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Fra pochi giorni avrà luogo la Festa dell’Annunciazione, che il Monfort nel suo aureo Trattato definisce come un momento a cui i veri devoti di Maria devono prestare fondamentale attenzione. Volentieri in vista dell’approssimarsi di questa Festa riproduciamo il Discorso IV de “Le Glorie di Maria” di S. Alfonso M. de’ Liguori. Grassettature e sottolineature nostre. [RS]

DISCORSO IV. – Dell’Annunziazione di Maria.
Maria nell’Incarnazione del Verbo non poté umiliarsi più di quello che si umiliò: Iddio all’incontro non poté esaltarla più di quello che l’esaltò.
Chi si esalta sarà umiliato, e chi s’umilia sarà esaltato. Questa è parola del Signore, non può fallire: Qui autem se exaltat humiliabitur, et qui se humiliaverit exaltabitur (Matth. XXIII, 12). Ond’è che avendo Dio stabilito di farsi uomo per redimere l’uomo perduto e così manifestare al mondo la sua bontà infinita, e dovendo in terra eleggersi la madre, andava cercando fra le donne chi fosse fra di loro la più santa e la più umile. Ma fra tutte una ne mirò, e fu la verginella Maria, che quanto era più perfetta nelle virtù, tanto più semplice ed umile qual colomba era nel suo concetto. Adolescentularum, dicea il Signore, non est numerus: una est columba mea, perfecta mea (Cant. VI, [7], 8). Onde questa, disse Iddio, sia la mia madre eletta. Quindi vediamo quanto Maria fu umile, e perciò quanto Iddio l’innalzò.
Maria nell’Incarnazione del Verbo non poté più umiliarsi di quello che s’umiliò; sarà il primo punto. Iddio non poté esaltar Maria più di quello che l’esaltò; sarà il secondo.

Punto I.
Parlando appunto il Signore nei Sacri Cantici dell’umiltà di questa umilissima Verginella, disse: Dum esset rex in accubitu suo, nardus mea dedit odorem suum (Cant. I, 11). Commenta S. Antonino le citate parole, e dice che nella pianta di nardo, per esser questa così picciola e bassa, fu figurata l’umiltà di Maria, il cui odore salì al cielo, e fin dal seno dell’Eterno Padre tirò nell’utero suo verginale il Verbo Divino: Nardus est herba parva, et significat beatam Virginem, quae dedit humilitatis odorem; qui odor usque ad caelum ascendit, et in caelo accumbentem fecit quasi evigilare et in utero suo quiescere (P. 4, lib. 15, c. 21, § 2).1 Sicché il Signore, tirato dall’odore di questa umile Verginella, l’elesse per sua madre nel volersi far uomo per redimere il mondo. Ma egli per maggior gloria e merito di questa madre non volle farsi di lei figlio, senza averne prima il consenso: Noluit carnem sumere ex ipsa, non dante ipsa, dice Guglielmo abbate (In Cant. 3). Quindi mentre l’umile Verginella se ne stava nella sua povera casetta, e se ne stava sospirando e pregando Dio allor più che mai con maggior desiderio, acciò mandasse il Redentore, come fu rivelato a S. Elisabetta monaca di S. Benedetto; ecco viene l’arcangelo Gabriele a portare la grande imbasciata; entra e la saluta dicendo: Ave, gratia plena; Dominus tecum; benedicta tu in mulieribus (Luc. I, [28]): Dio vi salvi, o Vergine piena di grazia, poiché voi foste sempre ricca della grazia sopra tutti gli altri santi. Il Signore è con voi, perché voi siete così umile. Voi siete benedetta fra le donne, mentre tutte l’altre incorsero nella maledizione della colpa, ma voi, perché Madre del Benedetto, siete stata e sarete sempre benedetta e libera da ogni macchia.
L’umile Maria intanto a questo saluto, così pieno di lodi, che risponde? Niente; ella non rispose, ma pensando a tal saluto si turbò: Quae cum audisset, turbata est in sermone eius et cogitabat qualis esset ista salutatio. – E perché mai si turbò? forse per timore d’illusione, o per modestia, vedendo un uomo, come vuole alcuno, pensando che l’angelo le apparve in forma umana? No, il testo è chiaro, turbata est in sermone eius; nota Eusebio Emisseno: Non in vultu, sed in sermone eius. Fu adunque un tal turbamento tutto d’umiltà al sentir quelle lodi tutte lontane dal suo umile concetto. Onde quanto più dall’angelo sente innalzarsi, più ella s’abbassa ed entra a considerare il suo niente. Riflette qui S. Bernardino e dice che se l’angelo mai l’avesse detto ch’ella era la maggiore peccatrice del mondo, Maria non se ne sarebbe così ammirata; ma in udir quelle lodi così eccelse, tutta si turbò: Si dixisset: O Maria, tu es maior ribalda quae est in mundo, non ita admirata fuisset: unde turbata fuit de tantis laudibus (Serm. 35, de Am. inc., p. 3).

Si turbò, perch’ella, essendo sì piena d’umiltà, abborriva ogni sua lode, e desiderava che il suo Creatore e dator d’ogni bene fosse lodato e benedetto; così appunto Maria stessa disse a S. Brigida, parlando del tempo in cui fu fatta Madre di Dio: Nolui laudem meam, sed solius datoris et Creatoris (L. 2, Rev., c. 23).
Ma almeno, io dico, già la B. Vergine era ben istruita dalle Sacre Scritture essere giunto già il tempo predetto da’ Profeti della venuta del Messia, già compite le settimane di Daniele, già secondo la profezia di Giacobbe passato in mano di Erode re straniero lo scettro di Giuda, già sapea che una vergine dovea esser la madre del Messia; sente poi dall’angelo darsele quelle lodi, che ad altra già parea che non convenissero, se non ad una madre di Dio; le venne forse allora il pensiero, almeno un chi sa se mai fosse ella questa madre di Dio eletta? No, la sua profonda umiltà non la fece neppure entrare in questo pensiero. Valsero solamente quelle lodi a farla entrare in gran timore, talmenteché, come riflette S. Pier Grisologo: Sicut Christus per angelum voluit confortari, ita per angelum debuit Virgo animari: Siccome il Salvatore voll’essere confortato da un angelo, così fu bisogno che S. Gabriele, vedendo Maria così sbigottita a quel saluto, l’animasse dicendo: Ne timeas, Maria, invenisti gratiam apud Deum: Non temete, o Maria, né vi stupite de’ titoli grandi con cui v’ho salutata; poiché se voi negli occhi vostri siete così picciola e bassa, Dio ch’esalta gli umili vi ha fatta degna di trovar la grazia dagli uomini perduta, e perciò egli vi ha preservata dalla macchia comune di tutti i figli d’Adamo; perciò fin dalla vostra Concezione vi ha onorata d’una grazia maggior di quella di tutti i santi; perciò finalmente ora vi esalta sino ad esser sua madre: Ecce concipies et paries filium, et vocabis nomen eius Iesum.
Or via, che s’aspetta? Exspectat angelus responsum – parla qui S. Bernardo – exspectamus et nos, o Domina, verbum miserationis, quos miserabiliter premit sententia damnationis (Hom. 4, sup. Miss.): Signora, aspetta l’angelo la vostra risposta; l’aspettiamo più noi già condannati alla morte. Esce offertur tibi pretium salutis nostrae; statim liberabimur, si consentis. Siegue a parlar S. Bernardo: Ecco, o madre nostra, a voi già s’offerisce il prezzo di nostra salute, che sarà il Verbo Divino in voi fatt’uomo; se voi lo accettate per figlio, subito saremo dalla morte liberati. Ipse quoque Dominus, quantum concupivit decorem tuum, tantum desiderat et responsionis assensum, in qua nimirum proposuit salvare mundum (S. Bern., loc. cit.):9 Lo stesso vostro Signore, quanto egli s’è innamorato di vostra bellezza, altrettanto desidera il vostro consenso, in cui ha stabilito di salvare il mondo. Responde iam Virgo sacra, ripiglia S. Agostino: vitam quid tricas mundo? (Serm. 21, de Temp.): Presto, Signora, rispondete; non ritardate più al mondo la salute, che dal vostro consenso ora dipende.
Ma ecco che Maria già risponde; risponde all’angelo e dice: Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum. O risposta, che più bella, più umile e più prudente non avrebbe potuto inventare tutta la sapienza degli uomini e degli angeli insieme, se vi avessero pensato per un milione d’anni! O risposta potente che rallegraste il cielo ed apportaste alla terra un mare immenso di grazie e di beni! Risposta che appena uscita dall’umil cuore di Maria tiraste dal seno dell’Eterno Padre l’unigenito Figlio nel suo purissimo utero a farsi uomo! Sì, perché appena proferite quelle parole: Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum, subito Verbum caro factum est, il Figliuol di Dio divenne anche figliuol di Maria. O fiat potens! – esclama S. Tommaso da Villanova – o fiat efficax! o fiat super omne fiat venerandum! (Conc. 1, de Ann.). Poiché cogli altri fiat Iddio creò la luce, il cielo, la terra; ma con questo fiat di Maria, dice il santo, un Dio diventò uomo come noi.
Ma non ci partiamo dal nostro punto; consideriamo la grande umiltà della Vergine in questa risposta. – Ben ella era illuminata a conoscere quanto fosse eccelsa la dignità di Madre di Dio. Già dall’angelo veniva assicurata ch’ella era questa felice madre eletta dal Signore. Ma con ciò ella niente si avanza nella stima di se stessa, niente si ferma a compiacersi della sua esaltazione, guardando da una parte il suo niente e dall’altra l’infinita maestà del suo Dio, che la scegliea per sua madre, si conosce indegna di tanto onore, ma non vuole opporsi punto alla di lui volontà. Onde richiesta del suo consenso, che fa? che dice? Ella tutta annientata in se stessa, tutta infiammata d’altra via di desiderio di unirsi così maggiormente con Dio, tutt’abbandonandosi nella divina volontà: Ecce, risponde, ecce ancilla Domini. Ecco la schiava del Signore, obbligata a fare quel che ‘l suo Signore comanda. E volea dire: Se il Signore elegge per sua madre me che niente ho del mio, tutto quel che ho è suo dono, chi mai può pensare ch’egli m’elegga per merito mio? Ecce ancilla Domini. Che merito mai può avere una schiava per esser fatta madre del suo Signore? Ecce ancilla Domini. Si lodi solamente dunque la bontà del Signore, e non si lodi la schiava; giacch’è tutta sua bontà mettere gli occhi su d’una creatura sì bassa come son io, e farla così grande.
O humilitas – qui esclama Guerrico abbate – angusta sibi, ampla divinitati! Insufficiens sibi, sufficiens ei quem non capit orbis! O grande umiltà di Maria che la rende piccola a se stessa, ma grande davanti a Dio! Indegna agli occhi suoi, ma degna agli occhi di quel Signore immenso, che non è capito dal mondo.
Ma più bella a tal proposito è l’esclamazione di S. Bernardo che fa nel sermone quarto di Maria assunta in cui dice, ammirando l’umiltà di Maria: Signora, e come voi avete potuto unir nel vostro cuore concetto di voi stessa così umile con tanta purità, con tanta innocenza, e tanta pienezza di grazia che voi possedete? Quanta humilitatis virtus, cum tanta puritate, cum innocentia tanta, imo cum tanta gratiae plenitudine? E donde mai, segue il santo, o Vergine beata, si è così ben radicata in voi questa umiltà, e tanta umiltà, vedendovi così onorata ed innalzata da Dio? Unde tibi humilitas et tanta humilitas, o beata?
Lucifero vedendosi dotato di gran bellezza aspirò ad esaltare il suo trono sulle stelle e rendersi simile a Dio: Super astra Dei, disse, exaltabo solium meum… et similis ero Altissimo (Is. XIV, 13). Or che avrebbe detto e preteso il superbo, se mai si fosse veduto ornato de’ pregi di Maria? L’umile Maria non fece così: quanto più ella si vide esaltata, tanto più si umiliò. Ah Signora, per questa sì bella umiltà – conclude S. Bernardo – ben voi vi siete fatta degna d’essere mirata da Dio con amor singolare: degna d’innamorare il vostro Re colla vostra bellezza: degna di trarre coll’odor soave di vostra umiltà l’eterno Figlio dal suo riposo, dal seno di Dio nel vostro purissimo utero: Digna plane quam respiceret Dominus, cuius decorem concupisceret rex, cuius odore suavissimo ab aeterno illo paterni sinus attraheretur accubitu (Loc. cit.). Onde dice Bernardino da Bustis che meritò più Maria con quella risposta: Ecce ancilla Domini, che non potrebbero meritare tutte le creature con tutte le opere loro: B. Virgo plus meruit, dicendo humiliter, Ecce ancilla Domilli, quam simul mereri possent omnes purae creaturae (Mar. 12, p. 5, p. 2).

Così è, dice S. Bernardo, mentre questa innocente Vergine, benché colla sua verginità si rendé cara a Dio, nulladimeno coll’umiltà si rendé poi degna, per quanto potea rendersi degna una creatura, d’essere fatta Madre del suo Creatore: Etsi placuit ex virginitate, tamen ex humilitate concepit (Hom. 1, sup. Miss.). E lo conferma S. Girolamo dicendo che Dio più per la di lei umiltà, che per tutte l’altre sue eccelse virtù, l’elesse per madre: Maluit Deus de Virgine incarnari propter humilitatem, quam propter aliam quamcumque virtutem. Maria stessa ciò l’espresse a S. Brigida, con dirle: Donde io meritai una tal grazia d’esser fatta Madre del mio Signore, se non perché conobbi il mio niente e mi umiliai? Unde promerui tantam gratiam, nisi quia cogitavi et scivi nihil me esse vel habere? (Lib. 2, Rev., c. 35). E prima lo dichiarò nel suo umilissimo cantico, quando disse: Quia respexit humilitatem ancillae suae… fecit mihi magna qui potens est (Luc. I, [48, 49]). Dove nota S. Lorenzo Giustiniani che la B. Vergine Non ait, respexit virginitatem, innocentiam, sed humilitatem tantum. E per questa umiltà, avverte S. Francesco di Sales che non già intendeva Maria di lodare la virtù della sua umiltà, ma volle dichiarare che Dio avea riguardato il suo nientehumilitatem, idest nihilitatem – e per sua mera bontà avea voluto così esaltarla. In somma dice S. Agostino che l’umiltà di Maria fu come una scala, per cui si degnò il Signore di scendere in terra a farsi uomo nel suo seno: Facta est Mariae humilitas scala caelestis, per quam Deus descendit ad terras (Sup. Magn.). E lo confermò S. Antonino dicendo che l’umiltà della Vergine fu la disposizione di lei più perfetta e più prossima ad esser Madre di Dio: Ultima gratia perfectionis est praeparatio ad Filium Dei concipiendum; quae praeparatio fuit per profundam humilitatem (P. 5, tit. 15, c. 6 et 8). E con ciò s’intende ciò che predisse Isaia: Egredietur virga de radice lesse et flos de radice eius ascendet (Is. XI, 1). Riflette il B. Alberto Magno che ‘l fiore divino, cioè l’Unigenito di Dio, secondo disse Isaia, dovea nascere non già dalla sommità o dal tronco della pianta di Gesse, ma dalla radice, appunto per dinotare l’umiltà della madre: De radice eius, humilitas cordis intelligitur. E più chiaro lo spiega l’abbate di Celles: Nota quod non ex summitate, sed de radice ascendet flos. E perciò disse il Signore a questa sua diletta figlia: Averte oculos tuos, quia ipsi me avolare fecerunt (Cant. 5). S. Agostino: Unde avolare, nisi a sinu Patris in uterum Matris? Sul qual pensiero dice il dotto interprete Fernandez che gli occhi umilissimi di Maria, con cui ella rimirò sempre la divina grandezza, non perdendo mai di vista il suo niente, fecero tal violenza a Dio stesso, che lo trassero nel di lei seno: Ita illius oculi humillimi Deum tenuerunt, ut suavissima quadam violentia ipsummet Dei Patris Verbum in uterum suum Virgo attraxerit (In c. 14 Gen., sect. 1). E con ciò s’intende, dice l’abbate Francone, perché lo Spirito Santo tanto lodò la bellezza di questa sua sposa per gli occhi che aveva di colomba: Quam pulchra es, amica mea! quam pulchra es! oculi tui columbarum (Cant. IV, 1). Perché Maria guardando Dio con occhi di semplice ed umil colomba, tanto l’innamorò di sua bellezza, che con legami d’amore lo fe’ prigioniero nel suo utero verginale. Così parla l’abbate Francone: Ubinam terrarum tam speciosa Virgo inveniri posset quae regem caelorum oculis caperet et vinculis caritatis pia violentia captivum traheret? (De grat. No. Test., tr. 6).27
Sicché Maria – concludiamo questo punto – nell’Incarnazione del Verbo, come abbiam veduto da principio, non poté più umiliarsi di quello che si umiliò. Vediamo ora come Dio, avendola fatta sua madre, non poté più esaltarla di quello che l’esaltò.

Punto II.
Per comprendere l’altezza a cui fu innalzata Maria, bisognerebbe comprendere quanto sublime sia l’altezza e la grandezza di Dio. Basterà solamente dunque dire che Dio fe’ questa Vergine sua madre, per intendere che Dio non poté esaltarla più di quello che l’esaltò. Bene asserì S. Arnoldo Carnotense che Dio, facendosi figliuol della Vergine, la costituì in un’altezza superiore a tutti i santi ed angeli: Maria constituta est super omnem creaturam (Tract. de L. V.). Sicché, fuori di Dio, ella senza paragone è più alta di tutti gli spiriti celesti, come parla S. Efrem: Nulla comparatione ceteris superis est gloriosior (Or. de laud. Deip.). E lo conferma S. Andrea Cretense: Excepto Deo, omnibus altior (Or. de dorm. Deip.), con S. Anselmo che dice: Signora, voi non avete chi vi sia eguale, perché ognun altro o è sopra o sotto di voi; Dio solo è a voi superiore, e tutti gli altri sono inferiori a voi: Nihil tibi, Domina, est aequale; omne enim quod est, aut supra te est, aut infra: quod supra, solus Deus; quod infra, est omne quod Deus non est (Ap. Pelb., Stellar. 2, p. 3, art. 2). È così grande in somma, ripiglia S. Bernardino, l’altezza di questa Vergine, che solo Dio la può e sa comprendere: Tanta est perfectio Virginis, ut soli Deo cognoscenda reservetur (T. 2, serm. 51, a. 3, c. 2).
E ciò toglie la meraviglia di taluno – avverte S. Tommaso da Villanova – perché i sagri Vangelisti che sono stati sì diffusi in registrare le lodi di un Battista, d’una Maddalena, sieno stati poi sì scarsi in descrivere i pregi di Maria. Satis fuit, risponde il santo, de ea dicere: de qua natus est Iesus. Che più vai cercando, segue a parlare il medesimo, che dicano i Vangelisti delle grandezze di questa Vergine? Ti basti che attestino esser ella la Madre di Dio. Avendo essi dunque scritto in questo solo detto il massimo, il tutto de’ suoi pregi, non fu bisogno che li andassero descrivendo per parti: Quid ultra requiris? Sufficit tibi quod Mater Dei est. Ubi ergo totum erat, pars scribenda non fuit (Conc. 2, de Nat. V.). E come no? ripiglia S. Anselmo: il dirsi di Maria ciò solamente, ch’ella sia Madre di un Dio, sopravanza ogni altezza che può dirsi o pensarsi dopo Dio: Hoc solum de S. Virgine praedicari, quod Dei Mater sit, excedit omnem altitudinem quae post Deum dici vel cogitari potest (De exc. Virg., c. 4). E Pietro Cellense sullo stesso pensiero soggiunge: Dagli qual vuoi nome di Regina del cielo, di Signora degli angeli, o qualunque altro titolo d’onore, non mai giungerai ad onorarla tanto quanto col solo chiamarla Madre di Dio: Si caeli reginam, si angelorum dominam, vel quodlibet aliud protuleris; non assurges ad hunc honorem, quo praedicatur Dei Genitrix (L. de pan., c. 21).

La ragione è evidente, perché, come insegna l’Angelico, quanto più una cosa si avvicina al suo principio tanto più riceve della di lui perfezione; e perciò essendo Maria la creatura più vicina a Dio, ella n’ha partecipato più di tutte le altre di grazia, di perfezione e di grandezza: Quanto aliquid magis participat illius effectum, etc. Beata autem Virgo Maria propinquissima Christo fuit, quia ex ea accepit humanam naturam; et ideo prae ceteris maiorem debuit a Christo gratiae plenitudinem obtinere (3 p., q. 27, a. 5). Quindi il P. Suarez ricava la ragione, perché la dignità di Madre di Dio sia d’ordine superiore ad ogni altra dignità creata; mentre quella s’appartiene in certo modo all’ordine dell’unione con una persona divina, colla quale va necessariamente congiunta: Dignitas Matris est altioris ordinis, pertinet enim quodammodo ad ordinem unionis hypostaticae; illam enim intrinsece respicit et cum illa necessariam coniunctionem habet (T. 2, in 3 p., Id. 2, s. 2). Onde asserisce S. Dionisio Cartusiano che dopo l’unione ipostatica non ve n’è più prossima, che quella di Madre di Dio: Post hypostaticam coniunctionem, non est alia tam vicina, ut unio Matris Dei cum Filio suo (L. 2, de laud. Virg.). Questa è, insegna S. Tommaso, l’unione suprema che può avere una pura creatura con Dio: Est suprema quaedam coniunctio cum persona infinita (1 p., q. 25, a. 6). E il B. Alberto Magno asserisce che l’esser Madre di Dio è la dignità immediata dopo la dignità d’esser Dio: Immediate post esse Deum, est esse Matrem Dei (Sup. Miss., c. 180). Onde dice che Maria non poté esser più unita a Dio di quel che fu, se non con diventare anche Dio: Magis Deo coniungi, nisi fieret Deus, non potuit.

Afferma S. Bernardino che la S. Vergine per esser Madre di Dio bisognò che fosse innalzata ad una certa egualità colle persone divine per una quasi infinità di grazie: Quod femina conciperet et pareret Deum, oportuit eam elevari ad quamdam aequalitatem divinam per quamdam infinitatem gratiarum (Tom. 1, serm. 61, c. 16). Ed essendoché i figli coi loro genitori, moralmente parlando, si reputano la stessa cosa, sicché tra di loro comuni sono i beni, comuni gli onori; quindi dice S. Pier Damiani che se Dio abita in diversi modi nelle creature, in Maria abitò con modo singolare d’identità, facendosi la stessa cosa con Maria: Quarto modo inest Deus creaturae, scilicet Mariae Virgini, per identitatem, quia idem est quam illa (Serm. 1, de Nat. V.). Indi esclama con quel celebre detto: Hinc taceat et contremiscat omnis creatura, et vix audeat aspicere tantae dignitatis immensitatem. Habitat Deus in Virgine, cum qua unius naturae habet identitatem (Loc. cit.).42
Perciò asserisce S. Tommaso che Maria essendo fatta Madre di Dio, per ragione di questa unione così stretta con un bene infinito, ricevé una certa infinita dignità, che il P. Suarez chiama infinita nel suo genere: Dignitas Matris Dei suo genere est infinita (T. 2, in 3 p., d. 18, s. 4). Poiché la dignità di divina madre è la massima dignità che può conferirsi ad una pura creatura; insegnando l’Angelico che siccome l’umanità di Gesù Cristo, sebben ella avrebbe potuto ricevere da Dio maggiore grazia abituale: Cum enim gratia habitualis – ecco la ragione che ne assegna – sit donum creatum, confiteri oportet quod habeat essentiam finitam. Est cuiuslibet creaturae determinata capacitatis mensura, quae tamen divinae potestati non praeiudicat quin possit aliam creaturam maioris capacitatis facere (Opusc. 2, Comp. Th., c. 215); nulladimeno in quanto all’unione con una persona divina, non poté ricevere maggior pregio: Virtus divina licet possit facere aliquid maius et melius quam sit habitualis gratia Christi, non tamen posset facere quod ordinaretur ad aliquid maius quam sit unio personalis ad Filium unigenitum a Patre (3 p., q. 7, a. 12, ad 2). Così all’incontro la B. Vergine non poté esser fatta più grande in dignità che d’esser Madre di Dio: B. Virgo ex hoc quod est Mater Dei, habet quamdam dignitatem infinitam ex bono infinito quad est Deus; et ex hac parte non potest fieri melius (1 p., q. 25, a. 6, ad 4).47 Lo stesso scrisse S. Tommaso da Villanova: Utique habet quamdam infinitatem esse Matrem Infiniti (Conc. 3, de Nat. Mar.). E S. Bernardino dice che lo stato a cui Dio esaltò Maria di sua madre fu sommo, sicché non poté innalzarla più: Status maternitatis Dei erat summus status, qui purae creaturae dari posset (Tom. 3, ser. 6, a. 3, c. 1).49 E lo conferma il B. Alberto Magno: Dominus B. Virgini summum donavit, cuius capax fuit pura creatura, scilicet Dei maternitatem (L. 1, de laud. V., c. 178).
Quindi S. Bonaventura scrisse quella celebre sentenza, che Dio può fare già un mondo maggiore, un cielo più grande, ma non può fare una creatura più eccelsa che con farla sua madre: Esse Matrem Dei est gratia maxima purae creaturae conferibilis. Ipsa est quam maiorem facere non potest Deus. Maiorem mundum facere potest Deus, maius caelum, maiorem quam Matrem Dei facere non potest (Spec. B.V., lect. 10). Ma meglio di tutti la stessa divina Madre espresse l’altezza a cui Dio l’avea sublimata, quando disse: Fecit mihi magna qui potens est (Luc. I, [49]). E perché mai la S. Vergine non dichiarò quali erano queste gran cose concedute da Dio? Risponde S. Tommaso da Villanova che Maria non le spiegò, perché erano sì grandi che non poteano spiegarsi: Non explicat nam haec magna fuerint, quia inexplicabilia (Conc. 3, de Nat. V.).
Ond’ebbe ragione S. Bernardo di dire che Dio per questa Vergine, che doveva essere sua madre, ha creato tutto il mondo: Propter hanc totus mundus factus est (Serm. 7, in Salv. Reg.); e S. Bonaventura di dire che ‘l mondo persevera a disposizion di Maria: Dispositione tua, Virgo sanctissima, perseverat mundus, quem et tu cum Deo ab initio fundasti (Ap. il P. Pepe, lez. 371), aderendo il santo in ciò alle parole dei Proverbi dalla Chiesa applicate a Maria: Cum eo eram cuncta componens (Prov. VIII, [30]). Aggiunse S. Bernardino che Dio per amor di Maria non distrusse l’uomo dopo il peccato di Adamo: Propter singularissimam dilectionem ad hanc Virginem praeservavit (Tom. 1, serm. 61, c. 8). Quindi con ragione la S. Chiesa canta di Maria: Optimam partem elegit.

(In off. Ass. B.M.). Mentre questa Madre vergine non solo elesse l’ottime cose, ma dell’ottime cose elesse l’ottima parte, dotandola il Signore in sommo grado – come attesta il B. Alberto Magno – di tutte le grazie e doni generali e particolari conferiti a tutte l’altre creature; tutto in conseguenza della dignità concedutale di divina madre: Beatissima Virgo gratia fuit plena, quia omnes gratias generales et speciales omnium creaturam in summo habuit (Bibl. Ma., in Luc. 13). Sicché fu Maria bambina, ma di quello stato ebbe solo l’innocenza, non già il difetto d’incapacità; poiché dal primo suo vivere ebb’ella sempre uso perfetto della ragione. Fu vergine, ma senza l’ignominia di sterile. Fu madre, ma unitamente col pregio della verginità. Fu bella, anzi bellissima, come dice Riccardo di S. Vittore5 con S. Giorgio Nicomediense e S. Dionisio Areopagita, il quale – secondo molti ammettono – godè di vedere una volta la sua bellezza, e disse che se la fede non l’avesse istruito che quella era creatura, l’avrebbe adorata per Dio: e lo stesso Signore rivelò a S. Brigida che la bellezza di sua madre superò la bellezza di tutti gli uomini e degli angeli, facendosi udir dalla santa parlar con Maria e dirle: Omnes angelos et omnia quae creata sunt excessit pulchritudo tua (Lib. 1 Rev., c. 51). Fu bellissima, dico, ma senza danno di chi la guardava, giacché la sua bellezza fugava i moti impuri, anzi ingeriva pensieri di purità, come attesta S. Ambrogio: Tanta erat eius gratia, ut non solum in se virginitatem servaret, sed etiam si quos inviseret integritatis donum insigne conferret (De Inst. Virg., c. 7).62 E ‘l conferma S. Tommaso: Gratia sanctificationis non solum repressit in Virgine motus illicitos, sed etiam in aliis efficaciam habuit; ita ut quamvis esset pulchra corpore, a nullo concupisceretur (In 3 dist., disp. 2, q. 2, a. 2). Che perciò ella si nominò mirra che impedisce la putredine: Quasi myrrha electa dedi suavitatem odoris; come l’applica la S. Chiesa. Nella vita attiva operava, ma senza che l’operare la distogliesse dall’unione con Dio. Nella contemplativa stava raccolta in Dio, ma senza negligenza del temporale e della carità dovuta al prossimo. Toccò a lei la morte, ma senza le sue angustie e senza la corruzione del corpo.

Dunque concludiamo. – Questa divina Madre ella è infinitamente inferiore a Dio, ma è immensamente superiore a tutte le creature. E s’è impossibile trovare un figlio più nobile di Gesù, è impossibile ancora trovare una madre più nobile di Maria. Ciò dee servire a’ divoti di questa regina non solo per rallegrarsi delle sue grandezze, ma anche per accrescere la confidenza nel suo potentissimo patrocinio; poich’essendo Madre di Dio, dice il P. Suarez ch’ella ha un certo dritto sopra i suoi doni per impetrarli a coloro per cui ella prega: Unde fit ut singulare ius habeat ad dona Filii sui (Tom. 2, in 3 p., d. 1, s. 2). Dicendo d’altra parte S. Germano che Dio non può non esaudir le preghiere di questa Madre, mentre non può non riconoscerla per sua vera ed immacolata madre; così dice il santo parlando colla Vergine: Tu autem quae materna in Deum auctoritate polles, etiam iis qui enormiter peccant eximiam reconciliationis gratiam concilias. Non enim potes non exaudiri, cum Deus tibi ut verae ac intemeratae Matri suae in omnibus morem gerat (De zona Virg.). Sicché a voi, o Madre di Dio e madre nostra, non manca potenza da soccorrerci; non manca poi volontà: Nec facultas nec voluntas illi deesse potest (S. Bern., serm. de Ass.). Poiché voi già sapete, vi dirò col vostro abbate Cellense, che Dio non vi ha creata solo per sé, ma v’ha data agli angeli per loro ristoratrice, agli uomini per loro riparatrice e a’ demoni per loro debellatrice; mentre per vostro mezzo noi ricuperiamo la divina grazia, e per voi il nemico resta vinto e depresso: Non tantum sibi te fecit, sed te angelis dedit in instaurationem, hominibus in reparationem, daemonibus in hostem; nam per te Deus homini pacificatur, diabolus vincitur et conteritur (V. in Prol. Cont. Virg.).
E se desideriamo compiacere la divina Madre, salutiamola spesso coll’Ave Maria. Apparve un giorno Maria a S. Metilde e le disse che niuno potea meglio riverirla che con questo saluto. Ed indi trarremo benanche grazie singolari da questa madre di misericordia, come si vedrà dal seguente esempio.

Esempio.
È celebre quell’avvenimento che riferisce il P. Paolo Segneri nel suo Cristiano Istruito (P. 3, Rag. 34). Andò a confessarsi in Roma al P. Niccolò Zucchi un giovane carico di peccati disonesti e di mali abiti. Il confessore l’accolse con carità, e compatendo la sua miseria, gli disse che la divozione alla Madonna potea liberarlo da quel vizio maledetto: onde gl’impose per penitenza che sino all’altra confessione, ogni mattina e sera, in alzarsi e porsi a letto, recitasse un’Ave Maria alla Vergine; offerendole gli occhi, le mani e tutto il suo corpo, con pregarla a custodirlo come cosa sua, e baciare tre volte la terra. Il giovane praticò questa penitenza, e da principio con picciola emendazione. Ma il padre continuò ad inculcargli che non la lasciasse mai, dandogli animo a confidare nel patrocinio di Maria.
Fra questo tempo il penitente si partì con altri compagni ed andò per più anni girando il mondo. Tornato che fu in Roma, fu di nuovo a ritrovare il suo confessore, il quale, con giubilo grande e maraviglia, lo trovò tutto mutato e libero dalle antiche sozzure. Figlio, gli disse, come hai ottenuto da Dio sì bella mutazione? Rispose il giovine: Padre, la Madonna con quella picciola divozione che voi m’insegnaste, m’ha ottenuta la grazia.
Ma non finiscono qui le maraviglie. Il medesimo confessore narrò dal pulpito questo fatto; l’intese un capitano, il quale da molti anni aveva una mala pratica con una certa donna, propose anch’egli di fare la stessa divozione per liberarsi da quella orribil catena che lo tenea schiavo del demonio – il qual fine è necessario in tutti quei peccatori, acciocché la Vergine possa aiutarli – e così anch’egli lasciò la pratica e cambiò vita. – Ma che più? In capo a sei mesi egli scioccamente, e troppo fidandosi delle sue forze, volle andare un giorno a trovar quella femmina per vedere se ell’ancora avesse mutato vita. Ma nell’accostarsi alla porta della casa dove correva manifesto pericolo di tornare a cadere, si sentì da una forza invisibile respingere indietro, e si trovò tanto lontano dalla casa quanto era lunga quella strada, e fu lasciato avanti la casa propria; e conobbe allora con un lume chiaro che Maria così lo liberava dalla sua perdizione. – Dal che si scorge quanto è sollecita la nostra buona Madre non solo a cavarci dal peccato, se noi con questo buon fine a lei ci raccomandiamo, ma anche a liberarci dal pericolo di nuove cadute.

Preghiera.
O Vergine immacolata e santa, o creatura la più umile e la più grande dinanzi a Dio! Voi foste così picciola agli occhi vostri, ma foste così grande agli occhi del vostro Signore, che vi esaltò sino a scegliervi per sua madre e quindi a farvi la regina del cielo e della terra. Ringrazio dunque quel Dio che tanto v’ha innalzata, e me ne rallegro con voi in vedervi così unita a Dio che più non è permesso ad una pura creatura. Davanti a voi, che siete così umile con tanti pregi, mi vergogno di comparire io misero così superbo con tanti peccati. Ma pure misero qual sono voglio anch’io salutarvi: Ave, Maria, gratia plena: Voi siete già piena di grazia, impetratene parte anche a me. Dominus tecum: Quel Signore ch’è stato sempre con voi sin dal primo momento di vostra creazione, ora s’è più stretto con voi facendosi vostro Figlio. Benedicta tu in mulieribus: O donna benedetta fra tutte le donne, ottenete anche per noi la divina benedizione. Et benedictus fructus ventris tui: O pianta beata che avete dato al mondo frutto così nobile e santo! Sancta Maria Mater Dei: O Maria, io confesso che voi siete vera Madre di Dio, e per questa verità son pronto a dare mille volte la vita. Ora pro nobis peccatoribus: Ma se voi siete la Madre di Dio, siete ancora la madre della nostra salute e di noi poveri peccatori, giacché per salvare i peccatori Iddio s’è fatto uomo; ed egli ha fatto voi sua madre, acciocché le vostre preghiere abbiano virtù di salvare qualunque peccatore. Su dunque, o Maria, pregate per noi. Nunc et in hora mortis nostrae: Pregate sempre: pregate ora che stiamo in vita in mezzo a tante tentazioni e pericoli di perdere Dio; ma più pregate poi nell’ora di nostra morte, allorché staremo al punto di uscir da questo mondo ed essere presentati al divin tribunale; acciocché salvandoci per li meriti di Gesù Cristo e per la vostra intercessione, possiamo venire un giorno, senza pericolo più di perderci, a salutarvi e lodarvi col vostro Figlio in cielo per tutta l’eternità. Amen.