Riproduciamo per i nostri lettori il Capo VIII del Libro III del volume del teologo e mistico tedesco M. J. Scheeben intitolato “LE MERAVIGLIE DELLA GRAZIA DIVINA”. Il testo è stato tradotto e pubblicato in Italia nel 1943 per i tipi della SEI. Sottolineature e grassettature nostre [RS]
1. Quantunque le virtù soprannaturali che la grazia infonde nell’anima nostra siano elevati e magnifici, essi non sono però tutto ciò che di più elevato e magnifico possa ricevere l’anima nostra dallo Spirito Santo, per la grazia. A dir vero essi sono pure in realtà doni dello Spirito Santo, suoi doni speciali per i quali partecipiamo di Lui stesso e gli diveniamo somiglianti. Vi sono però altri doni che si ascrivono a Lui in modo tutto particolare e perciò di fronte a tutti gli altri vengono chiamati i doni dello Spirito Santo (1).
2. Le virtù soprannaturali ci danno, e vero, la capacità di compiere buone opere soprannaturali e di condurre una vita di ordine soprannaturale. Ma la via del cielo è così ripida che non basta che lo Spirito Santo ci dia quelle virtù per salire sino al nostro destino soprannaturale, ma fa d’uopo ch’Egli stesso ci porti e ci sospinga in alto. Le virtù sono i remi coi quali noi conduciamo la fragile barchetta dell’anima nostra attraverso il tempestoso mare del tempo fino al porto dell’eternità: ovvero sono le ali con le quali ci solleviamo sopra noi stessi e sopra l’intera natura creata, sino al cielo, sino a Dio. Soltanto, noi siamo troppo deboli per muovere quei solidi remi e per agitare quelle ali potenti. E se anche lo potessimo, il cielo è così lontano dalla terra e posto così in alto, che noi, lasciati alle sole nostre forze, cadremmo ben presto oppressi di stanchezza. Perciò lo stesso Spirito Santo che ci ha fornito i remi e le ali deve darci anche una vela, che Egli stesso, come un vento potente e gagliardo, farà gonfiare. Similmente deve lo Santo Spirito, come un forte vento che viene dal cielo ed al cielo ritorna, sostenere il nostro volo, come nel giorno di Pentecoste Egli partecipò se stesso agli Apostoli appunto nel soffio di un vento possente. Questa vela, vale a dire le disposizioni accordate all’anima nostra per mezzo della grazia in forza delle quali essa può essere mossa facilmente dallo Spirito Santo e mossa anche alla più sublime attività sono, secondo la dottrina di S. Tommaso, quelle che noi chiamiamo i sette doni dello Spirito Santo (1).
3. Essi sono sette perché vi sono ancora sette particolari virtù soprannaturali, cioè le tre teologali e le quattro cardinali, le quali devono svilupparsi in noi ed esser da noi messe in atto per mezzo dello Spirito Santo. Il dono della sapienza corrisponde all’amore soprannaturale. Poiché la sapienza, secondo i commenti dei teologi, è la ben gustata cognizione del sommo Bene il quale ci lascia fruire della sua dolcezza ed amabilità, e con questo infiamma l’amore (2). Il dono dell’intelletto illumina la fede ed espande in essa un lume così chiaro che noi già in questa vita pregustiamo la visione futura. Esso c’insegna a comprendere i misteri che noi crediamo e ci fa penetrare talmente nelle loro profondità come se noi li vedessimo coi nostri occhi; esso ci mostra la verità divina in un lume più chiaro e ci spinge perciò a stringerci ad esso sempre più fortemente (1). Il dono del consiglio ha rapporto con la virtù della speranza. Per esso lo Spirito Santo viene a noi come il migliore consigliere, aiuto e consolatore, come di lui ci aveva promesso il Salvatore. Egli ci consiglia ad aspirare solo ai beni celesti ed eterni. Egli “prega in noi con gemiti inenarrabili” (Rm 8, 26) per appoggiarci e sostenerci. A consolazione nostra Egli c’ispira in mezzo ad ogni difficoltà una fortissima ed incrollabile fiducia in Dio, ed Egli stesso vuole essere riconosciuto come il vincolo e la fortezza della nostra speranza.
Il dono della fortezza dà vita alla virtù sua propria che è la pazienza, affinché l’anima, anche in mezzo ai più grandi pericoli, non soccomba. Essa stimola il nostro coraggio affinché noi per amore di Dio imprendiamo a fare opere sempre più grandi e non diveniamo mai tiepidi e codardi nei nostri sforzi verso il bene. Il dono della scienza si lega con la virtù cardinale della prudenza, e le dà una grande chiarezza e sicurezza di giudizio riguardo a ciò che noi dobbiamo fare o tralasciare. Essa è un santo istinto dello Spirito Santo il quale, quando fallisce ogni altro mezzo dell’umana accortezza, ci annunzia che cosa Dio vuole che noi facciamo. Il dono della pietà favorisce e perfeziona in noi la virtù della giustizia tanto verso Dio che verso il nostro prossimo. Essa rende la nostra volontà dolce, pia e pieghevole di fronte a tutte le esigenze della giustizia, tanto che noi, non solo le esprimiamo come richiede l’austerità della legge, ma, con un intimo slancio e sincero amore, diamo a Dio e al prossimo ciò che gli si deve ed anche di più. Finalmente il dono del timore rinforza la virtù della temperanza. Mentre esso c’infonde una santa ritrosia di fronte all’infinita maestà di Dio e ci ispira un profondo sentimento della nostra bassezza, esso opera in modo che noi non ci innalziamo orgogliosamente al disopra della misura che a noi si conviene. E siccome il timore di Dio, secondo il Salmista, trafigge (Sal 118, 120) la nostra carne, così essa frena il pungolo della concupiscenza e non gli permette di oltrepassare i limiti di quella santa disciplina e modestia che c’impone la virtù.
4. Così i sette doni dello Spirito Santo sono come la molla delle virtù soprannaturali e ci danno da un lato la maggiore capacità per ricevere le illustrazioni divine ed una maggiore agilità per gl’interni impulsi dello Spirito Santo, e dall’altra una meravigliosa energia e un più potente slancio per meglio mettere in atto questi incitamenti soprannaturali. Da un lato essi fanno dell’anima un docile strumento dello Spirito Santo, strumento del quale Egli si serve per compiere le sue opere più sublimi, un prezioso strumento fornito di corde dorate da cui la mano maestra di Dio trae le note le più soavi e melodiose, note che per la loro chiarezza salgono fino al cielo in una meravigliosa armonia che rapisce gli angeli e Dio stesso. Esse sono i sette lumi posti sopra quei candelabri a sette bracci che nel vecchio Patto ardevano di continuo, alternativamente, sia di giorno che di notte dinanzi all’Arca dell’Alleanza. Anche i sette doni ardono, parte di giorno – cioè nell’adempimento dei nostri doveri usuali e delle opere buone – e parte nella notte della tentazione per preservarci dai lacci del peccato e proteggerci dagli inganni del demonio. E come il calice del tempio di Gerusalemme aveva la forma di orecchio, così i doni dello Spirito Santo danno anche all’anima nostra orecchie spirituali con le quali essa ode le ispirazioni dello Spirito Santo e le lascia penetrare nelle sue più intime fibre. Dall’altra parte l’anima, con questi doni dello Spirito Santo che ci sono dati contemporaneamente alla grazia santificante e anche alle virtù soprannaturali, riceve un impulso potente per lo sviluppo di tutte le energie che rispondono alle esigenze della vita spirituale. Le disposizioni naturali dell’uomo non sono già di per sé facoltà tranquille e puramente passive, ma contengono in sé un impulso, spesso a noi incomprensibile, di svolgersi esteriormente (2). Questo fatto già possiamo osservarlo nel fanciullo, e il più delle volte scorgiamo appunto da questo quali siano le sue disposizioni e quale il suo destino. Così anche le virtù soprannaturali non si possono concepire senza una molla nascosta nella loro intima essenza, cioè senza un interno stimolo di fare quell’azione per la quale essa ci accorda le capacità; poiché, per la grazia, lo Spirito Santo viene ad essere unito a noi con un vincolo talmente intimo che non può vedere ciò che noi iniziamo e portiamo a compimento con le forze che ci sono state accordate senza parteciparvi Egli stesso. Per il suo amore per noi e per la sua sollecitudine a riguardo della nostra salute Egli si vede – per modo di dire – nella necessità di metterci Egli pure mano ed infonderci coraggio, lume e chiarezza spirituale affinché noi non lasciamo inerti questi tesori, oppure ce ne serviamo malamente. E questo lo Spirito Santo lo compie coi suoi cosiddetti doni.
5. O come ci appare preziosa e magnifica la grazia santificante quando contempliamo nell’anima nostra questi doni dello Spirito Santo che ci rendono tanto simili all’umanato Figlio di Dio da poter applicare anche al nostro indirizzo ciò che Isaia cantava di Lui: “E si poserà su di lui lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelletto, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di pietà e sarà ripieno dello spirito del timore di Dio” (Is 11, 2-3). Lo stesso Santo Spirito che posava sulla umanità dell’Unigenito Figlio di Dio viene anche a noi quando siamo in stato di grazia, e non già in modo passeggero, ma per rimanere in noi coi suoi sette doni. Egli si libra di continuo sopra l’anima nostra, la feconda con la sua celeste energia, la illumina col suo lume divino e, come un vento forte e vivificante, la sospinge innanzi.
6. Oh, quanto perdiamo perdendo la grazia! La barchetta dell’anima nostra che prima con le sue vele di porpora vogava rapida, attraverso al mare tempestoso del tempo verso il porto dell’eternità, viene d’improvviso derubata delle sue vele e si vede abbandonata, in una terribile bonaccia, in mezzo all’oceano di questo mondo, e divenuta il misero trastullo delle onde in tempesta, per poi ricadere con esse nell’abisso. L’anima era prima un prezioso strumento in mano dello Spirito Santo, strumento che rendeva armonie ineffabili e che lo Spirito Divino adoprava per le opere più grandiose. Ora la mano divina lo getta lungi da sé; ogni sua forza è sparita, le corde sono spezzate, e del magnifico strumento non resta che un legno arido e fragile che non può servire ad altro che per essere gettato ad ardere nel fuoco.
7. E sono appunto i doni dello Spirito Santo che da un lato vivificano e rinforzano le sette principali virtù e dall’altro incatenano e tengono lontano dall’anima nostra il serpente dalle sette teste, cioè i vizi capitali e le tentazioni. Il timore filiale del Dio onnipotente incatena il peccato capitale della superbia. La pietà, per la quale senza alcuna malizia vogliamo e desideriamo l’altrui bene, discaccia l’invidia e la gelosia. Il dono della scienza che conferisce al nostro spirito chiarezza, riflessione e assennatezza, ci preserva da quella smania pericolosa che richiama in noi l’ira. La fortezza vince l’accidia e l’assopimento dell’anima per il quale essa non può resistere agli assalti del peccato. Il dono del consiglio ci risana dall’avarizia mentre c’insegna la vera prudenza, quell’accortezza che ci porta a sapere apprezzare i veri beni ed a far poco conto di tutte le cose ad essi inferiori, e a non stimarli se non in quanto possono servirci a guadagnare quelle eterne. Con questo fine noi ce ne serviamo bene perché, non solo non vanno perdute, ma fruttificano il cento per uno. Il dono dell’intelletto che c’infonde il gusto delle cose celesti, ci toglie perciò il gusto per quelle terrene e ci difende da ogni golosità ed intemperanza, mentre c’insegna a preferire il gusto del cibo spirituale e la conoscenza delle cose celesti a tutti i piaceri sensuali. La scienza finalmente, che più di tutte c’innalza sopra la terra e più ci solleva vicino a Dio, ci tiene lontani da ogni impurità, mentre essa riempie il nostro cuore terreno ed animalesco.
8. Di qui il fatto che alla perdita della grazia il male prende subito il disopra ed esercita il suo impero. Alcuni si urtano con la dottrina cattolica perché il peccato richiama – secondo essa – sull’uomo una tale profonda corruzione e sembra loro che vi sia dell’esagerazione, ma purtroppo non è così. Solo lo stesso peccatore, dice lo spirito di Dio, può essere indifferente a questo poiché è già caduto nell’abisso della miseria (1). Quando insieme con lo Spirito Santo si ritirano dalla nostra anima anche i sette doni, è allora che il peccato solleva le sue sette teste nell’anima nostra, la dilania con i furiosi morsi delle passioni, come il serpente si avventa all’uccellino che, avendo rotta un’ala, è caduto per terra, e la precipita nell’abisso della dannazione eterna. La colpa di questa immensa disgrazia è tutta nostra, poiché siamo stati proprio noi che col peccato ci siamo svincolati dalle mani dello Spirito Santo il quale voleva sollevarci fino al cielo, e ci siamo gettati da noi stessi in un abisso senza fondo.
9. Abbandoniamoci dunque all’eterno Amore affinché coi suoi dolcissimi doni e con la sua mano potente ci sollevi sempre più in alto e ci faccia pregustare fino da questa vita quella beatitudine che Egli ci ha preparata in cielo! Questa pregustazione appartiene pure alle operazioni della grazia divina, poiché per gli atti delle sette virtù che noi esercitiamo, per l’impulso e per l’aiuto dei sette doni dello Spirito Santo, acquistiamo le beatitudini che il Salvatore ci promise col suo discorso della montagna (1). Anche queste beatitudini sono sette poiché l’ottava, il regno dei cieli, non è nient’altro che la prima. Come pure le condizioni per l’acquisto di queste beatitudini enumerate dal Salvatore sono, secondo S. Agostino (2) sette, poiché l’ottava “per coloro che soffrono persecuzione per la giustizia”, racchiude in sé i singoli gradini e le singole parti che costituiscono la stessa giustizia e ne sono la corona. In tal modo corrispondono, secondo lo stesso santo dottore, in numero ed in ordine ai doni dello Spirito Santo, e alle virtù soprannaturali ed ai loro frutti. Il dono del timore e la virtù della temperanza ci fanno veramente poveri di spirito, poveri del senso di orgoglio per la nostra propria grandezza e del desiderio delle cose terrene e ci acquistano il regno di Dio con l’altezza della sua gloria e la pienezza delle sue ricchezze. Per il dono della pietà e per la virtù della giustizia noi esercitiamo la vera mansuetudine con la quale viviamo in pace e tranquillità l’uno con l’altro e con questo meritiamo di possedere indisturbati la terra di promissione. Per il dono della scienza e la virtù della prudenza noi acquistiamo quella santa tristezza, frutto della conoscenza del nulla dei beni della terra e della vanità dei mezzi umani e così poniamo in Dio la nostra pace e la nostra consolazione. Il dono della forza e la virtù della fortezza richiama in noi una sempre crescente fame e sete di giustizia, fame e sete che saranno saziate un giorno da Dio stesso con tutti i beni celesti. Il dono del consiglio ci sollecita ad essere molto accorti e prudenti. Ricordandoci della promessa che noi saremo giudicati con la stessa misura con cui avremo giudicato gli altri, esercitiamo la misericordia col nostro prossimo, affinché possiamo anche noi ottenere misericordia da Dio. E con questo viene non poco a rinforzarsi in noi la virtù della speranza. Per il dono dell’intelletto e la virtù della fede esponiamo il nostro cuore alla luce del sole divino, lo purifichiamo ognor più dai suoi attacchi alle cose sensibili e raggiungiamo in tal modo quella purità di cuore che ci rende degni di contemplare un giorno Dio faccia a faccia. Finalmente per il dono della Sapienza e per la virtù della carità ci sforziamo d’attaccarci a Dio sopra tutte le cose come al sommo Bene e così partecipare all’unione con Dio ed in Dio con tutti i suoi figli e con tutte le creature, e ci sarà pure partecipata quella pace che ci fa veri e perfetti figli di Dio.
10. Le beatitudini che noi possiamo aspettarci nell’altra vita se noi facciamo buon uso dei doni dello Spirito Santo le potremo in una certa misura godere già fino da questa terra, benché il loro pieno godimento ci sia riserbato solo in cielo. Già fino da ora ci sentiamo gli eredi del cielo, i re della terra ed i figli di Dio: già fin da questa vita siamo consolati dallo Spirito Santo nelle nostre afflizioni, già è saziata la nostra fame e la nostra sete; già sperimentiamo la dolce certezza della misericordia di Dio verso di noi e miriamo – sia pure nell’oscurità della fede – con gli occhi di un cuor puro Iddio, e, per quanto è possibile, possediamo già il cielo in terra. Se noi fossimo più generosi con Dio, se ci sforzassimo di dominare un poco di più la nostra pigrizia e la nostra mollezza, se le nostre preghiere fossero fatte con più serietà e più fervore, allora sì che potremmo davvero sperimentare quanto sia, buono e liberale il nostro Dio.
11. Perciò l’Apostolo Paolo parla dei frutti dello Spirito Santo la cui dolcezza e leggiadria possiamo gustare anche in questa vita. Egli non parla soltanto di fiori che sbocciano solo più tardi al tempo della raccolta. Come frutti dello Spirito Santo l’Apostolo designa l’esercizio delle virtù soprannaturali per mezzo dell’applicazione dei doni dello Spirito Santo. “I frutti dello Spirito”, egli dice, “sono l’amore, la gioia, la pace, la pazienza, la benignità, la bontà, la longanimità, la mitezza, la fede, la moderazione, la continenza, la castità” (Gal 5, 22). Già il solo nome di questi frutti magnifici ci annunzia, non solo la loro celestiale bellezza, ma anche il loro gusto eccellente ed il gradevole profumo coi quali si riconforta il nostro cuore. Ce lo mostrano poi in modo tutto particolare i primi tre che sono al tempo stesso il centro di tutti gli altri, poiché la carità è la madre e la radice di ogni altro atto di virtù e partecipa loro quella gioia celestiale e quella pace ineffabile che lo Spirito Santo, l’eterno amore, spira per esso nell’anima (1).
12. Possiamo quindi applicare allo Spirito Santo ed alla sua grazia quelle parole che l’eterna Sapienza dice di se stessa nella Sacra Scrittura. Lo Spirito Santo è spirito di verità e di sapienza e perciò la sapienza è il suo dono più eccelso ed il suo frutto più eccellente. “Qual cedro del Libano m’innalzai, e come un cipresso sul monte Sion. Mi sono elevato quasi palma in Cades e quale rosaio in Gerico. Come un bell’olivo nei campi, e presi radice in mezzo al popolo eletto, nella comunità dei santi. Come cinnamomo e balsamo aromatico mandai odore, e quasi scelta mirra spirai soave fragranza. Come un terebinto distesi i miei rami, ed i miei rami sono rami fecondi di gloria e di grazia. Come una vite feci sbocciare soavità di profumo ed i miei fiori divennero frutti di gloria e di ricchezza. Io sono la madre del bell’amore, del timore e della scienza e della santa speranza. In me è ogni grazia di vita e di verità, in me ogni speranza di vita e di virtù. Venite a me, o voi tutti che mi desiderate, e saziatevi dei miei frutti; poiché il mio spirito è più dolce del miele e il possedermi è più dolce di un favo di miele. Chi mi gusta mai sarà sazio e chi mi assaggia non proverà mai nausea. Chi mi ascolta non avrà da arrossire e chi opera in me non cadrà mai in peccato. Quelli che mi onorano avranno la vita eterna” (Eccli 24, 10ss).
13. Come puoi indugiare un solo istante, o cristiano, ad accogliere questo amabile invito dello Spirito Santo il quale ti promette inoltre frutti così deliziosi e godimenti celesti? Vieni e prova quanto grande sia la dolcezza dello Spirito Santo. “Vedete e gustate quanto è dolce il Signore” esclama il Salmista (Sal 33, 9). Senza dubbio tu non getteresti via un frutto a te sconosciuto – ma di cui hai sentito decantare la bontà e la bellezza – prima di averlo assaggiato. Animo dunque, vieni alla grazia dello Spirito Santo, assaggia i suoi frutti e lascia che operino in te il loro effetto. Ben presto ti troverai inondato di quella pace e di quella gioia che il mondo non può dare e tu sperimenterai in te stesso come è dolce il Signore e la di Lui grazia, e in avvenire non ti lascerai più abbagliare con tanta facilità dalle false gioie del mondo. È dunque imperdonabile il perdere la grazia ed insieme i doni dello Spirito Santo, imperdonabile se noi non cerchiamo con tutte le nostre forze di ricuperare il bene che abbiamo perduto. È però egualmente imperdonabile se noi, pur essendo in stato di grazia, poniamo ostacoli alle operazioni dello Spirito Santo in noi, e non cooperiamo alla grazia. Per mezzo dei suoi sette doni lo Spirito Santo vuole condurre l’anima nostra di chiarezza in chiarezza e trasformarci in un’immagine di Dio (2Cor 3, 18). Egli vuole elevare sempre più in alto la costruzione già incominciata del tempio di Dio, elevarla finche non raggiunga il cielo. È un’ingratitudine e in pari tempo una pazzia il trattenere la mano maestra di questo artista divino nel suo meraviglioso lavoro! Se alcuno tagliasse una mano ad un artista che adorna la propria città di statue e di opere d’arte questi sarebbe tenuto per un malfattore anche verso la stessa città. E cos’è quest’artista che con pietre morte forma immagini di cose immaginarie o di uomini mortali, a confronto con lo Spirito Santo che fa di noi immagini viventi di Dio? E noi leghiamo la sua mano perché non possa formarle, perché noi ci opponiamo alla sua grazia; gli strappiamo di mano uno strumento meraviglioso mentre trascuriamo i suoi doni; noi distruggiamo il lavoro delle sue mani divine mentre col peccato e con le passioni guastiamo di nuovo l’immagine di Dio che Egli aveva cominciato a formare in noi. Ma badiamo bene che questo Santo Spirito alfine non si stanchi e non respinga noi – che egli aveva scelto come ornamento del cielo – lungi da sé come pietre inutili, e come scorie, ci getti nel fuoco! Certamente noi l’abbiamo meritato, ed in tal caso il nostro destino sarebbe di tanto più triste di quanto era grande la dignità che era a noi destinata.
14. Guardiamoci dunque dal mettere ostacolo alle operazioni dello Spirito Santo nella nostra anima e dal contristare questo divino Paraclito col mostrarci così refrattari ai suoi doni infiniti. Studiamoci piuttosto di presentargli un cuore malleabile cosicché Egli possa formarlo come a Lui più aggrada. Supplichiamolo a volere Egli stesso liquefare il nostro cuore per mezzo del suo santo fuoco affinché diventi molle come cera e non vi sia bisogno di scalpello per dargli la forma voluta, ma basti solo l’impressione del sigillo perché il cuor nostro accolga in sé la purissima immagine di Dio. E se anche fa bisogno di adoprare lo scalpello per mettere in pezzi la durezza del nostro cuore, tanto che noi tremiamo sotto quei colpi poderosi, guardiamoci bene dal sottrarci impauriti da questo forte, ma salutare governo! Il dolore che proviamo si cambierà presto nella gioia la più dolce e quello stesso tremore non sarà stato che il foriero delle delizie e del giubilo che inonderanno il nostro cuore quando in esso sarà formata l’immagine di Dio, ed il divino artista, lo Spirito Santo, che l’ha lavorata con tanto amore, dandole una somiglianza così perfetta, lascerà cadere il velo che copre il suo capolavoro, ed a suo onore lo svelerà agli angeli, ai santi, ed allo stesso cospetto di Dio!