
Cielo di Madeira, Portogallo. (Mercury Press/Caters/Ipa)
Riproduciamo per i nostri lettori il Capo II del Libro III del volume del teologo e mistico tedesco M. J. Scheeben intitolato “LE MERAVIGLIE DELLA GRAZIA DIVINA”. Il testo è stato tradotto e pubblicato in Italia nel 1943 per i tipi della SEI. Sottolineature e grassettature nostre [RS]
1. La prima operazione del lume della grazia è di far cessare l’orribile notte del peccato mortale quando la grazia stessa è infusa nell’anima per mezzo dell’assoluzione (1). La grazia non è soltanto inesauribile in beni ed in benedizioni celesti, essa è altresì forte e potente per espellere il male, e perciò l’anima armata della grazia viene comparata nella Cantica ad un esercito schierato in battaglia, alla cavalleria dei Faraoni (Ct 1, 8; 6, 1-9).
2. I rimedi ai mali del corpo non hanno il loro valore dalla preziosità della loro sostanza, non dal loro profumo, sapore o leggiadria esteriore – poiché spesso sono, al contrario, aspri, amari e di cattivo odore – ma piuttosto dalla loro interna virtù sanatrice. Vengono perciò estratti dalle viscere della terra e del mare e ricercati fin nei più remoti angoli del mondo. Le medicine della grazia sono invece doppiamente preziose. Il primo pregio di questi rimedi si è che con essi non abbiamo bisogno di vincere la naturale ripugnanza che genera il frequente uso di essi, ma questi riescono al contrario sommamente gustosi e piacevoli ad usarsi. Di più le medicine della grazia contengono una forza celeste ed una tale prodigiosa virtù sanatrice che vince la morte ed ogni malattia dell’anima, che elimina perfino il più gran male – il solo che veramente meriti questo nome – quel male che niuna altra potenza in cielo e in terra può levare.
3. Qui è il caso di gridare agli uomini insieme al Salmista: “Intendetela, voi uomini stupidi, e voi stolti; fate una volta senno!” (Sal 93, 8). La vostra sensualità, la vostra ira, la vostra cupidigia v’ingannano perché vi suggeriscono ciò che è contrario alla voce dello Spirito Santo e vi dicono che la povertà, le malattie, i dolori, gli oltraggi e la stessa morte, insomma tutti i dolori – fatta eccezione l’offesa di Dio – sono veri mali. Solo il peccato è il vero male. Solo il peccato non può esser buono mentre tutto il resto può esser buono per noi e tornare di gloria a Dio. Il peccato non può essere prodotto da Dio poiché: Egli lo odia, ed ama invece ed apprezza tutto il resto e lo dà a noi come un prezioso benefizio della sua mano. Il Figlio di Dio – che senza dubbio sapeva ben distinguere il vero bene ed il vero male – quando venne in questo mondo per togliere il male e donare a noi il bene, tutto prese su di sé, ogni dolore ed ogni obbrobrio, in tutto si fece simile a noi, ad eccezione del peccato. Questo solo Egli aborrì con tutta l’anima, e per annientarlo non esitò ad offrire la sua vita ed il suo sangue, e volle sopportare qualunque altro male per scacciarlo da noi. Non vogliamo con questo in alcun modo rincrescere a coloro che soffrono. Noi diamo loro pienamente ragione quando dicono che ciò che ci toglie la vita o ci strappa altri beni terreni è un male assai doloroso. Però il peccato resta pur sempre il sommo male (1) o, a meglio dire, l’unico vero male tra tutti i mali, quello che veramente merita il nome di male senza alcuna restrizione (2) È l’unico male che non sia venuto dalla mano di Dio (3). Esso ci priva in eterno del sommo ed infinito bene che è Dio stesso. È quindi qualcosa di mostruoso, di orribile, di spaventoso, di fronte al quale tutti gli altri mali retrocedono. Il peccato è inoltre la sorgente di tutti gli altri mali che hanno ricoperto e ricopriranno la terra di miserie. Tutte le Stragi sanguinose in cui milioni di uomini sono stati uccisi, tutte le pestilenze che hanno spopolato i paesi intieri, in breve ciò che il mondo ha dovuto soffrire di affanni e di disgrazie dopo la caduta di Adamo, ciò che noi stessi proviamo dolorosamente o vediamo ed ascoltiamo con raccapriccio, tutto non è altro che il frutto orribile del peccato. Poiché una sola goccia crudele di questo velenoso peccato ha avvelenato e sparso l’infezione in tutto il genere umano (4).
4. E contro questo terribile veleno non vi è altro rimedio che il Sangue dell’Uomo-Dio (5), la cui forza ed il cui frutto è la grazia divina; poiché un male infinito esige un contrapposto d’infinita forza ed efficacia. Noi dobbiamo bere come medicina il Sangue di Cristo, ed in questo prezioso Sangue mondare la nostra lebbra. Ciò non può avvenire però se noi non accogliamo in noi il torrente della grazia che è scaturito dal costato di Cristo per essere lavati dai nostri peccati e per ricevere da esso nuova vita.
5. Non appena però abbiamo ricevuto la grazia, noi, da nemici che eravamo, torniamo ad essere figli di Dio. I figli possono presentarsi con fiducia avanti il suo cospetto e scongiurare il suo giusto corruccio. Poiché ci siamo rivestiti di Cristo stesso, e nella sua giustizia e vera santità incontriamo le compiacenze del Padre celeste. Come Dio non può odiare il suo Unigenito Figlio, così non può odiare coloro che per la grazia sono divenuti suoi membri viventi e che portano in sé la sua immagine. Un uomo può odiare suo figlio rinfacciandogli continuamente la colpa da lui commessa, ma non per questo il colpevole cessa di essere suo figlio. Dio però non può odiare i suoi figli perché essi gli sono al tempo stesso amici e spose, perché Egli rimira se stesso in loro e perché li ha ammessi all’unione con Lui.
6. Il gran male del peccato consiste in due cose che si racchiudono l’una nell’altra: l’uomo ritira il suo amore da Dio e Dio ritira il suo dall’uomo, per la qual cosa si spalanca tra i due un abisso spaventoso, senza fondo. Al contrario la potenza meravigliosa della grazia nella estirpazione di questo male consiste nell’appianare questo doppio abisso, unendo di nuovo l’uomo a Dio e Dio all’uomo. L’uomo non può con le sole sue forze cambiare la sua cattiva volontà al punto da sollevarsi di nuovo a Dio, ed abbracciarlo con amore soprannaturale di figlio. Solo la grazia compie tutto questo. Essa versa nel nostro cuore l’amore soprannaturale dello Spirito Santo per il quale noi ci attacchiamo di nuovo a Dio, e fa scendere in pari tempo su di noi tutto l’amore del Padre celeste, cosicché Egli dimentica i nostri peccati e riguarda l’anima nostra come sua amica e sposa. Oh, quanto è dunque meravigliosa la forza della grazia poiché essa, come medicina celeste, distrugge quel male contro il quale niente potevano le potenze create del cielo e della terra ed a cui solo l’Uomo-Dio e la divina onnipotenza potevano porvi rimedio!
7. Ma resteremo ancora più meravigliati osservando il modo con cui la grazia compie l’opera sua. La grazia, non solo è forte abbastanza da sanare una malattia, ma non bada affatto al numero ed alla gravezza dei mali. Dato anche che un solo uomo fosse reo di tutti i peccati e i delitti che si sono commessi nel mondo, dal fratricidio di Caino sino alla ribellione diabolica dell’Anticristo alla fine del mondo, pure per mezzo dei raggi penetranti della grazia santificante che entrassero in questo individuo, tutto il male sparirebbe, poiché il minimo grado della santità divina contenuta nella grazia è capace di sopraffare la più grande perversità. Di qui ne viene che nella guarigione dell’anima nostra la grazia non lascia in questa la minima vestigia del peccato mortale. Essa non sempre distrugge anche l’inclinazione al peccato, la quale proviene dalla nostra naturale corruzione o da cattive abitudini contratto precedentemente; ma però essa porta via dall’anima tutto ciò che è veramente cattivo e degno di eterna riprovazione. L’Apostolo (Rm 8, 1) ci dice: “Nessuna condanna vi è dunque per quelli che (per la grazia) sono in Gesù Cristo”. Ed il santo Concilio di Trento insegna che Dio nei rigenerati non ha più alcun odio (2). Se anche i nostri peccati fossero come lo scarlatto essi diverranno – come ci assicura il Signore per mezzo del suo profeta – bianchi come neve; e se fossero rossi come porpora diverranno come candida lana (Is 1, 18). Lo stesso pensiero viene espresso anche più chiaramente da un altro profeta il quale ci promette che Dio getterà nel profondo del mare tutti i nostri peccati (Mi 7, 19) dimodochè anche se noi peccassimo di nuovo e molte volte, quei peccati non potrebbero più ritornare a galla essendo stati già sanati dalla medicina della grazia (5). Ancor più meraviglioso è il fatto che la grazia ci risana dai nostri peccati in un istante, senza fatica, senza indugio, anche se quelli sono gravissimi e senza numero. Non vi è bisogno di lottare a lungo con essi; il principio della lotta ne segna al tempo stesso la fine vittoriosa; la grazia non ha che a venire a comandare, come Dio nel giorno della creazione: “Luce sia”, ed all’istante si fa luce, e la notte del peccato si dilegua. Non appena David ebbe confessato il suo peccato, sentì dirsi che gli era stato rimesso; non appena egli rimproverò a se stesso la sua ingiustizia, vide la sua perversità già perdonata, e Dio riconciliato di nuovo con lui.
8. Una guarigione così rapida e perfetta nel mondo visibile viene chiamata miracolo. Dovremo dunque ammirare meno il trionfo della grazia sopra il nemico più potente e formidabile, che niuna altra potenza può atterrare, solo perché tale trionfo è a noi invisibile? E dovremo pure far poco conto di queste guarigioni meravigliose solo perché non sono come quei miracoli che accadono in via eccezionale, ma sono prodigi che la divina misericordia ripete milioni e migliaia di volte?
9. Quell’ammonimento fatto dal Salvatore a quell’infermo da Lui guarito, di guardarsi cioè dal peccato affinché non gli venissero addosso malanni maggiori (Gv 5, 14), ci sembra quasi direi superfluo. Poiché per evitare una infermità l’uomo fa senz’altro tutto quello che sta in suo potere. Ma quale non dovrebbe essere la nostra vergogna al pensiero di quanto siamo capaci di fare e di soffrire per allontanare da noi le malattie del corpo! La nostra attività e le nostre sofferenze a questo scopo non stanno certo al di sotto delle austerità di un fervoroso penitente. Se un malato vuol bere, gli viene proibito, vorrebbe mangiare, gli fa d’uopo aspettare. Il dottore vuole aprirgli una vena, oppure tagliare o bruciare una ferita, l’ammalato gli lascia pazientemente il suo membro e tutto il suo corpo. Non si alza da letto, non va fuori di casa, non fa niente senza il permesso del medico, se ne sta rinchiuso e solitario, si priva dei divertimenti a lui più cari, sacrifica beni e danaro, e tutto questo solo per una speranza incerta e spesso illusoria della salute del corpo, salute che, anche dato che ritorni, ben presto svanisce di nuovo. Ma ciò che si ricerca con tanta negligenza e si apprezza così poco e la grazia, quell’unico e facile mezzo di salute per le malattie mortali dell’anima; la grazia che libera l’anima e il corpo dalla morte eterna, la grazia che ci fa rinascere con infallibile sicurezza alla vita eterna! Oh, mente umana come sei acuta per le cose indifferenti e di nessun valore e sei poi tanto cieca per quelle che sono per te di sommo valore! Consideriamo un poco quale grazia segnalata ci fa Iddio col perdonarci i peccati, affinché ci guardiamo con più diligenza dalle ricadute pensando al sacrificio e all’espiazione che ha offerto per noi il Divin Salvatore, ed alla bontà colla quale il Padre celeste li ha accolti in sostituzione per la nostra insolvibilità. E riflettiamo inoltre che anche noi abbiamo il dovere – secondo la misura delle nostre deboli forze – di guarire dalle conseguenze delle malattie delle nostre anime, o almeno di privarci di qualcosa e di astenerci da altre, come ognora siamo pronti a farlo per ridonare le forze al nostro corpo indebolito. Già l’amore ragionevole che dobbiamo a noi stessi deve insegnarci che senza penitenza e senza il rinnegamento di noi stessi non potremo mai godere perfetta salute. Anche il far questo ci resta difficile; tutto però ci verrà facilitato e addolcito dall’amore di Dio, da quell’amore che faceva esclamare all’Apostolo: “Io mi rallegro nelle mie sofferenze e completo nella mia carne ciò che manca ancora ai dolori di Cristo”.
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