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di Gianluca Di Pietro

Recita un detto: A Carnevale ogni scherzo vale. Eppure, a distanza di due settimane la solfa sarebbe dovuta cambiare. 

Il Carnevale è finito, gettiamo le maschere. 

In Vaticano,purtroppo, non l’hanno capito: si divertono a rincorrere maschere, costumi e personaggi. 

Lunedì 13 Marzo, i quattro Dottori della Chiesa che sorreggono la Cattedra di San Pietro del Bernini  hanno contemplato una divertente ma drammatica scenetta carnascialesca:  l'”arcivescovo” anglicano David Moxan ha presieduto i Vespri Anglicani all’Altare della Cattedra alla presenza di tutti i fedeli dell’Anglican Centre di Roma. Inutile ricordare che Leone XIII considerò nella Apostolicae Curae gli esponenti della confessione anglicana come delle semplici maschere. 

Null’altro che attori religiosi. 

Lo stesso Pontefice impugnò le chiavi di San Pietro e serrò la porta di ingresso respingendo tutti i portatori di eresie.  Col senno di poi, il buon vecchio Pecci avrebbe dovuto anche ritirare le serrande. Laddove la ventata autunnale del Concilio ha spalancato le finestre, Papa Bergoglio ha lanciato una fune per farli rientrare. 

In preda alle sue adolescenziali “cottarelle” per qualsivoglia confessione o religione, Francesco non percepisce il timore e la consistenza del pronunciamento del suo precedessore. Lui crede in una evoluzione storica delle questioni teologiche: una dottrina perde validità in base alle necessità contingenti del momento storico. In un mondo segnato dalla globalizzazione, dal multiculturalismo, un provvedimento così divisivo come quello di Leone è roba da soffitta. Per questo l’eresia non è più un delitto sanzionabile ed escludente, bensì una diversa lettura della medesima religione, degna di ossequio da parte dell’Autorità della Chiesa. 

“Verità ed Errore si baceranno”: sarebbe opportuno modificare il famoso Salmo! 

Non c’è più rientro nel recinto della Verità, ma solo una Verità concordata da tutti, una definizione di nuovi confini delle Fede. 

Come potrebbero allora esserci vescovi invalidi e illeciti, liturgie eretiche e invalide? Infatti non ce ne sono per Francesco. Perché  non farsi benedire da Welby? Perchè è necessario l’Anglicanorum Coetibus di Benedetto XVI? Francesco fu uno dei più aperti contestatori della Costituzione Apostolica dell’immediato predecessore: definì l’Ordinariato assolutamente superfluo. Fu proprio l’allora Cardinale Bergoglio a frenare l’entusiasmo del pentecostale Palmar, il quale avrebbe voluto entrare nella Chiesa Cattolica usufruendo dell’Anglicanorum Coetibus. 

“Abbiamo bisogno di te come anglicano”: questa fu la motivazione del Cardinale argentino.

Su questa scia si colloca lo “straordinario episodio ecumenico” accolto in San Pietro. Applaudito dalla Gerarchia e anche da molti intellettuali e  scrittori che quotidianamente giocano a “contestare” il Papa in nome di un conservatorismo che altro non è che modernismo moderato, l’episodio non è privo di terrificanti conseguenze. Già altri hanno parlato del carattere profanatorio dell’iniziativa: secondo il Codice di Diritto Canonico (del 1917), la Basilica di San Pietro dovrebbe essere riconsacrata. Ancora più grave, a mio parere, è l’azione correttiva che oramai la pastorale esercita de facto su un Magistero che è per sua natura infallibile e, quindi, immodificabile. 

In questo modo non solo viene messo tra parentesi l’Anglicanorum Coetibus, che diviene davvero inutile, ma viene anche rovesciato il paradigma di Leone XIII: se ad un Anglicano viene consentita dal Papa una pubblica liturgia in San Pietro, viene indirettamente riconosciuta la condizione di “ministro ordinato”.  

Non potrebbe essere il destinatario di una concessione ciò che canonicamente e sacramentalmente non esiste.

Sfruttando la tensione tra prassi e dottrina inaugurata da Giovanni XXIII sin dal Discorso di Apertura dell’assise conciliare, si è passati da un Magistero “con indole pastorale” ad una pastorale “con indole magisteriale”. Nel primo caso i membri della Gerarchia si mettevano sulla stessa linea d’onda dello Spirito Santo che è la condizione sussistente del Magistero, nel secondo caso l’agire umano, spinto dalle filosofie e dalla mondanità, recide le proprie radici da ciò che lo rende vitale e santificante, ossia il Magistero stesso. 

Si è inaugurata una pastorale svincolata e  opposta al Magistero che è solamente frutto di un abuso di autorità e che è oramai in grado di modificare agli occhi del fedele ciò che si “è creduto sempre, dovunque e in ogni luogo”. Insomma la pastorale è il terreno in cui tutto può essere smentito, è il regno del relativismo dottrinale. È chiaro che non si tratta di presentare in modo diverso la stessa sostanza – usando le parole giovannee tanto famose quanto distruttive – ma di orientare una pastorale in modo tale da presentare tutt’altra sostanza.

Solo così la libertà di coscienza, pur condannata, ha potuto prendere la piena cittadinanza nella Chiesa, solo così i testi liturgici sono stati sottoposti a riforma, solo così i divorziati risposati hanno finalmente accesso alla Santa Eucarestia e il dogma dell’infallibilità Papale, tanto temuto dai modernisti, è stato completamente eroso. 

Le tradizionali categorie di “Magistero Solenne,ordinario, straordinario…” sono oramai sorpassate e cadute in disuso. Non sono più necessarie. Piuttosto che possedere lo spazio, con interventi inappellabili del Magistero, è necessario promuovere una pastorale dinamica che avvii qualsiasi processo, che “abiti il tempo“. Ce lo insegna Papa Francesco, il quale ha avuto il coraggio e la coerenza (rispetto ad altri prima di lui) di dire apertamente che il Magistero oramai è rottamato!