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di Massimo Micaletti

 

“Io sono Charlie Gard”, leggo sul profilo social di molti miei amici. Ed è vero. Dopo la decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo, siamo tutti Charlie nel senso che quello che è stato fatto a Charlie potrebbe essere fatto a ciascuno di noi, dei nostri genitori, dei nostri figli.

La Corte europea dei diritti dell’uomo infatti ha sancito che ci sono dei soggetti, ossia i medici, che possono compiere una valutazione giuridicamente e moralmente vincolante in base alla quale sopprimere una persona: i giudici hanno così trasformato il dovere di cura in potere di vita o di morte. Ora, se questo potere ha un fondamento nel cosiddetto bene del paziente, allora non ha nessun limite ed ogni ostacolo alla sua realizzazione è una discriminazione e una prevaricazione.

A ben pensarci, non serve neanche che il bambino, se di bambino vogliamo parlare, sia ricoverato in ospedale. È sufficiente che un assistente sociale faccia presente alle autorità che una famiglia ha deciso di tenere un figlio malato ed ecco che interviene lo Stato che pietosamente lo sopprime. E guardate che questa sorte potrebbe toccare anche a persone con la sindrome di Down o sordociechi, o con handicap mentale: non serve che il piccolo provi dolore o che sia in stadio terminale e questo per due ordini di ragioni.

In primis perché nel nostro ordinamento già c’è una sentenza della Corte di Cassazione che risarcisce una bambina per il fatto di essere nata con sindrome di Down perché la madre non l’ha abortita[1]; poco dopo, sovvertendo il dettato della (evidentemente non abbastanza) omicida legge 194, la Cassazione ha considerato ovvio e non meritevole di prova il fatto che la diagnosi di malattia nel concepito porti la madre ad uno stato di dolore tale da giustificarne la soppressione[2]; già da tempo, quindi, in Italia è stata sancita la preferibilità della morte rispetto alla vita per questi soggetti. In seconda battuta, perché la Corte europea nel suo giudizio sul caso di Charlie non si è soffermata sulla sofferenza fisica ne avrebbe potuto perché Charlie, di fatto, non avverte dolore.

Quando accadrà anche in Italia – tra pochi anni – sarà fatto, ovviamente, tutto a norma, con tanto di segnalazioni formali, carte bollate, inviti a consegnare lo sventurato per evitare che continui a soffrire e, alla fine, accesso delle Forze dell’ordine che prelevano manu militari il bambino disorientato e spaventato per portarlo alla pietosa soppressione strappandolo ai genitori in lacrime. Nulla fermerà questo, neppure il soffocato e disperato “Mamma!” gridato dal piccolo mentre dei signori tanto gentili (immancabile la Psicologa) e tanto armati lo porteranno via. “Signora, per cortesia, non renda tutto più difficile”.

E i medici? Beh, i medici, ovviamente, si atterrano scrupolosamente alla norma, ai principi del diritto: i medici hanno famiglia come tutti, sono sempre nel centro del mirino, in prima linea, e mica possono rischiare. Se la legge o la Corte europea dei diritti dell’uomo dicono che tenere in vita un malato grave è ingiusto e illecito, mica possono rimetterci il posto o rischiare un processo penale. “Guardi, signora, glielo lasciamo attaccato ancora un po’: fino a stasera, va bene? Poi, gli darà un bacio e sarà come metterlo a nanna. No, signora, non può essere presente mentre viene effettuato l’intervento. La prego, non insista, comprenda anche la nostra posizione”.

Non ci credete? Purtroppo in questa materia è fin troppo facile essere profeti.

Ovviamente, lo stesso trattamento può essere riservato ad anziani, malati mentali, pazienti in stato vegetativo persistente eccetera. Anche ad adulti consapevoli ma “non abbastanza felici”. E’ lo stesso trattamento che, del resto, viene riservato da un pezzo ai concepiti con l’aborto legale del malato: solo che quelli non li possiamo (non li vogliano) guardare in faccia, non ci fanno così pena. Ci sono dei medici che li guardano in faccia, sapete? Perché l’aborto di un bimbo Down o nano o focomelico è un parto a tutti gli effetti e il medico si trova il bambino tra le mani, smembrato, corroso, morente, strappato, schiacciato e vinto, e non prova pena, state tranquilli. Non scommettete sulla pena, in questo campo.

Perché la Corte europea dei diritti dell’uomo ha sancito che è immorale ed illegale prendersi cura dei deboli, che per il loro bene devono essere soppressi e la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo è vincolante per tutti i giudici degli Stati europei, comprese le Corti costituzionali. Per essere più chiari, mentre qui in Italia si discute sul testamento biologico, e specificamente su come, ancora una volta, introdurre una norma vuota ed omicida dandole un paravento di presentabilità e la CEI bofonchia di ius soli, ci pensano le famose istituzioni europee a introdurre il dovere – ripeto, il dovere – di sopprimere il debole.

E’ ancora una volta l’Europa, ad adoperarsi affinché “sia garantita una morte pietosa ai malati ritenuti incurabili secondo il miglior giudizio[3].

 

 


[1] Cass. civ. Sez. III, 02/02/2010, n. 2354
[2] Cass. civ. Sez. III, 10/11/2010, n. 22837
[3] Adolf Hitler, Lettere a Karl Brandt, 1934: sulla scorta di queste istruzioni, sarebbe poi nata l’Aktion T4, la soppressione di tutti i disabili in Germania.