di Alessandro Catto (post di sabato 8 aprile, titolo nostro)
Testacoda, pentimenti, scuse; la scelta di Donald Trump di avallare il bombardamento alla base aerea siriana di Sharyat ha consegnato una intera fetta di opinione pubblica, quella pro-Trump e contemporaneamente pro-Putin, all’incomprensione e quasi al panico. In realtà sembra che poche persone abbiano provato a vederci più a fondo nella vicenda mantenendo raziocinio e buona capacità di lettura.
Quel che sappiamo, e lo sappiamo da tempo, è che il Presidente americano, chiunque esso sia, non detiene poteri sconfinati. Il suo campo d’azione è continuamente mediato da vari strati di funzionari, responsabili, direttori di dipartimenti e uomini che si muovono dietro le quinte e spesso lontani dai riflettori. Sto parlando del cosiddetto deep state americano, un insieme di personaggi che ancora oggi più di altri incarna le esigenze della diplomazia a stelle e strisce per come l’abbiamo conosciuta negli ultimi decenni, all’insegna del tentativo di conservare e rafforzare la posizione di predominio globale degli States con politiche interventiste.
L’elezione di Trump era stata salutata come una rottura anche nei confronti di questa porzione di potere, oltreché rispetto alle scelte di politica estera per cui si erano contraddistinti i democratici negli anni di gestione Obama, con Hillary Clinton in prima fila quale rappresentante di un filone liberal capace di coniugare una presunta appartenenza a valori di sinistra democratica ad una spiccata aggressività geopolitica, condita da una forte tensione antirussa.
Trump si è già rimangiato le parole, mostrandosi uguale ai suoi avversari d’un tempo? Direi di no. Più semplicemente, come spiegato ieri sulla nostra pagina nel commentare il raid in Siria, si è dimostrato più influenzabile di quanto si credesse proprio da quei settori del deep state che fin dal giorno della sua elezione ne hanno minato il percorso e le promesse elettorali, tra richieste di dimissioni, proteste di piazza ben alimentate e guai giudiziari sempre pronti a scoppiare.
The Donald, assieme ai suoi uomini, ha dovuto e deve tuttora fare i conti con questo tipo di pressione. Se Rex Tillerson ha mostrato una ottima capacità di adattamento al potere, molto meno adatti possono essere sembrati Flynn e Bannon, altri personaggi sacrificati sulla strada di una apparente resa a forze esterne a quelle presidenziali.
Arriviamo così all’intervento in Siria, e alla giravolta nei confronti di Assad. Tanto per cominciare, diventa oltremodo ingenuo pensare che la reazione militare sia stata scatenata da un attacco emotivo del presidente alla vista delle immagini dei bimbi colpiti dai gas chimici, visto che di morti, anche giovanissimi, in Siria ce ne sono da anni e da anni ci vengono quotidianamente mostrati, causati da ambo le parti in una situazione bellica ancora irrisolta.
Puntando sulla tesi dei cambiamenti repentini di umore, per usare Aldo Giovanni e Giacomo, le cronache di questi giorni non hanno ben inquadrato cosa ha rappresentato e cosa con ogni probabilità rappresenterà l’attacco alla base siriana nei giorni a venire. Un attacco lungi dal poter essere paragonato ad una operazione bellica su larga scala in stile Iraq 2003, i cui tempi e modalità di preparazione anche diplomatica sono ben più lunghi dello stato dei lavori ad oggi riscontrabile nei confronti della Siria.
Manca una idea su come sostituire Bashar Al Assad, vi è la presenza della Russia con la sua estrema contrarietà ad un intervento armato, ma vi sono soprattutto larghi strati di popolazione americana, di collaboratori e di aficionados del Presidente eletto che non vedrebbero di buon occhio un ennesimo intervento armato.
Ecco che allora arriva un attacco missilistico estemporaneo di portata tutto sommato limitata, con danni tutto sommato limitati e nemmeno ancora ben chiariti, con notizie di una base aerea pure ancora funzionante e di missili mai giunti a destinazione. Un attacco di cui la Russia era stata tra l’altro preallertata che, più che un cataclisma mondiale o il preludio di un conflitto interplanetario, sembra un colpo sbattuto sul tavolo, un segnale di presenza e di autonomia che Trump ha voluto concedere proprio per mediare e non arrivare allo scontro con quei settori interventisti che tanti problemi hanno creato e possono ancora creare alla sua presidenza.
Una concessione quasi dovuta a livello politico interno, ma circostanziale e tutto sommato limitata negli esiti, un avvertimento multidirezionale di cui Putin può essere stato messo al corrente e i cui esiti, abilmente strumentalizzati proprio per alimentare una sensazione di attacco grave, sono pure utili alla Russia e alla Siria per evitare uno scontro militare tra USA e Siria di ampia portata nonché una immediata degenerazione del conflitto, certamente possibile se al posto di quella Trump ci fosse stata una presidenza dall’accento ben più interventista e dalle idee più strutturate ed uniformi in tema di politica estera.
Un attacco estemporaneo quindi, di cui, volendo fare i complottisti (me lo si concederà, preferisco aggiungere chiavi di lettura piuttosto che levarle), pure Assad poteva essere non del tutto disinformato, attacco accettato nella speranza e nella credenza che possa rappresentare l’emblema di una linea d’azione tutto sommato limitata, capace di ridurre i danni derivati da uno scontro frontale pianificato.
Una scelta diplomaticamente utile insomma, che può far storcere certamente il naso e che può preludere ad un inasprimento dei rapporti, ma che a livello politico per ora non sembra niente di più che un colpo simbolico per tentare di sparigliare le carte, mandare un avvertimento e un segnale di presenza sia agli alleati (da sempre perplessi sull’affidabilità occidentalista di Trump) che ai nemici, tacitando il dissenso dell’establishment interno e mostrandosi indipendente ed imprevedibile agli occhi dell’elettorato.
Come detto, difficilmente credo che il tutto evolverà verso un conflitto strutturato su larga scala. Lecito ora chiedersi se i testacoda, le scuse e le sudate lette in questi giorni in molti network non siano stati leggermente avventati?
Fonte: ilgiornale.it
Per certi versi, la lettura di Alessandro Catto può essere condivisibile.
Sta di fatto, però, che molta, troppa gente Jewish ha in mano le leve del potere negli States. Il primo, ora, è il genero del tycoon Presidente e conosciamo bene la voglia espansionistica di Israhell per realizzare il Grande Israele di Yinon, dal Nilo all’Eufrate…
Se qualcuno mi da un pugno, io non lo subisco alla leggera: per reazione gliene do due. Rivelo cosi’ un carattere di offesa-difesa,poca cosa e tutto può finire li.
Ma un presidente di stato deve conoscere bene i suoi punti deboli,e sapere con intelligenza prendere le giuste misure, fosse anche, facendosi aiutare.
Devo dire che l’attacco chimico in Siria e la morte di tante creature innocenti,potrebbe far perdere il lume della ragione.
Credo, che a Donald Trump,la Presidenza le verrà a pesare molto….
Che l’attacco missilistico non fosse il preludio a un intervento militare su larga scala era ed è ovvio. Anzi, forse è stato un modo (certo non il solo possibile, né – a mio modesto avviso – quello migliore) per evitarlo.
Resta il fatto che Trump ha fatto una giravolta nel giro di 24 ore e che su latri temi (quelli che personalmente mi stanno più a cuore, cioè quelli etici) finora, al di là di tante parole, ha incassato solo sconfitte. E forse non ne è così dispiaciuto, almeno non lo è il famigerato genero.
Questo Trump sino ad ora era andato bene (certo, troppo liberale e troppo poco di Destra), peccato che si sia messo a fare il cretino in questo modo.
Ha voglia di fare il duro? Benissimo, allora che faccia quello che anche Putin avrebbe già potuto fare da anni : mandi un 50’000 uomini sul posto a sterminare completamente l’Isis dal primo all’ultimo pelo di barba.
Questa vile pagliacciata dei missili sparacchiati da lontano su chi non se lo merita da parte sua è molto deludente. Speriamo ritorni in sè al più presto… e se no pazienza!
Qualcuno ricorda, l’indomani dell’elezione trumpiana, le profetiche parole di Blondet?
“Ora godiamoci ciò che farà, in attesa di quando non farà [oppure di quando farà qualcosa di sbagliato]”. Fu facile profeta?
Sempre americano è Donald, servo del Talmud e della massoneria. Speriamo solo che riequilibri la bilancia, ma temo molto…
La soluzione potrebbe essere un’eventuale rottura del matrimonio della figlia con l’ebreo.
Per rivalsa, il Donald… 😀
Fino ad ora Trump non si era affatto comportato da servo di nessuno, piuttosto da uomo di Stato interessato al bene del suo Paese.
Adesso ha fatto ‘sta buffonata, ma il suo operato politico sino ad ora resta decisamente positivo. Americano o non americano, mille volte meglio lui dei buffoni di questa parte mondo.
Il suo Operato politico resta decisamente positivo? Se non ha ancora messo naso fuori dalla porta,di che operato si sta parlando!
Il buon giorno si vede dal mattino…si dice. E di buon mattino andiamo già a concludere, per come sarà la serata….è non solo,per come,probabilmente, andra’ a finire anche la nottata….