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di Danilo Quinto

Monti-Letta-Renzi. Non è la mediana della Nazionale né la linea di difesa del Milan o dell’Inter che furono, quando ancora non facevano gola ai cinesi.

E’ l’asse portante di un pezzo di storia italiana. I tre hanno caratteristiche diverse – sornione e ambiziosissimo il primo, mellifluo e democristiano il secondo, divoratore e spaccone il terzo – ma un filo di continuità che li lega: la totale mancanza di una visione politica del futuro per una società come quella italiana. La loro azione è stata impregnata da una mediocrità politica che non ha eguali nella storia di questa martoriata Repubblica, tanto che possono ascrivere a loro stessi un successo formidabile: nessuno mai, prima di loro, era riuscito a creare uno iato così profondo tra politica e società civile, tra classi dirigenti e persone comuni.

Non che questo scollamento – delineato in maniera implacabile dai dati di partecipazione al voto alle ultime amministrative – non si avvertisse prima di loro, ma era in qualche modo compensato da una messa in scena, per così dire: un governo (di cosiddetto centrodestra o centrosinistra) e un’altra parte (l’opposizione), che faceva credere di dare battaglia per vincere la volta successiva. Una parvenza di mondo anglosassone, tutto sommato.

Ora, quella messa in scena non esiste più. Non perché – come dicono quasi tutti – si è passati da un sistema bipolare ad un sistema tripolare. Anche in altri Paesi ci sono tre o più poli in cui si divide l’elettorato e non accade nulla di strano o di complicato. L’elemento anomalo che si constata qui da noi è costituito dal consolidamento di una forza politica che non si afferma per caratteristiche proprie (il programma, la strategia, gli obiettivi…), ma come entità, nello stesso tempo, anti-sistema e prodotto diretto del sistema. E’ paradossale, ma è così. Se non ci fossero stati i cinque anni della mediana dell’inizio, il Movimento 5 Stelle non avrebbe avuto alcuna forza intrinseca per coagulare il consenso di cui ora gode in base ai sondaggi.

In caso di elezioni politiche, l’ultima rilevazione – quella di Demos, di Ilvo Diamanti –  attribuisce al M5S oltre il 32% dei voti validi. Circa 5 in più, rispetto alla precedente, condotta in aprile. Il Pd si attesta poco oltre il 30%. Dietro queste due forze politiche – dice Diamanti – c’è quasi il vuoto. Lega e Forza Italia non raggiungono il 12%: “Anche se si coalizzassero, ‘costretti’ dalle regole dell’Italicum, avrebbero poche possibilità (ad essere prudenti) di arrivare al ballottaggio. Gli altri partiti, tutti, arrivano a fatica al 5%”. Ma c’è di più: secondo il sondaggio, il M5S, in caso di ballottaggio, prevarrebbe di quasi 10 punti sul Pd (54,7 a 45,3). Mentre nel confronto con i Forza-leghisti non ci sarebbe storia. Quasi 20 punti di distacco!

Sono già delineati – insomma – i vincitori, non si sa per quanto tempo, di questa fase di vita politica italiana. Non per meriti loro – perché non ne hanno alcuno e sono, quel che più conta, una forza pericolosissima e destabilizzatrice, oltre che scandalosamente identica nei suoi comportamenti a coloro che dice di avversare, basta guardare alla vicenda della costituzione della giunta della Capitale – ma per i demeriti degli altri.

E’ evidente che in un contesto del genere, un Paese in agonia e abbandonato letteralmente a se stesso, si aggrappa a tutto: anche ai balli, ai canti e ai cotillon del redivivo Mastella, che celebra il suo ritorno in politica da Sindaco di Benevento e annuncia il suo nuovo movimento nazionale della Valle del Sannio. Avanti! Nell’Italia com’è ridotta, c’è posto per tutti.