianrx/factsheet.shtml
[6] http://www.theatlantic.com/health/archive/2013/11/a-same-sex-domestic-violence-epidemic-is-silent/281131/
[7] http://www.bbc.com/news/magazine-29994648
[8] http://www.advocate.com/crime/2014/09/04/2-studies-prove-domestic-violence-lgbt-issue
[9] http://edition.cnn.com/2013/03/14/living/same-sex-domestic-violence-and-vawa/
[10] http://www.theguardian.com/society/2015/jul/04/transgender-lgbt-domestic-violence
[11] http://works.bepress.com/nancy_knauer/6/
[12] http://hwcstan.squarespace.com/lgbt/2010/5/28/ten-myths-regarding-domestic-violence-in-same-sex-relationsh.html
[13] https://www.americanprogress.org/issues/lgbt/news/2011/06/14/9850/domestic-violence-in-the-lgbt-community/
[14] http://www.theguardian.com/society/2007/jan/08/socialcare.comment
il nocciolo del problema affrontato in maniera impeccabile… aggiungerei che lo scimmiottamento della società eterosessuale da parte dei gay li porta ad assumerne i lati peggiori e ad evolverli a livelli inimmaginabili. Usano unicorni e arcobaleni come simboli, ma la loro vita é un vero inferno… del quale però si fingono fieri, per non ammettere ciò che passano ogni giorno a causa della loro condizione. Del resto ‘omofobia’ esiste proprio come ‘capro espiatorio’ cui addebitare ogni loro malessere.
@Marco El: “La loro vita è un vero inferno”: e tu che ne sai?! “Loro” di chi, di *tutti* gli omosessuali? E le coppie gay felici che esistono sarebbero tutte di illusi? E poi come si fa a dimostrare che non sono davvero felici, se dicono di esserlo? L’inferno semmai è quello cui vengono sottoposti a causa delle discriminazioni, come ad esempio il fatto di essere trattati come coppie di cittadini di serie B. I cattolici hanno tutto il diritto di pensare le cose peggiori sugli omosessuali (del resto è reciproco: molti omosessuali pensano le cose peggiori dei cattolici), ma hanno anche il dovere di rispettarli come cittadini uguali a loro di fronte alla legge. Se poi la Legge di Dio è diversa da quella umana, pazienza: i cattolici sono tenuti a rispettare sia la legge di Cesare, sia la legge di Dio, ma i non cattolici hanno il dovere di rispettare solo la legge di Cesare (e la propria coscienza morale), sennò vivremmo in una sorta di teocrazia in stile ISIS.
credo che le sfugga qualche concetto fondamentale, tipo bene/male, vero/falso, regalità sociale di Cristo, etc.
Concordo in pieno con Marco EL.
E inoltre: come fa a non essere un Inferno la vita di chi “si diverte” a compiere atti sodomitici?
Gente che “si diverte” così non sa nemmeno cosa sia la vera felicità!
In non credo che la vita di qualcuno che si diverte a tuffarsi nelle fogne possa essere felice…e gli atti sodomitici sono MOLTO più disgustosi!
I cattolici e i non cattolici hanno lo stesso, IDENTICO dovere di seguire le leggi di Dio: chi non le segue finisce all’Inferno, che ci creda o no!
NESSUNO ha il DOVERE e neppure il DIRITTO di seguire le leggi degli uomini quando sono in contrasto con le leggi di Dio: violare una legge ingiusta può essere solo motivo di orgoglio e di soddisfazione, oltre che un preciso DOVERE!
NESSUNO ha il DOVERE e neppure il DIRITTO di seguire la propria coscienza, se essa non è RETTA, ovvero basata sull’irriformabile Magistero Perenne della Chiesa Cattolica!
Rispettare come cittadini non significa riconoscere diritti che, secondo il diritto naturale, non hanno e non potranno mai avere (“matrimoni”, unioni civili ed adozioni).
Informatevi, guardatevi attorno: esistono coppie omosessuali che fanno progetti di vita assieme e la cui relazione non si basa solo sul “divertirsi” o sugli “atti sodomitici”. Il sesso, nelle relazioni omosessuali come nelle relazioni eterosessuali, è solo una parte del pacchetto completo. Ridurre una relazione omosessuale all’uso inverso del retto (come se fosse l’unico atto di intimità possibile!) è equivalente a ridurre una relazione eterosessuale all’uso dei genitali maschili e femminili.
Diego e jeannedarc, forse non vi è chiara la distinzione tra diritto divino e legislazione. Ricapitoliamo:
1. Sei cattolico? Ottimo, segui le regole dettate dalla Chiesa e dalle Scritture. In caso le regole dello Stato siano diverse da quelle della Chiesa, segui quelle della Chiesa e sii pronto a subire le sanzioni dello Stato. I Santissimi Martiri degli inizi del Cristianesimo ti hanno mostrato la via. Caro Diego, nessuno ti impedisce di essere il perfetto cristiano che aspiri ad essere. (Spoiler: mangiare crostacei e portare abiti con tessuti misti è un abominio, Levitico 11 se non vado errato, quindi stai ben attento a quel che fai).
2. Non sei cattolico? Dice il cattolico: “Povero, mi spiace per te, andrai all’inferno, etc.” Ok, va bene, nessun problema: decido di seguire la mia coscienza e di pagarne le conseguenze, andrò all’inferno, etc. Fatti miei, si chiama libero arbitrio. Ma finché non faccio del male a nessuno, un cattolico non ha certo il diritto di intervenire sulle mie scelte in questa realtà terrena, perché è una cosa che può fare solo lo Stato, e lo Stato decide se farlo in base alla legislazione vigente, non in base alle regole della Chiesa o del diritto divino.
3. E chi decide la legislazione negli Stati? La contingenza storica, essenzialmente. Norme e valori cambiano, così come cambiano i metodi di formazione delle regole (dittatura, democrazia, oligarchia, teocrazia, etc.). Oggi, in quella che brunob e/o alessio (scusate, non ricordo) chiama demo(no)crazia ci sono principi precisi. Tra questi, l’atteggiamento liberale che fa in modo di non sanzionare comportamenti che non sono di danno al prossimo. E di questo si parla con il ddl Cirinnà: se una coppia omosessuale non è *intrinsecamente* di danno alla società, perché mai non andrebbe riconosciuta e tutelata con pari dignità rispetto a una coppia eterosessuale?
4. Ovviamente siete liberi di opporvi al liberalismo, alla demo(no)crazia e a tutto l’armamentario “modernista”. Ma allora vi chiedo, e non è una domanda retorica: in un vostro Stato ideale, quali diritti sarebbero garantiti ai non cattolici e a chi compie scelte difformi dalle imposizioni della Scrittura interpretata dalla Chiesa?
Spero di essere stato chiaro e di essermi espresso con cortesia. A scanso di equivoci: apprezzo la coerenza dei cattolici integrali (a differenza dei cattolici a buffet) e non sono sarcastico.
Ultima cosa, e ancora è una domanda seria: qualcuno di voi sarebbe così gentile da spiegarmi perché, se Dio ha scritto nelle Sacre Scritture che non si possono mangiar alcuni animali (il passo del Levitico di cui prima), i cattolici integrali non seguono queste norme? La parola di Dio mi pare difficile da interpretare in modo diverso dal letterale, in casi come: “Ogni cosa che striscia sulla terra un abominio; non lo dovete mangiare”, e se non erro lo stesso Agostino consigliava di attenersi all’interpretazione letterale della parola di Dio. Quand’è che la Chiesa ha deciso che questa norma non era importante e poteva essere disattesa?
Uh, a quanto pare la ragione è Matteo 15, più San Paolo, poi chiarito ancora da San Tommaso. Però mi pare una contraddizione logica tra Antico e Nuovo Testamento, più che un superamento della tradizione. In inglese si parlerebbe di cherry picking fallacy, ma vabbè, era solo una curiosità.
Cerco di farti le cose semplici. Visto che mi hai nominato avrai letto i miei commenti, e quindi avrai capito che non riconosco alcuna autorità morale nella demo(no)crazia… in sostanza di quel che scrivono me ne strafrego.
Andando al discorso dei sodomiti, se tu (dico “tu” per dire, mi auguro che tu sia sano e normale) vuoi profanare il tuo corpo, disonorare la tua famiglia, offendere Dio ed andare all’Inferno sono in effetti affari tuoi, e nessuno ha il diritto d’impedirtelo PURCHE’ tu faccia del tuo meglio perchè tutto avvenga nella più stretta segretezza. Certe vecchie sozzure, se innocue socialmente, possono essere relativamente tollerate, ma mai e poi mai tutelate od incentivate.
Quindi, se vuoi commettere tali sozzure, fà pure purchè il sozzo rimanga confinato all’intimità di casa tua, dietro una porta sprangata e taparelle abbassate. Non sia mai che la vista d’una persona integra possa essere offesa da certe depravazioni.
E’ un un po’ come se tu (il “tu” di prima, nessun attacco a te, per ora) volessi imbottirti di qualche dannosissima drogaccia chimica. Se riesci a trovarla o a produrtela in casa sono affari tuoi, ma non puoi ciondolare drogato per le strade nè tantomeno tentare di spacciare in giro.
Alessio, saresti così gentile da indicarmi dov’è che la Chiesa insegna che “non devi farlo, ma se lo fai non farlo in pubblico”? Perché la famosa pastorale sull’omosessualità (quella dell'”intriseco disordine”) non mi pare che dica nulla di simile; ossia: la pastorale esprime una condanna morale dell’atto (non della persona) e invita gli omosessuali cattolici a vivere in castità la loro condizione. E poi, esattamente, in un progetto di vita in comune da parte di una coppia omosessuale che cosa ti offende? Possono essere “coinquilini” (sic) ma dovrebbero mentire a te alle altre persone in merito alla natura della loro relazione? Li spingi forse a essere ipocriti?
Alessio, aggiungo inoltre: lo stesso disgusto che provi per l’omosessualità lo provi forse anche per l’adulterio? Ci si augura di sì, dato che sono nello stesso elenco di abominî elencati in Levitico 20, e ovviamente poi ci sono pure i dieci comandamenti. In parallelo, sostieni forse: “Posso tollerare gli adulteri, a patto che rimangano segreti”? E i divorziati risposati, che ovviamente per definizione non mantengono segreto il loro “abominio”, non meritano forse lo stesso trattamente che riserveresti gli omosessuali “conclamati”? Però poi come la si mette con l’episodio evangelico dell’adultera? Se Cristo si limita a dire: “Va’, e non peccare mai più”, non si deve applicare lo stesso principio agli omosessuali?
Ovviamente sono contrario anche all’adulterio, però una cosa è peccare secondo natura ed un’altra è peccare contro natura. Il primo caso è un peccato e basta, il secondo è un peccato ed una perversione.
Quanto ad una “coppia” di sodomiti, che siano pure coinquilini, se vogliono (piuttosto che dar loro una casa in affitto la brucio, chiaro), ma che fuori da quella porta si comportino più decentemente che possono.
Se un pederasta lotta in tutti i modi per vincere la sua depravazione gli sono solidale, se non lo fà gli sono d’ostilità direttamente proporzionale alla sfacciataggine con la quale la pratica. I sodomiti militanti, poi, sono un cancro per la società, sono una cancrena che andrebbe amputata senza esitazione.
Se cerchi dialogo in questo senso stai davvero bussando alla porta sbagliatissima.
Anzi, l’argomento mi è così tanto sgradevole che non ho intenzione di dilungarmi troppo.
Come ho avuto occasione di scrivere in altri commenti, in questo Paese ci sono tante cose serie delle quali occuparsi, non stiamo a dare tutta quest’attenzione all’uso inverso dell’intestino retto. E basta!
e infatti nessuno deve alzarsi dalla Confessione con l’intento di peccare ancora. nessuno: etero, omo, a righe, a pallini.
Non con l’intento di peccare ancora ma con il fondato timore che ciò possa riaccadere.
Grazie per la risposta, Alessio. No, non cerco dialogo – sarebbe inutile, dato che i cattolici integrali chiudono lo spazio a qualsiasi dialogo riducendo tutto a “perché lo dice la Chiesa, che ha sempre ragione in quanto è custode dell’unica Verità che deriva da Cristo”, non riconoscendo dunque alcun margine di errore e di possibile discussione o spostamento delle proprie posizioni. Ma non era questo il punto: cercavo solo di capire fino a che punto ti spingi (o meglio, vi spingete: nulla di personale nei tuoi confronti) nel sanzionare nella pratica chi la pensa in modo diverso da voi, e in che modo viene giustificate e legittimate tali reazioni. Grazie della disponibilità e buona giornata!
Domanda interessante, la tua. Ti rispondo volentieri, sottolineando che parlo a nome mio e non di Radio Spada nè di alcun gruppo organizzato, benchè io sia di Forza Nuova.
Da parte mia non accetto opinioni contrarie alla Tradizione, e la reazione di fronte a tali opinioni dipende molto dall’atteggiamento di chi le esprime, dalla sua insistenza e dal danno che possano arrecare.
L’idea è quella di non essere mai i primi a cercare rogna, ma se sono gli altri a cercarla fare il possibile perchè ne trovino di più di quella che cercavano, e nel limite delle nostre possibilità tentare di preservare la società dal marciume che vogliono imporle a forza.
La legittimazione è semplicissima, e la principale l’hai detta tu stesso. Da parte mia aggiungo poi che dopo essere cattolico sono fascista (bhè, visto che sono di FN…), quindi puoi ben capire quanto poca possa essere la mia accondiscendenza.
Ma in quest’assenza di apertura, oltre la speranza di seguire i dettami della Tradizione (e quindi la Legge di Dio), v’è la concreta speranza di fare il bene comune, in quanto come recita il vecchio proverbio “il medico pietoso fà la piaga puzzolente” ; ne consegue che ogni dialogo ed ogni apertura verso ciò che è sappiamo essere sbagliato non è affatto un’atto d’umanità, ma un atto dannoso contro la società che in questo modo verrebbe resa più prona al male.
Torna il paragone del drogato : se un tossico vuole gonfiarsi di porcheria, non è ammissibile dialogare con lui, o gli si impedisce di drogarsi (la soluzione ideale) o bisogna cacciarlo di torno perchè non crei ulteriori danni.
Così senza starci troppo a pensare è la migliore risposta che mi viene in mente.
Prego, e buona giornata anche a te!
INOLTRE QUALCUNO POTREBBE PENSARE:CERTO, QUELLI AI MARGINI DELLA SOCIETA’, SENZA ISTRUZIONE,CHE SAREBBERO BALORDI IN OGNI CASO…E SAREBBE FARE DEL CLASSISMO!PASOLINI (DIAMO PER SCONTATA LA VERSIONE COMUNE)COME STAVA TRATTANDO IL RAGAZZO DI CONDIZIONE EVIDENTEMENTE INFERIORE CHE HA REAGITO (E NON DICO CHE ABBIA FATTO BENE,ANCHE SE ANCOR MINORENNE ANDANDO CON LUI SAPEVA CHE…)?E VERLAINE E RIMBAUD? DUE GRANDI POETI MA FINISCE CON UNA PISTOLETTATA… POI DEL RESTO IN CAMPO ETERO I FATTACCI AVVENGONO SOLO TRA ANALFABETI E PEZZENTI PER CASO?
Vede signor Bunt quando si vuole rimanere asserragliati dentro a delle idee,come si può pensare di comprendere chi ha già fatto un bel po’ di percorso?.Non si può! fintantoché non si capisce che il rimanere fermi e’,un andare inesorabilmente a ritroso nel tempo.
Cara Maria, dipende da che idee sono, e di chi sono, no?
Se le idee sono la Verità rivelata, magistralmente interpretata dalla Chiesa, è ovvio che ci si possa, o ci si debba, asserragliare dentro. Essendo queste Verità assolute, sono indipendenti dal tempo e dallo spazio. L’alternativa sarebbe ammettere che la Chiesa possa sbagliare e che le interpretazioni dottrinali possano cambiare e migliorare, ma, se capisco bene, la Chiesa e la Dottrina impedisce a priori che ciò possa essere vero, e che vi possa essere qualche contraddizione di principio nel suo insegnamento.
Se invece le idee sono quelle dei singoli individui, è giusto e doveroso che cambino e, attraverso un percorso di comprensione, diventino sempre più simili alle Verità della Chiesa.