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Dopo l’incoraggiante benedizione di S.E.R. Mons. Luigi Negri, ci perviene un’altra importante riflessione del Reverendo don Giorgio Bellei di Modena, già attivo (e presente) sul fronte reggiano per la Processione del 3 giugno scorso. Don Giorgio è stato l’unico sacerdote diocesano a prender parte alla processione del 3 giugno a Reggio Emilia. [RS]

di don Giorgio Bellei

Trovo somiglianze tra la presa di posizione di Mons. Lambiasi e quella di Mons. Camisasca a proposito delle processioni di riparazione per il “REmilia Pride” e il “Summer Pride”.

Tutti e due riconoscono il diritto dei cattolici di riunirsi in preghiera e tutti e due affermano la non opportunità di farlo pubblicamente con una processione.

Il motivo? Quello di non contrapporsi per non dare l’impressione che gli omosessuali siano esclusi a priori dalla Chiesa.

A questo punto mi sorge una domanda: Ma i vescovi che credono certamente in Dio, hanno il coraggio di affermarlo pubblicamente? Se rispondiamo di sì allora perché ritengono inopportuna una processione pubblica di riparazione?

Se Dio c’è (e i Vescovi dicono che c’è), il Suo dominio abbraccia ogni cosa ed ogni ambito ed ogni cosa ed ogni ambito funziona bene solo ci se si sottomette a Lui. Totalmente! Non mi si dica che questa è una visione schiavista, perché  Dio è l’Essere perfetto e per questo le Sue leggi non umiliano ma realizzano l’uomo. (cfr. Gaudium et Spes n.36 ) Ogni vero cattolico allora quando vede propagandati pubblicamente dei comportamenti avversi ai comandamenti di Dio e al suo progetto creativo espresso dalla legge naturale, ha il dovere di denunciare il fatto come una grave sovversione dell’umanesimo autentico. E dato che i comportamenti contrari alla legge di Dio vengono ostentati pubblicamente, altrettanto pubblicamente occorre dire che si è di fronte alla menzogna.  All’errore privato si risponde in privato a quello pubblico, in pubblico.

Se si concede  solo al gay pride di manifestare,  perché di fatto si prendono le distanze dalla manifestazione contraria quasi fosse empia ed immonda, allora ci si sbilancia da una parte sola. Per di più quella che il cattolico deve ritenere errata. Per questo mi sono  chiesto se i Vescovi hanno il coraggio di affermare in pubblico tutte  le esigenze della fede. Quelle che riguardano il dato creaturale e non solo quelle di carattere sociale.  È vero che il Summer Pride è stato criticato, ma di fatto le parole più chiare sono quelle che prendono le distanze dalla processione.
Il cristiano che afferma i diritti di Dio non crea disordine sociale.  Lo farebbe se cercasse di impedire con la violenza  lo svolgimento della manifestazione. Ma se fa un’altra manifestazione nella quale le sue idee non vengono scandite da slogans violenti ed offensivi ma solo dall’atteggiamento orante di chi annuncia il primato di Dio con la preghiera, egli manifesta solo la sua fede ed esercita la sua libertà.

Perché tanta paura di una processione religiosa in una cultura come la nostra che porta tutto in piazza per mezzo di cortei? (anche il gay pride lo è).

Perché dobbiamo essere sempre subalterni ad una mentalità mondana secondo la quale, Dio non può essere portato in pubblico ma deve restare solo nel sentimento privato? Noi facendo una Processione, non impediamo agli altri di occupare spazi pubblici, ( e se per caso volessimo farlo il mezzo da usare sarebbe solo quello dell’ordinamento parlamentare e democratico espresso da un libero voto ). Non impediamo agli altri di andare in piazza, chiediamo di poterci andare anche noi, senza che i Vescovi vogliano vietarcelo per di più con un linguaggio in puro “ecclesialese” di chi dice e non dice.