Volentieri riportiamo da Critica Scientifica – blog di Enzo Pennetta – questa utile riflessione su certe modalità comunicative in ambito scientifico [RS].
di Enzo Pennetta
L’aspettativa era alta, la notizia preannunciata come la prima di un film già candidato all’Oscar, tutto pronto per l’annuncio del secolo: la Terra ha sette sorelle.
Non è una fake news dal punto di vista che l’esistenza dei sette oggetti è reale, e si tratta anche di una scoperta che ha il suo interesse scientifico, ma non è questo il punto. Il punto è che si tratta di una fake news per via del messaggio che complessivamente viene fatto passare, per via di una forte aspettativa suscitata riguardo la scoperta di forme di vita oltre quella che conosciamo sulla Terra. Questa aspettativa, se non proprio ingiustificato entusiasmo, è un esempio di “fake” che potremmo definire di secondo tipo, una fattispecie di disinformazione dove la bufala non è nei dati comunicati ma nel messaggio effettivo, una divulgazione enfatizzata che in una società ad alto analfabetismo di ritorno (come ricordava lo scomparso Tullio de Mauro) si traduce in un sicuro errore di interpretazione da parte di chi riceverà la notizia.
Ecco la notizia come la riporta Repubblica:
IMMAGINATE un lontano “cugino” del nostro Sistema Solare, popolato da pianeti grandi più o meno come la nostra Terra. Alcuni di questi mondi alieni potrebbero persino ospitare forme di vita, magari così evolute da viaggiare da un pianeta all’altro a bordo di sofisticate navette spaziali. Un’ambientazione che sembra essere uscita dalla penna di Isaac Asimov o di un altro autore di fantascienza. Ma ancora una volta la realtà supera la fantasia, e rende reali anche gli scenari più futuristici. Perché, alieni e navicelle a parte, questo sistema planetario esiste davvero…
Un capolavoro. Si evoca nel lettore un immaginario che giunge alle navi spaziali di altri esseri, si va poi oltre affermando persino “Ma ancora una volta la realtà supera la fantasia…”, per chiudere con “Perché, alieni e navicelle a parte, questo sistema planetario esiste davvero…”: ma allora la realtà non supera la fantasia. La forma è salva, Paolo Attivissimo non giungerà con la sua scure e la Presidente Boldrini non dovrà agitarsi, anche Carlo Verdone e Fiorello potranno dormire sonni tranquilli, nel testo non si dicono cose false. Falso è però il messaggio complessivo, quello che milioni di persone hanno recepito.
Ma perché la NASA dovrebbe scrivere un copione hollywoodiano per pubblicizzare una scoperta interessante come fosse una notizia epocale?
Le cose sembrerebbero essere molto più terrestri.
Il video della diretta dalla NASA inizia con l’immagine del telescopio orbitante “Spitzer” che ha permesso la scoperta (da Rai News).
Spitzer è un telescopio messo in orbita nel 2003 e costato 670 milioni di Dollari, la sua vita operativa è stata prolungata e in zona Cesarini ha consentito la scoperta delle ‘sette sorelle’. Il successore di Spitzer ha già un nome e si chiama James Webb Telescope che dovrebbe partire per lo spazio nel 2018, un progetto molto costoso che, come testimonia un articolo dell’aprile 2015 su Le Scienze, ha già accumulato molti ritardi che hanno fatto irritare il Congresso USA:
Un’idea più precisa di quanto il progetto James Webb abbia fatto irritare il Congresso viene da questa tabella di marcia riportata su Wikipedia:
La vera notizia è che il James Webb telescope è un vero mostro divora soldi, finora infatti le uniche cifre astronomiche sono quelle dei suoi costi passati da un preventivo di 500 milioni di Dollari del 2007 a quello di 8,8 miliardi (leggasi miliardi) di Dollari previsti 2018. Una faccenda che fa impallidire quella della linea della Metro C di Roma… Ma non è tutto, i ritardi del progetto potrebbero non essere finiti, sembra infatti che pochi mesi fa altri problemi si siano manifestati in un test di vibrazione.
Di fronte ad incombenti nuovi malumori del Congresso un bell’annuncio che mostri quali grandi ricadute di immagine e prestigio internazionale potrebbero derivare dal J.W. telescope sembra proprio essere quello che ci voleva.
Sette esopianeti per risolvere 8,8 miliardi di problemi della NASA, un marketing in grado forse anche di predisporre il Congresso ad una eventuale nuova richiesta di quattrini.
La vita nello spazio se verrà scoperta costituirà la smentita più clamorosa delle attuali teorie sulla sua estremamente improbabile origine (una probabilità di comparsa pari a una su 10^40.000), cosa di cui saremmo contenti, ma per ora è solo una bella favola che messa nelle mani di Holliwood fa contenti i bambini e riempie di dollari le casse dei grandi.
Non si tratta di un fake, come giustamente in premessa dell’ articolo.
Quello che purtroppo viene taciuto è che il sole di questo sistema è una stella nana freddissima e questo comporta che i pianeti per trovarsi in fascia vivibile sono obbligati ad orbitare a breve distanza dal loro sole, tutt’ al più pochi milioni di chilometri.
La conseguenza è che le forze gravitazionali ne sincronizzano la rotazione con la rivoluzione, per cui ‘sti pianeti si ritrovano a mostrare sempre la stessa faccia rivolta verso il sole.
Quindi avremo sempre un emisfero rovente e quello opposto gelido, anche se in media la fascia di abitabilità è temperata.
Al momento, dati i mezzi tecnici disponibili, gli unici pianeti extrasolari di cui é possibile trovare traccia sono proprio di questo tipo : vicinissimi al proprio sole, di solito nane rosse, o anche giganteschi di taglia super gioviana.
Questo non vuol dire che di effettivamente simili alla Terra non ve ne siano, ma semplicemente che i telescopi non sono per ora sufficientemente potenti, neanche quelli attualmente in costruzione, secondo me.
Sono convinto che bisognerà investire nelle Scienze ancora per molti decenni, bisognerà riuscire a trovare dei pianeti :
1) intorno a nane gialle di taglia comparabile con il nostro Sole, più o meno 10%
2) ad una distanza non minore di 100 milioni di chilometri.
Ovvio che saranno necessarie tecniche e telescopi ben più potenti di quelli attuali (ed in costruzione).
Mi piacerebbe vivere abbastanza per vederli (ma … sono un vecchietto).