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di Cristiano Lugli

 

Carissimi amici di Radio Spada,

 

A titolo squisitamente personale vi scrivo a proposito di una mia intervista rilasciata al quotidiano locale “La Voce di Reggio”, per vostra grande premura prontamente rilanciata su queste pagine. Ebbene, vorrei cogliere l’occasione, se mi fosse concesso, per fare una pubblica precisazione, dal momento che diverse persone bonariamente ed amichevolmente hanno fatto un’obiezione a quanto da me esposto in un passaggio.

 

Il tratto in questione si situa laddove parlo dell’elogio fatto al Vescovo di Reggio-Emilia dal responsabile Arcigay della città medesima, tale Alberto Nicolini. Precisamente, dico quanto segue:
 
“Basti pensare al fatto che nei titoli della Gazzetta di Reggio, edizione quotidiana di lunedì 4 Giugno, si potevano leggere i ringraziamenti fatti al Vescovo da Alberto Nicolini, responsabile Arcigay. Nicolini si complimentava nuovamente con Camisasca per non averci appoggiati, fiancheggiando così il corteo LGBT”.
 

 

Alcuni amici, dicevo, hanno posto proprio in questo passaggio un’obiezione, facendo presente che forse mi sono fatto abbindolare dal savoir-faire di Nicolini, il quale – sempre secondo qualche lettore o amico che me lo ha fatto presente in sede privata – avrebbe voluto strategicamente tirare Camisasca per la talare, così da dividere il fronte cattolico separandone le forze operative.
Proprio per questo ho ritenuto opportuno e doveroso intervenire, rivolgendomi generalmente a tutti i lettori o a tutti coloro che hanno seguito la faccenda da vicino.

 

Anzitutto, avendo a mia volta seguito molto da vicino l’organizzazione della Processione tenutasi il 3 Giugno in Reggio, posso permettermi di far presente che non abbiamo avuto a che fare con grandi cime di intelligenza, per quel che concerne il terreno nemico.
Francamente mi risulta difficile pensare addirittura ad una strategia politica da parte del responsabile Arcigay, vista l’impreparazione con la quale ci hanno affrontati. Ecco perché il “tironaggio” mi è parso più che sincero, corrispondente ai contenuti.

 

Parlando di contenuti poi, è interessante rispolverare la parte del Comunicato di Mons. Massimo Camisasca dove il Vescovo “autorizza” a pregare pubblicamente, epperò non sottolineando la differenza fra una preghiera pubblica con intento devozionale e una preghiera pubblica con intento riparatorio:
“(…) I fedeli cristiani hanno tutto il diritto di trovarsi a pregare, anche pubblicamente. Tutto ciò avviene già la sera della solennità del Corpus Domini o è accaduto recentemente per la bellissima occasione che ha visto 5 mila persone radunarsi nella piazza della Cattedrale per la consacrazione della Diocesi al Cuore Immacolato di Maria”.
Come si può facilmente intendere, mettere le due cose sul medesimo piano suona stonato, oltre che apparentemente di comodo. Nulla che voglia sminuire la Solennità del Corpus Domini ecc, ma solo la volontà di precisare le differenze d’intenzione.

 

Sarà perciò vero che Nicolini, abilmente – caratteristica quella dell’abilità che si è dimostrata non far parte di lui – ha tirato il Vescovo dalla sua parte? E mettiamo pure che fosse vero, avrà dovuto fare un bluff così grande per farsi credere?
Ribadisco ahimé il mio fermo e convinto NO. Purtroppo ciò che è ambiguo rimane opinabile, ma ancor peggio: interpretabile. La solfa è sempre la solita, che si protrae da cinquant’anni e più a questa parte con il tema del Concilio Vaticano II e dello “spirito del post-Concilio”. Coloro i quali attribuiscono la colpa a questo “spirito post conciliare” commettono l’errore di non guardare alla realtà dei fatti, e cioè all’ambiguità intrisa in ben 16 documenti del Concilio. Altro che 95% di Concilio buono, per intenderci ( e chi ha orecchie intenderà ).
Come nel caso del Comunicato del Vescovo, che in un certo modo tenta di mettere a “tacere” tutti per smorzare i toni.

 

In sintesi:
– L’atto omosessuale è intrinsecamente disordinato, ma allo stesso tempo bisogna chiedere scusa.
– Pregare in pubblico non è un male, purché non si parta dal Sagrato del Duomo, non sia mai che si crei una correlazione.
– Veglie con LGBT no perché rifiutano l’insegnamento della Chiesa, ma veglie organizzate da un prete ( lo stesso ) che collabora regolarmente con siti LGBT e ha chiamato a raccolta nella sua parrocchia diversi esponenti di tale lobby quello sì, va bene. Perlopiù la Curia fu informata ripetute volte di quanto scriveva e faceva don Cugini con l’aiuto di “siti amici” ( fra cui Portale Gionata, che invito a visitare anche solo per un secondo ).

 

Insomma, Alberto Nicolini ha fatto quello che avrebbe potuto fare un altro sentendosi autorizzato – o quantomeno non vietato – a partecipare alla Processione. Eppure proprio questo è il problema! ognuno ha potuto dire la sua grazie ad un Comunicato ambiguo. Lì riecheggia un  “armiamoci e partite”, e che quindi, secondo una non errata interpretazione del Nicolini, prende le distanze.

 

E attenzione ad un altro dato fondamentale: non è stata solo l’Arcigay a confermare che il Vescovo abbia in qualche modo preso le distanze, pur non vietando, ma sono state le assenze di tante persone reggiane che mi hanno riferito personalmente la loro perplessità sul partecipare perché si sarebbero sentite disobbedienti inverso il Massimo Pastore della Diocesi. In effetti basterebbe notare due assenze molto pesanti nel panorama diocesano di Reggio-Emilia, e cioè quella del movimento “Familiaris Consortio” e quella di “Comunione e liberazione“, della quale Camisasca fa ancor parte.
La prima fra le due si è sempre mostrata interessata a queste tematiche, ma il veto-non-veto del Vescovo ha pietrificato le decisioni evidentemente.

 

Va da sé che di trappoloni strategici non si tratta, ma di libera interpretazione offerta su un piatto d’argento. La parola data ha poi voluto che venissero tralasciati i contenuti dell’incontro avvenuto con il Vescovo Massimo a pochi giorni dalla Processione. Per non turbare gli animi è meglio mettere una pietra sopra alle tristi vicende intercorse in terra di Curia, per ricordare piuttosto i bellissimi attimi della Processione, dove una Fede viva e salda ha attraversato le vie di una città collisa con il peggiore dei mali: il Liberalismo, che tradotto si legge “laicità dello Stato”.

 

PS: In appendice, mentre sfogliavo il Comunicato dell’Episcopo reggiano, ho potuto rileggere queste poche righe che riporto alla vostra attenzione, per ricordare che in fondo non tutto è poi così ambiguo.
                                                   08\04\2016

“Carissimi,

è con grande gioia che vi dò notizia della promulgazione dell’Esortazione Apostolica post-sinodale sull’amore nella famiglia – Amoris Laetitia – resa pubblica oggi dal Santo Padre Francesco. Si tratta di un testo molto ricco, un grande segno di stima, di comprensione e di affetto da parte della Chiesa per tutte le famiglie. Un dono grande che ci fa il Papa in questo Giubileo della Misericordia.

In continuità con la Tradizione della Chiesa e, nel contempo, con una grande apertura alla novità perenne del Vangelo che chiede di essere incarnato nelle situazioni concrete e nuove che la nostra società contemporanea presenta, papa Francesco esprime in questo testo una profonda sapienza pastorale, una non comune capacità di introspezione anche psicologica della realtà familiare e offre a tutto il popolo cristiano numerosissimi spunti di meditazione.

È impossibile riassumere in poche righe la ricchezza teologica, pastorale e poetica di questo testo, che colpisce per la sua concretezza. Occorre leggerlo e meditarlo lentamente.

Come pastore di questa Chiesa, rivolgo a tutti i fedeli, a tutte le comunità, ma anche a tutti coloro che non sono o non si riconoscono cristiani, l’invito a leggere e sostare sull’esortazione post-sinodale. È il primo passo da compiere per iniziare ad accostarci alla ricchezza di queste pagine.

Nei prossimi tempi studieremo le modalità più adeguate perché il testo possa essere efficacemente presentato nelle nostre comunità.

+ Massimo Camisasca”

Che dire? Viva Amoris Lætitia e, in questa circostanza, è proprio il caso di dirlo: vade retro ambiguità.