«Tutto conta, salvo il tutto». Con il solito paradosso, questa volta dal sapore un po’ acre, Chesterton confeziona una perfetta etichetta da appiccicare al mondo contemporaneo. In una realtà così piena di accadimenti, scoperte e idee, quello che sembra latitare è una visione globale dell’essere, un’idea, anche solo una teoria, in grado di abbracciare la vita. Non certo un dettaglio, quindi. La mentalità liberale, con la sua assurda pretesa di emancipare l’uomo da oscuri assiomi del passato, non ha fatto altro che renderlo schiavo di un nemico ancora più pericoloso: il nulla. Sballottata a destra e a manca dalle ingiurie del tempo e della storia, l’umanità brancola in un vuoto cosmico che sembra non avere fine. Tutto è messo in dubbio, ogni cosa è relativizzata, compreso il bene e il male, parole ormai messe al bando, impronunciabili. Persino la gloriosa devastazione evocata dalla penna di Milton, il satanico “oscuro visibile”, non gode più di alcuna reputazione. Falsità e verità convivono in un grigiume indistinto che puzza di ignavia da un miglio di distanza.
E così Chesterton, per sgombrare i fumi dell’alcol ideologico che impregna il mondo, ben più devastanti di quelli dell’amata birra, se ne uscì con un libro rivoluzionario, Eretici (1905), seguito a pochi anni di distanza dal suo sequel ideale, Ortodossia (1908), una vera e propria summa del Chesterton-pensiero. La conversione al cattolicesimo, ai tempi, era ancora lontana, eppure il futuro cantore delle gesta di Padre Brown aveva già imboccato la strada che l’avrebbe condotto a Roma. La grande intuizione di Eretici, infatti, è l’invito a “tornare ai fondamentali”, a recuperare una base su cui, evangelicamente, costruire la dimora stabile; un tema, questo, che attraversa ogni pagina, come un filo rosso.
Chesterton, dismessi i panni del romanziere, veste quelli della guida turistica e invita il lettore a visitare con lui un singolare museo delle cere, interminabili corridoi dove fanno bella mostra di sé le follie impagliate partorite da due secoli di dittatura anticristiana. Kipling, Shaw e H. G. Wells sono solo alcuni dei promotori più illustri di quelle idee eretiche che l’autore fustiga senza tema, inanellando un aforisma via l’altro come calcinacci di verità eterna finalmente rimessi al proprio posto. Gli articoli che compongono il libro – in origine apparsi sulle colonne del «Daily News» – illustrano, in altre parole, un metodo per osservare la vita, ribadendo come sia importante combattere per le buone idee, quelle che portano frutto e non deserti di piatta e conformistica aridità.
La prosa di Eretici si dipana sinuosamente, si dilunga, quando necessario, in minute spiegazioni, ma è altrettanto capace di stoccate degne di quello che a buon diritto può essere considerato, almeno nell’alveo dei letterati, il più importante intellettuale cattolico del ‘900 («La prima avventura è nascere», «Togliete il sovrannaturale e quel che resta è l’innaturale» e «L’uomo che distrugge se stesso crea l’universo» sono un esempio delle numerose perle incastonate nel volume).
Dalla messa al bando dell’estetismo, Chesterton passa senza soluzione di continuità a contestare la logica luciferina del carpe diem, il nichilismo, l’ateismo, l’antropocentrismo esasperato e tutti quegli -ismi che non hanno fatto altro che allontanare l’uomo da se stesso, riducendolo a un niente alienato. Allo stesso tempo, tra una riga e l’altra, non manca di agguantare il lettore con piccoli accenni, sempre più insistenti, all’ipotesi di una verità ultima immortale, il naturale esito del tanto strombazzato progresso (che, come dimostrano ampiamente le scienze, non dovrebbe portare alla democrazia ma al dogma).
Eretici è dunque un libro ancora attuale, consigliato a tutti coloro che sono desiderosi di sciacquarsi la faccia con uno zampillo di realtà, di rincontrare le ovvietà del buon senso oggi negate dai più. È un testo che parla del vero amore, quello per le cose perenni.
Luca Fumagalli
Il libro: G. K. Chesterton, Eretici, Torino, Lindau, 2016, pp. 264, Euro 18,70.