di Mattia Rossi
Conclusesi le domeniche di Quaresima, con la domenica odierna si apre il tempo di Passione. E se c’è una prima caratterizzazione della domenica di Passione, questa è di natura grammaticale: tutti i brani del Proprium, infatti, sono in prima persona singolare.
La penitenza corale della Quaresima diventa passione personale di Gesù Cristo: il culmine di questo tempo si ha con il Cristo esposto all’odio dei nemici, ai tormenti dei patimenti carnali fino all’effusione del proprio sangue.
Ma la liturgia della Chiesa, in questa domenica di Passione, non manca di prefigurare il vincitore della morte e il principe della vita. “Vexilla regis prodeunt, fulget crucis mysterium, qua vita mortem pertulit et morte vitam protulit”, canta l’inno dei Vespri: gli strumenti di morte diventano i “vessilli del re”, il mistero della croce “risplende” introducendo la bellissima immagine seguente per cui la vita (terrena) subisce la morte portando, con quella stessa morte, la vita (divina).
Tornando al Proprio della domenica di Passione – come dicevamo – possiamo notare in tutti i suoi cinque brani la presenza della prima persona: è Cristo solo che parla, è Egli solo che porta su di sé l’oltraggio e la morte per tutti, è Egli solo l’Agnello innocente condotto al macello.
In questo clima di estrema austerità si inserisce il tremendo grido dell’introito Iudica me Deus: “Fammi giustizia, o Dio, difendi la mia causa contro gente spietata; salvami da uomini iniqui e perfidi, Tu che sei il mio Dio e la mia forza!”.
Nel primo giorno – ovvero in questa I domenica di Passione – in cui la liturgia omette il salmo 42 dalle preghiere ai piedi dell’altare, ecco che quello stesso testo risuona non più sulla bocca del sacerdote, ma nelle parole del dolente canto dell’introito, in modo IV, simbolicamente pronunciate da Cristo: “Iudica me, Deus, et discerne causam meam de gente non sancta: ab homine iniquo et doloso eripe me: quia tu es Deus meus, et fortitudo mea”.
Ma nel Proprio di questa I domenica di Passione c’è anche un altro substrato: v’è, infatti, anche un sunto, un compendio, dell’odio nutrito dai nemici di Gesù Cristo. Proprio nell’avvicinarsi della morte in croce, la liturgia ripercorre i tutti i patimenti della vita terrena di Nostro Signore. Ecco il tratto “Saepe expugnaverunt me a iuventute mea. Dicat nunc Israel: saepe expugnaverunt me a iuventute mea […]” (Mi hanno tormentato fin dalla mia giovinezza. Lo dica pure Israele: Mi hanno tormentato fin dalla mia giovinezza) ricordando, così, quell’odio implacabile verso il Re dei re iniziato con Erode il quale attentò alla vita di Cristo sin negli anni della giovinezza.
Infine, a conclusione della presente liturgia, la domenica di Passione, nel celebrare il dono che Cristo fa della Sua vita e del Suo corpo, rimanda direttamente al Giovedì Santo e all’istituzione dell’Eucarestia con il communio Hoc corpus: “Questo è il mio corpo che sarà dato per voi, questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, dice il Signore; tutte le volte che ne berrete, fatelo in memoria di me”. Un brano musicalmente scritto in VIII modo: il modo perfectus, come perfetto è il Sacrificio di Cristo, il modo ultimo (l’ottavo) che simboleggia l’ottavo giorno, quello della “creazione nuova” che culmina nella Pasqua.
Come in tutto il Proprio, è sempre Cristo che parla: dal grido iniziale del Iudica me Deus al testamento finale dell’Hoc corpus.