di Cristiano Lugli
Qualche giorno fa si è svolta come ogni anno, in data 23 maggio, la “Giornata della Legalità”, in memoria della stage di Capaci in cui persero la vita Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo, insieme ai tre agenti della scorta che sempre accompagnava il magistrato palermitano.
Nel corso dei 24 anni passati dall’orribile strage, si sono viste nascere molte realtà associative, volte a promuovere questa cosiddetta “educazione alla legalità”, promossa nelle scuole grazie al MIUR, e dislocata nei più vari contesti: dalle manifestazioni di piazza ai corsi finanziati e proposti da associazioni quali “Libera”, “Fondazione Giovanni e Francesca Falcone”, e via discorrendo.
Guardando tutte queste buone opere, di cui ormai anche i preti si fanno eroi (si pensi a don Ciotti), non può non balzare alla mente una lecita perplessità, visti i ricami tipici della mentalità sinistroide che fanno da contorno a questi movimenti per la legalità.
Gli sforzi con cui vengono affrontati i problemi della mafia, della lotta alla corruzione e dell’associazionismo a delinquere, sono anch’essi penosi, potremmo dire tipicamente moderni ovvero privi di una vera sostanza che possa fare da perno alla battaglia. L’ipocrisia con cui queste persone si ritrovano nelle piazze a marciare il 23 maggio di ogni anno, è ben chiara una volta che si è notato il paradigma anarchico che smuove queste masse.
La sete di legalità è per loro strettamente correlata alla sete di libertà: “non deve più esistere la mafia cosicché possiamo essere liberi. La mafia è proibitiva, s’impone, e quindi non possiamo soddisfare il nostro desidero di libertà”. Questo più o meno il movente per cui si scende in piazza a gridare slogan libertinisti.
Se così stanno le cose è chiaro che siamo davanti alla solita sovversione di autentici principi, per il quale l’uomo moderno da gran tempo si batte; il male da combattere va effettivamente combattuto, ma non certamente ponendosi su di un livello ancora più basso, e che non abbia come vero ed unico scopo il Bene comune della collettività. Le azioni hanno infatti efficacia solo se vengono imperniate dal Bene, e il Bene nelle azioni sta nella “Integritàs”.
Non può esistere infatti un Bene imperfetto, di conseguenza non si può pretendere di combattere un male senza avere in vista il Bene perfetto- “Omne bonum est perfectum”.
Fatte queste brevi ma doverose premesse vi è allora da capire cosa intenda la mentalità moderna quando parla di “legalità”, lasciando che quest’ultima sia sconnessa dalla “giuridicità”, o tuttalpiù connettendola alla giuridicità concepita oggi giorno come quel qualcosa che è subordinato alla legge. Si tende infatti a pensare che dove c’è la legge ivi sta l’aspetto giuridico, commettendo però un grave errore viste le condizioni in cui l’attuale civiltà post-cristiana alberga. Lo stato moderno ha infatti natura atea, così è nato e così, per coerenza e definizione stessa, rimarrà. Il potere sovrano e tirannico fa da scettro e fulcro, crea il presupposto d’essere.
Basti pensare che nelle piazze del 23 maggio ci leggevano striscioni con la scritta “diritti umani e legalità”, dimenticandosi forse che ormai più di trent’anni fa si è messo ai voti se uccidere o non uccidere un innocente, una vita umana a tutti gli effetti. Basta riflettere un attimo su questo per pensare a come il giuridico non possa stare laddove vi è la “legge”.
Se la legge odierna consiste nella sottomissione effettiva alla volontà del sovrano ( lo stato ), la giuridicità rinvia invece alla quintessenza del Diritto, ovvero alla conformità verso ciò che è Giusto e Vero. Un atto giusto può esser tale solo se ha il Giusto all’interno del suo contenuto, e soprattutto se è Vero, secondo quanto dice San Tommaso d’Aquino: la verità è infatti l’adeguazione del pensiero all’essere, il pensiero dev’esser conforme alla natura delle cose.
Non vi è vera Legge se non si crea il giusto apporto con la giuridicità, e non esiste giuridicità se questa non rinvia al Diritto, cioè a ciò che è Giusto e Vero.
Qui crolla la maschera della “dirittualità” liberale ed “hobbesianamente” materialista, che partorisce i cosiddetti “diritti” dalla Rivoluzione Francese, ponendoli da lì in avanti come personalistica espressione di armatura giuridica, deformando così la vera nozione di Diritto quale concetto di Giustizia, e sostituendola consequenzialmente con il volere e la pretesa egoistica del singolo individuo.
Bisogna a questo punto aver chiara la differenza fra ciò che è la legalità, e ciò che invece è la legalità positivistica: la prima ci rimanda infatti al significato della Legge, a chiederci che cos’è la Legge; la seconda, di contro, ci vorrebbe imporre di rispettare la legge, accettandola così come è, legiferata dal potere sovrano dello stato, a cui alle volte si aggiunge quello “giudiziario” di singoli giudici perversi che esulano dal loro rispettivo limite, concorrendo allo stesso fine che lo stato ha, ovvero quello di far imperare il caos e il sovvertimento della legge naturale ( si pensi alle tante decisioni di toghe rosse che hanno già sentenziato l’affido di minori a coppie omosessuali, scavalcando persino la “legge” di cui loro si ergono custodi ).
L’idea di legalità in quest’ultimo senso allora è pressoché fallace. Lo è per il semplice motivo che essa non deve e non può conformarsi alla legge in quanto posta, la legge posta non deve essere per forza considerata legge solo per una logica deontica: tutt’altro!
I regimi democratici emanati dalla Rivoluzione di Francia mancano di totale veridicità, non rispondo ai requisiti richiesti poiché non hanno come fine il Vero e il Bene, ricorrendo dunque a metodi coattivi, secondo il principio che, dove manca la giustizia, là s’impernia la forza.
È dunque conforme alla legalità solo il principio per cui la legge è Legge, ovvero essenzialmente ordinata alla razionalità che altro non è che l’intelligenza della natura delle cose, conoscenza di ciò che è Bene e Giusto. La vera Legge è ubicata nella coscienza, Essa si fa conoscere dalla coscienza e non s’ impone attraverso la paura collettiva. Così facendo si sono ottenuti i risultatati che s’intravedono fra i residui e le rovine della nostra civiltà, invasa dal totale nichilismo di un uomo che, non avendo più nulla da perdere se non la vita per cui pensa di vivere, sfida e sovrasta i limiti della paura, ribellandosi anche a quell’assurdo metodo che volle a lui imporsi con la forza.
Se l’imperatività non è soggetta anzitutto alla Legge di Dio essa non potrà nemmeno mai essere razionale e morale, e quindi non catturerà l’attenzione dell’uomo che volontariamente si svincola da Dio; la forza deve infatti essere un contiguo della Giustizia, ma non deve mai sostituirsi ad essa, solo così la Legge potrà ordinare ciò che è giusto perché è Giusto, ciò che è Bene perché è Bene, ontologicamente, eticamente e moralmente.
Se si vuole essere conformi al Bene perfetto che ha come primcipio fomdamento Dio e la subordinazione a Lui solo, allora si deve disdegnare ogni cooperazione con il Male, di cui questa società corrotta si fa progenitrice attraverso le rivoltanti e moderne leggi.
La battaglia per “educare alla legalità” promossa da organi ministeriali come il MIUR, che di recente, in occasione della “giornata mondiale contro l’omo-bi-transfobia” ha reso nota una splendida circolare rivolta al mondo della scuola, non sono altro che pagliacciate puerilmente laiche ed ipocritamente anti-conformiste.
Ecco infatti il criterio di legalità presente nei mentori del “Ministero dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca”, i quali dicono che “solo con l’educazione si superano i pregiudizi e gli stereotipi ancora presenti nella nostra società; in tal senso, la scuola deve fornire strumenti, metodologie e deve attivare tutte le necessarie pratiche per interventi di prevenzione.
In particolare, la Giornata del 17 maggio rappresenta l’occasione in cui tutte le scuole possono attuare iniziative di sensibilizzazione contro le disuguaglianze, dando quindi maggior rilievo alle buone pratiche e ai migliori percorsi educativi.
Il MIUR intende supportare le istituzioni scolastiche fornendo agli insegnanti strumenti per il proprio aggiornamento e la conoscenza del contesto giovanile, ma anche agli studenti e alle famiglie spazi per potersi confrontare sulle delicate questioni legate all’identità di genere o a qualsiasi altra forma di violenza” – alla faccia della “truffa culturale” di cui parlava la Giannini.
Per costoro non v’è nessun rapporto fra ciò che è legalità e ciò che è giuridicità, come dianzi detto: se l’ordine della legalità non ha come misura l’ordine della giuridicità nonché ciò che è conforme all’ordine delle cose, allora si deve parlare non più di legalità, ma di violenza alla legalità, di alterazione morfologica della legalità.
Come conclusione infine, non può che concretizzarsi l’immagine della neo-chiesa, tutta indaffarata a rispondere alle esigenze egoistiche di un uomo senza Dio e dimenticandosi per contro di guardare la Croce, quel Crocifisso che più che mai gronda di Sangue innocente, il quale prima di morire per la più infame delle morti disse a Pietro:
“Et quodcúmque ligáveris super terram, erit ligátum et in cælis: et quodcúmque sólveris super terram, erit solútum et in cælis” [1], affidando a Lui e ai Suoi successori il potere di proibire e permettere, potere che oggi viene non solo alterato, ma altresì invertito radicalmente: si permette ciò che si dovrebbe proibire, e si è proibito e si continua a proibire ciò che non solo dovrebbe essere permesso, ma anche volontariamente voluto per la salvezza della Fede, e quindi delle anime.
In tutto questo panorama obnubilato di liquefazione spirituale e morale non possiamo far altro che ancorarci con fermezza alle parole dell’ Angelicum:
“Veritas in se ipsa fortis est, et nulla impugnatione convellitur“. [2]
[1] Mt. 16, 19
[2] Summa contra Gentiles. L.IV, c.10
Considerando che la “legalità” è quella stabilita dalla demo(no)crazia, bisogna essere den fieri di vivere nell’illegalità.
Le “leggi”? Carta da gabinetto!
Si costituisca , allora ! La Legge glielo consente !
Ti mando a cagare, e me lo consento da solo.
Alessio, quell’utente voleva dire “si prostituisca”.
Ah pardon, dimenticavo fossero sinonimi ormai…
Cretini Suicidi.
Quell’utente è stato mandato dove più aveva bisogno d’andare, e nel caso ci verrà rimandato più e più volte.