dubia

Riprendiamo la risposta di Cesare Baronio a un articolo sugli scenari aperti dai ‘dubia’ dalla penna di Alberto Di Janni. [RS]

Quelli che peccano,
riprendili in presenza di tutti,
onde anche gli altri abbian timore.
I Tim V, 20

di Cesare Baronio

E’ stato pubblicato su Radio Spada (qui), il commento di un lettore sui possibili scenari relativi alla prospettata correzione formale cui i quattro Porporati si vedranno costretti a sottoporre papa Francesco, dopo le festività natalizie, laddove egli non risponda ai dubia da essi formulati.
Già in precedenza vi è stato chi ha osservato che – non essendo prevista dalla legge canonica – tale ammonizione sarebbe irricevibile. L’obiezione viene proprio da chi accusa le Loro Eminenze di formalismo legalista, promuovendo viceversa la pastoralità, in nome della quale derogare alle leggi divine ed ecclesiastiche. Viene dai partigiani di colui che a parole elogia laparresia, ma che si adonta quando la franchezza del parlare lo riguarda in prima persona. Viene da coloro che, scandalizzati dall’ardire dei Porporati colpevoli di lesa maestà, paventano nei loro confronti nientemeno che la deposizione dal titolo cardinalizio.
I sedicenti vaticanisti al servizio del Principe, che rivaleggiano in cortigianeria con i suoi caudatari, cercano di seminar zizzania tra i quattro Cardinali, giungendo ad affermare che uno di essi avrebbe auspicato che la correzione formale possa avvenire in camera caritatis, ossia in privato, cosa che pare invero impraticabile, visto che già in prima istanza i dubia sono stati presentati in forma privata, senza esito, e poi resi pubblici, implicando come conseguenza necessaria che anche l’ammonizione debba esser pubblica.
Sull’altro versante, nondimeno, il commento di Alberto Di Janni apparso su Radio Spada lascia quantomeno perplessi, dal momento ch’esso non solo rivela lacune in una materia tanto delicata, ma par non voler tener conto della particolarità della situazione, che proprio in quanto tale richiede provvedimenti altrettanto particolari.
Scrive il commentatore:

A mio avviso Burke e gli altri cardinali non daranno immediatamente luogo a una correzione formale del papa, azione che porterebbe pressoché inevitabilmente a una scisma, equivalendo di fatto a formulare un’accusa di eresia nei confronti di Bergoglio; e non enunceranno neppure una correzione formale del solo testo dell’esortazione, cosa questa lievemente diversa nella forma, ma praticamente identica nella sostanza. Daranno invece a Francesco un’ultima possibilità di ripensamento.

Come? Limitandosi a dare un’interpretazione autorevole di Amoris laetitia, nel solco dell’ortodossia e della tradizione. In fondo finora hanno accusato il documento papale di contenere ambiguità, ma non errori espliciti. In mancanza dell’auspicato chiarimento di Francesco, interverrebbero loro, lasciando così al papa una scappatoia.

Secondo Di Janni, la prima eventualità – che cioè si proceda alla correzione formale – formalizzerebbe lo scisma: ma questo non è assolutamente detto, dal momento che la presa d’atto che Bergoglio sia formalmente caduto in eresia non comporta come conseguenza necessaria l’adesione all’eresia di altri soggetti.
La seconda eventualità – ossia che si corregga il testo dell’Esortazione – è impossibile a praticarsi, perché i dubia sono stati formulati alla persona dell’estensore del documento, non al documento stesso.
La terza eventualità – l’interpretazione autorevole dell’Amors Laetitia da parte dei Cardinali – pare del tutto illegittima ed impraticabile.
E’ a dir poco impensabile che dei Cardinali possano dare di un documento papale – qualche ne sia la portata d’assenso ch’esso richiede – un’interpretazione ortodossa, dal momento che idubia mettono in luce proprio l’equivocità del testo.
E, quand’anche fosse, non spetta a quattro Principi della Chiesa l’interpretazione di un documento papale, per la quale unico soggetto legittimo è lo stesso Papa, personalmente o tramite la Congregazione per la Dottrina della Fede (o tutt’al più il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, ammesso e non concesso che in Amoris Laetitia si possano riscontrare degli elementi direttamente collegati con la vigente normativa canonica).
Non solo: l’equivocità presupposta dai dubia, a guardar bene, è tale solo per una questione dibon ton verso Bergoglio, ma in realtà il contenuto di Amoris Laetitia costituisce al contrario una deliberata negazione della dottrina cattolica. Vediamo perché.
Ora appare evidente che le domande poste nei dubia sono sostanzialmente retoriche: E’ divenuto possibile concedere l’assoluzione nel sacramento della Penitenza e quindi ammettere alla Santa Eucaristia una persona che convive more uxorio? Ovviamente no. Continua ad essere valido l’insegnamento circa l’esistenza di norme morali assolute, valide senza eccezioni, che proibiscono atti intrinsecamente cattivi? Ovviamente sì. E’ ancora possibile affermare che una persona che vive abitualmente in contraddizione con un comandamento della legge di Dio si trova in situazione oggettiva di peccato grave abituale?Ovviamente sì. Si deve ritenere ancora valido l’insegnamento secondo cui le circostanze o le intenzioni non potranno mai trasformare un atto intrinsecamente disonesto per il suo oggetto in un atto soggettivamente onesto o difendibile come scelta? Ovviamente sì. Si deve ritenere ancora valido l’insegnamento che afferma che la coscienza non è mai autorizzata a legittimare eccezioni alle norme morali assolute che proibiscono azioni intrinsecamente cattive per il loro oggetto? Ovviamente sì.
 

Eppure Amoris Laetitia dice esattamente il contrario, in modo peraltro estremamente chiaro. Se così non fosse, e il documento potesse esser suscettibile di una logica interpretazione ortodossa, i dubia stessi non avrebbero alcun senso.

Leggiamo le parole del Papa nella nota 351 dell’Esortazione:

In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, «ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 44). Ugualmente segnalo che l’Eucaristia «non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli» (ibid., 47).

Questa nota funge da commento esplicativo per questo passo dell’Amoris Laetitia (305):

A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa.

Il senso di questo passo è palese: Bergoglio sostiene che possibile ammettere ai Sacramenti chi viva in una situazione oggettiva di peccato. Il divorziato ed il concubinario vivono in una situazione oggettiva di peccato, e non è possibile supporre che essi pensino di non violare un precetto divino (a meno che non siano incapaci di intendere e di volere): in questi casi l’ignoranza invincibile non può essere chiamata in causa, sia perché non si tratta di una colpa occasionale, sia perché per divorziare e vivere in concubinato è richiesta una volontà determinata e protratta. Appare quindi evidente che – presa nel contesto di un documento che tratta appunto del Matrimonio – questa proposizione dell’Esortazione contraddice la dottrina, ed è quindi eretica.

Si ricordi ch’è norma elementare del diritto interpretare un testo in coerenza con le fonti più autorevoli, che in questo caso sono gli Atti Magisteriali ed ancor prima il diritto divino esplicitato nei Vangelo. Se vi fosse stata una minima possibilità di interpretare l’Esortazione in senso cattolico, nessuno avrebbe avuto bisogno di formulare alcun quesito, né di chiedere privatamente o pubblicamente che ne sia chiarito il senso.
In pratica, i dubia dovrebbero esser letti già di per sé come una sorta di ammonizione implicita, quasi le Loro Eminenze avessero detto:

Nell’Amoris Laetitia tu affermi qualcosa che contrasta direttamente con la dottrina: lo confermi o vuoi correggerti?

Ora, il silenzio di Bergoglio è un chiaro rifiuto di accogliere questo assist – mi si passi il termine – da parte dei quattro Porporati, i quali dimostrano con ciò stesso un gran rispetto ed una prudenza più che encomiabili.

Senza dire che – in punta di diritto – di motivi per deporre Bergoglio ve ne sarebbero stati già ben prima dell’Amoris Laetitia, visti gli spropositi quotidianamente ammanniti dal pulpito di Santa Marta.

Le Loro Eminenze avrebbero potuto infatti evitare i dubia, basandosi sic et simpliciter sul contenuto eretico dell’Esortazione e procedere alla correzione. Se si sono premurati di chieder lumi al Papa, prima in privato e poi pubblicamente, questo va a loro onore, poiché dimostra in essi la volontà di seguire quanto consiglia il Vangelo e prescrive la Chiesa nell’ammonire chi sbaglia:

Se poi il tuo fratello ha peccato contro di te, va’ e riprendilo fra te e lui solo. Se t’ascolta, avrai guadagnato il tuo fratello; ma, se non t’ascolta, prendi teco ancora una o due persone, affinché ogni parola sia confermata per bocca di due o tre testimoni. E se rifiuta d’ascoltarli, dillo alla chiesa; e se rifiuta di ascoltare anche la chiesa, siati come il pagano e il pubblicano (Mt XVIII, 15-18).

E si noti che Nostro Signore qui non parla di eresia, ma del fratello che ha peccato contro di te.
Circa la disciplina insegnata dagli Apostoli, si vedano I Cor V, 1-5; II Cor II, 6-11; I Tess V, 14; II Tess III, 6, 11, 14, 15; I Tim V, 20; Tit I, 13; Tit III, 10, 11; Giac V, 19, 20; II Pietro III, 16, 17; II Giov X, 11; Giuda II, 2.

Direi di più: i dubia consentono, laddove ottengano risposta, di chiarire non tanto il contenuto del documento papale, ma piuttosto la fattispecie di eresia, ovvero se si tratti di mera eresia materiale o di eresia formale.Si ha infatti eresia materiale laddove un battezzato formuli una proposizione che afferma un errore o nega una verità cattolica, senza l’intenzione esplicita di aderirvi, o quantomeno con l’implicita disposizione a sottostare all’insegnamento della Chiesa (erroneus assensus contra aliquam veritatem Fidei ex sola ignorantia, vel errore proveniens absque pertinacia voluntatis in eo persistendi). In senso stretto, l’eresia materiale non è nemmeno propriamente un’eresia.

Si ha invece eresia formale allorché, compresa la gravità dell’errore formulato o della verità negata, vi si aderisce con ostinazione, rifiutando la correzione e ribellandosi all’autorità della Chiesa (error voluntarius ac pertinax contra aliquam veritatem Fidei, unde patet, quod ad haeresim formalem duo copulative requiruntur, scilicet error in intellectu et pertinacia in voluntate).

Appare quindi evidente che, proprio nel formulare i dubia e nell’argomentarli con autorevoli fonti magisteriali, i quattro Cardinali abbiano dato a Francesco la possibilità di riconoscere l’errore – eresia materiale, appunto – correggendo la formulazione dell’Esortazione ed evitando di cadere nell’eresia formale.

Conseguentemente, il non riconoscere l’errore e l’ostinarsi pervicacemente a sostenerlo esplicita senza equivoci l’adesione all’eresia formale, ponendo immediatamente colui che la pronuncia fuori dalla Chiesa. E si noti che in questo caso la Chiesa giudica una posizione esterna, non interna, lasciando a Dio – che scruta i cuori e le coscienze – il giudizio sulle disposizioni interne del colpevole. In questa specifica circostanza si avrebbe poi l’aggravante dell’eresia formale esterna e manifesta (quae palam, et coram pluribus externe manifestatur), con gravissimo scandalo per i fedeli; ed anche lo scisma, poiché l’eresia porta sempre con sé anche una separazione dall’unità della Chiesa.

Duole riconoscere che proprio nel non voler accogliere questa possibilità in extremis Bergoglio si è messo con le proprie mani in un vicolo cieco, dal quale non gli è possibile tornar indietro, a meno che non si decida a rispondere. Ed in un certo senso si sono messi in un vicolo cieco anche i Cardinali, dal momento che dopo i dubia non possono far altro che procedere alla correzione formale.

Dopo le mie riserve espresse su Radio Spada, Di Janni ha aggiunto:

La previsione non può limitarsi alle sole azioni palesemente legittime. Così si può prevedere che il cardinal Burke ammonisca o corregga il papa o un suo documento, a prescindere dalla valutazione della legittimità dell’atto.

Anche perché, se atti e pronunciamenti illegittimi o invalidi fossero impossibili, non ci troveremmo a discutere di Amoris laetitia e non avremmo sentito un papa dire che i maomettani adorano il nostro stesso Dio.

Non posso trovarmi d’accordo nemmeno in questa spiegazione: la legittimità del comportamento dei quattro Eminentissimi è requisito imprescindibile in questa grave vicenda, poiché essa deve garantire l’assoluta inattaccabilità delle loro argomentazioni. Se Bergoglio compie atti illegittimi, insegnando l’errore, ciò non autorizza chi gli si oppone ad adottare un comportamento consimile, al contrario questi dovrà dimostrarsi estremamente ponderato, perché le sue decisioni appaiano ispirate ad equità, e non ad una mera avversione o all’impeto delle passioni.

Prosegue il commentatore:

Quella che appare teologicamente più fondata è che, trattandosi di un’interpretazione autorevole – e a questo punto l’unica ufficiale e in ogni modo quella di più alto livello magisteriale disponibile – il silenzio papale debba intendersi come un assenso. Scisma rientrato e ortodossia formalmente salvaguardata, anche se ogni vescovo continuerebbe a fare di testa propria, senza ovviamente nessun intervento censorio da parte della Santa Sede.

Non è chi non veda che, essendo illegittima ed irrituale, la prospettata interpretazione da parte dei Cardinali non solo non sarebbe autorevole, ma li porrebbe ipso facto in una posizione giuridicamente insostenibile, poiché implicherebbe un’arbitraria sostituzione del loro parere – che per il fatto di esser condivisibile non lo rende però legittimo in questa forma – alle dichiarazioni del Papa. Per esser più chiari: i Cardinali si arrogherebbero il diritto di far dire a Bergoglio, contro l’evidenza del senso letterale, ciò che le note a piè pagina non dicono.

Non è quindi possibile considerare teologicamente fondata un’ipotesi del genere. Non solo: il silenzio di Bergoglio non dovrebbe minimamente intendersi come un implicito assenso, ma sarebbe casomai un chiaro segno con cui egli ignora un’interferenza indebita. Ed in questo egli avrebbe paradossalmente dalla propria parte anche il diritto.

Quanto allo scisma rientrato ed all’ortodossia formalmente salvaguardata, mi pare che anche questa sia una conclusione arbitraria (oltreché sostanzialmente falsa), visto che l’eventuale interpretazione illegittima delle parole del Papa non entrerebbe nel merito, ma si limiterebbe ad aggirare – in modo controproducente – il problema.

Di Janni osserva:

Toccherebbe a questo punto a Burke e agli altri cardinali, se ne avranno il coraggio, di intervenire definitivamente per porre fine alla commedia degli equivoci e al dilagare dell’eresia. Costi quel che costi, pur con la triste certezza che la stragrande maggioranza di quanti sono formalmente cattolici rimarrà schierata con Bergoglio, con colui cioè che dà loro l’illusione di avere la coscienza in regola.

Non si comprende per quale motivo le Loro Eminenze dovrebbero compiere un atto canonicamente infondato, quale l’interpretazione contra sensum dell’Esortazione per poi trovarsi, dopo aver perso credibilità ed autorevolezza dinanzi alla Sede Apostolica ed all’opinione pubblica, a fare ciò che prudenza consiglia come prima cosa.
Questa la conclusione del commentatore:

Sarà scisma, essendo del tutto illusorio che Bergoglio e i suoi fedelissimi accettino la deposizione per conclamata eresia. La decadenza di Bergoglio dovrà ad ogni modo necessariamente comportare, esplicitamente o implicitamente, l’annullamento o quanto meno la messa sub judice di tutti i suoi atti di governo, in primis le nomine cardinalizie; altrimenti, anche nella remota ipotesi che Francesco si sottomettesse o si dimettesse, ci ritroveremmo con un successore degno di lui.

Che ci sia uno scisma de facto, è già evidente e riconosciuto anche da autorevoli Prelati. E’ altresì opinabile che si possano considerare sub judice tutti gli atti del Papa, men che meno implicitamente, visto che si tratta di atti pubblici e che come tali necessitano di un determinato iter giuridico per esser invalidati.
L’eventualità più semplice è che a seguito della correzione formale si determini, almeno da un punto di vista canonico, un terminus post quem, a partire dal quale gli atti di governo di Bergoglio possano esser considerati nulli, essendo stati posti da un fedele che, incorso in eresia formale, è ipso facto decaduto dal Sommo Pontificato, essendosi posto fuori dalla Chiesa, e quindi non ha l’autorità per porli.

E diciamo possano, perché si danno casi nella storia della Chiesa in cui, a tutela della tranquillità del governo, il Successore di un Papa decaduto abbia deciso di ratificare e confermare gli atti del predecessore di per sé non sospetti o condannabili.

Quanto al soggetto cui spetti la presa d’atto della sedevacanza, esso è oggetto di dispute autorevoli, ma pare ragionevole indicare quantomeno i Sacri Pastori – non certo i laici o il basso Clero – e coloro che tra questi ricoprono posizioni di maggior autorità, come appunto i Principi della Chiesa; ma le dinamiche concrete rimangono tutte da verificare, e certamente la Provvidenza interverrà secondo i Suoi imperscrutabili disegni.

L’alternativa possibile, ossia le dimissioni spontanee, potrebbero intervenire prima o dopo la correzione formale, ma anche prima o dopo la presa d’atto della decadenza di Bergoglio dal Papato, e sanerebbero la questione senza giungere alle estreme conseguenze.

Quanto all’elezione del Successore, pare evidente che, laddove i Porporati legittimi si riuniscano in Conclave e procedano secondo i canoni alla sua nomina, si dovrà ritenere Papa colui che essi avranno indicato, sempreché questi non dimostri in modo inoppugnabile di essere anch’egli eretico formale. Ma qui si riaprirebbe il discorso, e c’è solo da auspicare che il Sacro Collegio si dimostri docile all’ispirazione dello Spirito Santo.

Tra l’altro, non dimentichiamo che abbiamo anche un Papa Emerito, tuttora vivente, al quale potrebbe esser conferito nuovamente il governo della Chiesa, se non altro in attesa degli eventi…

Vi è poi un’ulteriore ipotesi, contemplata anche nell’articolo di Radio Spada. E cioè che, in presenza di una pubblica e formale ammonizione, Bergoglio continui a non rispondere ai Porporati e li deponga, o addirittura li scomunichi, cosa per la quale troverebbe certamente validi ed agguerriti sostenitori tanto tra i membri della Gerarchia, quanto nell’opinione pubblica. Ma che radunerebbe intorno ai Porporati un consenso sempre più evidente.
Ci troveremmo quindi ad avere un Antipapa formalmente eretico, che ha comminato una scomunica illegittima e nulla, determinando al contempo un gravissimo scisma all’interno della Chiesa: uno scisma tanto più grave, quanto la parte separata dal Corpo Mistico si troverebbe guidata da un usurpatore, nelle cui mani si troverebbero comunque tutti gli organi ed i Dicasteri della Curia.

Pare che, dinanzi ad una tale prospettiva, i consiglieri di Bergoglio preferiscano evitare l’inasprirsi di un conflitto che porterebbe in luce l’esercizio arbitrario e dispotico del Papato da parte dello stesso Bergoglio, finendo per screditarlo dinanzi ad una parte sempre più consistente – ancorché forse non maggioritaria – della Chiesa; e creando allo stesso tempo delle scomode figure di martiri, da sempre invise ai tiranni.

L’ultima obiezione sollevata da alcuni è quella, secondo la quale i dubia avrebbero il torto di rendere evidente lo scisma in atto e di causare una grave lacerazione all’unità della Chiesa; parimenti, con i dubia si esporrebbe la persona del Romano Pontefice a discredito, umiliando la sacralità del Papato, se non addirittura mettendo in discussione l’infallibilità pontificia. Argomentazioni, queste, che sono completamente infondate.

Andrebbe viceversa evidenziato che la vera Carità cristiana non può minimamente prescindere dall’amore per la Verità, e che la gloria di Dio, l’onore della Chiesa e la salvezza delle anime richiedono, anzi impongono di denunziare l’errore che si oppone alla Fede, anche a costo di uno scisma: poiché quanti difendono la Verità non si separano né dal Papa né tantomeno dalla Chiesa. E’ viceversa chi nega la Verità rivelata che, con il suo stesso gesto temerario e pertinace, si pone al di fuori di essa e contro Dio; e nel caso di un Papa eretico, proprio nel porsi fuori della Chiesa egli cessa d’esser Papa, preservando intatta quell’infallibilità che Cristo gli ha assicurato solo a condizione di custodire intatto il Deposito della Fede. Ecco perché non è possibile che un Papa sia infallibile nel definire un’eresia: perché la sua adesione all’eresia lo rende immediatamente incapace di definire ex cathedra.

Anche se può sembrar difficile da comprendere per le menti contemporanee, la Chiesa risplende nella sua unità quando sa pur dolorosamente allontanare da sé coloro che ne minano la Fede, la quale trova solo in Dio – e non nel consenso delle masse – la propria ragion d’essere ed il proprio vincolo di unità e perfezione. Tener insieme ortodossi ed eretici è operazione che offende la Giustizia, umiliando quelli e dando legittimazione a questi, e lasciando intendere – come vorrebbero i novatori – che l’errore possa aver diritto di cittadinanza, quando invece esso dev’esser svelato, denunciato e perseguito.

In vista di questi eventi, è dovere di ogni battezzato pregare e far penitenza, offrendo i propri sacrifici per la Chiesa e il Papato, affinché venga scongiurato il gravissimo pericolo per la salvezza delle anime e l’offesa alla Divina Maestà.