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Nota di Radio Spada: continua la rubrica apologetico-polemica il “Tiragraffi” a cura dell’amico Augusto Maria De Gattis. Questa rubrica si inserisce a pieno titolo e con grande vivacità polemica, anche nella più strigente attualità, nel diuturno dibattito su crisi della Chiesa e problema dell’Autorità che da circa quattro anni si sviluppa su questo blog.

“Avete visto? Nessun accordo”, hanno (timidamente) esultato i resistenti della Fraternità San Pio X in seguito alla conferenza stampa di “monsignor” Rino Fisichella con la quale veniva resa pubblica la “Lettera apostolica” di Bergoglio a conclusione del “giubileo”.

E invece no: un riconoscimento, ancorché di fatto e pastorale, c’è eccome. Ma si sa, Bergoglio è l’uomo della pastoralità, della pragmaticità, è colui al quale non interessano troppo le dispute teologiche, quelle le lascia ai teologi di professione. Lui è l’uomo dell’ecumenismo del battesimo, del ciò-che-unisce, tanto in Lutero quanto in Lefebvre.

Allora, cosa è avvenuto ieri con la Misericordia et Misera? Nulla di che, a sentire le lande resistenti fraternine: solamente l’estensione di quanto disposto dal “Santo Padre” all’inizio dell’“Anno Santo”, ovvero la concessione di giurisdizione ai sacerdoti lefebvriani che, dunque, confesseranno lecitamente e validamente «fino a nuove disposizioni». Hai detto niente! Si tratta di un riconoscimento vero e proprio, da parte del “papa” che la Fraternità riconosce e con il quale è in comunione: come potrebbe, altrimenti, il “papa”, riconoscere chi non riconosce? Come potrebbe, il “papa”, accordare diritti a chi non fosse pecora del proprio ovile? Come potrebbe, il “papa”, dare giurisdizione a chi non fosse, ai suoi occhi, già membro della Chiesa?

Purtroppo, per la Fraternità San Pio X non dev’essere stata nemmeno una grande novità. Già il 10 aprile scorso, infatti, il superiore generale mons. Fellay, durante un pellegrinaggio (“giubilare”, naturalmente, con annesso lucro delle “indulgenze”), aveva preannunciato che il “papa” avrebbe esteso tale concessione: glielo confidò Bergoglio stesso nell’incontro avuto il 1 aprile precedente, lo stesso incontro durante il quale il modernista Bergoglio garantì la cattolicità della Fraternità (sic!). Paradossale? No, lefebvriano.

Certo, questo riconoscimento ‘pastorale’, potremmo dire, è in attesa della «piena comunione» ovvero di quella prelatura personale annunciata come quasi pronta dallo stesso mons. Fellay. E poco importa se il concetto di “piena comunione” sia uno dei frutti di Lumen gentium perché probabilmente, visto quanto è anelata e ricercata dai vertici lefebvriani, fa parte di quel 95% del Concilio che la Fraternità stessa ha dichiarato di accettare. Sul restante 5% ci pensa l’esuberante pastoralità del “Santo Padre Francesco”.

Augusto Maria De Gattis