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Caro papa Francesco,

è da un po’ di tempo che io e la mia dolce compagna non ti scriviamo, ma ti sapevamo impegnato a combattere la buona battaglia contro le forze oscurantiste che ancora si annidano tra i farisei della vecchia chiesa, come quei quattro farabutti di cardinali arteriosclerotici e dubbiosi e come quei vecchi parrucconi tronfi di nobiltà dell’Ordine di Malta, insensibili al drammatico bisogno di profilattici delle popolazioni africane flagellate dall’AIDS.

Inoltre non ti so dire il dolore che abbiamo provato nel vederti sbertucciato da quegli scurrili manifesti appesi da mano vile e sacrilega nella tua stessa città di Roma: come ha dottamente disquisito il professor Intrombetta, solo dei topi di fogna potevano concepire tale atto blasfemo, unanimemente esecrato da tutto il popolo romano, prontamente accorso sui luoghi del delitto per controllare de visu l’inaudito affronto verso la tua venerabile persona.

Noi abbiamo ancora il cuore colmo di riconoscenza per le tue misericordiose parole e ti ringraziamo anche per le risposte che non hai potuto darci, perché anche i tuoi silenzi sono stati una tacita approvazione del nostro modo di credere e sentire.

Se osiamo nuovamente rivolgerci a te è per domandare la tua benedizione pastorale per un caso un po’ triste. Io e la mia compagna non siamo più giovanissimi e, desiderando ardentemente, da quei buoni cristiani che siamo, avere un figlio tutto nostro (come saprai, abbiamo avuto entrambi dei figli, ma nati dalle nostre precedenti unioni ormai naufragate), ci siamo sottoposti ad alcune di quelle tante tecniche atte allo scopo.

Il successo è stato maggiore delle nostre aspettative e la mia compagna è in dolce attesa di due gemelli. Ora tu, caro papa, capirai bene che un figlio lo volevamo e possiamo permettercelo, ma due proprio no. Sappiamo bene che finalmente, grazie alla tua misericordiosa indulgenza, per mettersi a posto con la coscienza basta rivolgersi a un qualunque sacerdote dicendogli di essere pentiti. L’assoluzione a posteriori, però, lascia un poco di timore per il remotissimo caso di esito infausto dell’intervento: non potresti tu, dall’alto della tua bontà e del tuo magistero, garantire alla mia compagna quello che potremmo considerare un perdono anticipato? Da parte nostra ti garantiamo che, a cose fatte, ci pentiremo di tutto cuore.

Un ultimo aspetto, che pensiamo sia del tutto irrilevante: trattandosi di gemelli eterozigoti, avremmo optato per tenerci quello biondo con gli occhi azzurri: i nonni se lo sono sempre sognato così!

Caro papa Francesco, se abbiamo osato scriverti è perché il nostro giovane parroco ci ha confortati nella nostra decisione e ci ha suggerito di rivolgerci a te per implorare su di noi la tua paterna benedizione. Non vogliamo però importunarti oltre in questo difficile frangente, ma sicuri della tua comprensione e del tuo amorevole interessamento, ti salutiamo con affetto, promettendoti che battezzeremo il nostro bambino Giorgio e ricorderemo l’altro come Mario, per rammentarci sempre di te quando torneremo col pensiero al nostro peccato di un giorno.

Tuo fedele,

                   Cristian Adulto