charlie

 

di Cristiano Lugli

 

Se credevamo di aver visto tutto, ci sbagliavamo. L’assioma dell’ospedalizzazione coercitiva di cui si era parlato poche ore fa ha raggiunto il suo tracollo tra ieri e oggi, nelle nuove udienze chieste dai coniugi Gard dopo che il GOSH aveva respinto la domanda di poterlo portare a morire a casa. I motivi resi noti dall’ospedale britannico per cui non è concesso di portare via il bambino dal lager di morte che hanno costruito attorno a questa famiglia sono davvero interessanti: durante il tragitto potrebbe estubarsi accidentalmente, non è così facile trovare un medico rianimatore per la notte, si deve evitare che qualcosa di brutto possa succedere a casa. Purtroppo questa non è fantascienza ma sono le motivazioni portate in aula dagli avvocati difensori e dal direttivo medico dell’ospedale pediatrico. Una bella accozzaglia di omicidi preoccupati che il bambino muoia per altra causa o altra mano che non sia la loro. Sono cose splendide. I motivi per cui Charlie deve morire sono quelli del GOSH e non possono essere altri insomma, pena quasi una sorta di gelosia necropossessiva, fin troppo conscia e marcata.
In aula si sarebbe sentito di tutto: mancava solo l’ipotesi del terremoto che apre la terra durante il trasporto del bambino a casa, risucchiando il mezzo nei bassifondi del globo.

 

Davanti alle insinuazioni assurde sollevate in aula, nell’udienza che è stata fatta – almeno nella prima parte – pubblicamente, alla luce del sole e con la stampa presente su richiesta della madre Connie, persino il giudice boia si è trovato in imbarazzo, arrivando a dire che “queste decisioni ormai esulano dal campo della legge“. La difficoltà che attanaglia il giudice Francis, il quale sulla stregua dell’ospedale vorrebbe che a Charlie fosse pratica l’eutanasia lì, è la richiesta più che legittima dei genitori di poterlo portare a morire nell’abitazione di famiglia. Ora, dar manforte a degli scellerati che chiedono di ucciderlo ma non vogliono che esca per paura che muoia, diventa complesso anche per un giudice deciso a non farsi coprire di ridicolo perlomeno da chi la pensa come lui, cioè dai necrocultori che portano toghe ben attillate alla pelle.

 

I Gard, dovremmo dire astutamente, hanno preso atto della situazione e si sono giocati l’ultima carta possibile. La famiglia del piccolo Charlie sa che l’unico modo per vedere la luce è sfuggire da quella galera, giacché se il bimbo torna a casa sarebbe impedito ai medici di staccare la spina dal momento che la “tutela” non sarebbe più sotto il loro controllo, non sarebbe più esterna e quindi l’utilizzo del ventilatore potrebbe esser proseguito ad libitum. Qui si situa il motivo per cui l’ospedale oppone resistenza; e che resistenza.
Cosa sta dietro a tutto questo? Perché tutta questa urgenza? Certo, come abbiamo detto si brama di veder morire un innocente, ma questo non può essere l’unico vero motivo. Vale la pena riportare qui lo stralcio di commento fatto dall’amico Roberto Dal Bosco che si ricollega al tema dell’agenda riprogenetica di Charlie, di cui già parlammo in un articolo addietro: “Se la pressione esercitata è quella giusta, e lo pare proprio, Charlie avrà un futuro fratellino con solo mezzo DNA di mamma Connie, e tanti, tantissimi ulteriori fratellini vetrificati, gettati via, congelati, uccisi senza pietà in quell’oceano di micromorte che è la fecondazione artificiale (omologa, eterologa, a tre genitori: ma che differenza fa?). Questo immane sacrificio, quantitativamente superiore a quello del piccolo che ora ammazzeranno, era il vero oggetto del contendere di tutta questa storia“.

 

Questo veramente si nasconde terribilmente, luciferinamente, dietro alla vicenda del piccolo Charlie, e non va perso di vista per nessuna ragione al mondo. Durante queste due udienze intercorse fra ieri e oggi si è arrivati a sostenere che il ventilatore non sarebbe passato dalla porta di casa dei genitori, motivo per cui a casa non ci poteva andare, è chiaro? Davanti a questa obiezione i Gard hanno risposto che lo avrebbero portato a casa di parenti da cui passerebbe, ma l’avvocato del GOSH ha risposto che non possono prestarlo per settimane. A questo è seguita un’ulteriore replica dei genitori, i quali hanno detto che avevano già le risorse e le autorizzazioni per comprarne uno personale. Quest’ultima risposta ha silenziato l’avvocato fino al punto di sospendere l’udienza decretandone la privatezza. Chris e Connie hanno pure proposto la terza via, cioè quella dell’hospice per malati terminali, che è poi stata la decisione definitiva del giudice.
La dose di anestetico edulcorante richiama la farsa del best interest, ed è con questa scusa che il GOSH non ha voluto mollare di un centimetro la presa, facendo presente che senza un rianimatore di terapia intensiva specializzato in cure palliative che faccia servizio a casa il bambino non poteva muoversi. La Guardian di Charlie, Butler-Cole, eroina delle DAT e grande sostenitrice delle associazioni pro-eutanasia (adulta o infantile che sia, a lei garban tutte) ha voluto discutere in sede privata l’ipotesi del trasferimento all’hospice, bocciando di gran lunga l’ipotesi del medico a domicilio che, già presentato dai Gard, non è stato ritenuto idoneo a quel caso così delicato. Pensate un po’. Probabilmente il medico aveva qualche aspetto cristiano troppo fastidioso, ma anche questo non ci è dato saperlo. Sappiamo invece che alla fine si è raggiunto un “accordo” fra ospedale e genitori, cosicché il giudice Nicola Francis salvasse la capra e pure i cavoli. L’ipotesi dell’hospice per malati terminali era caldamente osteggiata dagli avvocati del GOSH, che alla fine però hanno dovuto cedere ad una via di mezzo.

 

Cosa succederà ora? Sol Dio lo sa. Non possiamo far altro che attendere e pregare, pregare molto e invocare il miracolo ora più che mai, affinché il Signore rovesci questi superbi dai loro troni di argilla. La corsia preferenziale sarebbe stata quella di portare il bambino nel suo focolare, per sottrarlo a tutto e a tutti; purtroppo così non è stato. Una via di mezzo che comunque mira alla estubazione praticata semplicemente in un altro luogo che non sia l’ospedale londinese.

La morfina e le “cure palliative” sederanno Charlie fino a farlo soffocare probabilmente ma “senza dolore”. Non sarà data nemmeno la possibilità di sapere l’effetto che avrebbe fatto l’estubazione: chi ci dice che Charlie non avrebbe potuto riprendere a respirare da solo? Altri bambini prima di lui lo hanno fatto, tuttavia la sedazione non permetterà di saperlo e protrarrà la “chimera” della “dolce morte” fino a quando la dose di veleno non sarà stata sufficiente. Questa morte di stato è fortemente voluta perché frutterebbe molto, non solo in termini economici ma anche in termini di biotecnica. Aprirebbe, selvaggiamente, un altro cancello dell’Inferno in terra. L’inferno della tecnica e della necroterapia intensiva decantata dai prosegutori del non serviam. E questo alle scimmie di Satana non dispiace poi così tanto, come si può ben comprendere.
Basti pensare che oggi uno dei commenti della Butler-Cole, avvocato del Guardian, è stato questo: “parents should spend last few days of Charlie’s with him, not with their lawyers“, che tradotto suona così: “i genitori dovrebbero passare questi ultimi giorni di Charlie con lui, non con i loro avvocati”.

 

Sentite anche voi l’eco della risata sghignazzante del Demonio?