
fonte: eunews.it
di Alexander Nevskij
A un giorno dall’annuncio dei risultati del referendum sull’uscita del Regno Unito, si ottengono indicazioni più precise sulla strategia con la quale verrà affrontata la situazione.
Anche sotto questo profilo, la comparazione con gli avvenimenti legati alla dissoluzione dell’Unione Sovietica rivela molte analogie e alcune differenze: ciò, del resto, era facilmente immaginabile considerato il quadro complessivo di cui si è già detto in precedente commento (https://www.radiospada.org/2016/06/radio-spada-info-brexit-n-5-referendum-sullindipendenza-e-dissoluzione-dei-regimi-autoritari/?utm_campaign=shareaholic&utm_medium=facebook&utm_source=socialnetwork).
Dopo l’annuncio del Parlamento Lituano di voler dichiarare l’indipendenza dall’URSS, furono attivati (oltre a sanzioni economiche e tentativi di repressione militari) due meccanismi: il primo, volto a negare validità formale alla dichiarazione d’indipendenza parlamentare; il secondo, volto ad avviare un complessivo ripensamento dell’organizzazione dell’Unione Sovietica. Tutte e quattro le misure furono poste in essere su iniziativa delle autorità centrali sovietiche. Come già detto, le prime tre non ebbero esito poiché sopraffatte dalla manifestazione di volontà popolare diretta tramite referendum, dal rincorrersi degli eventi e dal rapido contagio della spinta eversiva a tutto il territorio dell’Unione. L’ultima misura ebbe, invece, apparente quanto incredibile successo, poiché al referendum del 17 marzo 1991, frutto dell’iniziativa del Congresso dei Deputati dei Popoli dell’URSS volta a fare dell’URSS uno stato federativo basato sull’associazione volontaria di repubbliche sovrane (il quesito, in particolare e tradotto in italiano, era il seguente: “considerate necessaria la conservazione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche come una rinnovata federazione di repubbliche egualmente sovrane in cui i diritti e la libertà di ogni cittadino di ogni nazionalità sia integralmente garantita?“), partecipò l’80% del corpo elettorale dell’URSS e ben il 77,8% dei partecipanti votò a favore della conservazione dell’Unione. La quale, dopo nove mesi, si sciolse.
A seguito di Brexit, si assiste a una parziale identità di misure adottate e adottande ma a una diversa provenienza dei suggerimenti.
Quanto alle prime due misure, la situazione è di semplice comprensione. Esse non possono essere adottate nel caso di Brexit, poiché sarebbero talmente contraddittorie con l’approccio europeo alla realizzazione degli obiettivi (propagandare il contrario di ciò che realmente si persegue) da comprometterne definitivamente il conseguimento. Due chiose sul punto. Fanno sorridere le spassose domande di chi, ottenebrato dalla propaganda di regime, non riesce a capacitarsi di come sia possibile che, dopo Brexit, l’indice di borsa che ha perso di meno sia proprio quello di Londra: “ma come – si chiede il diligente europeista -, uscire dall’Unione Europea non doveva far cadere il disertore nella più grave iattura economica”? Neppure la realtà dei fatti convince l’illuso che la sua illusione non è la realtà. Adottati facili provvedimenti per resistere agli attacchi speculativi, l’uscita dall’Unione Europea determinerà la rinascita delle economie nazionali, non il loro collasso. Si ascrive, poi, all’Unione Europea il merito di aver evitato spargimenti di sangue sul continente. Si dimentica, però, che i meriti al riguardo vanno semmai ascritti al progetto di De Gasperi, Adenauer e Schuman, non certo alla sua involuzione nella Unione Europea di Maastricht. Si dimentica, inoltre, che l’assenza di guerre in senso tradizionale è dovuta anzitutto a una epocale evoluzione della storia militare, che a causa della deterrenza nucleare e dell’affermarsi dell’esperienza dei fronti di resistenza popolare (avvenuto nella Seconda Guerra Mondiale) da decenni ha abbandonato a livello mondiale (e non solo europeo) gli schemi della guerra intesa come confronto militare tra due Stati o come tentativo di invasione di truppe di uno Stato nei confronti di un altro (schemi che in effetti vengono ormai reiterati soltanto a livello tribale o in casi di ritenuta manifesta superiorità di uno Stato su un altro, secondo la dottrina statunitense). In altre parole, per la pacificazione del continente l’Unione Europea non ha meriti diversi e ulteriori da un patto di non aggressione tra Francia, Regno Unito e Germania (storicamente realizzatosi nella NATO).
Quanto alla terza e quarta misura, colpisce che nel processo di dissolvimento dell’Unione Europea a proporle non siano state le autorità centrali, quanto gli altri partecipanti all’Unione o addirittura gli sconfitti al referendum d’indipendenza, a fronte di una reazione fredda e in apparenza indifferente delle autorità centrali. In realtà, la ragione è presto spiegata. Come si è detto, lo stile dell’autoritarismo europeo è opposto a quello sovietico, nella misura in cui ambisce a imporre la propria visione del mondo non già con la forza, quanto con la suadente persuasione. Bisogna dire che questo sistema ha dato frutti migliori rispetto a quello sovietico, essendo in buona parte riuscito a convincere i sudditi che i veri liberatori sono gli aguzzini e viceversa. E se, proprio per conformarsi a questo stile, probabilmente non sarà fatto alcunché del tentativo di dichiarare inefficace il referendum d’indipendenza, che gli angloscozzesi sconfitti propugnano, discorso diverso vale per il tentativo di conservazione dell’Unione.
Su questo, è indubbio che i tentativi vi saranno ed è altamente probabile che conseguano momentaneamente l’esito conservativo perseguito. E’ improbabile che si verifichino eventi come quelli che hanno fatto capitolare l’URSS dopo soli nove mesi dal plebiscito di riconferma dell’Unione, anzitutto perché – come già segnalato e al contrario di quanto avvenuto per l’URSS – il contesto esterno ha tutto l’interesse (suo proprio) a evitare la dissoluzione per continuare a spadroneggiare sul continente con il consenso dei defraudati. Ma al di là di questi esiti contingenti, la realtà non muta.
Ogni “ristrutturazione” della “Casa Comune Europea” è destinata al fallimento, poiché la storia non concede seconde possibilità (se non, a volte, dopo radicali palingenesi) e, dove si creano artificialmente tali occasioni (come nel passaggio tra URSS e UE, già evidenziato nel precedente commento), esse conducono al medesimo risultato fallimentare. Come per l’URSS i sognatori continuavano ad affermare la bontà dell’ideale (il comunismo, il marxismo) e a rammaricarsi della cattiva realizzazione pratica (la dittatura del proletariato sovietica), sperando così che il medesimo ideale si potesse tradurre correttamente in realtà, allo stesso modo per l’Unione Europea i sognatori continuano a cantilenare la bellezza dell’ideale europeo e a credere che potrà essere realizzato in modo bello buono giusto felice ideale. In realtà, l’ideale manifesta la sua bontà o meno nel suo inveramento storico, che da esso non può scindersi se non nel mondo dei sogni e delle utopie. L’ideale europeo, sognato da De Gasperi, Adenauer e Schuman, poteva esser bello ma si è dimostrato irrealizzabile poiché è stato “bruciato” dal suo inveramento storico, che si è tradotto nella promiscuità con il suo opposto (il modello sovietico, continuato nell’Unione Europea di Maastricht) e non ha mostrato gli anticorpi necessari per sopravvivere nel mondo. Nello stato di devastazione antropologica lasciato dall’Unione Europea, le profonde diversità di identità e valori nazionali (si pensi all’abissale differenza che corre in tutti gli aspetti rilevanti tra una Grecia e una Olanda, tra una Svezia e una Malta, tra una Polonia e una Francia e così via) rendono impossibile e assolutamente non auspicale una integrazione politica che vada al di là di accordi per un’area di libero scambio e per uno spazio doganale comune, oltre alla non aggressione militare.
La “ristrutturazione” della “Casa Comune Europea” che si paventa in questi giorni è il colpo di coda del Leviatano per giocarsi l’ultima chance di realizzazione dei suoi scelerati obiettivi (dissoluzione della proprietà privata, dissoluzione delle famiglia, dissoluzione degli Stati nazionali). Le sue prospettive provocano un orrore che potrà, forse, essere superato soltanto dopo una radicale palingenesi antropologica e assiologica dell’uomo europeo, oggi irreggimentato e devastato dalla dittatura europeista.
Per l’Unione Europea, in questa fase storica, non deve esserci “ristrutturazione” ma soltanto definitiva e disonorevole “dissoluzione”.
d’accordosu tutto, fuorché nel particolare che l’ EU diMastricht avrebbe tradito l’ideale di De Gasperi Adenauer e Schumann: personaggi finanziati-con soldo americano – e impegnati nel gettare le fondmenta proprio di questa invereconda europa.Certo, i passi si fanno uno alla volta. Non è questa la tattica di chi vuole ingannare per la via della “suadente persuasione”???
Hai ragione BBRUNO, io non mitizzerei De Gasperi, egli era comunque un burattino al soldo degli USA
Non solo “burattino al soldo USA”…
Col trattato stipulato con Gruber, svendette di fatto l’Alto Adige agli Austriaci, dopo che il fascismo lo aveva ri-italianizzato. Il risultato fu un risveglio di sentimenti filoaustriaci e la nascita di organizzazioni terroristiche con lo scopo di ottenere un’indipendenza dall’Italia e, quindi, un’annessione all’Austria. Naturalmente ci furono “spargimenti di sangue” nonostante la calata di braghe di De Gasperi. Ora, quelli si autodichiarano Sudtirolesi, mai Italiani.
E pensare che c’è qualcuno che vuole beatificare il burattino!!!!
pensa, lister, ai tipi che lo vorrebbero beatificare’, e hai capito il ‘valore ‘dell’ uomo! Solo un papa autentico – Pio XII – aveva capito di che pasta era il ‘grand’uomo’ , e lo seppe tenere alla larga!