Riprendiamo questo articolo comparso sulla rivista Fideliter del Distretto di Francia della FSSPX [RS]
di don Christian Bouchacourt
Da mezzo secolo si è molto discusso sulla libertà religiosa e sulle novità proposte dal Vaticano II. Il tema è stato affrontato teologicamente, filosoficamente, sociologicamente ecc. Però mi sembra interessante – anzi sintomatico – riflettere su ciò che le innovazioni rivelano sulla psicologia degli uomini che le hanno promosse e realizzate.
Perché gli uomini del Concilio hanno modificato la fede cattolica su parecchi punti?
A prima vista, sembrerebbe perché la dottrina ammessa finora era più o meno falsa. Questa spiegazione tuttavia è contraddetta dalla posizione ufficiale della Santa Sede: secondo la Roma attuale, il Vaticano II non intendeva derogare per niente alla dottrina insegnata fino a quel momento. Come indicato espressamente nella Dignitatis humanae, questa libertà religiosa “lascia intatta la dottrina tradizionale cattolica sul dovere morale dei singoli e delle società verso la vera religione e l’unica Chiesa di Cristo.”
Se nella pratica si voltano le spalle a una tesi qualunque, sarà sia perché si è scoperto che essa era falsa, sia perché, sapendo che è vera, si decreta che essa non corrisponde più alla situazione presente. Poiché, secondo lo stesso concilio Vaticano II, la dottrina precedente rimaneva teoricamente vera ma non si doveva più cercare di applicarla, ciò significava che era ormai impossibile da attuare.
La maggioranza degli uomini del concilio non ha stimato che la dottrina tradizionale fosse falsa: ha solo pensato che essa non poteva più servire a nulla, che era inattuabile, troppo “ideale”. Ha quindi inventato una nuova dottrina, puramente umana, nella convinzione che avrebbe funzionato meglio della dottrina cattolica. Perché gli uomini del Concilio hanno agito in questo modo? Perché avevano perso fiducia nel soccorso di Dio, perché erano scoraggiati, demoralizzati, perché non credevano più che la vittoria fosse possibile. Dalla Rivoluzione francese la Chiesa aveva lottato con tutte le sue forze per ricristianizzare la società: se non c’ era riuscita, pensavano gli uomini del Concilio, questo significava che fosse impossibile.
Pusillanimi, disperati dagli insuccessi apparenti, gli uomini del Concilio hanno scelto di transigere, di inventare un compromesso tra la dottrina cattolica e i dogmi della modernità. Finora, su ordine di Cristo (“Andate, ammaestrate tutte le nazioni…”), si trattava di lavorare per cristianizzare gli uomini e le società, per elevarli all’ordine soprannaturale. D’ora in poi, in questa nuova ottica disfattista, i cristiani si sarebbero accontentati di sollecitare umilmente dal mondo il favore di non essere impediti a vivere privatamente secondo le leggi di Cristo. E ciò che ha dichiarato Paolo VI nel suo messaggio ai governanti : “Che cosa [vi] chiede [la Chiesa] oggi? Ve l’ha detto in uno dei suoi testi principali di questo Concilio: non vi chiede altro che la libertà. La libertà di credere.”
Lo stesso spirito ha ispirato la recente esortazione sul matrimonio. Poiché molti cristiani, a loro dire, non possono più rispettare l’ideale (supposto inaccessibile anche con la grazia) del sacramento del matrimonio, hanno inventato una teoria secondo la quale ci sarebbero nelle “unioni irregolari” tracce dell’amore di Dio, che basterebbero più o meno alla salvezza dei concubini.
Il Concilio Vaticano II ci è stato presentato come una nuova Pentecoste, l’alba di un’espansione della Chiesa, un torrente di audacia e di energia proprio in linea con gli anni ’60. Come diceva Paolo VI chiudendo il Vaticano II il 7 settembre 1965: “Il suo atteggiamento [del concilio] è stato molto e volutamente ottimista.” La realtà era meno brillante: gli uomini del Concilio avevano una mentalità da sconfitti, da vinti in anticipo. Erano in verità disfattisti, “losers” come si direbbe oggi. I passi da fare sembravano loro troppo grandi perché la loro fede era troppo debole. Avevano già rinunciato alla lotta, non credendo più nella vittoria di Cristo.
Da parte nostra, rifiutiamo questo spirito fatalista del Vaticano II, non certo perché siamo più furbi di coloro che ci hanno preceduti, ma semplicemente perché crediamo nella grazia, nella potenza e nell’efficacia della grazia di Cristo, nella forza della verità. È questo che ci chiedeva solennemente Mons. Lefebvre nella predica del suo Giubileo sacerdotale di 1979:
“Vogliamo che Nostro Signore regni. (…) Questo non è impossibile, o altrimenti bisogna dire che la grazia del Santo Sacrificio della messa non è più la grazia, che Dio non è più Dio, che Nostro Signore Gesù Cristo non è più Nostro Signore Gesù Cristo. Bisogna confidare nella grazia di Nostro Signore, perché Nostro Signore è onnipotente. Io ho visto questa grazia all’opera in Africa, non c’è nessuna ragione perché non sia così sollecita anche qui, nei nostri paesi.”
Altro che “concilio” di disfattisti, semmai di anticristi. Dai loro frutti li riconoscerete. Basta con la favola degli innocentini che pensavano di fare il bene della Chiesa, che sono stati troppo imprudenti, che poverini le loro intenzioni erano altre. Scuse e nient’altro che scuse. Satana ne ha fatto, a causa dei loro peccati e della loro presunzione(culminata con il pervicace rifiuto della Regina dei Profeti e del suo Messaggio consegnato a Fatima), delle docili marionette. Siamo oggi pienamente consapevoli di quale fosse l’humus conciliare, sotto quale egida furono concepiti e condotti i lavori conciliari. Sono oggi chiari i dissacranti intenti di manomettere per poi demolire la Sacra Liturgia, di avvelenare le coscienze corrompendo il Sacro Deposito, di rigettare la natura soprannaturale della Chiesa invalidando i Sacramenti, gettando alle ortiche e aborrendo il vero Sacerdozio Ministeriale. Che altro occorre scoprire per invocare una maledizione totale e inappellabile sul periodo che ha visto il susseguirsi di impostori e balordi occupanti della Cattedra della Verità, Verità da loro nuovamente crocifissa sull’esempio della di loro empia e traditrice stirpe giudea? Non quindi “pusillanimi disperati” ma lucidi e perfidi anticristi tronfi di orgoglio e superbia. Hanno avuto 60 anni di tempo per ravvedersi, constatando la mortifera influenza delle loro “riforme”. Hanno invece preferito bearsi della loro opere e difenderle strenuamente con diabolica ostinazione che tutt’ora perdura! Come non vedere un parallelo con i Giudei di allora, giustamente privati del Sacerdozio o più recentemente, con gli eretici protestanti, anch’essi raggiunti dal medesimo castigo? Questo sacerdote, così misericordioso e clemente, aspetta forse che il Diavolo gli si presenti davanti al muso dicendogli che sta lui dietro la crisi che ha ridotto, uno sparuto gruppo di sopravvissuti, la Vera Chiesa di Cristo? Che altro serve per rigettare il concili e gli impostori da Roncalli a Bergoglio, anatematizzarli e disintegrare i loro blasfemi “pontificati” sotto il peso di una solenne damnatio memoriae? Alcuni idioti sostengono che la Chiesa era già in crisi e che una riforma era improcrastinabile: ma dove hanno il cervello questi insensati mentecatti, forse che la Chiesa fosse diventata inadeguata a svolgere il proprio compito di Madre e Maestra? Forse che la Divina Istituzione avesse bisogno di essere riformata e non loro di riformarsi ad immagine e somiglianza dell’Immacolata e infallibile Sposa di Cristo? Non vedo nessuna ragione, ma proprio nessuna per continuare a sostenere detta “Fraternità”. Ovviamente è solo un mio personale parere, Dio mi perdoni se sto sbagliando o in caso contrario mi conceda la Grazia di irrobustire e perseverare in questi convincimenti!
“Basta con la favola degli innocentini che pensavano di fare il bene della Chiesa, che sono stati troppo imprudenti, che poverini le loro intenzioni erano altre. Scuse e nient’altro che scuse.” : frase PERFETTA con cui concordo in pieno!
Le novità del conciliabolo sono incompatibili con il cattolicesimo, e chi non le rifiuta come acattoliche rischia di ridursi come Cavalcoli (strenuo difensore del conciliabolo), che, pur di difendere l’ ereticissima Amoris laetitia, arriva a dar contro persino a San Paolo:
“San Paolo, con la sua famosa teoria del matrimonio come remedium concupiscentiae [cf. I Cor 7,9] ha evidentemente sott’occhio solo i bollori della gioventù e non la debolezza dell’anzianità. Si ha l’impressione che egli non consideri cosa buona l’atto sessuale, per cui diventa scusabile e tollerabile nel matrimonio: «è cosa buona per loro rimanere come sono io; ma se non possono vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere» [vv.8-9]. Ma tutto ciò sembra sottendere in Paolo una dissociazione per non dire una contrapposizione fra amore ed unione sessuale. Purtroppo non ci si è accorti per molti secoli che qui Paolo non riflette autenticamente la visione del Genesi e neanche quella evangelica, dove l’essere “una sola carne” è visto come qualcosa di buono, sia in se stesso [Gen 2], sia in rapporto alla procreazione [Gen 1].”
Ovviamente, dopo avere insultato San Paolo, come poteva concludere? Dicendo che la Chiesa Cattolica si è sbagliata per molti secoli!
Non riconoscere i propri errori come continua a fare la “nuova chiesa”,nonostante la terra bruciata attorno a se’,credo sia un castigo di Dio,che impedisce loro di chiedersi se per caso il VII abbia preso direzioni eterodosse.Voglia la S.Vergine,che ha attirato la SS.Trinita’per la sua Umiltà’ aprire loro la mente.
E allora, don Bouchacourt, dopo queste sue considerazioni, all’atto pratico cosa si fa?
@ Milena
lui, all’atto pratico, riconosce e resiste, anzi DISOBBEDISCE coscientemente, pervicacemente ed abitualmente a colui cui riconosce l’autorità di Vicario di Cristo in terra)…. Ovviamente per forza di cose prima o poi sarà sopraffatto dalla pazzia: questo è inevitabile! Quanto alla Fede, quella purtroppo sembra che l’abbiano persa da quando hanno iniziato a giocare a fare i papi di se stessi!
Ale, il mio era ,voleva essere sarcasmo.
Leggere questo articolo mi ha portato a concentrarmi sulla reale responsabilità che ha avuto quel Concilio per i successivi 50 anni. E’ vero che il Concilio sia stato più un discorso “mancato” come Gherardini ha con forza descritto.
Io credo, dai miei 28 anni di vita su questa terra, che oggi ciò che dobbiamo affrontare è gigantemente complesso. Non soltanto abbiamo contro l’agnosticismo di chi crede a tutto e a nulla, non soltanto abbiamo contro il relativismo quotidiano che, in tutta sincerità, coinvolge anche noi stessi riempendoci di dubbi e minando la nostra fede; non soltanto abbiamo contro le forze mediatiche che tacciono ogni forma di dissenso cristiano; non abbiamo solo nemici più o meno espliciti, ma abbiamo anche un’altra cosa in più rispetto a tutti i fedeli cattolici di ogni epoca: abbiamo la solitudine. Siamo profondamente soli, senza guide, senza padri, senza combattenti che ci istruiscano alla cristianizzazione della società. Questa solitudine, mi rimanda alla chiesa dei primi secoli, una chiesa che era fatta di pochi uomini che hanno conquistato un impero. Dobbiamo infuocare la nostra anima per riportare la Croce dove è stata barbaramente considerata superflua. Ecco il danno più grande del Concilio. Non lo ammetteranno mai ma non sarebbe stato il momento più adatto per riaffermare lo spirito militante del cristiano? Don Bouchacourt ha espresso implicitamente questo pensiero ed è la verità.