L'unico vero Olocausto, da non dimenticare.

L’unico vero Olocausto, da non dimenticare.

 

 

Articolo apparso sul New York Times di oggi, pagina 12. Traduzione (sine glossa) e grassettature a cura della redazione [RS]

 

 

Questo Papa è un punto di riferimento per il dialogo interconfessionale: ed è ciò che serve ora, per rimuovere una chiesa cattolica dal luogo dove un milione di Ebrei è stato ucciso.

 

di Avi Weiss (*)

 

Questo venerdì ricorre il 72esimo anniversario della liberazione del noto complesso costituito dai campi di concentramento di Auschwitz-Birkenau, dove, durante l’Olocausto, un milione di Ebrei furono trucidati. Il complesso comprendeva Auschwitz I e, a quattro chilometri, il molto più grande Auschwitz II, noto anche come Birkenau, dove i Tedeschi costruirono quattro grandi camere a gas e dove si verificò la quasi totalità delle morti da parte ebrea. Birkenau era la più letale tra le fabbriche della morte approntata dal regime nazista per sterminare gli Ebrei.

Negli anni Ottanta, i Cattolici che abitano nel villaggio di Brzezinka (è questo il nome polacco di Birkenau) costruirono una chiesa all’interno del campo, sovrastata da una grande croce, con un’altra grande croce eretta sul sagrato. La chiesa occupa l’edificio che costituiva il quartier generale dei comandanti, quindi si trova all’interno del perimetro del campo di sterminio, come mostrano anche le fotografie aeree. Questo viola un accordo siglato, nel 1987, dai cardinali europei e dai leader delle comunità ebraiche, secondo il quale non dovevano esserci luoghi di culto cattolici (permanenti) all’interno dei siti di Auschwitz e Birkenau.

Questa chiesa va spostata, e Papa Francesco ha il potere di farlo. Posso testimoniare la sua gentilezza umana, quando ancora non era Papa, in occasione del mio viaggio a Buenos Aires quando nel 1994 il centro ebraico fu colpito da un attacco terroristico, che provocò 85 vittime. Si trattò di uno dei più grandi attacchi agli Ebrei della diaspora, dopo l’Olocausto. Incontrai anche Abraham Skorka, un rabbino argentino conservatore. In quei giorni difficili, l’arcivescovo di Buenos Aires, amico fraterno di Skorka, parò con profondo amore e profonda compassione, portando il suo supporto alla comunità ebraica. Oggi quell’arcivescovo è Papa Francesco.

Vi è poi un precedente, nel senso di un’azione papale volta a preservare l’accuratezza nella memoria dell’Olocausto. Nel 1993 infatti, dopo una protesta da parte di gruppi ebraici, Giovanni Paolo II ordinò ad un convento carmelitano di abbandonare una costruzione che occupavano nel campo di Auschwitz I. Papa Francesco può dunque, similmente, ordinare di spostare quella chiesa fuori dal campo, mostrando la stessa consapevolezza e compassione che il suo predecessore ha dimostrato e preservando l’autentica memoria degli Ebrei uccisi a Birkenau, che non possono più difendersi.

Con questa richiesta, la nostra comunità non intende dire che non ci siano state vittime cattoliche ad Auschwitz-Birkenau: circa 75mila Cattolici polacchi vi furono infatti uccisi, ma per motivi non connessi con la loro identità religiosa (ad esempio, per motivi politici). A Birkenau il 95% circa delle vittime era ebrea, e si trattò di genocidio. Neppure desideriamo che gli abitanti di Brzezinka vengano privati della loro chiesa parrocchiale: devono costruirne una nel paese, lontano dal campo.

Una chiesa è un luogo sacro e lo riconosciamo; ma la scelta del sito dà un’impressione distorta della realtà di ciò che era Birkenau, portando i visitatori a ritenere che fosse stato realizzato per eliminare i Cattolici polacchi, piuttosto che gli Ebrei. Se la chiesa non verrà rimossa, i visitatori concluderanno, del tutto legittimamente, che Birkenau sia stato il luogo di un genocidio cristiano: ma non vi era alcun programma di uccidere i cristiani in quanto cristiani, mentre c’era il programma nazista di sterminare tutti gli Ebrei, obiettivo quasi raggiunto con i sei milioni di vittime dell’Olocausto.

Non è facile per me chiedere la rimozione di quella chiesa, ben sapendo che posso urtare i miei fratelli e sorelle Cattolici: sono un rabbino ortodosso che ha molto a cuore i rapporti interreligiosi. Quando, nell’aprile di due anni fa, i cristiani furono trucidati nel corso di un attacco ad un’università kenyota, la nostra congregazione newyorkese offrì la sua affettuosa vicinanza ai Cattolici di St. Gabriel, e io piansi con il Rev. John Knapp. Come rabbino devo avere un profondo rispetto per le persone, per i simboli religiosi e per i luoghi di culto di tutte le religioni, e lo provo in particolare nei confronti dei cristiani oggi ammazzati in Africa e in Medio Oriente, come sono stati gli Ebrei nel corso della storia. Ma ciononostante, bisogna dirlo: una chiesa non c’entra nulla con il più grande cimitero ebraico del mondo, Auschwitz-Birkenau. Ecco perché, nel 1995 (cinquantesimo della liberazione), ho condotto un sit-in durato un’intera giornata per chiedere il suo trasferimento. Alla fine fummo arrestati.

Ma adesso, con un diverso Papa, di sensibilità storica e grande senso di giustizia, come ho potuto toccare con mano a Buenos Aires, speriamo che la nostra supplica trovi infine accoglimento. Ogni anno sono sempre meno i testimoni dell’Olocausto: il più noto di tutti, Elie Wiesel, è morto l’anno scorso; presto ci resteranno solo i libri e gli edifici storici, muti monumenti alla memoria, che dovranno presentare la storia com’era, senza distorsioni di alcun tipo che possano dare alla memoria una forma che essa non ha. Il passato, il futuro, e i morti dell’Olocausto non meritano di meno.

 

(*) rabbino fondatore del Hebrew Institute of Riverdale (Bronx), della Yeshivat Chovevei Torah e della Yeshivat Maharat e autore di “Open Up the Iron Door: Memoirs of a Soviet Jewry Activist”.