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di Isidoro D’Anna

 

Due siti internet cattolici hanno pubblicato, di recente, un paio di articoli sul piacere sensuale nella vita matrimoniale. Entrambi gli articoli sottolineano, giustamente, come il piacere tra i coniugi sia lecito, sempre che non vada contro il bene della famiglia e dei figli.

Nulla di nuovo in questo, perché già San Paolo parla di come gli sposi possono unirsi quando in loro arde il desiderio sensuale (1 Cor 7, 1-8). Aggiunge tuttavia: «Questo però vi dico per concessione, non per comando» (v. 6). Quindi riguardo al matrimonio non dovremmo mai parlare solo del piacere sensuale, che è una concessione, ma anche e soprattutto di una via più elevata nell’amore tra gli sposi. Altrimenti, rischiamo di presentare una visione a senso unico e incompleta.

Per esempio, in uno dei due articoli si legge: «La castità prematrimoniale è la capacità di rimaner fedeli al proprio marito e alla propria moglie ancor prima di conoscerli».

In realtà, prima del fidanzato o della fidanzata, che saranno lo sposo o la sposa, viene Dio, che ha creato entrambi ed è il loro Fine supremo. La castità prematrimoniale è quindi la capacità di rimanere fedeli innanzitutto a Dio, adorandolo, pregandolo e servendolo in ogni momento insieme alla persona umana che si ha accanto.

Dio ha per i fidanzati un progetto meraviglioso, proteso verso l’eternità e l’infinito, e questo progetto non si limita quindi al solo aspetto umano. Ciò può essere scontato per i cari autori dell’articolo, ma è bene metterlo in evidenza. Dobbiamo sempre mettere in evidenza Dio per primo, perché solo così possiamo prenderci veramente cura di noi stessi e degli altri. È nel Signore che troviamo il nostro Sommo Bene e l’ispirazione per ogni premura. Proprio partendo da Dio e non dall’uomo, gli sposi possono riuscire a elevarsi nell’amore, anche al di sopra del piacere sensuale, che rimane comunque lecito tra di loro.

Più grande di un amore che non sa fare a meno della sensualità, c’è un amore che la supera con la finezza dei sentimenti verso Dio e tra gli sposi. Come insegna San Filippo Neri (1515-1595), il grande sacerdote educatore dei giovani, «la devozione al Santissimo Sacramento e la devozione alla Vergine sono, non il migliore, ma l’unico mezzo per conservare la purezza». Quindi la purezza si assicura, si fortifica e cresce di pari passo con la devozione al Santissimo Sacramento e alla Vergine Maria, nostra Madre, anche onorata con il titolo di Madre della purezza.
E con la devozione verso il Signore sacramentato e la Madre di Dio e nostra, nasce una devozione più pura e più bella dello sposo verso la sposa, e viceversa. Una devozione fatta di sentimenti e atteggiamenti come il rispetto, l’ammirazione, la tenerezza, la delicatezza, l’innocente allegria, la dedizione senza limiti e non ultimo un profondo senso di riverenza. Anche la procreazione e il bene dei figli, in particolare la loro innocenza e la loro santificazione, vengono allora visti in una luce nuova.

Il modello più esemplare che conosciamo per un amore così grande e fine sono i genitori di Santa Teresa di Gesù Bambino, Louis e Marie-Azélie Martin, di cui la Santa carmelitana diceva che erano «più degni del Cielo che della terra». E non è un caso che da santi genitori nascano figli che si faranno santi!
Comunque, questo livello diremmo soprannaturale dell’amore tra gli sposi è una raccomandazione tradizionale della Chiesa. Possiamo per esempio leggere ciò che scrive San Francesco di Sales nella sua celebre opera Filotea:

Non è mai permesso prendere piaceri impudichi dai nostri corpi, poco importa in che modo. Li legittima soltanto il Matrimonio che, con la sua santità, compensa il discredito insito nel piacere. Anche nel Matrimonio bisogna avere cura che l’intenzione sia onesta, perché se ci dovesse essere qualche sconvenienza nel piacere che si prende, ci sia sempre l’onestà nell’intenzione che lo ha cercato.
Il cuore casto è come la madreperla, che può ricevere soltanto le gocce d’acqua che scendono dal cielo, giacché può accogliere soltanto i piaceri del Matrimonio, che viene dal cielo. Fuori da ciò non deve nemmeno tollerare il pensiero voluttuoso, volontario e prolungato.
Come primo grado in questa virtù, Filotea, guarda di non accogliere in te alcun genere di piacere inammissibile e proibito, quali sono tutti quelli che si prendono fuori del Matrimonio, o anche nel Matrimonio, se si prendono contro le regole del Matrimonio.
Come secondo grado, taglia, per quanto ti sarà possibile, anche i piaceri inutili e superflui, benché permessi e leciti.
Per il terzo, non legare il tuo affetto ai piaceri e alle soddisfazioni che sono comandati e prescritti; è vero che bisogna prendere i piaceri necessari, ossia quelli che sono legati al fine e alla natura stessa del santo Matrimonio, ma non per questo devi impegnare in essi il cuore e lo spirito.

Il primo grado di cui parla il Santo citato, di cui era nota la grande dolcezza, è la vita degli sposi che non sanno fare a meno della sensualità, ma la vivono in modo lecito. Cioè secondo natura e rispettando la loro vocazione alla procreazione. Il secondo grado nella purezza coniugale già ci mostra gli sposi che non prendono piaceri sensuali se non per la stretta utilità della procreazione. Nel grado più elevato, marito e moglie sono così puri e amorevoli che non danno importanza nemmeno a quei piaceri che possono ottenere dall’atto coniugale rivolto alla procreazione. Questo è una meraviglia e un trionfo dell’amore, di un amore che evoca l’adorazione di Dio e l’innocenza prima di ogni altra cosa.

Speriamo insomma con questa riflessione di far cosa gradita non solo ai lettori, ma anche agli autori degli articoli citati all’inizio.
Restiamo uniti e avanti sempre con Maria, nostra Madre, Regina e Condottiera!

 

Fonte: lucechesorge.org