di Livio Sterlicchio
Febbraio 313 d. C. Editto di Milano
“Quando noi, Costantino Augusto e Licinio Augusto ci incontrammo in Milano […] decidemmo di garantire ai Cristiani ed a tutti i cittadini Romani, la facoltà di seguire la Religione da essi scelta[…]
La Storia
Dopo tre secoli di persecuzioni, vessazioni, martirî tra i più cruenti, improvvisamente, sorprendentemente, una minoranza oppressa ma ispirata si trovò, nello spazio di un mattino, libera di professare la propria Religione.
Quell’Editto, proclamato di comune accordo tra i due Augusti dell’Impero Romano, contribuì a donare alti significati e valori alla vita dei cives romani e l’Architettura Paleocristiana ne fornirà un’eloquente testimonianza.
Così, a Roma ed in Oriente, nacquero costruzioni che esprimevano magnificamente la natura e gli intenti del Cristianesimo e, da allora, si poté assistere ad una continua evoluzione dell’Architettura influenzata dall’elevata qualità artistica degli edifici Paleocristiani, prima, e Bizantini, poi.
Le Funzioni Religiose, codificate dopo il IV secolo, richiedevano ampi ambienti da destinare ai fedeli, per cui si rese necessario creare apposite forme ed adeguati ambienti per rispondere alle esigenze, in ordine alla ricettività, dei Riti della nuova Religione, giacché questa andava diffondendosi molto rapidamente.
Si dovette abbandonare lo schema, in pianta, del templum perché era di dimensioni contenute, in quanto l’abitazione del dio, il naos, era posizionato all’interno e solo i sacerdoti vi potevano accedere, per cui le cerimonie si officiavano all’aperto.
Risultava ottimale, invece, lo schema della basilica: un edificio ad uso civile, destinato alle assemblee pubbliche/giudiziarie e costituito da un ampio ambiente a tre o più navate separate da due o più file di colonne con la navata centrale culminante in un’abside.
Il nome rimase tale ma se ne modificò l’utilizzo: l’ingresso fu posizionato sul lato corto, opposto all’abside, e non più sul lato lungo. Era uno schema perfetto per indirizzare l’occhio e la mente verso un unico punto, verso il Mistero Sacrificale, verso l’Altare, posizionato nell’Abside. La Navata centrale era più alta delle altre per consentire di aprire delle finestrature atte a dar luce a tutta l’aula; la sua copertura era a capanna con capriate in legno, eventualmente nascoste da un soffitto ligneo piano più o meno decorato, conferendo all’insieme quella monumentalità, quell’imponenza degne della Casa di Dio.
Era nato lo Stile Architettonico Paleocristiano. Questo era già consolidato, verso la fine del V secolo mentre, parallelamente, lo Stile Bizantino, soprattutto a Ravenna e Costantinopoli, fedeli al Rito Greco, si era soffermato sullo schema a pianta centrale, per poi ripercorrere le orme dello schema basilicale.
Inizialmente, non era prevista una torre campanaria: questa fu introdotta nel secolo VIII da Papa Stefano II che la volle far costruire per la originaria Basilica di San Pietro in Roma. Si hanno, comunque, notizie di sporadici, trascurabili precedenti.
Altre immediate necessità dei maestri costruttori erano quelle di realizzare edifici atti a dare asilo alle diaconie, che andavano formandosi spontaneamente per dare aiuto ed assistenza ai più bisognosi secondo gli indirizzi del Vangelo. Tra le più antiche diaconie, vi è quella di monaci orientali che si insediarono, intorno alla fine del V secolo, in Roma presso le rive del Tevere.
Questi realizzarono, inglobando precedenti costruzioni del III secolo, un edificio costituito da un’aula absidata a tre navate con un magazzino attiguo dove sistemare i viveri destinati ai poveri e, nel 570, Papa Gregorio Magno conferì loro il titolo di diaconia Cardinalizia.
Nel VII secolo, sulle rovine di questo antico Istituto, fu eretta la Chiesa inizialmente dedicata a S. Sebastiano e, nel corso del secolo successivo, regnante Papa Zaccaria, la Chiesa fu dedicata a San Giorgio, in occasione del trasferimento dalla Cappadocia della Reliquia della testa del Santo che, conservata nella confessione dell’Altare, viene tuttora venerata.
Descrizione
Il Sito
La Chiesa di San Giorgio sorge nel Velabro (1), un sito ai piedi del colle Palatino, nelle vicinanze del Porto Fluviale, destinato alla ricezione e stoccaggio delle derrate alimentari.
Il termine Velabro deriva dalla fusione di due parole: velum –velo di acqua, palude- e aurum -oro-: periodicamente, infatti, con le esondazioni del Tevere, il terreno diventava paludoso e, prosciugandosi, veniva rilasciata una sabbia che ricordava il colore dell’oro. Altri vogliono che derivi dalla locuzione a vehendis ratibus e cioè “da zattere che trasportano” con riferimento alle zattere da trasporto merci che lì approdavano.
(1) La leggenda di Roma racconta che, proprio nel Velabro, la Lupa rinvenne ed allattò Romolo e Remo.
L’interno
Lo schema, a pianta basilicale, è asimmetrico e questo conferma l’origine non ben definita dell’edificio, origine che si perde nel tempo. La pianta si svolge in tre navate di cui quella centrale è più larga e quelle laterali sono diverse tra di loro e convergenti verso l’abside, conferendo un effetto ottico per cui l’ambiente appare meno profondo di quanto lo sia in realtà (1).
Le tre navate sono divise da due file di otto colonne ciascuna che risultano sicuramente di recupero da templi in rovina, giacché alcune sono in marmo Rosa del Portogallo scanalato e altre in granito con capitelli sia ionici, sia corinzi e, comunque, tutti diversi tra loro. La navata centrale è più alta delle due laterali ed insiste sulle colonne che sopportano archi “a tutto sesto” sopra cui si aprono, in asse alla chiave dell’arco, le finestrature rettangolari del cleristorio consentendo una sufficiente illuminazione dell’Aula.
Il piano di calpestio è a quota inferiore rispetto all’esterno e vi si accede scendendo tre gradini. Il pavimento attuale, risalente al XIII secolo è realizzato in quadrotti di marmo Giallo Silvia oro 10×10 dove, lungo il percorso di avvicinamento all’Altare, vi si trovano incastrate delle lapidi marmoree incorniciate le cui iscrizioni sono illeggibili.
La prima arcata della navata laterale sinistra risulta occupata dal volume di base del Campanile; la navata di destra è, per un tratto, a quota più alta rispetto al resto dell’Aula. Nelle pareti laterali si aprono alcune piccole finestre arcuate e tre porte: dalla prima sulla destra, si accede alla Sacrestia. Le pareti stesse, finite ad intonaco, sono lasciate spoglie se non per alcune lapidi commemorative ed alcuni frammenti di marmo scolpito, lì apposti, che confermano l’origine greca dei monaci che fondarono quella diaconia nel V secolo.
La copertura delle navate laterali conserva l’impianto originale, pur considerando i necessari interventi conservativi attuati nel tempo, con capriate zoppe in legno a vista; le capriate della navata centrale sono celate da un soffitto piano ligneo, ripartito in quadrati decorati internamente, posto poco al disopra delle finestre del cleristorio. L’Opera è stata realizzata nel 1705, su incarico del Cardinale Renato Imperiali.
Nell’abside, il Presbiterio è posto a quota superiore, rispetto al piano di calpestio del Piedicroce, invadendolo per un tratto e vi si accede per mezzo di sette gradini; qui il pavimento è costituito da lastre incerte di marmi diversi.
Il Catino absidale è una semicupola decorata da un affresco del XIII secolo, raffigurante Cristo benedicente alla cui destra è la Vergine con San Giorgio ed il suo cavallo e, alla sinistra, San Pietro e San Sebastiano. L’affresco, dapprima attribuito a Giotto, viene riconosciuto a Pietro Cavallini od alla sua scuola.
Incastrato nella gradinata del Presbiterio, dal secondo gradino, trova posto il gruppo dell’Altare. Nel XII secolo è stato restaurato e, a partire dalla confessione, ove si trova la Reliquia di San Giorgio, è rivestito in marmo Calacatta Viola finemente decorato con intarsi cosmateschi (2); la parte superiore è arricchita da quattro paraste angolari, anch’esse decorate con intarsi di marmo.
L’Altare è esaltato dal Ciborio: una splendida Opera dei maestri marmisti del XII secolo. E’ costituito da quattro colonne in marmo di Carrara, con capitelli corinzi volutamente tutti diversi tra loro, quasi a giustificare la sequenza eterogenea dei capitelli utilizzati per le colonne delle navate. Sopra questi, poggiano architravi in marmo decorato su cui insiste, per mezzo di una serie di colonnine, un cappello piramidale a base ottagonale, in marmo di Carrara.
In fondo alla navata di destra, prima del Presbiterio, appoggiato su dei reperti marmorei, quasi lì dimenticato, troviamo il Tabernacolo: un tristo retaggio del NOM voluto da Paolo VI.
(1) E’ l’opposto dell’effetto ottico voluto da Michelangelo nel progettare la Piazza del Campidoglio. L’Artista, avendo a disposizione poco spazio, sistemò il Palazzo Nuovo a sinistra della Piazza, in modo divergente rispetto al Palazzo dei Conservatori che sorgeva ortogonalmente al Palazzo Senatorio, lì esistente, come fondale della Piazza: allontanava, così, il punto di fuga della prospettiva per cui la Piazza “sembra” più lunga al visitatore che vi accede dalla Cordonata.
(2) Curiosamente, nelle famiglie dei maestri marmisti laziali del XII secolo, era comune il nome di Cosma. Da qui il nome di Cosmati per quella Categoria ed il loro stile musivo, Cosmatesco.
L’esterno
La Facciata esterna, finita con un intonaco che lascia intravedere la tessitura dei mattoni, è coronata da un Timpano incorniciato con tasselli, modanature e mensoline in pietra; poco al disotto, è aperto un oculo circolare utile a migliorare l’illuminazione naturale della Navata centrale. Il manto di copertura è in coppi e tegole romane.
L’Ingresso è preceduto da un pronao, originariamente utilizzato come nartece per la sosta dei fedeli non ancora battezzati e dei penitenti, ai quali non era consentito l’accesso ad alcune Funzioni. Edificato nel VII secolo, fu restaurato nel XIII ad opera del Priore Stefano della Stella, come si legge nella epigrafe-dedica latina scolpita nel marmo del fregio situato sulla trabeazione. Questa poggia sui pilastri angolari in mattoni romani “faccia vista” e su quattro colonne in pietra con capitelli ionici; realizzata anch’essa in mattoni come i pilastri angolari, termina con una importante cornice a gronda, decorata con ricorsi di tasselli e mensoline in pietra uguali a quelli del Timpano. Il pavimento è un “ammattonato romano” dove i mattoni sono posati di costa, ad opus spicatum.
Sul lato sinistro della Chiesa, si trova il cosiddetto Arco degli Argentari, dedicato da quella Corporazione all’Imperatore Settimio Severo nel 204 d.C.
Non è un arco, ma una delle porte di accesso al Foro Boario, attivato, in quel luogo, nel II secolo perché vicino al Porto fluviale. La porta è costituita da un architrave in marmo, poggiante su due piedritti (quello di destra è assorbito nel muro del Campanile) rivestiti in travertino decorato con bassorilievi di figure umane ed ornamenti vegetali: un monumento che gli antichi diaconi ritennero opportuno lasciare in loco.
Sempre sul lato sinistro della Chiesa, con la base inglobata al suo interno, si apprezza l’interessante architettura del Campanile, datato intorno al XIII secolo.
Realizzato in laterizio faccia vista, è a pianta quadrata, su cinque piani marcati, anche qui, da ricorsi di tasselli e mensoline in pietra. Il primo piano è cieco; il secondo presenta delle trifore arcuate, ora murate; anche le trifore del terzo piano, più elaborate, risultano murate; al quarto piano, le trifore sono rimaste forate così come al quinto, dove le tre bucature sono separate da colonnine in pietra. La copertura è in coppi e tegole romane.
Nel 1993, l’attentato.
La notte del 27 Luglio 1993, una mente criminale dalla mano sacrilega fece esplodere un’auto-bomba parcheggiata vicino alla facciata della Chiesa di San Giorgio, mentre, nello stesso momento, fu fatta esplodere un’altra auto-bomba vicino alla Basilica di San Giovanni causando notevoli danni materiali ad entrambe, oltre che 22 feriti. I danni furono, poi, riportati a pristino con notevole perizia e relativa celerità.
Fu un chiaro “avvertimento”, attuato col classico “metodo”, rivolto ai maggiori rappresentanti istituzionali del momento: il Presidente della Camera Napolitano ed il Presidente del Senato Spadolini. Il primo di nome Giorgio, il secondo, di nome Giovanni.
il triste retaggio di Paolo VI, il triste! Certo che triste, assatanato come era!
Ma viene da piangere a leggere di chiese come questa, che raccontano tutta un’altra storia, un’altra fede, tutte cancellate e vilipese, in nome della modernità ecumenica e dialogante, che tra porta e porterà anche queste chiese a trovarsi gli spazi per la preghiera in comune nello spirito di Assisi, fino a quando le stesse passeranno totalmente in gestione ed uso dei fedeli di Allah… come già avvenuto cosìi spesso nel vicino oriente…
Il bello dei fedeli di Allah è che esagereranno, e questa sarà la loro rovina.
Sarà facendosi finalmente odiare che finiranno ricacciati indietro.
Come sempre, il lodevole contributo dato dall’artista autore dell’articolo impreziosisce RS, e con essa la cultura dei suoi lettori. Incluso me, che imparo tante cose sull’argomento che non conoscevo.
Molto lungimirante la Redazione ad ampliarsi anche in questo senso.
Troppo buono, Alessio. Grazie
correggo: “…che tra poco porterà….”
Il secondo commento, che appare come risposta a Bruno, in realtà è stato inserito in quella posizione per sbaglio.
Questa è Basilica di cui è titolare il “cardinale” adoratore di pacha mama: che amara sorte le è toccata, non che le altre siano stato tanto più fortunata…
Bravo Lister,l’arte sa metterci tutti d’accordo; Impreziosisce non solo RS come dice Alessio, ma ingentilisce, predisponendoci alla contemplazione della bellezza nelle cose.
” l’arte […] ingentilisce, predisponendoci alla contemplazione della bellezza nelle cose”.
Grazie, Maria: è proprio ciò che insegnavo ai ragazzi, quando (quanto tempo fa!…) spiegavo Arte ed Immagine in una Scuola Media.
Lister
alla Scuola Media i miei figli gemelli erano molto bravi nel disegno; uno sempre bellissime casette, l’altro era orientato al disegno di figure meccaniche come nei cartoni animati; es.Gig Robot d’Acciaio.Il primo si è laureato alla IUAV di Venezia in Architettuta,il secondo Ingegnere civile – strutture -, ma visto che l’essere creativi non pone limiti, oggi si interessa di comunicazione scientifica.Io Lister provengo da una famiglia di artisti; due zii uno pittore e scultore, l’altro disegntore.Io che potevo scegliere se non una Scuola d’ Arte?
Non possiamo dire che in questo sito non siamo un po’ tutti creativi…..
In ogni caso questa sezione di – Radio Arte – e’ molto importante per rinnovarsi …..ingentilendosi un po’ di più…..