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Con una rapida giravolta, Coccopalmerio – autore della più ufficiale ed importante tra le risposte già date ai dubia dei quattro cardinali – ha fatto riferire di non volere, per il suo endorsement ad Amoris Laetitia, alcun crisma di ufficialità.

Questa notizia l’abbiamo data un paio di giorni fa. Era fisiologico che, nella fitta nebbia dei dico-non-dico modernisti, il dibattito proseguisse assumendo a tratti l’aspetto di quella fantozziana, ben nota partita di tennis. Cerchiamo, quindi, di fare qualche riflessione di buon senso. [RS]

 

di Cristiano Lugli

 

La recente pubblicazione dell’opuscolo “Il Capitolo Ottavo dell’Esortazione postsinodale Amoris lætitia“, a cura del Cardinal Coccopalmerio, ha generato un interessante dibattito anche nel mondo laico.

Alcuni siti cattolici hanno infatti contestato chi ha visto in questa pubblicazione una clamorosa risposta ai ‘dubia‘, pur specificando il modo indiretto e strategico con cui è stata posta, ancora una volta tipico dell’atteggiamento di Jorge Mario Bergoglio.

 

Fra le varie opposizioni a questa visione spicca quella della giornalista Costanza Miriano, la quale dice che “il libretto del Cardinale esprime il suo pensiero, come il Papa ha invitato a fare, in questi tempi di parresia. Ma non sta ridefinendo la dottrina a nome del Papa”, compito che giustamente spetta alla Congregazione per la Dottrina della Fede – come sempre asserisce la Miriano.
Come detto, questo non è stato certamente il solo intervento volto a sminuire la portata di questo libretto, tentando di ridicolizzare anche la figura del Cardinal Coccopalmerio, nonché facendolo passare come uno che ha espresso il suo pensiero senza definire nulla né tanto meno rispondendo ai famigerati ‘dubia‘.

 

Purtroppo, però, risulta veramente difficile, a chi ha compreso almeno in minima parte l’agenda di Santa Marta, banalizzare così tanto questa puntuale divulgazione di una cosiddetta “interpretazione personale”. Un acutissimo blogger sostiene che se Coccopalmerio avesse voluto rispondere ai ‘dubia’ avrebbe dovuto farlo con un atto del Dicastero da lui presieduto, ma questo non è fattibile in quanto, se così avesse agito, avrebbe hic et nunc legittimato una pubblica correzione di Bergoglio, perché quanto egli ha sostenuto non ha nulla di cattolico.

 

Questo è anzitutto uno dei primi motivi per il quale si può presumere una sorta di strategia nel voler dare una risposta indiretta ai quattro cardinali. E qui mi si potrebbe porre – con assoluta liceità – l’obiezione principiale: tutto apprezzabile, ma rimane il fatto che quella non è stata la risposta del Papa, e perciò i Cardinali devono rimanere in attesa di una precisazione specifica e netta da parte del divulgatore dell’Esortazione. Verissimo, ma come mai così tanta premura per Amoris lætitia quando essa, come ha detto il Cardinale Burke in passato, non fa assolutamente parte del Magistero della Chiesa? La risposta è chiara, così come lo deve essere inquadrando l’opuscolo di Coccopalmerio: il Magistero immutabile per questa neo-chiesa non esiste, esso essendo stato sostituito da un “magistero mediatico” il quale, con atti non ben definiti –  epperò sempre voluti ed autorizzati – getta grande scandalo tra i fedeli.

 

Mentre i 4 attendono una vera risposta che così come voluta non arriverà mai, dai Sacri Palazzi piovono fiumi di interpretazioni personali; guarda caso poi, il tutto accade mentre si sta in attesa della risposta dell’autore maximo.
È senza dubbio corretto affermare che uno dei criteri di interpretazione della legge è la mens del legislatore, e che però  questa non deve identificarsi con le sue personali vedute, come pressoché sempre accade con Bergoglio, eppure riguardo a questo si deve porre l’attenzione sul criterio sopra il quale egli ha basato tutto il suo pontificato, ovvero la continuazione dell’eliminazione del papato già portata avanti da Benedetto XVI, alla quale accenneremo in seguito. Questa operazione strategica intrapresa dal Cardinal Coccopalmerio, nelle vesti di canonista (!) privato e nemmeno di Presidente di un Dicastero, è sì totalmente carente di quella forma che ne identifica la sostanza, facendo risultare un atto privo di validità pratica, ma nel medesimo tempo, compiuta oggi giorno, essa rimarca una volontà ben precisa dalla quale il mondo e la neo-chiesa prendono lezioni.

 

Prima di arrivare alle precisazioni per le quali si può comprendere quanto di fatto questa possa valere per Bergoglio come risposta ai ‘dubia‘, è bene fare un breve accenno a quanto accaduto durante la presentazione di questo opuscolo di 30 pagine, tenutasi proprio mercoledì a Roma.
Era ovviamente presente anche il direttore della Libreria Editrice vaticana, don Giuseppe Costa, il quale ha voluto testualmente precisare come il volumetto non sia stato impostato per rispondere ai quattro cardinali, ma rappresenterebbe una voce comunque autorevole che interviene nel dibattito. Sempre secondo don Costa non ve ne sarebbe stata nemmeno la necessità, giacché il Papa considera che non ci sia bisogno di alcuna risposta vista la chiarezza del documento postsinodale. Per coloro i quali volessero approfondire  il capitolo ottavo, infatti, don Costa ha consigliato di andarsi a rileggere il testo scritto ai Vescovi di Buenos Aires (sul quale torneremo), definito da Francesco come “un testo molto buono” ribadendo che  “non ci sono altre interpretazioni” al di là di quelle già spiegate in quella sede.

 

Orbene, veniamo ora alla chiave di tutto questo discorso, per andare un poco oltre quei “cavilli” che Bergoglio ha superato già da un pezzo e ai quale molti di noi – seppur giustamente e con buona fede – tentano di fare riferimento per sminuire la portata di questa ultima interpretazioni. Siamo nel bel mezzo di una partita a scacchi nella quale il “re” si è creato una sorta di difesa indiana innanzi a sé, sbellicandosi di coloro i quali restano in attesa di una seria e diretta risposta. 

 

Ed è qui che viene il punto, troppo spesso dimenticato da tutti: questo è per eccellenza il pontificato della liberazione della Chiesa dal suo aspetto giuridico; la Chiesa, conosciuta come società visibile avente delle relazioni ordinate dal Diritto divino, è stata smantellata per lasciare posto alla neo-chiesa “spirituale”, scomposta dalla sua forma palpabile. Si tratta di una totale degiudiricizzazione della Chiesa di Cristo tramite il superamento del Diritto, in senso alto, e cioè la demolizione di una società divina ed umana fondata su un bene oggettivo in grado di dettare norme di comportamento, anche fra i gradi di autorità e di ruoli, come oggi al contrario invece avviene.

 

Secondo la neo-chiesa, il segno della presenza di Dio non è più anche nella struttura giuridica della Chiesa ma s’impernia nella “immagine biblica dei vecchi seduti nelle piazze e i bambini che giocano“, come ebbe a dire lo stesso Bergoglio in un’omelia a Santa Marta datata 30 settembre 2013 [1], infarcita della solita visione irenica che contraddistingue il tono di queste prediche, alla scoperta di una “chiesa spirituale” e senza identità fisica.
È evidente quanto questa struttura ecclesiastica sia per lui un ostacolo da abbattere, essendosi Francesco allineato su quella demarcatura che Ratzinger portò avanti attraverso l’idea del “papato inutile”, alla quale appunto, ora, si fonde la neo-chiesa spiritualista che Bergoglio costruisce mattone per mattone, sin da subito resa impalpabile.

 

Il tutto avviene con una quasi inverosimile tirannia, posto che, quando viene meno il Diritto, è proprio allora che i tiranni hanno tutti i connotati idonei per fare ciò che vogliono; e la dimostrazione è palese: l’innalzamento del regno dell’Anticristo, dove ognuno fa regola a se stesso, lasciando agire il libero arbitrio al servizio del Male.
Il disprezzo delle forme giuridiche è senza dubbio il primo passo, e per fare un esempio – forse perso per strada dai conservatori – si può citare il Motu Proprio “Mitis Iudex Dominus Iesus, vera propria devastazione delle procedure atte a dichiarare nullo il Matrimonio cattolico: in vista di Amoris lætitia e della conseguente ammissione dei divorziati “riaccompagnati” ai sacramenti, Bergoglio anticipò e tentò di facilitare quanto più possibile questa pratica, attraverso la dichiarazione di nullità della maggior parte dei matrimoni, abbreviando tutto in un solo processo e rimandando ad un solo grado di giudizio. L’argomento potrebbe essere meglio trattato, ma per ovvie ragioni si è potuto fare solo un accenno, ma quanto mai rilevante nell’economia di questo discorso di “forma” e di “demolizione del Diritto”, ancora una volta inteso in senso alto.

 

Per ritornare un attimo al discorso dell’interpretazione di AL è bene ricordare, come dicevamo, la famosa Lettera ai Vescovi argentini, dove ci si mette radicalmente al riparo da tutte le ciance conservatrici, vogliose di ottenere a tutti i costi l’interpretazione, a cui deve far seguito l’interpretazione dell’interpretazione dell’altra interpretazione ancora. In questa lettera veniva scritto: “A una coppia di tal genere (di divorziati riaccompagnati ndr) si può proporre di vivere continenza, ma ciò è difficile.” Perciò quando questo risultasse infattibile “Amoris Lætitia apre la possibilità di accesso ai sacramenti di Riconciliazione ed Eucarestia ( vedi note 336-351 )”. [2]

 

Questa idea infine – non me ne voglia chi presume che ricondurre i problemi alla loro origine sia sinonimo di sedevacantismo a tutti i costi – è ben radicata nel documento conciliare di Lumen Gentium, dove è detto che non vi è più una sola Chiesa, o meglio, se c’è, Essa è consapevole che possano esservi elementi di Essa anche al di fuori di Essa, in altre “chiese”, come pure affermato in Dominus Iesus con l’assenso di Ratzinger.
Da questi punti ambigui, i vari Kasper hanno impugnato parola per affermare che, visto che la Chiesa unita a Cristo è lo specchio riflesso del Matrimonio, allora anche al di fuori di questo Sacramento si possono trovare elementi positivi di esso. E perché non nelle unioni di fatto, le quali si prendono un pubblico impegno davanti agli occhi del mondo? Perché non i concubini che si danno da fare per pagare l’affitto, per volersi bene, ecc. ecc.?

 

Per avviarci verso la conclusione, è bene ricordare ancora come a questa demolizione del Diritto abbia concorso appunto la demolizione del papato, già sancito con Lumen Gentium e ben proseguito da Benedetto XVI: si ponga mente ad esempio come il potere di insegnare, santificare e governare dei vescovi venga dato dal Sacramento e dalla validità di esso e non più dal Papa. Già questo dovrebbe sentenziare molte cose rispetto alla situazione attuale e alla piega verso cui sempre di più ci avviciniamo.

 

Pensare e sperare in qualcosa di definito sotto l’imperat di Bergoglio non è nient’altro che una perdita di tempo. Siamo ai tempi predetti da Ruggero Bacone, dove un “papa angelico” sarebbe arrivato per ripulire la Chiesa di Dio dal Diritto Canonico: “Purgavit Ius Canonicum“.

 

Il tempo è prezioso e non va perduto in chiacchiere; la battaglia è più importante che mai. Le quisquilie e le psicosi collettive per interpretazioni già fin troppo ben esplicitate vanno lasciate a chi presume (magari con tutta la buona fede del caso, ci mancherebbe) di risolvere il problema partendo dal tetto invece che dalle fondamenta.
Chi conosce l’Ufficio di Compieta o chi ha anche solo letto il Nuovo Testamento sa che l’essenziale, ora, ci è suggerito proprio da Pietro: “Fratres: Sóbrii estóte, et vigiláte: quia adversárius vester diábolus, tamquam leo rúgiens círcuit, quaerens quem dévoret: cui resístite fortes in fide.” [I Pt 5, 8-8]

 

 


[1] http://www.tempi.it/papa-francesco-segno-presenza-dio-chiesa-non-e-organizzazione-perfetta-ma-memoria-e-promessa
[2] http://ilsismografo.blogspot.it/2016/09/argentina-intercambio-de-cartas-sobre.html