Riproduciamo per i nostri lettori il Capo VI del Libro III del volume del teologo e mistico tedesco M. J. Scheeben intitolato “LE MERAVIGLIE DELLA GRAZIA DIVINA”. Il testo è stato tradotto e pubblicato in Italia nel 1943 per i tipi della SEI. Sottolineature e grassettature nostre [RS]
1. La terza, la più eccelsa delle tre virtù teologali, è la carità verso Dio e verso il prossimo. “Ora soltanto”, ci dice l’Apostolo (1Cor 13, 13) “queste tre cose perdurano, fede, speranza e amore, ma la più grande di tutte è la carità”. Essa è la più grande perché completa la fede e la speranza. Per la fede noi conosciamo il sommo Bene solo da lontano, per la carità possiamo abbracciarlo; per essa noi veniamo ad unirci già fino da questa terra a Colui che speriamo godere un giorno nel cielo. La fede e la speranza possono esser morte, poiché esse possono sussistere in noi senza unirci a Dio con un vincolo vivificante e perfetto (2). La carità non può esser morta poiché essa è la stessa vita. Perciò la fede e la speranza non acquistano vita se ad esse non si unisce la carità (3). Noi possiamo avere la fede e la speranza dei figli di Dio senza esse e tali, cioè senza possedere la grazia santificante (4). La carità è però indivisibile (5) dalla fede, dalla speranza e dalla grazia santificante (6), perché non possiamo amare il nostro Padre senza essere figli di Dio e senza che Egli abbassi il suo sguardo paterno sopra di noi. Quando Dio ci dona la fede e la speranza non viene Egli stesso a portarci tali doni, ma ce li invia in precedenza perché gli prepariamo un’abitazione degna di Lui. Ma quando la carità viene infusa in noi, ci viene dato lo stesso Spirito Santo, poiché Egli viene allora per la grazia a dimorare in noi.
2. L’amore soprannaturale è un dono grande quanto la stessa grazia, anzi, secondo l’opinione di S. Agostino, quanto lo Spirito Santo che a noi vien dato per essa ed in essa (1). Come Dio si unisce all’anima nostra in maniera soprannaturale e inesprimibile, così noi ci uniamo a Dio in modo soprannaturale e misterioso e completiamo quel circolo meraviglioso che avvince Dio e la sua creatura e fa di ambedue un solo spirito; o quello splendido anello che è una riproduzione di quell’anello divino che unisce Dio Padre al Figlio Unigenito ed il Figlio al Padre e allo Spirito Santo. Come l’Eterno Padre produce dalla sua Persona, con ineffabile carità, il Figlio del suo amore, lo splendore della sua gloria; così il Figlio con la stessa infinita carità aderisce al Padre e ritorna in Lui, ed ambedue in quest’amore spirano lo Spirito Santo come loro vincolo reciproco: così Dio Padre rivolge anche verso di noi – per mezzo della grazia – quell’amore ch’gli porta al Figlio suo, mentre Egli ci fa partecipi alla sua natura divina. Così noi pure ci stringiamo al nostro Padre celeste per mezzo dell’amore filiale, e ritorniamo a Lui come da Lui siamo venuti. E quello Spirito Santo che esce dal Padre e dal Figlio diviene pure il legame ed il sigillo della nostra unione con Dio.
3. E tu, o cristiano, potrai meglio intendere tale argomento se vai meditando, da un lato la natura della grazia, dall’altro il rapporto che passa tra la grazia e la carità. Per la grazia Dio si accosta a noi con tutta la bontà e la santità del suo essere. Perciò deve la grazia pervadere l’anima nostra di un magnetismo divino che la spinga in modo soprannaturale verso Dio, e la immerga tutta in Lui. Per la grazia noi partecipiamo alla natura divina e, come siamo chiamati a conoscere Dio come Egli conosce se stesso, così dobbiamo esser resi idonei anche ad amarlo come Egli ama se stesso. Come la grazia è una partecipazione alla natura divina, così anche la carità, che parte da essa, è una partecipazione della stessa divina carità. Per questo alcuni teologi hanno creduto che la carità, come virtù, non sia diversa da Dio, ma che essa sia piuttosto la stessa persona dello Spirito Santo. Però non è così (1). L’amore creato è piuttosto qualcosa che, secondo l’espressione dell’Apostolo, viene riversata nel nostro cuore per mezzo dell’amore increato, vale a dire dello Spirito Santo (Rm 5, 5). Esso è una vampa infuocata che espande nell’anima nostra il suo sacro fuoco, è un’immagine di quell’amore divino dal quale esso stesso procede, in simile guisa come la visione immediata di Dio in cielo è una partecipazione alla cognizione divina dalla quale scaturisce il Verbo eterno. Appunto per questo la carità sta così strettamente connessa con la intima vita di Dio tanto che S. Agostino (3) ha potuto dire di essa che se ci fosse donata, ci sarebbe dato Dio stesso.
4. Questa carità è divina:, non solo perché ha Dio per oggetto e perché ci unisce a Dio, ma perché per essa noi amiamo Dio come Egli può amare se stesso in forza della sua natura divina. L’amore che Dio porta a se stesso è un amore santo, perché esso riguarda il sommo e purissimo Bene. Questo amore lo ama come Egli merita di essere amato. In breve, se tale amore è divino, lo sarà anche il nostro verso Dio, esso scaturisce dalla grazia e perciò sarà un amore santo, perché è di specie divina. In secondo luogo noi veniamo, per la grazia, ad essere adottati come figli di Dio; diveniamo per nascita simili a Lui, a Lui vicini in parentela come figli a padre. Ma se noi siamo in così stretta parentela con Dio, anche il nostro amore dovrà essere simile a quello che Egli porta a se stesso ed a noi; di pari nascita e perciò divino. In terzo luogo Egli ci ama, per la grazia, con amore paterno, ed Egli non può farci parte di quest’amore se non nella misura che Egli vede impressa in noi l’immagine di suo Figlio. In conseguenza noi dobbiamo amarlo con l’amore del Figlio suo, ed in realtà l’amore soprannaturale degli uomini verso Dio non è altro che l’amore del nostro Salvatore e fratello, essendo noi figli di Dio ed avendo un Padre comune. Perciò l’Apostolo dice: “L’amore di Dio ci sospinge” (2Cor 5, 14).
5. Si capisce da sé che quest’amore divino è del tutto soprannaturale. Anche secondo la nostra natura possiamo e dobbiamo amare Dio come nostro Creatore e Signore, di cui noi siamo l’immagine naturale. Però questo amore naturale è così lontano da quello divino come la natura della creatura da quella del Creatore, come la conoscenza naturale di Dio, in specchio, che hanno le creature, dalla visione immediata della sua essenza. Anche questo amore naturale si rapporta a Dio, ma questa relazione di amore è di qualità ben diversa da quella del divino amore. Il servo ed il figlio amano la stessa persona, però, quello come a padrone, questo come a suo padre, come di una stessa natura con lui. Così l’amore naturale resta lontano da Dio senza innalzarsi a Lui, senza potersi a Lui unire. L’amore soprannaturale invece sale sino a Dio e lo ama per Lui, come Egli ama noi e come è amato dall’eterno Figlio di Dio; anzi si sprofonda a tal segno in Dio come se noi fossimo della stessa natura ed una cosa sola con Lui.
6. Vedi dunque, o cristiano, quanto eccelsa e meravigliosa, quanto magnifica e benedetta è questa grazia che si rende capace di un amore così nobile, soprannaturale, santo e divino. La carità è soprattutto quanto di più dolce ed amabile Dio possa dare alle sue creature; anzi è la dolcezza e l’amabilità stessa, come anche il nome stesso lo esprime. Il nostro cuore è creato per l’amore, esso trova nell’amore la sua delizia e la sua felicità; il cuore apre il suo interno per donarsi tutto all’amore, per vivere e fiorire in esso, e niente desidera di meglio che di trovare un degno oggetto del suo amore col quale unirsi intimamente e nel quale poter riversare tutto se stesso. Noi ci stimiamo già felici quando possiamo amare una creatura che ci rapisce per la sua bellezza oppure che è unita a noi per vincolo di parentela o d’amicizia. Senza confronto più dolce e gradevole dev’essere per noi il potere amare Dio stesso e rallegrarci in Lui, in questo sommo ed infinito Bene, in questo nostro amabile Creatore e benignissimo Signore. E che è dunque l’amore naturale verso Dio in confronto della santa e soprannaturale carità la quale, con la grazia, è infusa in noi dallo Spirito Santo; quella carità che parte immediatamente da Dio, come una scintilla, una fiamma di quell’amore divino di cui arde Egli stesso, come un fiore della beatitudine divina? Ogni amore naturale è come niente in confronto a questo, è un fuoco che non arde, è una pianta senza vita.
7. Questo è quell’amore soprannaturale descritto con santo entusiasmo dal Kempis (1): “Niuna cosa è più forte, più dolce, più sublime, più ampia, più gioconda, più colma, né migliore in cielo e in terra del santo amore; perché l’amore è nato da Dio, né può riposare se non in Dio, al di sopra di ogni cosa creata. Chi ama ben conosce il grido di questa voce. Un clamore grande nell’orecchio di Dio è l’ardente affetto dell’anima la quale dice: – Dio mio, amor mio, voi siete tutto mio ed io son tutto vostro!”. È di questo amore che l’Apostolo scrisse quel magnifico elogio, ammonendoci altresì “a renderci capaci a comprendere con tutti i santi qual sia la larghezza e la lunghezza, l’altezza e la profondità di quest’amore di Cristo che sorpassa ogni scienza, affinché siamo tutti ripieni della pienezza di Dio” ((Ef 3, 18-19). Questo è l’amore di cui S. Bernardo dice (3) che, dimenticando la doverosa venerazione e sottomissione della creatura, si eleva arditamente a Dio con la spigliatezza di un figlio e con la confidenza di una sposa per abbracciarlo con un abbraccio il più intimo e dolce, come padre, fratello, amico e sposo.
8. Come solo con quest’amore infuso in noi possiamo amare Dio come Egli ama se stesso, così solo per quest’amore Dio sarà veramente tutto nostro. Per esso noi abbracciamo Dio come nostro Padre, come Egli per la grazia ci abbraccia come suoi figli. Por esso noi ci rassomigliamo ognora più a Lui fino a che noi saremo finalmente trasformati nella sua immagine e lo contempleremo faccia a faccia (2Cor 3, 18). Per esso noi ci uniremo a Dio in uno stesso spirito come due anime si uniscono in una sola, come due metalli infuocati scorrono insieme e si uniscono in un sol corpo. Poiché la natura divina è un puro fuoco ed un torrente infuocato dell’amore. Unendosi quindi alla nostra natura, se trova in essa un’analoga corrispondenza di ardente carità, rinforza l’unione di tal maniera che una simile non può affatto esistere tra le creature. “Quando due ardenti passioni si uniscono insieme, la loro unione è perfetta”. Quale amore terreno può avvincere con un legame più saldo l’amante all’amata? Quale amore può immergere in tal modo l’uno nell’altro al punto da liquefarsi insieme? Chi può accogliere in tal modo in se stesso l’oggetto del suo amore e possederlo con tanta sicurezza?
9. O cuore umano! povero cuore così piccolo e meschino che sempre vuole amare e l’amore mai arriva a saziarlo; cuore che per il suo stesso amore si fa in pezzi e si esaurisce, e mentre in esso cerca la vita non vi trova che la morte. O cuore che sempre ardi del fuoco dell’amore eppure non riesci a riscaldarti e ad ammollirti a questo fuoco, ma divieni invece più crudo o più friabile. Come puoi rigettare da te questa grazia dell’amore divino che ti sazia del torrente delle divine delizie, che fa sbocciare in te una vita eterna, che ti riscalda e ti penetra di un fuoco divino! Come puoi rinunziare al tuo Dio che si avvicina a te con tale immenso amore e così respingere quell’aureo anello col quale Egli vuole avvicinarti a Lui e donarsi tutto a te? Come puoi abbandonarti ad altri amori, andare cercandone sempre dei nuovi quando qui ti viene offerto l’amore il più puro, il più nobile, il più dolce e potente? Oh, se tu conoscessi il dono di Dio! tu chiederesti allora – come la samaritana al Salvatore – l’acqua viva del suo amore la quale, non solo può saziare la sete di amore del tuo cuore, ma darti infinitamente di più di quanto si richiede per saziarti! Poiché la grazia, non solo dirige le forze naturali dell’amore verso l’unico vero Bene, ma essa stessa è la sorgente di un amore nuovo e celestiale del quale tu prima non avevi la minima idea. Affrettati perciò a riempirti di quest’amore divino ed in esso dimentica ogni altro amore. Strappa da te ogni legame di quell’amore pericoloso che è il più grande ostacolo al vero amore disinteressato, cioè l’amore di te stesso; ordina ogni tuo amore naturale e terreno in modo che possa accordarsi col santo divino amore. Presto ti sentirai ripieno di celestiale dolcezza come l’hanno provato tanti Santi, e sperimenterai già fin da questa terra ciò che la fede ti è andata insegnando.
10. Ma poiché viviamo tra gli uomini, noi dobbiamo amare anche questi, secondo la volontà di Dio. E qui la grazia di Dio opera un altro prodigio. Essa penetra il nostro interno di maniera che tutto ciò che noi facciamo viene investito dal suo fuoco e trasformato in se stessa. Già l’amore naturale è una potenza così veemente che niente può esistere accanto ad essa nel nostro cuore senza far sentire la sua influenza, spesso però in modo assai turbolento. L’amore divino riempie pure completamente il cuore, perciò tutto quello che in esso entra dall’esterno viene assimilato come nuovo combustibile, e quando ciò è impossibile il cuore stesso lo soffoca e lo scaccia da sé. L’amore non divide con altri il suo dominio sopra il cuore. Perciò la carità divina s’impadronisce anche dell’amore del prossimo – presupposto però che sia un amore nobile che possa accoppiarsi con esso – e lo trasforma in se stesso tanto che l’amore soprannaturale del prossimo non forma un’altra sorta di amore accanto a quello di Dio, ma è della stessa natura di esso. Tutto ciò che S. Giovanni dice di bello e di elevato intorno all’amore divino, intende dirlo in pari tempo e senza alcuna differenza, di quello del prossimo.
11. La grazia dunque opera in modo che noi abbracciamo il prossimo nello stesso amore che portiamo a Dio (1), che lo amiamo in Dio come un figlio, un amico, una sposa di Lui, e ci unisce ad esso con un vincolo così intimo, cosi dolce e tenace che la natura, non solo non può formare, ma nemmeno ideare. I vincoli naturali della società umana, la parentela ed il matrimonio, sono certamente intimi e forti. L’amore cristiano è ben lungi però dal voler annientare quello naturale. Mentre l’amore del prossimo senza l’amore soprannaturale di Dio non ha che un valore ordinario; unito a questo acquista invece doppio valore e doppia saldezza. Poiché se il cristiano considera giustamente secondo le parole del Salvatore che deve amare Dio più del padre e della madre (Mt 10; 37), così egli considera i vincoli che lo legano ai suoi cristiani confratelli come superiori ad ogni altro legame naturale. I cristiani stanno per noi al disopra dei parenti naturali. Questi sono parenti di sangue, quelli parenti di Dio. Essi ci ricordano il patto che Dio ha steso con noi, la natura divina che Egli gli ha partecipata, l’unione con Cristo il quale ci ha fatto suoi membri e fratelli. Questi legami sono senza confronto più intimi di quelli naturali poiché in Dio consideriamo il nostro prossimo come una sola cosa con noi, sono più tenaci perché Dio stesso ne è il sigillo indistruttibile. Ed anche la morte non può spezzarli, essa invece li trasfigura e li rinforza. Questi legami sono più santi e più nobili perché sono di natura celeste, anzi divina, e quindi anche ineffabilmente più dolci, poiché la dolcezza di Dio stesso li condisce e li penetra. Grande e meravigliosa si manifesta anche in questo la grazia della divina carità; qui pure essa è una catena d’oro che, calata dal cielo, non solo avvince i singoli individui, ma unisce a noi nel modo il più intimo, tutti coloro che sono predestinati alla figliolanza di Dio e che già la posseggono realmente; è una saldatura celeste che forma di noi tutti un gran corpo, attaccandoci dolcemente e tenacemente l’uno all’altro, da far sì che regni sopra di noi una celeste concordia, la pace di Cristo che supera ogni senso.
12. Di qui riconosciamo quanto sia vero che la legge di Dio non sia un giogo ma sebbene un onore ed una sorgente d’ineffabile dolcezza. La legge di Dio è unita alla grazia e la grazia alla carità. Questa rende facile e dolce l’adempimento della legge, poiché colui che ama non scorge nella legge che una gradita occasione di testimoniare il proprio amore (1). Quando abbiamo la carità abbiamo tutto ciò che è necessario alla nostra salute e alla nostra beatitudine: obbedienza, giustizia e servizio di Dio. Esercitando noi la carità, esercitiamo tutte le virtù, e di più in maniera che l’adempimento dei loro vari doveri non ci resta di peso, ma ci è invece di consolazione (2).
13. Stimiamo dunque la carità, non solo infinitamente di più di ogni bene naturale, ma anche di ogni altra grazia e virtù soprannaturale. Ce lo insegna l’Apostolo quando dice: “Se io parlassi le lingue degli uomini e degli angeli e non avessi la carità non sarei che un bronzo risonante o un cembalo squillante. E se, avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri, tutta la scienza e se avessi tutta la fede, sì da trasportare le montagne e poi mancasse in me la carità, sarei un nulla. E se anche dispensassi tutte le mie sostanze per nutrire i poveri e dessi il mio corpo por essere arso e non avessi la carità non ne avrei alcun giovamento” (1Cor 13, 1 ss). Dunque per la carità abbiamo tutto, senza essa perdiamo tutto! Dove essa è troviamo anche tutte le altre virtù soprannaturali, ma dove non si ritrova, ogni altra virtù perde la sua forza ed il suo carattere vitale, e non può più condurci all’eterna vita (1). Per il peccato mortale noi non perdiamo né la fede né la speranza (2) ma perdiamo bensì la carità e con essa la grazia santificante (3). Senza di questa, la fede e la speranza sono senza vita e possono appena meritare il nome di virtù; perché non ci rendono più capaci di guadagnarci il cielo e di vivere da figli di Dio. Solo la grazia e la carità ci fanno figli del Padre celeste. Anche la fede, dice Sant’Agostino (4) distingue i figli di Dio dai figli del diavolo quando essa è attiva nella carità. Dobbiamo dunque acquistare difendere ad ogni costo la carità; per essa dobbiamo sacrificare anche la nostra vita, perché senza la vita dall’amore noi saremmo destinati, con tutte le nostre opere, alla morte eterna.