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di Danilo Quinto

Ho ascoltato l’altra sera, in televisione – non ricordo quale canale fosse – un’intervista ad un operaio della Sulcis in cassa integrazione da molti anni. Sopravvive, con la moglie e due figlie, con 400 euro al mese. La dignità e la pacatezza delle parole usate da quest’uomo, rendevano commovente il suo dire. Quasi struggente.

Non è un caso – il caso non esiste, lo sappiamo – che la storia di quest’uomo e il dramma degli operai della Sulcis siano emersi nelle stesse ore in cui il Governo americano, attraverso il suo ambasciatore Usa a Roma, John R. Phillips, ha lanciato il suo endorsement a favore del Sì al referendum sulle riforme, al quale fa seguito quello dell’agenzia di rating Fitch.

E’ la conferma del fatto – se qualcuno avesse bisogno ancora di conferme – che il Governo Renzi, resta al comando per esclusiva volontà dei poteri forti internazionali. Per l’ambasciatore degli Stati Uniti, la vittoria del Sì sarebbe una grande speranza per l’Italia, perché “molte grandi imprese Usa guardano con grande interesse al referendum, per capire quale sarà il contesto italiano per il loro investimenti”. Per l’agenzia di rating, che ha parlato con la voce del responsabile rating sovrani per l’Europa e il Medio Oriente, Edward Parker, “Se ci fosse un voto ‘no’, lo vedremmo come uno shock negativo per l’economia e il credito italiano”.

Non è tanto l’ingerenza inaccettabile e il mandare in frantumi il diritto della sovranità nazionale, che desta meraviglia – siamo da anni, come entità statuale, al servizio di giochi che si decidono al di fuori del nostro alveo territoriale – quanto il preannuncio di una grande speculazione finanziaria internazionale contro l’Italia nel caso in cui vincessero i No. Con il paradosso che già sappiamo – ove quest’ipotesi si realizzasse – che Renzi non si dimetterebbe, perché ha già dichiarato che il suo mandato, peraltro mai sancito da un voto popolare, finirà a scadenza naturale, a prescindere dall’esito del referendum. Non cambierebbe nulla, insomma, mentre da almeno un anno si è fatto credere – su scala planetaria – che dall’esito di questo voto dipende il destino di un paese.

Da un anno – appunto – la giostra referendaria ha creato un dibattito sul nulla, perché non ha nulla di riformatore, ma solo di conservazione del potere. Una mistificazione che non ha precedenti nella storia del nostro paese. Alla quale partecipano anche gli apparenti oppositori di Renzi – quel che rimane del centrodestra, il Movimento 5 Stelle, la minoranza del Partito Democratico e altri – che non incalzano il potere renziano proponendo vere ipotesi di riforme. Si limitano a schiamazzare. Come le oche del Campidoglio del tempo che fu.

Restano sullo sfondo – e che sfondo – i drammi come quelli descritti all’inizio, che sono molto più estesi di quanto si creda, perché riguardano milioni di famiglie. Quell’operaio diceva che le sue figlie si accontentano di poco e mentre lo diceva versava lacrime copiose. Mi limito a dire – con il rischio voluto di essere considerato uno che s’indigna, cosa che va poco di moda – che una società che lascia in questa situazione i suoi figli, è una società già morta.