di Cristiano Lugli
Carissimi amici di Radio Spada,
I pregi dell’essere giovani sono tanti e siamo soliti affermarlo accoratamente. Ancor meglio è essere giovani e cattolici, cosa che, in epoca pre-illuminista, poteva considerarsi cosa normale e tipica di ogni famiglia.
Certo oggi si evidenzia un terzo aspetto nell’essere giovani e perlopiù cattolici, ovvero essere giovani cattolici al giorno d’oggi. Il giochetto di parole derivante da questo terzo aspetto non è casuale, tanto meno irrisorio, ma è segno di una realtà tangibile a tutti. Penso che la differenza di età conti senza dubbio poco, tuttavia essere giovani cattolici al giorno d’oggi ha un non so che di difficile, commisto ad un non so che di altrettanto stimolante. Intanto limitiamoci al primo aspetto.
Penso non sia sbagliato asserire che una persona di vent’anni e poco più, quale il sottoscritto, è nato al cospetto del peggio: una società degradata all’ennesima potenza, una generazione cresciuta senza arte né parte, un’educazione generale soggetta in quasi totale parte allo spirito del mondo ed infine, non per importanza, una Chiesa scarnata della Sua essenza principale.
C’è però poi un fattore molto rilevante nella vita di ogni uomo, e altro non è che il disegno ascosto che il Buon Dio ha impresso sopra ognuno: “Non est occultátum os meum a te quod fecísti in occúlto, et substántia mea in inferióribus terræ. Imperféctum meum vidérunt óculi tui, et in libro tuo omnes scribéntur; dies formabúntur, et nemo in eis.”
La Provvidenza, agendo, porta anche allo scoperta – così tanto semplice quanto però nascosta agli occhi del mondo – di ciò che sempre è stato e di ciò che un giorno, per una legge superiore, tornerà brillantemente ad essere. La Tradizione della Chiesa come d’incanto è comparsa innanzi ai miei occhi sbigottiti. Ricomparsa con la sua forma di manifestazione più grande che è il Santo Sacrifico della Messa, compiuto allo stesso modo sopra l’Altare, quell’Altare che non è tavola, non è mensa, ma è Cristo: “Altare est Christus” viene detto dal Vescovo durante l’ordinazione di nuovi sacerdoti.
Trattasi dunque di grande Grazia, quella di essere reindirizzati sulla strada retta, quella dove certamente si possono trovare i mezzi e non esistono più scuse per deviare rotta senza personale responsabilità.
Ma, fatto questo preambolo essenziale, entro nel cuore e nel contenuto vero della mia lettera, lettera di un giovane cattolico molto perplesso per quello che sta avvenendo. Se all’inizio è tutto rose e fiori, come spesso in tutte le cose, va detto che anche il mondo del cosiddetto tradizionalismo ha i suoi archetipi particolarmente spinosi, epperò certamente dettati dai tempi: tempi bui, di discordia, tempi di cuori freddi e di fedi tiepide, già predisposte a crollare al primo e minimo moto.
Il rammarico principale cresce nel vedere gli sviluppi all’interno della Fraternità Sacerdotale San Pio X, nella quale posso dire di aver conosciuto la Tradizione, oltre che a un gran numero di santi sacerdoti pronti a spendersi per ogni anima incontrata nel percorso, come ad esempio la sottoscritta. Non sono ignoti a nessuno i clamori e i grandi rumors convogliati ancor più negli ultimi due mesi e nella dipartita di don Pierpaolo Petrucci.
Vorrei qui tornare per un attimo su tutta la questione, portata alla frustrazione dai fatti accaduti con l’ultimo articolo apparso sul sito della Fraternità, di cui già mi sono trovato a parlare – io come altri, ognuno con le proprie vedute – qualche giorno fa.
Ciò che rattrista in tutto questo, mi ripeto, è la mancanza di chiarezza e di trasparenza, più che nei contenuti di quanto scritto e da una parte e dall’altra. Mancanza che si nota sopratutto nei riguardi dei tanti bravi sacerdoti del Distretto italiano che, molto spesso, nemmeno sanno che risposte dare ai fedeli, certamente un po’ per prudenza, ma in alcuni casi anche per vera e propria mancanza di dati su cui basarsi.
Francamente la grande perplessità è quella di vedere un istituto che tanto ha dato alla Chiesa, tanto ha dato alle anime, ridottosi ora a questo stato di tensioni generali, apparentemente senza uscita e senza linea ben definita dai vertici stessi.
Se, come voci dicono da un pezzo per stesse ammissioni fatte all’interno di interviste o quant’altro, si vuole ottenere qualcosa sotto questo pontificato “perché vista l’imprevedibilità di Bergoglio è più facile ottenere qualcosa“, allora chi dice che qualcosa all’interno della Fraternità è cambiato ha ragione. Allora ha ragione Alessandro Gnocchi, sostenendo che così facendo la Fraternità stessa non diverrà tanto diversa da chi all'”interno” c’è da un pezzo, depauperando in definitiva così il ruolo che si pensava potesse avere in questi tempi ultimi.
Si osservi che questo non muterebbe la santità dei sacerdoti – anche quelli che rimanessero sotto il fatidico accordo -, non per questo sarebbero da considerarsi in qualsivoglia modo negativi. Chi va alla Messa della FSSPX oggi non avrebbe a mio avviso ragioni per non andarci un domani. Questo principio vale per ogni sacerdote, e non solo per quelli della Fraternità.
Il senso di appartenenza assoluta è la rovina, il rischio più grande per i fedeli i quali, in realtà, hanno come obbligo quello di salvaguardare la propria Fede integralmente cattolica e assolvere al precetto domenicale, non recandosi dunque ad un rito ambiguo e pericolo ma assistendo alla Messa di sempre. Le dispute interne riguardano tuttalpiù i sacerdoti e non i fedeli, ricordando a tal proposito quanto insegna ancora San Tommaso, ovverosia che “Dio non abbandona mai la sua Chiesa al punto da non poter trovare ministri sufficienti per le necessità del popolo” (S. Th., Suppl., q. 36, a. 4, ad 1), e questo pone tutti i prodromi per i quali la Messa di sempre non sia mai scomparsa del tutto, pur vivendo vari ostracismi e corrotti tentativi di soppressione.
Ma veniamo ora alle già menzionate perplessità che muovono l’animo di un giovane (e in generale credo di tanti fedeli), riguardanti un possibile ed imminente “accordo bilaterale” – l’uniteralità di un accordo non potendo esistere, tanto meno con Bergoglio – che offrirebbe una prelatura personale alla Fraternità. Aldilà della portata di questa possibilità che ora in tanti plaudono, l’aspetto più fastidioso è quello del “
tirare Monsignore per la talare“, come ha giustamente affermato in questo bell’articolo Andrea Giacobazzi (
http://www.riscossacristiana.it/tirare-monsignore-per-la-talare-di-andrea-giacobazzi/).
Niente che non sia già stato detto punto, ma qualche rafforzativo non fa mai male ad opporre un po’ di riflessioni a coloro i quali ora tacciano di “radiospadismo” estremo, gridano al tradimento e urlano “Giuda!” dai pulpiti dei loro scranni a chi tenta di mettere in guardia dal trappolone modernista, peraltro citando sempre e ripetutamente Monsignor Lefebvre.
“Lefebvre non ha mai smesso di andare a Roma, non ha mai smesso di incontrare il Papa o i Cardinali”. Questo il cavallo di battaglia di chi sostiene che un’intesa sia possibile: vero, verissimo, questo Monsignore lo ha sempre detto. Vero è però pure che, nonostante il Suo grande carisma che sempre lo ha spinto a dialogare con Roma, Egli abbia sempre ricevuto queste risposte alle lettere che spesso indirizzava:
“Lei sarà accolto, i suoi consigli accettati dalla curia e dal Santo Padre se Lei accetta tutto l’orientamento attuale della Chiesa. Sin quando Lei non accetta il Concilio e tutte le sue riforme, tutto l’orientamento dato da Roma, la riconciliazione è impossibile.”
Forse che qualcosa è cambiato, se non inteso verso il peggio? Forse c’è veramente qualcuno che potrebbe presumere della certezza di qualche cambiamento rispetto alla situazione di allora, sotto Paolo VI e sotto Giovanni Paolo II? Nient’affatto: solo uno sciocco potrebbe veramente pensarlo.
Poi c’è chi pesta il piede su “l’esperienza della Tradizione“, a cui Monsignore fa particolare riferimento in “La Chiesa dopo il Concilio – Roma, 6 giugno 1977”. Parlando al Papa Lefebvre così si pronunciò: “[ in Francia ] C’è l’apostasia, l’apostasia generale; forse è lo stesso anche in Italia, non lo so. Io faccio una sola richiesta: lasciateci fare l’esperimento della tradizione.”
Ancora una volta nulla di più vero, ma in tutto questo c’è un piccolo particolare che forse qualcuno, nelle fretta di scrivere per tirare acqua al proprio mulino, omette.
Gli anni in cui Mons. Lefebvre chiedeva queste cose erano certamente anni terribili, di grande cambiamento e rivoluzione ecclesiastica ancor prima che sociale: cambiavano i sacramenti, cambiava la dottrina, cambiava la Messa. Tuttavia la tradizione non era andata già dimenticata in molte persone, in tanti fedeli come in tanti sacerdoti che avevano subìto un indecente attacco alla Fede, rimanendo però ben strutturati dalla formazione che era stata loro data nei seminari pre-conciliari, seppur già la macchina modernista avesse cominciato a stritolare le menti e le anime. Ecco perché l’ipotesi dell'”esperienza della tradizione” avrebbe potuto portare ancora frutti anche solo tramite la Messa di sempre, cosa che invece, oggi, andrebbe un attimo riformulata a causa del pragmatismo venutosi a formare in tanti buoni istituti, e a quanto pare anche nella Fraternità, o più precisamente nell’idea che qualcuno al suo interno ha di essa. Si vorrebbe ottenere un nulla osta ecclesiastico a rinnovare questa “esperienza” legata prettamente alla Liturgia, senza far caso alla disputa teologico-filosofica che si intramezza fra tradizione e modernismo.
Secondo questo criterio pragmatista, non si dovrebbe badare alla rivoluzione devastante ertasi nella Chiesa negli ultimi 40 anni (per prendere un tempo che si distanzi da quello in cui Monsignore chiedeva di poter fare “l’esperienza della tradizione”), sulla morale piuttosto che sulla filosofia, sulla dogmatica, sul diritto canonico, e potremmo avanzare all’infinito. Appare infatti che l’unica volontà sia quella di abbattere i cavilli che impediscono uno stato giuridico “regolare”, dopo del quale l’unica richiesta sarebbe quella di “liberalizzare” la Messa di sempre. Ovviamente non è mio intento (e spero quello di nessuno) sminuire la portata della Santa Messa, fulcro della spiritualità cattolica, ma ciò detto non si può nemmeno pensare di fare a meno di tutto ciò che spiega il Cattolicesimo. Ancora follia sarebbe congetturare di risolvere il problema che separa sideralmente la liturgia nuova da quella di sempre senza prima anteporre quello dottrinale teologico che separa la Chiesa dalla neo-chiesa, scaturito dai 16 documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II per i quali Bergoglio e tutti i predecessori hanno cantato con grande gaudio.
Questo arcano problema può essere scavalcato solo da chi inverte il principio di realtà con quello di convenienza, giuridica o canonica che sia, pregna dei propri soggettivismi. È, di fatto, la “veritas est adæquatio vitæ et intellectus“, in antitesi con il primato della “rei et intellectus” di tomistica e perciò retta misura.
Se le intenzioni non fossero legate a convenienza, allora ci sarebbe un ulteriore rischio legato al mutamento di pensiero, che in Monsignor Lefebvre non è mai cambiato poiché Egli ben conosceva i tempi ed i prospetti, seppur mai abbia smesso di sperare e pregare. Nel giorno in cui venne inaugurato il Priorato Madonna di Loreto a Rimini (7 luglio 1984) non esitò a definire gli attuali tempi come tempi di “dissacrazione e distruzione della Chiesa“; che – repetita juvant – qualcosa è cambiato? D’altronde, come sempre diceva il fondatore della Fraternità Sacerdotale San Pio X, “se la nostra situazione sembra anormale, è perché coloro che oggi hanno l’autorità nella Chiesa bruciano ciò che adoravano un tempo, e adorano ciò che un tempo era bruciato.”
Eppure questa idea di “fare esperienza” all’interno di un contesto in cui la Tradizione è odiata sarebbe come pensare di camminare continuamente con uno zoppo pretendendo di non prendere mai il suo passo, il che rientra nei grandi rischi di cui è detto “nemo repente fit pessimus“.
Non occorre ribadire quale fine abbia fatto chi ha deciso di scendere a compromessi, di dialogare con Roma nel tentativo di far rifiorire la Tradizione “dall’interno”: i risultati si sentono da tutti quelli che sono finiti a parlare di grandi progetti, ma attuabili solo credendo nella “riforma della riforma” di ratzingeriana specie.
Giustamente vi è chi ricorda volentieri l’esempio di Antioco Epifane, potenziale corruttore della Rivelazione e del Culto Divino vetero-testamentario, che si trovò però a dover fare i conti con i sette fratelli Maccabei che impugnarono le armi e lottarono per la difesa della Fede, senza compromessi o smancerie con chi è nemico all’integrità di essa, preferendo di morire martiri piuttosto che cedere.
Difficile è sapere quel che sarà prima che sia, e per questo attendiamo di vedere. La perplessità però si palesa dal momento che sembra vacillare quella certezza e quella fermezza che sempre hanno rappresentato un Istituto a cui certamente tutti dobbiamo tanto. Proprio per questo allora è opportuno serrare le fila per non cedere al rischio, come mi diceva un buon sacerdote, di baciare la mano al “padrino” pensando di avere un’offerta di protezione, senza al contempo rendersi conto di essere entrati a far parte di un’associazione da cui non si può più uscire, se non morti.
Un vecchio Vescovo di Campos aveva a dire ciò che sento di far mio con tutto il cuore in questo particolare momento di generale insicurezza, anche per rendere testimonianza tangibile ai contestatori di questo pensiero, confermando che esso non è votato ad un anarchico senso di protesta fine a se stesso, quanto invece all’amore per la Chiesa e quindi alla Verità tutta intera:
“Non c’è nessuna opposizione fra noi e la Roma degli Apostoli. Basterebbe che le autorità della Chiesa si riconcilino con la Tradizione infallibile di Roma, che condannino le deviazioni del Concilio Vaticano II e le follie del cosiddetto ‘spirito del Concilio’ e la riconciliazione sarà automatica.”
Un Vescovo di Campos: “Basterebbe che le autorità della CHIESA si riconcilino
…………………………………. con la Tradizione infallibile di Roma…”………………………
Un buon Sacerdote:…… “Proprio per questo allora è opportuno serrare le fila per
………………………………….non cedere al rischio di baciare la mano al PADRINO…”
Vorrei solo invitare all’osservazione di come dove il vecchio Vescovo di Campos vede la CHIESA, il buon Sacerdote vede, di contro, il PADRINO: due Consacrati Cattolici che, volgendo lo sguardo della mente a Roma, VEDONO – ed esprimono con parole diametralmente OPPOSTE – la stessa, identica Realtà.
Pongo a me stesso – e a Chi mi legge – la domanda se sia ciò che vediamo a determinare le parole che usiamo, o se siano, piuttosto, queste ultime a determinare ciò che vediamo.
Mirabile caruso lei è molto interessante. Si chiama manipolazione mentale a cui ci siamo prestati TUTTI , parrebbe signorimiei . Ignoro se supererò la censura ma mi arrischio ad alcune riflessioni da modernista con passaggio al tradizionalismo e disillusione successiva pure lì.Fatemi fare l’ esperienza della tradizione? Gesù avrebbe detto ciò? Nun risulta proprio a legger lu Vangelo. Lienart , massone 30° e quindi adoratore luciferino era nella Chiesa o no? Se la risposta è no, chi fu Lefevbre? E un altro velo cadrebbe con mal di stomaco assicurato nel prender atto. Chi abitò a Roma e seguì Lefevbre, suoi sacerdoti(santi, si fa x dir), restò nel tradizionalismo, chi abitò a Palermo ed ebbe un santo (si fa x dir) sacerdote passato al messale roncalliano e indi al vernacolar diventò modernista: in sintesi la salvezza de uno e dannazion de’ l’altro dipende da dove abitavan? E chi ebber la sorte d’aver x sacerdote? Mia conclusion: tutti al conclave 58 furono ct il vero Papa e si prestaron a la simulazion…. e cos’ arrivammo a veder li sorci verdi attuali. Ma li sorci verdi e lo stumacco attorcigliato fan schiarì le idee a chi vuol usar lu cervello. E nun la panza cun lo pasto che c’avemo davanti. C’est pas facil ma c’est possible…….
Innanzi tutto nessuno di noi sa come andrà a finire, solo Dio lo sa e forse molti di noi non conoscono affatto la FSSPX per credere che ciò che pare stia accadendo sia un tradimento delle posizioni prese riguardo al CVII e alla riforma liturgica (protestantizzata). Cosa dovrebbe secondo voi fare chi da sempre ritiene che a decidere se uno è papa o meno spetta ad una altro Papa e non ad una fraternità? Se dunque chi si riconosce Papa chiama a Roma, perchè vuole conoscere meglio la FSSPX o perchè ha intenzione di darle un riconoscimento canonico, Fellay che dovrebbe fare? Dire: mi scusi ma lei mi piace poco e non vengo. Ricordiamoci che la FSSPX non è fatta di sedevacantisti. Se poi questo Papa come gli altri tira il pacco e inganna, dite non ci sia la possibilità di rivalutare tutto e di salutarlo? sono 40 anni che i sacerdoti e i vescovi della FSSPX sono abituati a vivere in trincea, senza aiuti da nessuno e a fare sacrifici e aprendersi offese, scomuniche, sia dai nemici che dagli amici, credete dunque non abbiano ormai sviluppato attributi abbastanza solidi per ritornare ai margini della strada se fosse necessario? Chi credete stiano servendo da 40 anni? Potrei capire se parlaste di qualche istituto tradizionale che da subito o quasi ha preferito accettare la nuova messa ed il CVII mantendendo solo il guscio esteriore della tradizione (chiussà perchè di questi non si sente mai una critica) e che pertanmto difronte ad una persecuzione non sa nemmeno che fare, ma la FSSPX è vissuta nella persecuzione e nella privazione (no stipendio vaticano, no chiese, no 8 per mille etc). Dunque Keep calm. Se la FSSPX non vi piace o vi ha deluso ci sono i sedevacantisti che attendono a braccia aperte o i biritualisti, di meglio d’altro non c’è.
Gentile RS per la seconda volta vedo la vostra censura.Sono in sintonia con il signore che si firma – Gli occhi al cielo –
Aprire maggiormente gli orizzonti non farebbe altro che un bene a tutti,ricordando ancora, che le Vie del Signore, non sono le nostre.Tutto potrebbe anche capovolgere.Ma che ne sappiamo noi…Questa e’ fede signori: che altro se no!
A questo punto il mio commento e’ rivolto a chi lo legge,anche sebbene poi censurato.
Cara Maria, le decisioni dei moderatori sono insindacabili, la invito a cambiare sito web se non le piace il modus operandi. Grazie.
gli occhi al cielo, abbiamo già due papi e lei ne vole n’altro (premesso che dato che Gesù non mente il Papa vero ce sta ma nessuno lo vole, e questa s’è la conclusione mia allo stato attuale anche s e nun lo conosco , ma le profezie lo disser e ben tempi andati che furon) , s e ne tenga pure anche 4 , un altro antipapa che giudichi su li primi 2 anti. Me responda piuttosto a mia obiession… che de persecussion io nun ne vedo , chè male nun stanno a vedè a colpo d’occhio e mano li sedevacanttisti…. la persecussion, distintiva c’est de la Chiesa vera.
Ma come cacchio scrivi?!
@Lister
E’ andata a strafarsi di cicchetti perché il successore di Siri lo si può vedere soltanto con le allucinazioni e questo è il risultato!
fumato lu cervello come dice affetuosamente sor Alessandro? chilosa, se vedràààà, dei ser me ne faccio poco come pure de loro opinion che nun cambiano a chiunque siano indirizzate , vedo……
manco li sedevacantisti
Questi i commenti all’eccellente articolo del signor Lugli!!
Complimenti al giovane autore dell ‘ articolo, scrive così bene, pare impossibile quasi che sia così giovane e preparato!
Ma come, si dice di non tirare monsignore per la talare e poi Lugli fa esattamente questo nel suo articolo! Anzi tira per la talare anche un vecchio vescovo di campos …
Caro Signor Marco,
Uno dei brutti vizi presenti nel campo umano è quello di far parlare i morti. In questo caso però – mi spiace deluderla – io ho solo risposto ad una “tirata per la talare” che non è iniziata da me, se lei ha seguito le vicende.
Monsignor Lefebvre ha vissuto in un periodo quanto mai complesso, ecco perché non si può scendere a facilonerie sul “cosa farebbe ora”. Non che questo periodo non sia complesso, anzi , tutt’altro come è evidente.
Dimostrare cosa? Niente, se non che se uno conclude con papiri di citazioni volti a ritrarre un Lefebvre favorevole all’ “accordo” con Roma possono esistere altrettante citazioni utili a dimostrare il contrario. Basta capire poi quali hanno più sussistenza a mio avviso, e qui potremmo aprire un dibattito su Monsignore, tuttavia non mi pare il caso proprio perché non ha senso nessun tiraggio. Oggi la situazione va affrontata senza Monsignor Lefebvre, che piaccia o no.
Quanto al vecchio Vescovo di Campos, silenzioso quanto fondamentale in tutto il Suo operato in quella Diocesi poi caduta nel tranello, ho citato solo alcune delle frasi che sentenziano la Sua disapprovazione a qualsiasi tipo di “rientro”.
Se mettesse da parte le sue allusioni, caro Marco, capirebbe che in una frase di Monsignor De Castro Mayer vi è tutto ciò che vi sarebbe da dire anche oggi:
“Non c’è nessuna opposizione tra noi e la Roma degli Apostoli. Basterebbe che le autorità della Chiesa si riconcilino con la Tradizione infallibile di Roma, che condannino le deviazioni del Concilio Vaticano II e le follie del cosiddetto ‘spirito del Concilio’ e la riconciliazione sarà automatica, ipso facto.”
Cordialmente,
Cristiano Lugli
Caro Cristiano Lugli mi complimento per la sua cortese risposta, grazie a Dio si può essere in disaccordo senza doversi per forza insultare …
Purtroppo resto in disaccordo anche su quanto mi ha scritto … ma non mi sembra proprio il caso di iniziare una sorta di botta e risposta infinito …
La saluto cordialmente e le auguro ogni bene in Cristo Nostro Signore.
NB Ci tengo a ringraziare anche la redazione di Radio Spada che non applica una censura preventiva agli interventi …
Ci mancherebbe, non avrei avuto motivo alcuno per insultarla.
Le auguro anche io ogni bene in Cristo.
Cordialmente,
Cristiano Lugli