Conferenza a Correggio, 1° aprile 2016.

Conferenza a Correggio, 1° aprile 2016.

di Cristiano Lugli

 

Cari amici e lettori di Radio Spada,

Dopo l’incontro tenutosi venerdì scorso a Correggio, ci sembrava opportuno fare una breve relazione per dare la possibilità a tutti – partecipanti e non – di riordinare le idee su tematiche che, oltre ad essere di strettissima attualità vantano anche una responsabilità morale su chiunque si definisca cattolico.
Come tutti avranno potuto notare il tema della conferenza portava un titolo molto forte (“Famiglia e vita: lo scontro finale. Gender, buona scuola, Cirinnà e ‘diritto alla vita’: verità o compromessi?”), arricchito ancor più da un sottotitolo che ha realmente messo molta carne al fuoco, permettendo ai relatori di sviscerare, malgrado l’oppressione tempistica, gli arcani e remoti “misteri” che ci hanno fatto giungere ad un’aberrazione meschina e vomitevole quale il gender.
La dott.ssa Ilaria Pisa, in veste di moderatrice, ha introdotto la serata partendo decisamente in linea con ciò che la fede ci impone di affermare, ovvero di opporsi a tutto ciò che va contro la Legge divina, naturale, e conseguentemente al Magistero immutabile della Santa Chiesa.
“Questa sera non sentirete verità impacchettate e mielose che vogliamo sempre sentirci dire. (…) Non sentirete parole concilianti, non sentirete indorature di pillole”, così ha iniziato la nostra cara Ilaria e su questa scia si sono tenute le due conferenze, la prima della dott.ssa Elisabetta Frezza, la seconda di Roberto Dal Bosco.
Tutti conoscono ormai Elisabetta Frezza, la quale mi permetto di dire sia, in questo marasma prolifeiano, una delle poche persone avente autorevole autorità in materia, a causa di un rilevante contraddistinguo che è quello del dire le cose per come veramente sono, stracciando ed osteggiando tutta questa rivoluzione lessicale che con un’imponente nebulosa di parole è riuscita a renderci tutti un po’ vittime  dell’omeopatica sottomissione.
Dopo aver introdotto le cause per cui un potere “senza nome” e “senza volto” è arrivato a sovrastarci con ideologie che escono dai criteri di semplice normalità oggettiva, arrivando sino ad imporsi in maniera subdola e totalitaria sulle creature più indifese della società, la dottoressa ha ben articolato e descritto il modo con cui queste hanno agito, e purtroppo ancora agiscono su tante persone che troppo spesso ad esempio, scindono il femminismo rampante dall’omosessualismo perverso.
“Svirilizzare i maschi e maschilizzare le femmine, snaturalizzando queste ultime dalla loro naturale vocazione di madri e di mogli” – ha spiegato Elisabetta – creando il paradosso assurdo della non discriminazione fra i sessi, “la mistica dell’uguaglianza tutti con tutti”.
Sappiamo infatti che per arrivare dove siamo arrivati bisognava abbattere tutti quei fondamentali paletti che contenevano il disfacimento culturale ed etico al quale la nostra società ha spalancato le porte, promuovendo la rivoluzione sessuale senza freni e vincoli, creando e perpetrando tramite i media una vera e propria masturbazione mentale collettiva, con il “mito” del sesso e la pornografia liberamente rintracciabile sul web.
Abbattere ogni tipo di tabù sessuale è stato il miglior metodo per rendere marcio internamente un corpo societario, secondo quanto diceva Lenin:
“Se vogliamo distruggere una nazione, dobbiamo prima distruggere la sua morale; poi ci cadrà in grembo come un frutto maturo. Svegliate l’interesse della gioventù per il sesso e sarà vostra.”
I punti cruciali della prima conferenza hanno voluto dettagliare le radici del gender, analizzando e scandendo un percorso che gli strateghi della dissoluzione hanno tracciato minuziosamente, lentamente, come quel medesimo veleno che ha pian piano reso sempre più cianoticamente blu la chiesa vaticansecondista, piena di clergyman incapaci oramai di reagire a qualsiasi nefandezza, persino se esecrata contro i piccoli.
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Anzitutto come madre, Elisabetta Frezza ha concluso esortando tutti a a reagire, in modo netto e senza perdenti ed ignobili patti di sangue con il “male minore”, che da 40anni e anzi più, flagella e corrode l’intero zoòn politikòn di cui Dio dovrebbe essere – e di fatto lo è in quantomotore immobile di tutte le cose – con il consenso dell’intera umanità – che di fatto non c’è in quanto essa non solo rifiuta, ma altresì osteggia Dio.
“Vogliono deprimere le risorse orgogliose della virilità (…) e il depauperamento etico che è ottenuto con la diffusione di ogni perversione sessuale è interconnesso ad uno snaturamento etnico e ad un sincretismo religioso propalato sotto la veste attraente dell’ecumenismo, dove l’amore universale diventa l’anestetico collettivo” – e con queste ultime riflessioni la dott.ssa Frezza ha brillantemente terminato la sua parte, offrendoci davvero notevoli e veritieri spunti.
Con la seconda conferenza si è entrati invece in ciò che potremmo denominare il “ciò che ci attende”. 
Laddove ogni tipo di barriera è stata sfondata, rendendo relativo il concetto ed il limite di normalità, la perversione umana a servizio del Princeps huius mundi, può spingersi ad estremi inimmaginabili arrivando persino a concepire la realizzazione dell’utero artificiale, od ipotizzando ( e non è uno scherzo ) che nell’utero di una scrofa un bambino potrebbe svilupparsi meglio.
E proprio di questo ci ha parlato il nostro caro Roberto Dal Bosco: di quell’ingegneria artificiosamente bioetica a cui il transumanesimo  – percepito come ineluttabile persino da Galantino ( e che novità! ) – ci ha portati.
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Passando da tutti i più multicolor personaggi politici che il panorama italiano ci ha offerto, fautori  di quel democristianismo andreottiano che ha a poco a poco devastato l’Italia, vendendosi al Demonio in nome del compromesso con il potere e la loro politeistica e pagana credenza verso il dio denaro e la dea poltrona, il relatore ha sottolineato molti paradossi di cui questi difensori del nulla hanno ereditato a premio: carriere, importati ruoli, scranni a vita e via di scorrendo, tutto sempre con il beneplacito silenzio dell’odierna e trascorsa roCEIlliana C.E.I.
“La stragrande maggioranza della responsabilità al dilagante fenomeno omosessualista è da attribuirsi al divorzio, che ha portato tanti bambini a crescere senza la figura del padre” – ha detto Roberto, evidenziando giustamente quanto di passato vi è nell’odierno.
La famosa “finestra di Overton” di cui per primo Dal Bosco ha parlato in Italia ( incuriosendo buffamente pure Bagnasco che ne parlò in un’omelia ) è la benzina che smuove ogni processo che voglia gradatamente essere introdotto come normale se  pur originariamente ritenuto impensabile ed inaccettabile. Invito chiunque non fosse a conoscenza della “Overton window” a documentarsi , fornendosi eventualmente del bello studio che vi ha fatto sopra Roberto, per comprendere meglio come esista un meccanismo studiato ad arte che, tramite specifiche fasi, può giungere a legalizzare finanche il divoramento cannibale fra esseri umani.
Fatte queste premesse è stato messo in luce come dietro al business che ruota intorno a tutta l’industria embrionale mondialista, vi sia un fine ben peggiore che accomuna tutto: aborto, eutanasia, pedofilia omicida, omosessualismo violento, congelamento degli embrioni sospesi in un limbo che non rende ne vivi ne morti, non sono altro che “un ritorno al sacrificio umano”  , come detto dallo stesso relatore. È il medesimo sacrifico che le streghe nella notte del quarto sabba, tanto caro all’americanismo contagioso per il quale nessuno oggi si sente più escluso dal festeggiare il Demonio il 31 ottobre, offrivano appunto a lui, provocandosi volontariamente aborti.
Questo sacrificio umano è il celeberrimo antagonista di quel Sacrificio che Dio ha stabilito per sempre sulla Croce, superando tutti gli altri in quanto è il volontario atto della Divinità che si offre alla morte. Ora, il tutto è facilmente riconducibile al depotenziamento che il Sacrificio incruento che la Santa Messa riproduceva ha subito, traumatizzando il Rito e sminuendo del tutto l’aspetto sacrificale e propiziatorio.
Paradossalmente ci troviamo innanzi ad uno scenario di macerie in cui, da una parte si incentiva sempre più con egemonie diaboliche il sacrificio di vite innocenti, e dall’altra si depotenzia appunto quel Sacrificio perpetuo che ogni giorno dovrebbe ricompiersi, allo stesso modo del Gûlgaltâ, sugli altari delle chiese.
I relatori sono dunque perfettamente riusciti a cucire un filo rosso sull’immagine diremmo apocalittica già evidente, per giunta volta a peggiorare, suscitando poi un interessante dibattito che per ovvie ragioni di spazio non possiamo riportare dettagliatamente; speranzosi di poter mettere presto a disposizione un audio della conferenza, cercherò comunque di farmi interprete, in queste ultime osservazioni che mi accingo a fare, delle divergenze ( pacate ed  edificanti ) verificatesi nello spazio domande.
Ci tengo molto anche a nome di tutti gli altri collaboratori all’organizzazione dell’evento, a ringraziare Radio Spada per l’aiuto prestatoci per la promozione della serata, in particolare riserbo uno speciale merci ad Andrea Giacobazzi e Ilaria Pisa, che oltre a farci l’onore di essere moderatrice fra due relatori di spessore quali quelli coinvolti, si è resa disponibile a curare anche aspetti logistici, insieme ad Andrea, anch’egli sempre pronto a promuovere interessanti iniziative per la valorizzazione seriamente culturale del nostro territorio.
Dal canto nostro non possiamo che ritenerci soddisfatti: i punti che volevamo fossero scoperti lo sono stati, il tallone d’Achille è stato centrato.
Rispetto alle solite conferenze politicamente corrette del “ma qui non si tratta di fede, ma di semplice ragione”, è stato subito messa in chiaro l’appartenenza alla Santa Chiesa, senza la quale nessuna battaglia è degna di essere chiamata tale. All’aconfessionalismo legato a vantaggiosi pretesti numerici è stato opposto dai nostri tre illustri ospiti un dinamismo combattivo fondato sull’unica Verità possibile; il problema è oggi più che mai nella Chiesa, una chiesa che non vuole più rispondere ai propri doveri, ai propri obblighi, la stessa che da 50 anni a questa parte ha incarnato i tre principali dettami che i “luminari” francesi hanno imposto con la loro rivoluzione.
Nella serata di venerdì sono emerse opinioni dissonanti in chi sostiene che non ci devono essere divisioni e che va seguita questa chiesa, poiché questo è il nostro Papa, e questo dobbiamo fare. Ebbene, senza nessuna presunzione ne rabbia, mi sento personalmente di dire che in quanto cattolici non possiamo e non dobbiamo seguire “questa chiesa”. Una chiesa che tace di fronte agli scempi transumani, che nicchia, strizza l’occhio alla perdizione e si annovera fra i mondani, ha tradito ipso facto il suo mandato.
“Una falsa chiesa da abbandonare” – ha scritto poco tempo fa Patrizia Fermani, suscitando coinvolgenti polemiche e perplessità nei suoi lettori. Mi sono servito di qualche spunto della dottoressa e lo faccio ancora affermando con lei che “quanto al dovere di obbedienza, esso finisce, per norma comunemente riconosciuta, di fronte all’ordine illecito”.
Credere di poter condurre una battaglia con questa chiesa, oltre ad essere disonesto intellettualmente, è la rincorsa di un presupposto puerilmente utopistico.
Immischiandosi e livellandosi alla stregua del mondo questa chiesa ha raggiunto la totale aporia combattiva. Non è l’essere radicati irrazionalmente o preconcettualmente  contro questo pontificato od i precedenti che porta a schierarsi, quanto invece l’essere cattolici ci obbliga a rimanere ancorati al depositum fidei, al Magistero di sempre, alla Santa Messa di sempre; e non può essere di certo la pachidermica “presa di posizione” ( e si è buoni a definirla così ) di qualche vescovo o presule a stravolgere le cose: in primo luogo perché non si abbatte mai quel muro del suono che dal Vaticano II in poi parla “ambiguilese”, in secondo luogo perché anche se vi fosse qualcuno sarebbe messo a tacere all’istante dall’ostracismo misericordioso degli operatori sociali che albergano nel clero, architetti dell’ onlus chiesa del perbenismo.
Per quanto riguarda le forze con cui si debba scendere in campo contro un’avanzata dissolutiva e terrificante che tenta di formare sempre più generazioni perverse, imbelli, bisogna prendere atto che siamo di fronte non ad una mera barbarie esterna, ma ad una barbarie dell’anima, fenomeno che appare incoercibile, incontrastabile.
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Le soluzioni allora non stanno nei numeri, non stanno nelle piazze affollate che rispecchiano la profanità degli altari senza Croce: senza identità cattolica si perisce. La strategia pretesa di risolvere tutto con la razionalità è già perdente all’origine in quanto – come diceva il De Corte – questa dis-società post cristiana ha abbandonato la razionalità; essa poteva avere tuttalpiù un senso nella civitas christiana, tutta conforme e protesa ad obbedire alla Legge divina.
Chi crede che l’uso di ipotetiche demagogie ragionevoli possano far vincere per maggioranza numerica ( che poi non vi sarebbe nemmeno quella ) , al fianco di cani e porci, atei e agnostici, musulmani ed ebrei, non fa che annegare nella propria presunzione.
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Mi associo a Roberto Dal Bosco nel dire che “urge uno Stato veramente cristiano, cattolico” che ponga tutte le proprie battaglie sotto lo Stendardo di Nostro Signore Gesù Cristo.
Ora, questo potrebbe costarmi il titolo di visionario sognatore: e me lo prendo come una medaglia d’oro, sicuro che non sarà la ragione umana e nemmeno le piazze dei veglianti con libri aperti a salvarci da un piano anticristico preparato dalla notte dei tempi, ma solo ed esclusivamente quella Santa Croce che gronda si sangue, ma che sempre rimane lì, centrale ed immensa, eccelsa e vincente. Stat Crux dum volvitur orbis – il motto rimane sempre quello, eterno ed invincibile, unica certezza di trionfo.