
Risulta complicato e finanche imbarazzante alle volte dover parlare di se stessi, o di ciò che avviene dalle proprie parti, poiché il rischio che si corre è legato all’incapacità di trasmettere agli altri le medesime sensazioni provate davanti a qualcosa che si conosce visceralmente. È un po’ come quando si racconta ad altre persone una forte esperienza provata sulla propria pelle, o come quando magari si tenta di descrivere a terzi una persona che essi non conoscono.
Tuttavia, nonostante i lettori non riusciranno mai a provare lo sdegno riversatosi sul sottoscritto davanti al boom mediatico che ha fatto da cornice ad una rimpatriata tutta reggiana delle Brigate Rosse, capiranno certamente che anche dalle “piccole” cose si può dedurre lo sfascio in cui versa la nostra Italia: priva di ogni contatto sensato con la realtà, e addirittura reduce da un pensiero politico che non è mai radicalmente mutato, ma produttore – in particolar modo nel triangolo rosso in cui rientra ovviamente la città di Reggio Emilia – di tutto ciò che è conseguito ai quei maledetti anni di piombo.
Qualcuno suole dire che le Br siano acqua passata, che tutto ciò che è passato dopo Curcio, Fiore e Battaglia sia finzione e non abbia nulla a che vedere con i fondamentalismi di quei dissidenti politici. Forse questo qualcuno lo dice pure con ragione, ma dimentica che l’idea delle Brigate Rosse è ancora viva, e non solo: si ritrova negli stessi ristoranti in cui venne partorita, per cantare insieme, appassionatamente, l’ “Internazionale” a pugno chiuso.
Veniamo dunque al dunque, parlando di quanto accaduto venerdì scorso nel Ristorante “Da Gianni”, in una piccola frazione del Comune di Casina, provincia di Reggio-Emilia.
Lì, 50 anni fa, si formava il primo covo di brigatisti, molti dei quali originari di Casina o comunque zone limitrofe ma pur sempre facenti parte del territorio reggiano, e sempre lì si sono ritrovati dopo tanti anni, per una rimpatriata fra ex-terroristi – alcuni dei quali avrebbero dovuto scontare ad occhio e croce quattro ergastoli.
Nessuno probabilmente avrebbe saputo nulla, se non fosse che la notizia è arrivata – probabilmente in modo voluto – a tutte le testate locali, suscitando forte interesse ed anche, per fortuna, un certo grado di indignazione fra i cittadini.
Molti dei presenti alla rimpatriata brigatista hanno nel frattempo scontato anni di carcere, ma pochi o forse nessuno ha mai rinnegato le proprie idee, men che meno le proprie azioni e gli omicidi commessi. Primo fra tutti Raffaele Fiore, ritenuto responsabile dell’assassinio dell’avvocato Fulvio Croce in veste di “autista” e partecipante all’omicidio di Carlo Casalengo, il primo fra i giornalisti ad essere assassinato negli anni di piombo.
Fra i celebri volti noti alla cena “fra amici” spiccano quelli di Lauro Azzolini, appartenente al c.d. “gruppo reggiano” e facente parte del piano esecutivo per il sequestro e la conseguente uccisione di Aldo Moro; condannato all’ergastolo in seguito all’arresto avvenuto nell’inverno del 1978, ha poi goduto dei benefici previsti dalla legge e sta “scontando” le sue colpe con lavori socialmente utili presso una cooperativa.
E ancora Roberto Ognibene, membro storico e fondatore delle Br, figlio politico di Prospero Gallinari ( deceduto nel gennaio 2013 ) arrestato nel 1974 in seguito ad una trappola tesa dalle forze dell’ordine al terrorista: prima della resa e della cattura vi fu un enorme scontro a fuoco dove lo stesso Ognibene rimase ferito, a sua volta ferendo mortalmente Felice Maritano, maresciallo del nucleo speciale occupatosi del controllo di una base brigatista a Robbiano, frequentata da Ognibene.
Non mancava nemmeno Loris Tonino Paroli, reggiano doc come i compagni Azzolini e Ognibene, oggi pittore e cantastorie. il soggetto in questione ha scontato 16 anni di carcere, vantandosi di non aver mai sparato a nessuno. Allo stesso tempo prese parte allo storico gruppo di “quelli dell’appartamento“, cloaca brigatista animata da Gallinari e Franceschini.
Altri nomi come Nadia Mantovani, ex compagna di Renato Curcio e attuale partner di Roberto Ognibene dal quale ha avuto una figlia; Giuseppe Battaglia, facente parte del “Gruppo XXII Ottobre” capeggiato da Mario Rossi, costituitosi a Genova fra la fine degli anni ’60 e gli inizi del ’70, con impostazione ultra marxista sfociante poi nel terrorismo più radicale; Antonio Savino, Pietro Bortolazzi, Bianca Amelia Sivieri, l’avv. Vainer Burani, celebre difensore dei brigatisti nonché amico di Gallinari e di tutta la compagine estremista di quegli anni. E tanti, tanti altri giovani vicini ideologicamente al totale estremismo di sinistra, stimatori dei moti che hanno dato vita alle Brigate – questa forse la cosa più preoccupante -, alcuni dei quali inseriti nella cooperativa bolognese “Verso casa” di cui si occupa la stesa Nadia Mantovani, con lo scopo di reinserire nella società i detenuti: vista l’efficienza della giustizia italiana possiamo tranquillamente sostenere che siano più gli anni di “reinserimento” con stato di semi-libertà, che quelli purgati in carcere.
Insomma, una cinquantina di persone a ridere, mangiare e bere alla faccia del sangue innocente che hanno versato in tutta Italia. Nel medesimo posto in cui nacquero, per rievocare gli anni e i momenti in cui, dopo l’abbondante pasto in trattoria e dopo aver deciso lo stemma della stella a cinque punte ( si dice che sia stato delineato e poi confermato fra le mura della trattoria “Da Gianni” ) , si dirigevano verso i campi e i prati-base in cui si esercitavano a sparare.
“Appuntamento alle 19:00, come per un moderno aperitivo. Poi la cena, a base di sapori forti e decisi, gli stessi che prediligevano allora. Tortelli, lasagne, cannelloni e cappelletti. Poi cinghiale con polenta e cotechino, più torte casalinghe. Il tutto innaffiato, appunto, dal Lambrusco. Rosso che più rosso non si può.”
Ahahah, si sono imborghesiti, i “rivoluzionari”: una rimpatriata goliardica… 😀 😀
Per quanto riguarda i media, “ha provocato sdegno”, invece, la foto che ritraeva un gruppo di bambini che salutano romanamente.
“Saluto nazista” commentava il TG dell’ebreo…
tra rimpatriate rosse, tra rimpatriate nere o verdi- quelle dell’Islam, un tempo già terrore dell’europa intera- siamo messi proprio bene! Ma diciamo mal comune e mezzo gaudio: godiamo allora, noi e l’ europa tutta, mentre anneghiamo nelle lurida brodaglia della nostra democrazia, che a tanto godimento ci costringe…