MadreTeresa

 

Traduzione, con adattamenti, a cura della redazione; il testo è stato accorciato rispetto all’originale, perciò la numerazione delle note è discontinua. Fonti a fondo pagina [RS]

 

Fu un giorno di trionfo per il paganesimo e il card. Simon Lourdusamy [scomparso nel 2014, Ndr] raggiunse lo zenit nel suo percorso di “induizzazione” della Chiesa Cattolica. Era il 19 ottobre 2003 e di fronte ad un’audience televisiva mondiale di milioni di persone, Madre Teresa veniva “beatificata” durante una messa pontificia “induizzata” in piazza San Pietro. I semi di questo falso culto risalgono ben al 1969 e furono piantata dalla Conferenza Episcopale indiana e dal Presidente della sua commissione per la Liturgia, l’Arcivescovo Lourdusamy di Bangalore. La sovversione è stata denunciata nel libro di Victor Kulanday, “The Paganization of the Church in India”.1

In poche parole, in nome dell’inculturazione (ma con grande malizia), Lourdusamy incorporò nel Sacrificio della Messa 12 gesti e ritualità indù, ottenendo –  col pretesto di adattarsi alla modalità propria degli Indiani di esprimere il proprio culto e la propria riverenza verso Dio – in soli dieci giorni l’approvazione del Vaticano. Già nel 1963 la Sacrosanctum Concilium (n. 37-40) aveva approvato le liturgie inculturate, ma la Messa Tridentina era a prova di “paganizzazione”, mercé la lingua latina, baluardo – secondo le parole di Pio XII – contro la corruzione della retta dottrina.2  L’inculturazione si basa invece sull’adozione di un linguaggio proprio di una certa cultura. Così, il 3 aprile 1969 Paolo VI, incurante delle precedenti condanne magisteriali della Messa “vernacolare”3, promulgò il Novus Ordo. Dodici giorni più tardi, l’Arciv. Lourdusamy celebrò personalmente la “Messa” induizzata, completa di mantra e di rituali idolatrci, a “beneficio” di molti curiali vaticani (Annibale Bugnini incluso). Fu poi Bugnini, segretario del Consilium, ad approvare illegalmente i “dodici punti” di cui sopra, il 25 aprile. Il Consilium, organo consultivo, non aveva infatti il potere di approvare simili riforme, potere che invece spettava alla Congregazione dei Riti. 4

Una teologia dell’inculturazione

L’induizzazione si espanse rapidamente coinvolgendo tutti gli aspetti della Chiesa indiana: la sua teologia, la sua spiritualità, la sua morale. Kulanday nella sua opera descrive l’indottrinamento praticato su preti, laici e religiosi ad opera di Lourdusamy e del suo confratello Amalorpadavass […], nonché dei loro discepoli. Insegnarono che Cristo, benché nascosto, era già presente nell’Induismo. 6

Victor Kulanday e la moglie Daisy fondarono un giornale e il Congresso dei laici indiani per difendere la fede e denunciare la paganizzazione, proseguendo la loro azione per quasi vent’anni. Una petizione firmata da più di settemila cattolici fu ignorata dalla Conferenza Episcopale, così una delegazione del Congresso – corredata di documentazione sulla natura pagana dei “dodici punti”, sull’illegalità della loro approvazione, e addirittura sull’esodo di molti cattolici disgustati verso l’apostasia e il pentecostalismo (!) – si recò a Roma presso Giovanni Paolo II, nel 1984, per chiedere di fermare la degenerazione. Ma Roma non fece nulla, nonostante l’importanza del personaggio pubblico di Kulanday, che più volte aveva rappresentato la S. Sede in appuntamenti internazionali. 7

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Come risposta, si può dire, Giovanni Paolo II creò Lourdusamy cardinale (1985) e lo nominò Prefetto della Congregazione per le Chiese orientali. Ma Kulanday conservava la fiducia che il novello cardinale e i suoi alleati non avrebbero potuto ingannare Roma per sempre. 8 Ad ogni modo, l’induizzazione e il sincretismo riscuotevano crescente consenso, grazie anche alla Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia, fondata nel 1970 da Paolo VI e sostenuta da Giovanni Paolo II. Lourdusamy stesso notò che le pubblicazioni degli atti dei numerosi seminari tenuti dalla Federazione ebbero considerevole influenza sul pensiero delle altre Conferenze episcopali (non asiatiche). L’obiettivo dichiarato della Federazione è infatti l’inculturazione, e – sullo sfondo – la formazione di chiese nazionali indipendenti da Roma. La teologia dell’inculturazione ivi sviluppata è radicata nell’eresia della salvezza universale: afferma che per realizzare l’inculturazione si debbano adottare i riti dei culti indigeni, eufemisticamente “le espressioni popolari di fede e di pietà”, perché i “semi del Vangelo vi sono stati piantati prima dell’evangelizzazione”. Se la Chiesa deve essere “segno” (non mezzo? NdA) di salvezza, dev’essere locale, perché comunicherà l’amore salvifico di Dio solo quando cesserà di essere strutturata, governata e rappresentata in modi e con simboli “stranieri”. 9

La carriera successiva di Lourdusamy in molteplici congregazioni e corpi curiali gli consentì di diffondere ulteriormente le proprie idee. Al Sinodo dei Vescovi asiatici, di fronte al Papa egli affermò che l’inculturazione doveva partire “dalle radici e non dai rami”, che la Chiesa in Asia doveva ascoltare quello che lo Spirito Santo diceva attraverso “fedi diverse dal Cristianesimo, dove i semi della Parola giacciono nascosti”. La Chiesa asiatica doveva, insomma, “permettere a Cristo di rinascere e di rivelare il Suo Volto asiatico”… 10

Il nostro uomo in Vaticano

Ma perché i riti pagani, incorporati nella Messa, siano accettati da tutta la Chiesa, è richiesto un “imprimatur” papale, e per ottenerlo è opportuno avere “un uomo in Vaticano”: e gli induizzatori lo trovarono nell’Arciv. Piero Marini, Cerimoniere pontificio dal 1987 [al 2007, NdR]. Fu segretario personale di Bugnini e suo pupillo, e questo già apparve una buona credenziale. 11 Pare addirittura che Bugnini abbia reclutato Marini da un seminario di provincia, per fargli proseguire gli studi all’Istituto Liturgico S. Anselmo a Roma. Subito dopo l’ordinazione (1965), Marini entrò in Curia e fu attivamente coinvolto nell’implementazione della rivoluzione liturgica vaticansecondista. 12

E’ Marini il responsabile delle Messe pontificie “creative”; non sembra accorgersi che la Messa è il Santo Sacrificio del Calvario, la vede piuttosto come una celebrazione pianificata per ottenere determinati obiettivi, come una recitazione su un palcoscenico, come uno “spettacolo”. 13 I mass media hanno purtoppo proposto le Messe di Marini ad una platea amplissima, che nessun altro liturgista al mondo ha avuto, e questo gli ha dato un potere enorme per plasmare l’idea generale di che cosa sia il culto cattolico. 14 Del resto Giovanni Paolo II sembrò apprezzare Marini, consacrandolo Vescovo nel 1998 e Arciverscovo nel 2003.

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Marini ovviamente apprezza l’inculturazione e ne ringrazia il Concilio e i viaggi del Papa. Secondo lui, le danze indigene esprimono il carattere universale delle liturgie pontificie e auspica pertanto un’introduzione della danza “liturgica” all’interno della Messa. 15 La Sacra Congregazione per il Culto, però, aveva sancito – prefetto Bugnini! – nel 1975 che la danza non era mai stata parte essenziale della liturgia cattolica romana, e se Chiese locali le avevano introdotte si era trattato di occasioni particolari, in cui la danza esprimeva giubilo e devozione, sempre però al di fuori delle “azioni liturgiche”. 16 Concludeva affermando che portare la danza nella liturgia avrebbe comportato una radicale desacralizzazione e introdotto un’atmosfera profana. 17 Ma diverse Messe pontificie hanno previsto la danza, con ciò conferendo un implicito imprimatur alla suddetta profanità, liquidata col pretesto della “espressione di gioia” propria di una certa cultura o di una certa religione. 18

Prove generali

Le prove generali per la beatificazione di Madre Teresa si sono svolte nel novembre 1999, alla Messa papale a Nuova Delhi: persino i quotidiani laici riportarono che l’evento fu ricco di simbolismi indù (non indiani! NdA) e previde alcuni rituali tradizionali. Con approvazione pontificia, podio, altare, decori, vesti, liturgia e discorsi rimandavano a Diwali, il “festival delle luci” indù che allora ricorreva. 19 Furono tracciati paralleli tra la Luce del mondo che è Cristo e queste luci pagane, legate a Lakshmi, dea della ricchezza. 20 Oltre alla ricchezza materiale, questa (falsa) divinità porta anche la luce e la ricchezza spirituale dell’illuminazione, della conoscenza e della coscienza interiore. Gli indù adorano questa forma di conoscenza come il “dio interiore”, il “dio supremo”, la più alta forma di ricchezza. 21 E così, anche la Messa papale iniziò con l’accensione di una lampada ad olio. Superfluo dire che accostare Cristo ad un’idolatria in cui i libri contabili sono oggetto di culto e le mucche sono adorate come reincarnazioni di Lakshmi 23 è blasfemo e aderisce all’eresia panteistica condannata dal Beato Pio IX. 24 Ma secondo Marini, la festa di Diwali servirebbe a ringraziare Dio (quale??) per le sue benedizioni. 25 Durante il Canone, al momento della Dossologia, alcune donne (suore?) svolsero un rituale arati, con incenso, petali di fiori, un braciere di canfora (simbolo del ciclo purificatore di reincarnazioni) e il suono di una campana, che doveva produrre il suono “om”, il “nome universale di dio”28, parola legata in realtà a Krishna (e al suo background di sesso e magia nera) e già vietata nel 1980 dal precedente prefetto della Congregazione per le Chiese orientali in quanto inequivocabilmente legata ai culti indù. 29

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Questi riti li rivedemmo alla Messa di beatificazione per Madre Teresa, dove il card. Lourdusamy concelebrava con Giovanni Paolo II. La nonchalance dei commentatori televisivi, anestetizzati di fronte alle novità liturgiche, tranquillizzò i telespettatori inducendoli ad accettare la paganizzazione dei riti dietro lo schermo di un “simpatico” approccio inculturante. 30 […] Vi fu una processione di “doni” (non si sa bene destinati a chi), come fiori, lampade di terracotta, lampade di vetro, di fronte ad una grande icona a forma di cuore, contenente un’ampolla di sangue della “beata”. Agli occhi di un indù sarebbe apparso, non senza ragione, che si rendesse culto a Madre Teresa o al suo sangue, considerat anche la tendenza di alcuni indù a considerarla una dea, magari accostabile a Kali, che rappresenta la “compassione”. 33

Nella parte più solenne della Messa – il Canone – il fedele contempla Gesù crocifisso e le preghiere della Messa tridentina sono recitate dal sacerdote in silenzio, a commemorare le terribili ore di Passione nelle quali Cristo agonizzò sopportando in silenzio le ingiurie e le blasfemie dei Giudei. In Delhi, dovette sopportare anche un blasfemo rituale indù “travestito” da atto liturgico, durante il quale, mentre le Sacre Specie venivano esposte, un gruppo di donne teneva un rituale arati con vassoi coperti di petali di fiori, bracieri o incenso, canti Tamil, applausi e grida di gioia. 36 Il rituale arati è tipico dei templi indù: il fedele che lo compie diventa divino e sfugge al ciclo di reincarnazioni. 37 38 39

Un missionario del XIX secolo, l’abbé Dubois, che trascorse trent’anni nel sud dell’India, scrisse un notissimo libro: Hindu Manners, Customs and Ceremonies. Come S. Tommaso Apostolo e Francesco Saverio, l’abbé Dubois non trovò alcun seme del Verbo nascosto nell’induismo, anzi, trovò che gli indù superassero ogni altra religione per la depravazione di cui erano impregnati molti dei loro riti, musica inclusa. 40 E’ molto dettagliato anche nel riferire che cosa un arati sia: un rito tipicamente idolatrico, fatto per placare l’ira divina e scacciare il malocchio. I piatti con fiori e luci “assorbono” il potere divino, diventando idoli essi stessi. 42 43

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Fratellanza universale

[…] Il triplo arati costituisce l’ultimo dei 12 punti citati più sopra 46. E’ pertanto fuorviante affermare che l’arati sia un tipico modo indiano di rendere culto, perché gli indiani cattolici non l’hanno mai fatto, né aratipuja. Queste cerimonie furono loro imposte nel ’69. Così, oggi, tutto il mondo crede che abbiano sempre fatto parte della liturgia.
Può una simile cerimonia sincretistica costituire una valida beatificazione? Ogni idolatria è un culto reso a Satana. Cristo è morto in Croce per redimere l’umanità anche dalla dannazione dovuta per un simile abominio, e sia a Delhi sia a Roma è stato costretto ad assistere ancora una volta all’adorazione della luce della conoscenza, con l’uomo che autoafferma la propria divinità. Un culto a Lucifero, mescolato nel mezzo di una Messa pontificia.

[…] Nel 1988, Kulanday metteva in guardia dalla “follia” paganizzatrice, che avrebbe condotto ad un XXI secolo dominato da un Cristianesimo ibrido e agonizzante, senza un intervento rapido e deciso da parte della S. Sede 50. Non visse abbastanza per vedere l’abominio di una Messa papale induizzata, un autentico “imprimatur” in quanto, secondo le parole stesse di Monsignor Marini, la liturgia condotta dal Papa ha sempre costituito un punto di riferimento per l’intera Chiesa.51

L’obiettivo del sincretismo è la fratellanza universale del luciferino, massonico Nuovo Ordine Mondiale. E non a caso, una delle intenzioni espresse nella “preghiera dei fedeli” della Messa di beatificazione era: “Signore, favorisci una fratellanza universale, la promozione delle culture, il dialogo interreligioso. Per questo noi ti preghiamo”.

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1. 2° ed., San Thome, Madras, 1988.
2. Mediator Dei, 1947, no. 62.
3. Pio VI, Auctorem Fidei, 1794, in Denziger n. 1566. Cfr. anche n. 1533 e 956.
4. Kulanday, pp. 16-21, 23, 37-38, 66.
[…]
6. Kulanday, passim.
7. Ibid., pp. 156-73.
8. Ibid., p. 237.
9. Father Stephen Bevans, SVD, “Twenty-Five Years of Inculturation in Asia: The Federation of Asian Bishops’ Conferences, 1970-1995,” FABC Paper n. 78, Part II, ucanews.com, 22 novembre 2003.
10. “Speeches in the Synod Hall,” 21 aprile 1998, zenit.org.
11. John L. Allen, Jr., “The Papal Liturgist,” nationalcatholicreporter.org, 20 June 2003.
12. Crista Kramer von Reisswitz, “The Perfectionist,” aprile 1998, p. 54.
13. La Civiltà Cattolica, citata da Sandro Magister, “Nuove liturgie. A monsignor Marini non piace la tv,” www. chiesa.espressonline.it, 29 novembre 2003.
14. Allen, ibid.
15. Ibid.; “Pope’s Chief Liturgist Defends Use of Dance in Papal Masses,” catholicnews.com, 16 October 2003.
16. When was there dancing in churches? It would seem these first three sentences were inserted to be used in the future by inculturators.
17. Notitiae, giugno-luglio 1975, p. 202.
18. Cf. Allen, ibid.
19. “Pope Defends Conversions in India,” (BBC), uga.edu/bahai/News, 7 novembre 1999; Pamela Constable, “Pope’s India Visit Ends on Note of Unity” (Washington Post), ibid., 8 novembre 1999.
20. Smeeta Mishra Pandey & Sunetra Choudhury, “ Pope Prays for Peace as Piety Takes Centrestage,” indianexpress.com, 7 novembre 1999; “Indian Elements in Holy Mass,” tribuneindia.com, 2 novembre 1999; Constable, ibid.; Piero Marini, “Pastoral Visit of His Holiness Pope John Paul II to New Delhi,” search.vatican.va, 5 novembre 1999.
21. “All About Hindu Rituals,” saranam.com, 15 novembre 2003; “Deepavali,” hinduism.co.za, 22 novembre 2003.
23. “About Diwali,” diwali.indiangiftsportal.com; “History of Diwali,” indiaexpress.com; Sakshi, “Diwali — A Festival of Lights,” issuesmag.com; “Diwali,” www.3kumc.edu.
24. Syllabus, 1864, n. 1.
25. Marini, ibid.
28. “Hindu Symbols,” hindutrac.org.au, 14 novembre 2003; “All About Hindu Rituals.”
29. Abbé J. A. Dubois, Hindu Manners, Customs and Ceremonies, 3d ed., (Oxford: Oxford University Press, 1906), pp. 533, 616-17; Kulanday, pp. 68-72.
30. Pascendi, 1907, n. 49.
33. Paul McKenna, “Mother Teresa was an Ecumenical Catalyst,” The Catholic Register (Toronto), 8 dicembre 1997, p. 5; “News of Women,” The Globe and Mail (Toronto), 18 agosto 1997, p. A26.
36. “Pope Beatifies Mother Teresa in Front of 300,000,” 19 ottobre 2003.
37. “Kamat’s Potpourri,” kamat.org, e “Arati,” anekant.org, 14 novembre 2003.
38. “Hindu Symbols.”
39. “All About Hindu Rituals.”
40. Dubois, pp. 288, 589.
42. Ibid., p. 149; Kulanday, pp. 32-33, 35-36, 164. Gli indù adorano tutto ciò che è utile o dannoso, sia esso concreto o astratto, vivente o inanimato: cf. Dubois, p. 548.
43. Dubois, pp. 148-49, 584-88; Walker, p. 609; “Arati,” gurjari.net, 14 novembre 2003.
46. Ibid., p. 23.
50. Ibid., p. 143.
51. Allen, ibid.

 

Fonti: sspxasia.com e Catholic Family News, 2004