malatempora

di Danilo Quinto

 “Ora siamo pronti a governare il Paese”, dice Luigi Di Maio, uno dei leader del Movimento 5 Stelle.

Il proclama è legittimo, perché è questa la novità del voto delle amministrative e dell’esito dei ballottaggi. Oltre due anni di Governo dissennato dell’economia, di mancati interventi per soddisfare i bisogni reali di milioni di persone ridotte in povertà, l’incapacità di offrire al Paese una prospettiva di sviluppo – contenendo almeno la malversazione costituita dall’enorme e ingiusto carico fiscale – le strombazzate riforme sul lavoro, che si traducono nella contabilizzazione di assunzioni precarie anche di un solo giorno, hanno prodotto la dilagante vittoria a Roma di Virginia Raggi e quella più contenuta, ma di grande valenza politica, a Torino, di Chiara Appendino. Mentre la Raggi ha battuto l’ex segretario di Rutelli, l’Appendino ha sconfitto – scusate se è poco – uno dei fondatori del PD! La stessa straripante vittoria di De Magistris a Napoli – che ha inglobato il voto che in altre città si è espresso a favore dei grillini – aprono uno scenario che prelude al successo del Movimento 5 Stelle alle elezioni politiche, che a questo punto non potranno andare oltre il limite del 2017.

La situazione, inquietante, è una diretta conseguenza del renzismo, che ha causato l’affermazione di un movimento populista, demagogico e dai contenuti giacobini. Un movimento pericolosissimo ha rottamato Renzi ed ha posto un’ipoteca pesantissima sul futuro di un Paese allo sbando, dove per eleggere gli amministratori delle città vota poco più del 50% degli aventi diritto a livello nazionale e l’eletto viene votato da una maggioranza che rappresenta poco più di ¼ degli aventi diritto! L’astensionismo? Viene ritenuto un fatto fisiologico. La legittimità degli eletti rispetto al cosiddetto corpo elettorale? Irrilevante. E’ una specie di impazzimento generale quello a cui assistiamo, dove ciascuno tira l’acqua ai propri interessi e nessuno si prende il coraggio di dire la verità.

A questo punto, si può ritenere che il referendum di ottobre sulla riforma costituzionale costituisca una pura formalità. Vinceranno i NO, perché l’onda lunga di queste elezioni si farà sentire e perché tutti si coalizzeranno contro il nemico da battere. Certo, qualche colpo di coda Renzi lo sferrerà, con astuzia e abilità, come ha fatto sino ad ora, ma il voto di queste elezioni peserà come un macigno, anche rispetto ai regolatori di conti interni al suo partito.

La vicenda politica di questo leader – che è il prodotto dell’insipienza, dell’inconsistenza, della mancanza di cultura politica, forse anche della sola cultura, dell’intero sistema politico – è stata favorita, all’inizio del suo percorso, da un altro leader che si può definitivamente ritenere uscito di scena: Silvio Berlusconi. Il Patto del Nazareno – che era uno strumento di potere ad uso di entrambi – si è frantumato ed ha decomposto l’intero quadro politico e dissolto il centrodestra, che non ha più un leader (Marchini e Parisi, sono stati sconfitti, né si può ritenere che la Carfagna o la Gelmini possano diventarlo), né una strategia né un programma da presentare. E’, sostanzialmente, in rovina.

In questo contesto, ha preso corpo l’affermazione del Movimento 5 Stelle, che ha fatto leva principalmente sulla denuncia di una realtà sociale, economica e politica allo sfascio e della capacità corruttiva del sistema. Dati certamente veri, ma che devono essere considerati senza negare – perché questo costituirebbe una menzogna – che all’inquinamento del sistema politico corrisponde quello di buona parte della società cosiddetta civile, che usufruisce e gode della quantità enorme di danaro frutto della corruzione.

La prospettiva per un Paese in queste condizioni è una sola: lavorare per restituire, entro due o tre generazioni, nobiltà alla politica. Non è un programma generico. E’ il solo programma da tentare di sviluppare. Come? Con gli strumenti di cui si dispone, anche se piccoli, non importa. In famiglia, leggendo insieme i grandi testi classici, greci e latini: Platone, Socrate, Cicerone, Seneca… Respirando e nutrendosi di cultura, di civiltà, di amore per la bellezza. Stando anche attenti a conservarli, quei testi, perché con l’aria che tira nessuno più li stamperà e c’è anche il rischio che a qualcun altro verrà in mente di bruciarli in pubblica piazza. Sempre in famiglia – non si può mica pretendere che lo faccia la scuola multietnica di stampo ideologico comunista o la parrocchia dominata dai neo-catecumenali – dedicando un’ora quotidiana di lettura alla Parola di Dio. Lì c’è scritto tutto. Quello che siamo e quello che diventeremo, se coltiveremo la speranza di un tempo che non è di questo mondo.