di Danilo Quinto
Su queste colonne, un anno fa, scrivevo un articolo intitolato Il Suk di Piazza San Pietro [qui]. Descrivevo la situazione dell’area dentro e attorno alla Piazza di San Pietro, dove centinaia e centinaia di islamici, esibendo tesserini di riconoscimento e pettorine, fermano i turisti e i passanti per invogliarli a visitare la basilica o i Musei Vaticani. Insieme a loro, gravitano altri islamici, titolari di bancarelle che sostano nell’area antistante la piazza. Gruppi di altri islamici ancora, stazionano in numerosi punti della piazza e nella grande area circostante, senza nulla apparentemente fare. Islamici sono, infine, i titolari delle decine di negozi e bancarelle di frutta, verdura e generi alimentari e di ricordi di Roma nelle vie adiacenti.
Un anno fa, sembrava un suk. Oggi, è qualcosa di più. E’ una minaccia. Alla quale si deve porre riparo, checché ne pensino i buonisti ecumenici d’accatto che imperversano e molti degli ecclesiastici, che non si può escludere siano disposti ad aprire anche la Basilica di San Pietro alla profanazione delle recite del Corano.
Perché oggi questa presenza costituisce una minaccia?
Lo Stato Islamico l’ha dichiarato più volte – da anni – che il suo obiettivo vero è Roma e c’è da credere che questo proclama si realizzi, prima o poi, nonostante le rassicurazioni che vengono ostentate. C’è, quindi, da attendersi che anche a Roma, com’è accaduto a Parigi e in altre città francesi, a Bruxelles, a Monaco, a Copenaghen, guerriglieri islamici si facciano saltare in Italia o squartino le vittime senza dare loro il colpo di grazia – com’è avvenuto ai 103 ragazzi del Bataclan e ai 9 martiri italiani di Dacca, che nessuno più ricorda – o feriscano a colpi di machete i passanti per strada o sui treni o sgozzino i sacerdoti. Si continua a dire che queste azioni non appartengono alla religione islamica, che tutte le religioni sono uguali e che la violenza islamica non esiste o, se esiste, si deve parlare anche di quella cattolica. Si dice che chi così si esprime, vuole essere prudente ed evitare eventuali azioni di depressi violenti, come vengono chiamati. Prendiamo per buone – solo per un momento – queste affermazioni, che oltre ad essere di contenuto vile, hanno per noi, sia chiaro, l’intento di distruggere quello che resta del Cristianesimo. Anche chi ritiene che i jihadisti siano tutti depressi e se la volesse prendere con gli psichiatri che in tutt’Europa sbagliano nel prescrivere i dosaggi del prozac o di altri psicofarmaci, dovrebbe – per onestà intellettuale – convenire su alcuni punti. La certezza che le azioni dei depressi contano sul sostegno e sull’appoggio di una rete, costituita da una parte di coloro che sono in transito nel nostro Paese – profughi, secondo la vulgata ipocrita che viene propinata – dagli islamici di seconda generazione e anche da una parte di coloro che apparentemente sono innocui, ma poi si ritrovano con i depressi a pregare Allah nelle Moschee. Basta guardare a quello che accade nel resto d’Europa.
Se questo è vero, non si comprende come si possa consentire che il centro della Cristianità sia territorialmente occupato dagli islamici. Se ci fosse un Sindaco a Roma, se ne dovrebbe occupare, per le competenze che lo riguardano. Se ci fosse un Governo, anch’esso dovrebbe dare qualche risposta, perché l’occupazione riguarda il territorio dello Stato italiano.
Chi ingaggia gli islamici che lavorano nel territorio attorno a San Pietro? Perché li ingaggia? Quali soggetti li pagano? Sono clandestini o hanno un permesso di soggiorno e di lavoro? Sono tutti brava gente? Chi ha responsabilità di accertarlo, l’ha fatto? Perché sono loro a promuovere la visita ai Musei Vaticani o a San Pietro? Perché l’incarico – se di incarico si tratta – non viene dato a italiani? Da chi vengono autorizzate le bancarelle di islamici? Ci sono i permessi per occupare il suolo pubblico?
Sono alcune domande che qualche volenteroso consigliere – pardon, onorevole di Roma Capitale, così si fanno chiamare – o parlamentare, potrebbe rivolgere al Sindaco di Roma o al Ministro dell’Interno. Vacanze permettendo. Degli uni e degli altri.