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Nota di Radio Spada: Concludiamo oggi la pubblicazione in quattro puntate dell’interessante saggio dell’ottimo scrittore e teologo, nonchè collaboratore di Radio Spada, Patricio Shaw che si inserisce nell’annoso dibattito sull’autorità pontificia durante la gravissima crisi nella Chiesa. L’italiano del testo risente dell’originale dotto e spagnoleggiante in cui è stato scritto il saggio che pubblichiamo in traduzione. Qui la prima parte, qui la seconda e qui la terza.

16. Obiezione e risposta: il mortale non ha potestà piena, ma solo positiva, di salvarsi

Qualcuno obietterà che l’avere un uomo il potere di venire condannato  non toglie che egli stesso abbia simultaneamente il pieno potere di salvarsi. A questo rispondiamo con cinque distinzioni.

Per quanto primo, la potenza prossima si distingue dalla remota in ciò che la prima sì può ridursi all’atto senza mutarsi prima l’anima e la seconda no.[1] La potenza remota di un’anima, come anima, per salvarsi, è componible con la carenza, e non con la ripugnanza, di potenza prossima per tale atto. Così pure, la potenza remota di un papa, come uomo libero, per pascere la Chiesa, è componible con la carenza, e non con la ripugnanza, di potenza prossima per tale atto. E ad un’anima umana remotamente potente per salvarsi non ripugna intrinsecamente la potenza prossima di venir condannata, per la ragione della diffettibilità del creato. Ma all’anima del papa pienamente e prossimamente potente per pascere la Chiesa sì ripugna la potenza prossima d’ingannare la Chiesa: le ripugna estrinsecamente per la divina assistenza permanente e totale data alla sua potestà pascitiva della Chiesa che abbiamo visto nel titolo 11 —in nulla di più e in nulla di meno.

Per quanto secondo, la potestà di ogni uomo mortale per salvarsi è fallibile perché non ne dipende nulla di necessario ed immancabile. Invece, la potestà di ogni Papa vero per pascere la Chiesa è infallibile, come abbiamo visto nel titolo 13, perché ne dipende, come dice Sant’Alfonso, la necessaria ed immancabile fermezza e sicurezza della Chiesa, onde a sua volta dipende la necessaria ed immancabile conoscibilità e praticabilità dell’unica religione rivelata da Dio. (E infatti, ancora se nella nostra lunga presente sedevacanza conosciamo l’unica religione rivelata da Dio, ed abbiamo dei simboli di fede, dei catechismi, dei libri autorizzati della Sacra Scrittura, dei sacramenti e santi e delle montagne di libri sublimi, lo dobbiamo al pascimento ecclesiastico passato e vigente dei Papi storici.) In altre parole, la prima è indifferente ed indeterminatamente aperta sia per il suo compimento come per la sua frustrazione; la seconda, invece, è aperta e determinata al suo compimento e chiusa alla sua frustrazione.

Per quanto terzo, la prima è condizionata ed ha bisogno di venire integrata con il consenso libero e finalmente perseverante dell’uomo alla grazia offertagli gratuitamente ed immancabilmente; il suo compimento dipende notevolmente, come insegna magistralmente Sant’Alfonso, di ciò che l’uomo preghi bene ed abbastanza ed in seguito viva ed operi informato con carità soprannaturale dominante. La seconda potestà è assoluta e non ha bisogno di venire integrata con nulla, perché se avesse bisogno di integrarsi, non sarebbe completa né piena.

Per quanto quarto, la potestà di ogni mortale per salvarsi è sufficiente, in quanto la potestà di ogni papa per pascere la Chiesa è efficiente. La prima è piena di quanto necessario per poter essere compiuta; la seconda è piena di quanto necessario per essere compiuta. Dove ci sia un Papa, necessariamente ci sarà il pascimento della Chiesa per le ragioni che abbiamo visto nei titoli 11 e 13: assistenza divina totale ed infallibilità.

Per il quinto e più importante, che risulta da quanto precede, la prima potestà non è nemmeno piena: è solo positiva. È piena la seconda. Potestà piena di fare qualcosa è il potere cui non manca nulla d’intrinseco né d’estrinseco di quanto necessario per l’esecuzione di questo qualcosa, o sia, di ciò che dipende da lei come potestà e di ciò che non dipende da lei come potestà. Potestà positiva di fare qualcosa è il potere cui non manca nulla d’intrinseco, ma cui può certo mancare qualcosa d’estrinseco, per l’esecuzione di questo qualcosa.

Il Vangelo secondo San Giovanni ci dice che Dio diede la potestà, che qui possiamo dire prossima, infallibile, assoluta, efficiente e piena di diventare figli Suoi, a tutti coloro che hanno accolto il Verbo incarnato[2] —il quale si intende che soltanto venga mantenuto in vigore finché lo continuino a ricevere—, onde s’inferirebbe che non diede agli altri la potestà della figliolanza divina tranne che remota, fallibile, condizionata, sufficiente e positiva. Il commento di San Giovanni Crisostomo a quel passo è molto chiaro:

E non disse che gli ha costretto a diventare figli di Dio, ma che diede loro il potere di diventare figli di Dio, dichiarando che occorre molta attenzione acciocché manteniamo sempre l’immagine dell’adozione, che si è stampata e formata in noi mediante il battesimo. Inoltre ci manifesta così che a nessuno di noi può venir strappata questa grazia, se noi non ce ne priviamo. Pertanto, se coloro che ricevono dagli uomini il dominio di alcune cose ne possiedono il dominio quasi tanto quanto coloro che li concedono loro, molto più noi che riceviamo di Dio questa grazia. Anche vuole dare a intendere che questa grazia si concede a coloro che la vogliono e la cercano. Perché dipende dal libero arbitrio e dall’opera della grazia che gli uomini diventino figli di Dio.[3]

17. Poter fare pienamente qualcosa di buono è non poterlo fare per niente male

Può più colui che può fare qualcosa con meno rischi di ommetterlo, e può fare qualcosa pienamente colui che è così pienamente abilitato a farlo che sia assolutamente al di sopra dell’impotenza che è il poter farlo male. Ad esempio, colui che può toccare l’organo magnificamente, non può, tranne violentando i suoi carismi musicali, toccarlo male; e colui che fosse pienamente posseduto dal carisma di toccare l’organo magnificamente, neppure potrebbe violentare i suoi carismi musicali. Allo stesso modo, un Papa vero, per causa di essere posseduto pienamente, con pienezza estensiva, dal carisma di pascere la Chiesa infallibilmente secondo Cristo l’induce a farlo, non può nemmeno violentare se stesso contro  questo carisma.

18. Neppure lo stesso Papa, essendo Papa, può ridurre la sua potestà piena e totale

La potestà di pascere di un Papa essendo prossima, infallibile, assoluta, efficiente e piena, non può venire diminuita in essa per niente e nessuno né per il Papa stesso. Che potesse venire diminuita nella sua efficacia estensiva infallibile, implicherebbe (a) una contraddizione e (b) un inconveniente impossibile. Una contraddizione, perché la potestà papale è lo stesso che la somma potestà della Chiesa e per la Chiesa, ma una potestà diminuita nella sua efficacia estensiva infallibile è lo stesso che una potestà non somma: pertanto sarebbe somma e non somma. Un inconveniente impossibile, perché questa potestà, o si ribasserebbe assolutamente senza venir compensato il suo ribassamento in qualcosa di equivalente, o si ribasserebbe compensandosi il suo ribassamento in una divisione in varie persone. Nel primo caso si perderebbe quella pienezza di utilità, onore e nobiltà, e di somiglianza con la Chiesa trionfante, che ha la Chiesa Militante per la pienezza della potestà papale. Nel secondo caso si distruggerebbe l’unità della Chiesa.

19.  Se la piena, divina ed immensa potestà papale di pascere la Chiesa potesse coesistere con una potestà di sedurre le intelligenze umane nel comunicare ciò che è della Chiesa e di Cristo, ciò risalirebbe allo stesso Cristo

Se Cristo non può sedurre alcuna intelligenza, allora il fatto che la Chiesa non può fare altrettanto si deve in virtù di Cristo a Pietro redivivo nell’ultimo Papa vero. Perché l’intelligenza della Chiesa è una riproduzione, proporzionata alla sua missione, delle intelligenze umana e divina di Cristo, suo Disegnatore e sua Testa, ed inoltre Pietro, redivivo nell’ultimo Papa vero, è necessario primo Comunicatore Infallibile terreno delle intelligenze umana e divina di Cristo, intelligenze che la Chiesa ha bisogno di conoscere in quanto proporzionato alla sua missione di pensare e parlare infallibilmente e salvificamente, per poter funzionare e persino per esistere. Poi, se non può sedurre nessuna intelligenza l’intelligenza della Chiesa che, in quanto proporzionato alla sua missione, conosce e comunica le stesse cose proporzionate alla sua missione che entrambe le intelligenze di Cristo e con pari infallibilità, l’unica ragione dopo Cristo è Pietro redivivo nell’ultimo Papa vero e divinamente abilitato per pascere e fondare la Chiesa.

20. Dalla divinamente concessa piena e infallibile potestà papale pascitiva della Chiesa dipende la santità della Chiesa, sua nota essenziale

San Tommaso d’Aquino, commentando Aristotele, dice:

Tutto ciò che contiene ha ragione di fine, in quanto il contenuto termina nel suo continente, perché l’imperfetto ha la natura di essere contenuto dal perfetto.[4]

Nella Chiesa cattolica, un Papa vero ha la peculiare condizione di essere un contenuto di essa meno perfetto che essa, ma dal quale dipende, nella sua dottrina e legislazione che lui ha da parte di Cristo la piena potestà di dare alla Chiesa —ancora nella sedevacanza eventualmente lunga posteriore alla sua morte— l’infrangibilità dottrinaria di essa come contenitore onde dipende la sua perfezione e santità. Inde consegue che quella piena potestà del Papa di pascere con dottrina e di reggere con leggi la Chiesa deve essere infallibile nella sua estensione. Ciò è provato anche da San Tommaso d’Aquino:

Chi vuole una cosa, vuole per necessità quanto essa necessariamente richiede, a meno che non si riscontri in lui un difetto, o per ignoranza, o per l’incapacità di perseguire il fine stabilito, perché sviato da qualche passione. Ma questi difetti non si possono attribuire a Dio. Se Dio quindi nel volere se stesso vuole qualche altra cosa, è necessario che voglia quanto è richiesto necessariamente da ciò che vuole […].[5]

Così, siccome Dio vuole la santità della Chiesa, vuole la sua infrangibilità dottrinaria indispensabile a quella. E siccome Dio vuole l’infrangibilità dottrinaria della Chiesa, vuole quella di ogni Papa vero, indispensabile a quella.

Il sedevacantista, essendo nella vera Chiesa cattolica, ancora ristrettissima e nell’ombra, è in un contenitore di pura sicurezza religiosa e santificazione sostenuto dalla piena ed infallibile potestà di pascere dei Papi veri; è in una Chiesa molto migliore di lui, ed invece di cercare disperatamente degli eccezionali resti di santità da cogliere in una impossibile “Chiesa in rovine”, ha come compito togliersi dei peccati.

21. La potestà papale comporta il non poter disedificare i fedeli nella fede

La potestà papale, unica erede piena della potestà apostolica, è per l’edificazione, come dice San Paolo:

Imperocché quando anche mi gloriassi un poco più della potestà nostra, la quale il Signore ci ha dato per vostra edificazione, e non per distruzione, non ne arrossirei..[6]

Orbene, una potestà che è necessaria ed infallibilmente proporzionata ad edificare e non distruggere, sarebbe vana e persino contraddittoria se non comportassi un’impossibilità di disedificare i fedeli cattolici in quanto è primo a farli fedeli cattolici che è la fede: una tale impossibilità è in realtà una perfezione e pienezza che esclude l’impotenza che è il potere disedificare nella fede.

Inoltre, “né la natura, né Dio fanno niente d’inutile”, come dice San Tommaso,[7] citando le parole d’Aristotele: “ὁ δὲ θεὸς καὶ ἡ φύσις οὐδὲν μάτην ποιοῦσιν”.[8] Certamente, se Dio abilitò pienamente il papato vero per pascere la sua Chiesa e darle fondamento, non fu allo scopo di una “pienezza” la cui frustrazione lui stesso potrebbe permettere. Ciò non fu allo scopo di poter venire deriso nell’incorruttibilità potestativa papale necessaria per ben più che la salvezza di anime inutili al regno di Dio: fu per l’incorruttibilità dello stesso Regno di Dio profetizzato dal santo profeta Daniele. Questa incorruttibilità deve estendersi alla[9] legge di tale Regno divinamente dettata come tale, e verificarsi in essa. E la “legge” del Vaticano II e dei suoi supremi artefici e promulgatori —legge insieme pseudomagisteriale, pseudoministeriale e pseudoregimentale, legge di deliramenti liberali, relativisti, antropocentrici ed apostatici e di sacrilegio ed invalidità liturgica che va a tutta la satanicamente fumosa atmosfera ed inviluppante sottocultura della sua sfera di validità ed applicazione— non è una “legge” alla quale si estenda né in cui si verifichi l’incorruttibilità del regno di Dio, né tanto meno. Ma se gli artefici e promulgatori di detta “legge” fossero Papi, tale abominevole e dominante “legge” sarebbe propria del regno di Dio… Tolto il conseguente, cade l’antecedente.

Il grande teologo e vescovo controriformatore fiammingo Francesco Sonnius[10] insegna che, per esso che per la legge si dà la testificazione della volontà divina su di noi, il riconoscimento del male del peccato, la direzione della natura che cresce verso Dio, la pedagogia e disciplina della carne inquieta e delle passioni e finalmente la dimostrazione dell’ordine senza il quale non vi è nulla di fermo né di perpetuo, dunque senza legge non può esistere il regno di Dio tra gli uomini.[11]

E la Chiesa cattolica, identificata dall’Aquinate con il Regno di Dio, sebbene solo promulga la legge ecclesiastica, propone anche[12] la legge divina…

Stando così le cose, dell’incorruttibilità del regno di Dio verificata nella sua immancabile ed infallibile legge —incorruttibilità per la quale è necessaria la della potestà papale— deve dirsi che essa stessa è necessaria allo stesso Dio supposti i suoi decreti irrevocabili di redenzione ed incarnazione; più ancora: supposta la responsabilità dello stesso Dio per la legge del suo Regno. Pertanto l’incorruttibilità potestativa papale è necessaria a Dio per necessità ipotetica, ed è immancabile. Pertanto la presente corruzione fondamentale del “regno” vaticano e della sua legge soltanto può essere propria di un falso papato.

22. In un Papa che anti-divinamente spascesse la Chiesa, la sua assicurata e necessaria potestà divina piena di pascere la Chiesa, si verificherebbe contraddittoriamente non-piena (vale a dire, parziale o nulla)

Il fatto che potesse un Papa, pascendo la Chiesa, mancare alla dovuta integrità di detto pascimento, non sarebbe una vera potestà, ma una mancanza di potestà: Ma il potere un Papa ingannare la Chiesa, sarebbe poter un Papa mancare alla dovuta integrità del suo pascimento della Chiesa, visto che ogni atto d’ingannare è un mancare a un’integrità dovuta: pertanto, potere un Papa ingannare la Chiesa non sarebbe una vera potestà di pascere la Chiesa, ma una mancanza di potere di farlo, e pertanto un possesso di potestà non-piena di pascere la Chiesa incomponibile con il rango papale. Si prova la premessa maggiore: perché già il fatto di poter qualcuno, essendo, mancare alla sua dovuta integrità di essere, non è una vera potestà, ma una mancanza di potestà. Pertanto, allo stesso modo, non è una vera potestà il fatto di poter un Papa, pascendo, mancare alla sua dovuta integrità di pascere; perché l’una e l’altra è una “potestà” —o meglio, una semplice possibilità— di mancare a una dovuta integrità. Ciò si conferma:

1º) Perché il potere un Papa soccombere a una potestà, estranea o propria, contraria alla sua di pascere la Chiesa e poter venirne vinto come Papa, non è proprio di una vera potestà piena di pascere la Chiesa, ma di una mancanza della stessa; perché è più grande una potestà invincibile che una che è vincibile da una potestà contraria. Ma il potere un Papa ingannare la Chiesa solo sarebbe un poter un Papa venir vinto da una potestà, estranea o propria, contraria a quella di pascere la Chiesa.

2º) Perché l’ingannare un Papa la Chiesa è lo stesso esercizio di una capacità di fare ciò: ma fare ciò è formalmente l’esercizio di una certa impotenza: pertanto l’ingannare un Papa la Chiesa è un’impotenza e non una potestà. Si prova la premessa minore. Perché l’ingannare un Papa la Chiesa è formalmente che una potestà da se superiore venga vinta da una inferiore o uguale: ma questo non può provenire formalmente se non da un’impotenza: pertanto l’ingannare un Papa la Chiesa è formalmente l’esercizio di una tale impotenza. La premessa maggiore è chiara: Perché che la potestà di un Papa di pascere la Chiesa venga vinta da una potestà in sé superiore, non è che manchi un Papa a pascere la Chiesa, perché è necessaria tale sconfitta ed impossibile la non-sconfitta contraria: pertanto, che un Papa inganni la Chiesa può soltanto doversi a ciò che lui venga vinto da qualcosa d’estraneo o suo di potestà uguale o inferiore; ma questo soltanto può provenire da una mancanza di potestà, ovvero da una potestà non-piena, perché giammai una potestà da se superiore cede a una uguale o inferiore se non per qualche diminuzione e fallimento di quella; diminuzione e fallimento che sono impossibili nella piena potestà papale di pascere la Chiesa.

23. San Tommaso sull’impossibilità

Il Dottore Angelico afferma:[13]

Secondo il filosofo[14] una cosa si dice essere possibile o impossibile in tre modi. (1) Secondo una potenza attiva o passiva; come si dice che secondo la potenza ambulatoria a un uomo è possibile di andare ma impossibile di volare. (2) Non secondo qualche potenza ma secondo lui stesso, come diciamo che è possibile ciò che non è impossibile, e diciamo che è impossibile quanto è necessario che non sia. (3) Secondo la potenza matematica, come nella geometria, come si dice che una linea è potenzialmente commensurabile perché il suo quadrato lo è. […] Ciò che si dice che è impossibile secondo qualche potenza (1) può intendersi in due modi. (1a) Per difetto intrinseco alla potenza stessa, non potendo questa estendersi a l’effetto, come quando non può un agente naturale trasmutare qualche materia. (1b) Per qualcosa d’estrinseco, come quando la potenza di qualcuno è impedita o legata.

24. L’impossibilità secondo la potenza, confrontata con la piena potestà

Il modo (1) precedente appare perfettamente applicabile alla potestà piena ed attiva di pascere la Chiesa che ogni Papa riceve da Cristo, ed invita a una domanda interessante: perché Bergoglio non pasce la santa Chiesa cattolica per modo di potestà vicaria data da Cristo, modo che, se egli fosse Papa, sarebbe come se Cristo stesso la pascesse per mezzo suo in tutto l’ordine visibile, al dire di Ambrogio Catarino, come abbiamo visto? Vi sono solo due risposte possibili: un rifiuto o un’impossibilità. Non vuole o non può.

25. Il rifiuto considerato come segno sicuro d’impossibilità

Se Bergoglio non vuole pascere la Chiesa, a maggior ragione egli non può nemmeno pascerla. Naturalmente che non sempre il non voler significa non poter assolutamente; vi sono innumerevoli istanze di non voler qualcuno fare qualcosa che potrebbe fare. Ma il poter-non-voler-fare-qualcosa-di-dovuto è un’ imperfezione propria di colui che non ha potestà piena assoluta di farlo. Ciò si spiega così: per rifiutarsi d’esercitare il potere papale attivo di pascere, Bergoglio dovrebbe avere una potestà attiva contraria alla papale —dovrebbe avere almeno la potestà attiva di rifiutare il suo potere papale attivo (se ne avesse) di pascere la Chiesa. Se così fosse , la potestà attiva di pascere la Chiesa non sarebbe piena in lui, ma  sarebbe diminuita dalla “potestà” contraria —che non è una potestà propriamente detta, ma un’impotenza. Orbene, siccome la potestas pascendi papale è piena ed inoltre non può come potestà divina infallibile essere meno che piena ed assoluta, una mancanza di pienezza sua assoluta equivale alla nullità. E un uomo al quale pienamente manca la potestà di pascere la Chiesa che Dio stesso aggiunge piena ed inseparabilmente ai suoi vicari, non può avere nessuna potestà papale: non può essere Papa.

26. Il rifiuto considerato come rifiuto

Oltre all’impossibilità di pascere risultante dal rifiuto, questo stesso rifiuto è  per sé sufficiente causa acciocché Bergoglio non abbia ricevuto potestà papale. Agostino Trionfo di Ancona[15] spiega che la potestà papale dipende da Dio in senso effettivo, soggettivo, quidditativo e governativo, ma dipende anche, in questi stessi quattro sensi, dal consenso dell’uomo posto per tale dignità. Come l’anima —dice Trionfo—, così la potestà papale è infusa da Dio con cooperazione umana, conforme al detto aristotelico che [16]l’uomo e il sole generano l’uomo[17]. E detto teologo segnala che la potestà papale non dipende da Dio nell’uomo concreto senza dipendere anche da questo stesso. E dalle sue spiegazioni dobbiamo trarre i seguenti corollari:

  • Per causa di non volere che Dio faccia di lui ciò in cui consiste un Papa effettivo —Pascitore e Rettore pieno ed adeguato della Chiesa Cattolica—, Bergoglio non riceve il principio divino effettivo o causale della potestà papale.
  • Per causa di negare con le sue eresie la fede di Cristo nella quale si fonda come in un sostrato la potestà papale, Bergoglio non riceve il principio divino soggettivo o materiale della potestà papale.
  • Per causa d’impedire lui stesso, che dovrebbe ordinarsi sul mondo, che Dio sia ordinato su di lui, che lui arriva a chiamare “non-cattolico”, Bergoglio non riceve il principio divino quidditativo o formale della potestà papale, che è un ordine di superiore a inferiore.
  • Per causa di non essere conforme al fine della potestà papale, Bergoglio non riceve il principio divino governativo o finale della potestà papale. Questo fine è duplice, essendo in quanto prossimo l’unità ed indivisiome dell’ufficio episcopale, ed in quanto remoto la conservazione di tutti i credenti nell’unità della fede e della comunione.[18]

San Bernardo diceva: “Tolle liberum arbitrium, non erit quod salvetur; tolle gratiam, non erit unde salvetur” (“Toglie il libero arbitrio e non ci sarà quanto sia salvato; toglie la grazia, e non ci sarà onde sia salvato”). Potrebbe parafrasarsi con perfetta verità: rinunzi a pascere la Chiesa un designato a Papa e mancherà dove si collochi la suprema potestà ecclesiastica in terra; manchi Cristo e non vi sarà chi la dia.

27. Volontà di pascere con impossibilità intrinseca

Supponendo che Bergoglio sì vorrebbe pascere la Chiesa ma fallirrebbe in ciò, allora, il suo fallimento indicherebbe un’impossibilità. Ma onde potrebbe venire tale impossibilità? Certo non dalla prima ragione data da San Tommaso, vale a dire un difetto intrinseco della potestas pascendi divinamente conferita ed assicurata.

28. Volontà di pascere con impossibilità estrinseca

L’unica altra ragione data da san Tommaso per una impossibilità con riferimento a un potere è un impedimento o legatura esterni. Ciò non può venire applicato alla sede di San Pietro, contro della quale nulla di cattivo, né anche le “porte” o potestà dell’inferno, può prevalere.

29. Conclusione in caso di rifiuto

Se Bergoglio può pascere la Chiesa che egli non pasce, l’unica ragione rimanente per lui del non pascerla è il rifiuto. Un rifiuto di pascere la Chiesa è contrario alla potestà papale come è stato spiegato più sopra nei termini del grande scolasticato Agostino Trionfo di Ancona.

30. Conclusione in caso d’impossibilità

Se Bergoglio vuole pascere la Chiesa che egli non pasce, l’unica ragione rimanente per lui non pascerla è la impossibilità. Un’impossibilità secundum potestatem pascendi è impossibile in un Papa vero, perché solo potrebbe provenire da un difetto intrinseco o da un ostacolo estrinseco, ed entrambi sono impossibili. L’unica spiegazione possibile per l’impossibilità di Bergoglio di pascere la Chiesa è la mancanza radicale in lui della piena potestas pascendi inseparabilmente aggiunta alla forma papale.

31. Conclusione definitiva

Per quanto precede, sia che il non-pascimento totale, almeno estensivo, della Chiesa per Bergoglio risponda a rifiuto o a impossibilità, egli non ha potestà né dignità papale.

[1] Super Sent., lib. 2 d. 19 q. 1 a. 2 co.

[2] Jn 1, 12.

[3] Catena aurea.

[4] In De cælo, lib. 2 l. 1 n. 4.

[5] Summa contra gentiles, I, 83, 4.

[6] 2 Cor 10,8.

[7] Summa th. III. 39. 7. arg. 2.

[8] De cælo I. 4, 271. a. 33

[9] Dan 7, 14.

[10] http://www.newadvent.org/cathen/14142a.htm

[11] Demonstrationum Religionis Christianae ex Verbo Dei Liber III, pag. 18. Anversa, 1557.

[12] Super Ev. Matth., c. 16, lect. 3. 

[13] Quaestiones disputatæ de Potentia (q. 1 a. 3 co.)

[14] Metafisica V, 12.

[15] http://peenef2.republika.pl/angielski/hasla/a/augustineofancona.html

[16] Summa di suprema potestate ecclesiastica, edita nel 1320, reeditada a Roma nel 1584. Quaestio 4: de Papæ renunciatione. Articulus 3: utrum, quia Papatus est a solo Deo Papa possit ex si renunciare. Resolutio.

[17] Arist. 2. Physic. t. 

[18] Concilio Vaticano I, Costituzione dogmatica “Pastor aeternus” sulla Chiesa di Cristo. 18 luglio 1870.

(FINE)