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di Luca Fumagalli

Questa mattina, mentre sfogliavo stancamente le pagine on line di una nota testata nazionale, mi sono imbattuto in una notizia marginale, da trafiletto laterale per intenderci, che però ha attirato subito la mia attenzione. Ieri sera, quando prima della partita Italia-Irlanda risuonava per lo stadio di Lilla l’inno di Mameli, i tifosi irlandesi, dimostrando una grande correttezza – cosa piuttosto rara oggigiorno nel mondo del pallone – si sono alzati in piedi e hanno applaudito a ritmo, offrendo uno spettacolo di vera fratellanza calcistica.

Questo episodio, nella sua schietta semplicità, travalica i confini dello sport per elevarsi a metafora della nostra condizione attuale di cittadini europei affranti e frustrati. Nel bel mezzo di una kermesse calcistica che sta regalando continue sorprese, dove squadre esordienti macinano punti come veterani e dove i big sembrano tutt’altro che intenzionati e dare spettacolo, vedere quelle immagini, vedere bandiere e magliette smeraldo confondersi gioiosamente al ritmo di un inno straniero per me è stata come una folgorazione, una fotografia più che mai chiara della vera Europa.  

Anche oggi, in piena Brexit-fobia, i politici europei sembrano dimenticarsi le cose più importanti. Perché, a sentir loro, le ragioni per cui il Regno Unito dovrebbe rimanere ancorato all’Unione sono più che altro economiche. Nessuno ha parlato di identità, valori o appartenenza – ha tentato Obama puntando su uno strappalacrime quanto improbabile parallelo storico con la guerra civile americana – mentre le parole d’ordine della propaganda europeista sono state le stesse risuonate anche nei tristi giorni della crisi greca: inflazione, svalutazione e povertà.

Quei tifosi irlandesi hanno invece mostrato cosa significa realmente essere europei. Non è questione di cifre e di statistiche, quanto la consapevolezza di appartenere a qualcosa di più grande che supera gli egoismi nazionali e che non può essere altro se non la Chiesa. Le famose “radici cristiane”, lungi da essere solo una noticina nel preambolo alla costituzione dell’UE, sono invece la base su cui fondare una casa comune. Anzi, esse sono l’unica reale e concreta occasione per una collaborazione duratura. La storica stima reciproca tra italiani e irlandesi deriva, tra l’altro, proprio dalla comune appartenenza al cattolicesimo. Ogni altro tentativo per tenere insieme realtà nazionali tanto diverse – senza scomodare il piano Kalergi – è inesorabilmente votato al disastro.

Ammetto che ho esitato fino all’ultimo prima di consegnare questo breve articolo alla redazione di Radio Spada perché, tutto sommato, le riflessioni in esso contenute possono essere ben giustamente accusate di eccessiva semplicità e di un certo idealismo diffuso. Consideratelo nulla più che una fugace impressione, ma percorrendo le imbarazzanti dichiarazioni di alcuni intellettuali, o sedicenti tali, contro la “Brexit”, bè, diciamo solo che mi sono sentito pienamente legittimato a dire la mia.

Ps: Menzione speciale per i due tifosi irlandesi che mostravano alle telecamere un tricolore con la scritta: “Angela Merkel pensa che stiamo lavorando!”