di Augusto Maria de Gattis
L’ho sempre sostenuto: uno dei meriti del ‘pontificato’ di Bergoglio è l’aver fatto cadere molte maschere.
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9 Marzo 2016 | Vaticano II e crisi nella Chiesa
di Augusto Maria de Gattis
L’ho sempre sostenuto: uno dei meriti del ‘pontificato’ di Bergoglio è l’aver fatto cadere molte maschere.
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oh poveri noi !
ma ci sono facce di bronzo in giro, anche qui, che dei graffi anche i più furiosi, se ne fanno bellamente un baffo! E continuano a vedere in questi BASTARDI Pastori le loro guide!
Bella foto: meno male che almeno i gatti rimangono gatti…in questo vorticoso mutar degli elementi, quale tempesta fà volar le foglie.
Cosa fa? Inaugura a Valencia, la “Cattedrale Interreligiosa nella Natura”? Caro De Gattis, tolga pure la parola cardinale dall’articolo, anche se messa tra virgolette.
Dice il Moroni (Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, vol. LIV, Venezia 1852 pag. 144):
«… Il colore della porpora allude che i cardinali pel bene della Chiesa devono spargere il sangue. L’Ostiense, Summa de poenit. § vers. cui cardinales, dichiara che devono essere più rubicondi dell’avorio antico, riguardata la carità e la memoria della passione di Cristo; e che essi sono
tenuti ad esporre la vita per il nome cristiano, giacchè ciò denota il colore rosso che usavano: dalle quali parole sembra che a suo tempo vestissero la porpora.
Confermò tale opinione s. Antonino par. 3, tit.1: Merito purpura his quasi regibus data, cujus color in galero eximiae charitatis, et simbolum, cujus igne ita ardere debent, ut semper pro defensione, et
bono Ecclesiae sanguinem fundere sint parati.
Usano i cardinali la porpora non per farne una pompa, ma come si espresse Cohellio cap. 11: sed ut ostendant se prae caeteris excellere, et ad extollendam, romanae ecclesiae gloriam paratos esse, nec non ut internae eorum dignitati haec etiam externa species respondeat. Inoltre egli osservò, che la porpora cardinalizia può essere segno di quella colla quale fu vestito il Salvatore. Arroge quanto riporta Piazza di Clemente VIII, che chiamò la porpora: Quasi particulam aliquam vestimenti Redemptoris nostri ipsius pretiosissimo conspersam sanguine.
Riporta Parisi, Istr. t. 1, p. 132, che avendo Clemente VIII esaltato alla porpora il celebre Antoniano, questi disse: la porpora non è già insegna di fasto e di grandezza reale, ma ben rappresentante il fuoco d’un’ardente carità verso il prossimo. Bello fu il discorso di ringraziamento fatto dal cardinal Leonardo Antonelli a Pio VI dopo averlo elevato alla porpora, alludente al mistico significato della medesima e agliobblighi di chi n’è rivestito. Si legge nel Cenotaphium, p. 48, fattogli da Cancellieri, insieme alla risposta (riportata pure da Novaes, Storia de’ Pont. t. 17, p. 128) all’uffiziale francese del 1798, che con altri colleghi voleva obbligare a rinunziar la porpora, dicendo che avrebbero piuttosto incontrato la morte che mancare ai propri doveri, essendo obbligati ritenere a qualunque costo quella sagra divisa da cui erano condecorati, assai più di qualunque uffiziale di onore, che si vergognerebbe di rinunziare alla sua in tempo di guerra! Avere giurato al
Papa di difendere la sagra porpora romana fino all’effusione del loro sangue: il suo colore bastare per richiamare al dovere se per avventura si avesse la disgrazia di obliarlo.»
Si veda pure la storia del cardinal Giovanni Fisher (1469 – 1535) martire.
Caro Vincenzo,
il Canizares, infatti, si è presentato alla “solenne” “benedizione” in tailleur nero 😉
Ai miei tempi si sarebbe detto: “Che porpora! Un vero Principe della Chiesa!”
“Ma non è cattolico: può indossare una porpora lunga quanto un anaconda ma se poi adora la ‘Natura’…”
“Ma dai, Tonio, ti ghe badi a tuto queo che scrive i giornai?”
Negli anni ’80-90 si s-ragionava così.
Oggi non è cambiato gran che.
Sotto il mantello NIENTE!!!
E dire che Canizares viene presentato nientemeno che come porporato conservatore! Che vergogna!
Alla luce di questi fatti si comprende senza equivoci la mentalità che informa i gesti apparentemente concilianti verso la Tradizione da parte della Gerarchia: includere i Cattolici tradizionalisti nel grande Pantheon ecumenico, al pari di qualsiasi altra denominazione cristiana, di qualsiasi eresia, di qualsiasi superstizione, di qualsiasi idolatria.
Ecco svelato l’inganno: celebrano Messe pontificali in calzari e chiroteche, con la stessa mentalità indifferentista e relativista con cui poi erigono templi pagani alla natura, umiliando la Verità rivelata – ed il divino Rivelatore – al livello delle prostituzioni. In quest’ottica assumono un significato inquietante le aperture di non pochi Prelati, della Curia Romana, dello stesso Pontefice. E la paventata depenalizzazione della Fraternità San Pio X, il clamoroso gesto unilaterale vaticano prende forma, mostrando la grande menzogna conciliare.
Quale credibilità può avere un Principe della Chiesa che, mentre da un lato compare in cappamagna accompagnato da lacchè in polpe che gli reggono il cappello cardinalizio, dall’altro si si fa promotore di un’iniziativa che dà scandalo, offende Dio e diffonde l’errore ecumenista ed irenista della chiesa conciliare? Come si può presumere che siano graditi a Dio questi comportamenti solo apparentemente contraddittori, ma che rivelano chiaramente una doppiezza d’animo ed una indegnità per il ruolo di Sacri Pastori?
Io da un Cardinale di tal fatta non mi farei benedire nemmeno una medaglietta: figuriamoci lasciarmi ungere le mani col Crisma! E questa ipocrisia, questa falsità, questa doppiezza non solo squalificano e inficiano irreparabilmente l’operato di costoro, ma confermano ciò che in anni non lontani molti avevano giustamente denunciato: la semplice adesione alla riforma liturgica, il semplice fatto di celebrare il Novus Ordo, rendono impossibile qualsiasi conciliazione, perché invalidano e pervertono un dialogo solo apparentemente costruttivo. Poiché chi accetta la mentalità e la dottrina della chiesa conciliare, giungerà INEVITABILMENTE a compiere gesti di questo tipo, o a tollerare che li compiano altri.
La benedizione di un tempio pagano da parte del Card. Canizares è solo il segno palese – forse quasi ingenuo, per certi versi – di una mentalità comune alla totalità dei Sacri Pastori di questi ultimi decenni: solo un gesto di rottura definitivo e senza compromessi verso la matrice di queste deviazioni può rendere credibile la buona fede e la retta intenzione di chi si professa e vuole mostrarsi cattolico tout court. Mitrie gemmate e incontri ecumenici, mozzette d’ermellino e visite in sinagoga, fanoni e baci del Corano, manipoli e cattedrali interreligiose: il tentativo di servire Dio e Mammona, che la Scrittura condanna senza appello.
Io credo che qui non si tratti di sapere o non sapere, di cultura o di ignoranza. Il problema del clero moderno – e con esso, dei fedeli che seguono la chiesa conciliare – è che non amano Dio.
Poiché anche la persona non istruita, il semplice e addirittura il peccatore non ostinato riescono ad amare il Signore, con l’aiuto della Grazia divina. Questi infelici invece mostrano una sterilità che sconforta: sono incapaci non dico di raggiungere le vette del misticismo e della contemplazione, ma anche solo dei rudimenti della vita spirituale. Se veramente amassero Dio, non oserebbero rattristarLo con queste aberrazioni. Non oserebbero privarLo della pienezza del culto che solo la Messa cattolica Gli rende, sostituendolo con riti annacquati; non oserebbero innalzare gli idoli al Suo livello, né abbassare il Santo dei Santi al livello dei demoni; non oserebbero allontanare da Lui le anime ch’Egli ha redento a prezzo del proprio Sangue preziosissimo, né si permetterebbero di negare la salvezza a quanti Egli chiama a Sé; non oserebbero seguire lo spirito del mondo e la mentalità del secolo, tacendo al gregge loro affidato i tesori inestimabili della Grazia; non oserebbero innalzare templi pagani alla natura, trascurando vergognosamente la Casa in cui Egli si degna di abitare con la propria Presenza Reale nel tabernacolo; non oserebbero profanare le Specie Eucaristiche dando la Comunione agli indegni, né violare la santità del Matrimonio per compiacere gli adulteri, né svenderebbero il perdono della Confessione a chi non è pentito sinceramente.
Alla fine, saremmo giudicati sulla nostra capacità di amare: il Concilio, la nuova Messa, l’ecumenismo… le deviazioni che molti cercano quotidianamente di confutare, con argomentazioni, citazioni della Scrittura e del Magistero, trovano terreno fertile e orecchie attente in chi sa amare, in chi sa riconoscersi infinitamente inferiore al suo Creatore e Salvatore, in chi riconosce in Lui il fine ultimo e supremo di ogni respiro, di ogni azione, di ogni battito del cuore. E costoro, con i loro abbracci agli ebrei, le loro visite alle moschee, i loro riti equivoci e la loro squallida mediocrità dimostrano di non amare Dio. Forse non Lo odiano, ma certamente non Lo amano. E non amano nemmeno gli uomini, perché se veramente li amassero, indicherebbero loro il Bene supremo, che è Dio.