
di Cristiano Lugli
Ragione da vendere aveva ieri l’amico Massimo Micaletti (
https://www.radiospada.org/2017/07/charlie-in-attesa-delludienza-10072017/), tracciando una linea precisa sui tre parametri di valutazione che avrebbero usato i giudici del tribunale per valutare se Charlie Gard può continuare a vivere o meno. Se l’unico parametro possibile su cui poteva fondarsi una decisione di valore veramente etico e morale era quello di permettere una
cura al piccolo Charlie, nel suo senso più profondo e vero indicato sempre da Micaletti, ovvero quello di
“prendersi cura” di lui, la direzione giuridica ha seguito, come volevasi dimostrare, tutt’altro corso optando per gli altri due folli ed ingiusti parametri:
«Non c’è nessuno qui che non voglia salvare il bambino», ha voluto far presente il giudice Francis, che sarebbe «felice» di cambiare opinione rispetto alla sentenza che lui stesso pronunciò lo scorso aprile, quando autorizzò i medici del Great Ormond Street Hospital a staccare la spina al bimbo malato, «ma dovrete convincermi che qualcosa di drammaticamente nuovo è cambiato», aggiunge, perché «la considerazione primaria è il benessere di Charlie».
Di benessere hanno il coraggio di parlare, dando per di più 48 ore di tempo ai legali della famiglia per presentare le prove che una terapia alternativa può avere successo nel trattamento del piccolo. Intanto le decisione è stata rimandata a giovedì mattina, 13 Luglio, anche se il magistrato ha già chiarito che non si esclude un ulteriore slittamento.
In aula, ieri, non è mancata nemmeno la tensione dei genitori disperati per l’ennesimo affronto al loro essere padre e madre del bambino:
«Quando comincerai a dire la verità?» – così ha urlato il padre di Charlie ad un medico che stava parlando dell’impossibilità di miglioramento per Charlie. «Ti stanno mentendo!», ha detto poi al giudice, mentre la moglie scuoteva la testa ripetendo «non è vero, non è vero». Ma il magistrato ha letto una dichiarazione dell’ospedale in cui si afferma che «è terribilmente ingiusto verso Charlie continuare il trattamento settimana dopo settimana sapendo che è contro il suo benessere».
Il giudice ha ripetuto più volte che il bambino ha subito danni cerebrali strutturali irreversibili e che soltanto la prova che ci possa essere un miglioramento di questa condizione potrebbe convincerlo a cambiare idea: «È solo il suo corpo che cresce, il suo cervello non sta crescendo». Ma anche qui Connie lo ha interrotto: «Non è vero, gli infermieri hanno misurato la circonferenza della testa, è cresciuta di due centimetri solo nelle ultime settimane!».
La madre di Charlie si dice certa che il bambino risponda alle sollecitazioni. E il suo avvocato ha spiegato alla Corte che secondo un medico americano la terapia sperimentale ha il 10 per cento di possibilità di successo. «Il 10 per cento – è intervenuta di nuovo Connie rivolta al giudice – se fosse tuo figlio non lo faresti?».
I genitori del bambino, tramite i legali, hanno tentato di ricusare il magistrato Justice Francis durante l’udienza, argomentando che la sua precedente sentenza non gli consente di deliberare in modo imparziale. Ma il giudice ha rifiutato di fare qualsiasi passo indietro: «Ho fatto il mio lavoro e continuerò a farlo – ha dichiarato – se lasciassi questo caso verrei meno al mio dovere. Sarei felice di cambiare idea, ma devo applicare la legge».
La “legge” appunto. Una legge omicida.
Lo strazio è ancora molto, e l’agonia di questa famiglia pare non avere termine. Ieri, ancora una volta, ci si è trovati davanti alla follia della magistratura, che addirittura si mostra “preziosa”, chiedendo certezze sui parametri della “qualità di vita” conquistabile dal bambino inglese. In poche parole: o guarigione o morte; sotto le mentite spoglie di un’idea pietosista si cela invece un ritorno a quella “razza ariana” tanto bramata da Adolf Hitler.
Siamo all’alba di un nuovo Piano T4, solo ben più difficile da smascherare nella sua trucidità.