di Giuliano Zoroddu
La peregrinatio in Russia di una costola di san Nicola, ha dimostrato come oggi vada di moda l’Oriente. Non c’è niente da fare! Son passati i tempi in cui col grande Girolamo si diceva fieramente: “Ad Occidente sorge ora il Sole di giustizia, mentre in Oriente ha posto il suo trono sulle stelle quel Lucifero che dal cielo era precipitato!” 1 . In virtù della profonda afflizione in cui versa la Chiesa Romana, angariata dai modernisti, molti fedeli, magari scontenti di Papa Bergoglio, abbagliati dallo scintillio del fasto moscovita, guardano con sempre maggiore e sempre più preoccupante devota ammirazione al “Patriarca” Cirillo. Per contro, presso l’alto clero è a la page intrattenere buoni rapporti con Bartolomeo I, “Patriarca ecumenico” di Costantinopoli, il quale viene ricevuto nelle chiese “cattoliche” con tanto di trono ed ha anche avuto l’onore di essere citato in Laudato si’. Dei Vescovi modernisti, non mi stupisco poiché attuano il dettato conciliare. È paradossale invece vedere delle persone, magari conservatrici e tradizionaliste, che per opporsi e combattere il modernismo bergogliano (che poi è anche roncalliano, montiniano, wojtyliano e ratzingeriano) il quale arriva a profanare la Basilica Vaticana coi Vespri anglicani e favorisce la ulteriore scristianizzazione dell’Europa, cadono negli stessi errori dei modernisti: ammirano i Foziani (eretici e scismatici), arrivando, in modo più o meno celato, a considerarli Chiesa. Non voglio certamente dire che nell’Est non c’è la vera Chiesa, essa c’è e ad alcune grandi figure di essa è dedicato l’articolo: stiamo parlando delle Chiese uniati però, di quelle comunità cioè che a partire del secolo tornarono XV a Cristo nell’obbedienza a Pietro, rigettando lo scisma e l’eresia. Attualmente non godono di particolare stima presso le gerarchie: dopotutto come ebbe a dire lo stesso Pontefice (infelicemente) regnante “uniatismo è una parola di un’altra epoca. Oggi non si può parlare così. Si deve trovare un’altra strada” 2. Un’altra strada, differente da quella cattolica evidentemente, che già Giovanni Paolo II aveva auspicato quando chiese ai dissidenti di collaborare con lui nella ricerca di rinnovate forme dell’esercizio del primato romano 3. Si vede che le indicazioni date da Nostro Signore nei Vangeli non bastano …
Le idee chiare sul primato del Papa e sulla necessità salvifica di essergli soggetti ce le avevano però i greco-cattolici, che in tempo di regime comunista resistettero alla barbara oppressione che li voleva condurre in massa a disertare dall’unità cattolica con Roma e a passare all’Ortodossia. Ortodossia che peraltro si mostrò (nelle sue gerarchie s’intende) collaborazionista coi regimi dell’Ateismo di Stato. Lo denunziò chiaramente e con forza Pio XII, parlando della situazione ucraina: “Non mancano coloro che con tutti i mezzi si adoperano per strapparli dal grembo della Madre Chiesa e spingerli contro la loro volontà e contro la coscienza di un santissimo dovere a entrare nella comunità dei dissidenti. […] Chi ignora che Alessio, eletto recentemente patriarca dai vescovi dissidenti delle Russie, nella sua lettera alla Chiesa Rutena – con la quale non poco ha contribuito ad inaugurare tale persecuzione – ha apertamente esaltato e predicato la defezione dalla Chiesa Cattolica?” 4. E ciò non accadde solo in Ucraina, ma in tutti i paesi soggetti al giogo sovietico in cui vi fosse presenza di greco-cattolici. In questo articolo mi occuperò del caso della Romania, non tanto elaborando un discorso storico generale su questa Chiesa Uniate, quanto presentando ai lettori i suoi gerarchi che sigillarono col sangue la fedeltà a Gesù Cristo e al suo Vicario in terra.
La Chiesa greco-cattolica rumena unita con Roma (Biserica Română Greco-Catolică Unită cu Roma) nacque tra il 1697 e il 1700, allorquando l’eparca Atanasio Anghel di Alba Iulia, e con lui tutto il clero di Transilvania, fece professione di fede cattolica e di obbedienza al Romano Pontefice, secondo i termini della Bolla di Unione 5 elaborata dal Bessarione nel Concilio di Firenze. L’unione con Roma porterà alla riscoperta dell’elemento latino e contribuirà al rafforzamento del senso patriottico del popolo romeno. Quando nel 1947 il Re Michele I abdicò il governo venne assunto dal Partito Comunista ed iniziò la persecuzione dei Cristiani. Nel febbraio del 1948 moriva, probabilmente avvelenato, il “patriarca” scismatico Nicodim Munteanu, monarchico e anticomunista: il successore Justinian Marina, poté così portare la sua “Chiesa” sotto il controllo dello Stato. Non mancarono opposizioni e nel basso clero e nel popolo: tutto il rispetto a coloro che hanno dato la vita per opporsi al comunismo (senza farne tuttavia dei Martiri della Fede), ma perfida fu l’opera della gerarchia collaborazionista contro i cattolici, soprattutto quelli di rito greco. La Chiesa Uniate infatti venne soppressa e i suoi beni espropriati e concessi all’ortodossia (che tuttora li detiene in larga parte). Tra il 27 e il 28 ottobre 1948 vengono arrestati tutti e sei i Vescovi greco-cattolici:
– Ioan Suciu (1907-1953), Amministratore apostolico dell’Arcieparchia di Făgăraș e Alba Iulia;
– Valeriu Traian Frențiu (1875-1952), Vescovo di Gran Varadino dei Rumeni;
– Ioan Bălan (1880-1959), Vesovo di Lugoj;
– Iuliu Hossu (1885-1970), Vescovo di Cluj-Gherla dei Romeni, Cardinale nel 1969;
– Alexandru Rusu (1884-1963), Vescovo di di Maramureș;
– Vasile Aftenie (1899-1950), Vicario episcopale a Bucarest.
Subiranno la stessa sorte molti altri sacerdoti e laici. Tra i sacerdoti son degni di nota: il principe Vladimir Ghika (1873-1954), prete biritulista che si era “fatto cattolico per essere più ortodosso”; e Tit Liviu Chinezu che i comunisti, scoperto che era stato consacrato Vescovo in carcere, lasciarono morire assiderato nella sua cella (15 gennaio 1955).
Davanti a loro stava un bivio: o passare alla sedicente ortodossia o subire il carcere, le torture, la morte. Scelsero la morte: il martirio per Cristo e per il Papa. Il primo a migrare al Cielo fu Monsignor Aftenie, il quale, poiché era di indole dolce e pacificatrice, fu creduto erroneamente tendente al compromesso. Il presule al contrario, convinto che “la fede non è una camicia da notte che si toglie al mattino”, quando in cambio della vita gli fu proposta l’adesione al Marxismo e la sua elevazione a “patriarca” di Bucarest, rispose lapidariamente: “Né la mia fede né la mia nazione sono in vendita”. Torturato barbaramente – il suo corpo fu trovato mutilo delle braccia – spirò il 10 maggio dell’Anno Santo 1950. Mons. Suciu, il Vescovo più giovane, confermò quello che aveva predicato al suo popolo: “Non c’è che una Chiesa che Gesù ha istituito, la Chiesa le cui chiavi ha consegnato al pescatore Pietro e, dopo di lui, ai vescovi di Roma che gli sono succeduti e che chiamiamo col nome di Papi. […] Non c’è che una sola Chiesa, rispetto alla quale le porte degli inferi non prevarranno, e questa è la Chiesa di Pietro. Questa è, cari fedeli, la Chiesa cattolica, per noi rumeni, la Chiesa Unita con Roma” 6. Mons. Hossu, che si intendeva di diplomazia, abbandonata ogni falsa prudenza, ribadì la Dichiarazione comune che a nome dei suoi fratelli aveva letto nel giugno precedente: “Per nessun motivo diverremo traditori e per nessun motivo abbandoneremo la Fede di Roma, nostra Madre […]. Se ci fosse anche chiesta la vita, ebbene daremo la vita per la Fede”. E la vita la diedero e ne ottennero degna mercede: sevizie, lavori forzati, gelo, malattie, sopportate per la Fede Romana, meritarono loro il caloroso amplesso del Re dei Martiri.
A noi che viviamo in questi tempi calamitosi, che rischiano di sopraffarci, questi Eroi proclamano la verità che l’unica vera Chiesa di Gesù Cristo è quella Cattolica, Apostolica, Romana nella sgargiante varietà dei suoi sacri riti. Ci ammoniscono che non bastano la successione apostolica e i sacramenti validi per essere la Chiesa di Gesù Cristo, ma son necessarie la professione della Fede da lui divinamente rivelata (dalla Trinità al Purgatorio, dall’Immacolata all’Infallibilità pontificia) e l’adesione al Papa, fonte dell’unità cattolica e di ogni giurisdizione. Certo al tempo loro sul Cattedra di Pietro sedeva un santo come Pio XII, ma il Papato nella sua divinità trascende la persona umana che pro tempore ne è investita. I Martiri greco-cattolici della Chiese uniati di Romania e di tutto l’Oriente ci ammoniscono dunque a non andare alla ricerca del pascolo della sana dottrina sotto le cupole di Mosca (o di altrove): a Mosca avranno conservato il fasto del cerimoniale, la devozione, il buon senso, ma non hanno conservato la fede! Quella fede che ci salva e che ci è guida nella vita dobbiamo attingerla necessariamente da Roma. E non possiamo giustificare l’ammirazione verso il mondo “ortodosso” ricorrendo all’abusata dottrina dell’ignoranza invincibile: quello è un affare che compete al buon Dio, conoscitore unico del foro interno degli uomini. È quantomeno strano che coloro che si oppongono al Vaticano II sostengano dottrine attigue a quelle deuterovaticane! Mi chiedo quanto possa essere giovevole alla causa antimodernista basare la battaglia su idee moderniste, o su discorsi di eretici, sfarzosi e seri ma sempre eretici. Non arriveremo da nessuna parte, “per la contraddizion che nol consente” come direbbe il nostro buon padre Dante. La nostra lotta deve basarsi sulla Tradizione della Chiesa e quindi, a livello di testi, in luogo degli oracoli dell’ex KGB Kyrill, sarebbe meglio leggere Bonifacio VIII, Pio IX, Leone XIII, san Pio X, Pio XI, Pio XII dove è concentrato il pensiero dei Padri. Non c’è nemmeno bisogno di andare a sfogliare la Patrologia Greca e Latina o la Summa di san Tommaso, quantunque per chi abbia tempo sia una cosa ottima leggere pure questi volumi! Ce lo impetrino i santi Martiri.
NOTE
- Epistola XV. Ad Damasum Papam, I.
- Conferenza stampa del Santo Padre durante il volo di ritorno dalla Turchia, 30 novembre 2014.
- Cfr. Giovanni Paolo II, Omelia nella Basilica Vaticana alla presenza di Demetrio I, Arcivescovo di Costantinopoli e Patriarca ecumenico, 6 dicembre 1987, cit. in Giovanni Paolo II, Ut unum sint (25 maggio 1995), n. 95.
- Pio XII, Orientales omnes Ecclesias, 23 dicembre 1945.
- Cfr. Concilio Ecumenico Fiorentino, Sessione VI (6 luglio 1439), Bolla “Lætentur cœli” sull’unione coi Greci. Qui il testo completo: https://w2.vatican.va/content/eugenius-iv/it/documents/bulla-laetentur-caeli-6-iulii-1439.html
- Discorso a Blaj, 5 ottobre 1948.