di don Curzio Nitoglia (Fonte: DonCurzioNitoglia.com)
Cos’è un concordato?
Quando la Prima Sede stipula un concordato con un governo, vuole soltanto premunire i cattolici soggetti a quel governo da ogni forma di persecuzione o di discriminazione, ma ciò non significa che ipso facto la S. Sede riconosca la sua bontà, che è diversa dalla legittimità. Infatti un governo può essere legittimo senza essere buono o conforme al Diritto pubblico ecclesiastico, il quale prevede la subordinazione dello Stato alla Chiesa, come il corpo è sottomesso all’anima, per la supremazia del fine spirituale (dell’anima e della Chiesa) su quello temporale (del corpo e dello Stato). Si legga quanto scrivono i canonisti: “Concordato è ciò che è stato stabilito da due parti, liberamente; esso è dunque un patto per comporre una controversia e lo si chiama anche concordia, tractatus, pax […] è molto utile praticamente a prevenire i dissensi o a ricomporli, se sono già nati” ([1]). La stessa dottrina è insegnata dal cardinale Alfredo Ottaviani che ci spiega anche che: “il primo concordato è il patto di Callisto o Wormatiense del 1122”([2]). Mentre padre Felice Maria Cappello afferma che: “I patti carolingi – tra Stefano III e Pipino (754) ; tra Adriano I e Carlo Magno (774); tra Pasquale I e Ludovico il Pio (817) – possono essere chiamati in senso largo concordati o meglio editti […], per alcuni la Bolla di Urbano II (1098) riguardo Ruggero I di Sicilia, è il primo concordato; tuttavia in senso stretto il vero e proprio primo concordato è quello di Callisto (1122)” ([3]). La S. Sede è sempre ricorsa ai concordati per premunire i suoi fedeli dalla prepotenza del potere politico. Ciò significa che il concordato non è un cedimento del Papa al mondo moderno, come lascia intendere Prevost nel suo libro sul Ralliement; altrimenti sin dall’ottavo secolo la Chiesa si sarebbe rallié al mondo moderno, che ancora doveva nascere.
Il concordato col III Reich
Nell’estate del 1933, dietro richiesta del III Reich, la S. Sede accettò di riprendere le trattative per un concordato. Però Pio XI dovette ben presto lamentare che in soli quattro anni il partito che governava il Reich germanico aveva violato più volte il concordato e cercato in tutti i modi di annientare la Chiesa: “L’esperienza degli anni trascorsi [quattro: dal ‘33 al ‘37] […] svela le macchinazioni, che già dal principio non si proposero altro se non una lotta sino all’annientamento [del cattolicesimo]” ([4]). Il Papa paragona alcuni capi del partito nazionalsocialista all’inimicus homo del Vangelo, seminatore di discordia, che è il diavolo. Infatti costoro sparsero “la zizzania […] di un’avversione profonda, […] contro Cristo e la sua Chiesa, scatenando una lotta che […] si servì di tutti i mezzi” ([5]). Pio XI continua: “non si può considerare come credente in Dio colui che usa il Suo nome retoricamente […]; chi, con indeterminatezza panteistica, identifica Dio con l’Universo, […] non appartiene ai veri credenti […]. Né è tale chi, seguendo una sedicente concezione precristiana dell’antico germanesimo, pone al posto del Dio personale il fato” ([6]). Papa Ratti ammette che la razza o il popolo, lo Stato hanno un posto essenziale e degno di rispetto nelle questioni sociali e politiche, ma “chi li distacca da questa scala di valori terreni, elevandoli a suprema norma di tutto […] divinizzandoli con culto idolatrico perverte […] l’ordine creato e imposto da Dio, è lontano dalla vera Fede” ([7]). Non è cattolico chi pone la razza al posto di Dio o lo Stato al posto del Creatore. “Il nostro Dio – continua il Papa – è il Dio personale, trascendente, onnipotente […] il quale non ammette altre divinità attorno a sé […]. Solamente spiriti superficiali possono cadere nell’errore di parlare di un Dio nazionale, di una religione nazionale, e intraprendere il folle tentativo di imprigionare nei limiti di un sol popolo, nella ristrettezza […] di una sola razza, Dio, Creatore del mondo” ([8]). Tutto ciò non è che del “provocante neopaganesimo”; inoltre “La fede in Dio non si manterrà a lungo pura e incontaminata, se non si appoggerà nella fede in Gesù Cristo”([9]). E il Papa conclude con queste parole profetiche: “Colui che […] osasse porre accanto a Cristo, o peggio, sopra di Lui, un semplice mortale, fosse anche il più grande di tutti i tempi, sappia che è un profeta di chimere” ([10]).
Interpretazione dell’enciclica
Molti hanno parlato dell’enciclica Mit brennender Sorge ed hanno cercato di darne un’interpretazione; ma pochi hanno citato la Nota del III Reich del 12 aprile 1937, consegnata dall’ambasciatore tedesco presso la S. Sede al Segretario di Stato Vaticano monsignor Eugenio Pacelli; e soprattutto la Risposta di monsignor Pacelli del 30 aprile 1937 all’ambasciatore tedesco. Monsignor Pacelli risponde, a nome di papa Pio XI, al governo tedesco, e dà un’interpretazione autentica dell’enciclica. Pacelli scrive che la Mit brennender Sorge non è un documento “ostile al popolo o allo Stato germanico”, anzi essa rappresenta una “diagnosi in vista della guarigione di essi” (primo paragrafo). Riconosce che l’enciclica ha parlato del “partito nazionalsocialista e non del governo tedesco (secondo paragrafo). Aggiunge che l’intenzione dell’enciclica “non era affatto di nuocere al popolo o al governo germanico, ma di sormontare i disordini che si verificano in Germania”; tuttavia Pacelli mette in guardia fermamente sul pericolo del partitonazionalsocialista e soprattutto su alcuni suoi settori radicali. “Il movimento che sostiene il Reich si è sempre più compromesso con delle idee, degli orientamenti e dei gruppi ideologici, il cui scopo è di distruggere la Fede cristiana e di asservire la Chiesa”. Secondo gli studiosi più qualificati vi era un gruppo ideologico che spingeva il partito nazionalsocialista verso l’anticristianesimo estremo ed era quello di Rosenberg, che avrebbe voluto subito la distruzione della religione cattolica, mentre Hitler si sarebbe voluto arrivare poco a poco, a guerra compiuta. Altri – come vedremo oltre – addirittura cercano di recuperare parzialmente anche Hitler.
- Il dottorFabio Casini, dell’Università di Siena, scrive che il comportamento di Hitler a proposito del problema religioso fu inizialmente ambiguo. “Nonostante il profondo odio verso il cristianesimo […] Hitler temette, almeno sino al 1940, un aperto confronto culturale con le Chiese […]. Da qui la sua doppia strategia dell’allettamento e della minaccia […]. Da ciò la linea prudente seguita dal dittatore nei confronti di quei vescovi cattolici che coraggiosamente iniziavano a denunciare le persecuzioni naziste […]. La linea da seguire, almenonei primi tempi, sembrò quella di considerare la Chiesa cattolica una unità e conseguentemente insulsi e privi d’importanza i pronunciamenti dei singoli ecclesiastici. Hitler si riservava di procedere ad un intervento più risoluto con il mondo religioso a guerra finita; in realtà la sua fanatica avversione per il cristianesimo uscì fuori con tutta la forza quando l’attacco alla Polonia […], sino alla vittoria su […] la Francia, sancirono il presunto strapotere nazista. Si apriva la strada verso il futuro del regime […] e l’edificazione di una società nella quale ci sarebbe stato sempre minore spazio per la religione. Non era più una questione di separazione tra Stato e Chiesa, bensì di eliminazione della Chiesa (si ribadiva ciò che Rosenberg, ideologo del partito, aveva preconizzato nel suo ‘Mito del XX secolo’ del 1930 […] il conflitto tra il neo-paganesimo germanico e le odiate Chiese cristiane, soprattutto ‘l’Internazionale Nera ’ cioè la Chiesa di Roma”’([11]).
- Invece il professorEmilio Gentile, allievo di De Felice e uno dei maggiori esperti del fenomeno fascista, docente presso l’UniversitàLa Sapienza di Roma scrive: “dopo l’avvento al potere di Hitler, la minaccia per la cristianità rappresentata dal nazionalsocialismo apparve a molti cristiani […] grave, anche se le ambiguità della polìtica religiosa di Hitler, che non incoraggiava apertamente i teorici del neopaganesimo razzista [Rosenberg, nda], inducevano qualche osservatore, per quanto ostile al nazismo, ad avanzare dubbi sulla identificazione di nazionalsocialismo e neo-paganesimo razzista. Nel regime nazista, in realtà, le correntineopagane, anticristiane […] erano forti e pressanti […] da lasciar cadere presto i dubbi sulla natura effettivamente anticristiana della religione nazista. […] Il nazionalsocialismo rivelava ai cattolici […] la sua vera natura di movimento anticristiano, in cui confluivano correnti diverse, ma aventi come fine comune l’annientamento della religione cattolica […], perché il nazismo rivendicava tutte le caratteristiche di una nuova religione, fondata su principi e su valori radicalmente opposti a quelli cristiani e cattolici” ([12]). Inoltre Pacelli riconosce che se il Papa ha condannato il bolscevismo, “non può chiudere gli occhi sugli errori che si stanno sviluppando nel seno di altre tendenze politiche e filosofiche [Rosenberg e il nazionalsocialismo, nda] che pur essendo anti-bolsceviche non possono godere del privilegio di essere tollerate o ignorate dal Magistero supremo della Chiesa”; il vero fronte antibolscevico, risponde il Segretario di Stato Vaticano, deve essere fondato sulla verità e non può essere anticristiano [vale a dire il nazionalsocialismo non è la vera reazione al bolscevismo, poiché anch’esso, come il comunismo – anche se in misura meno radicale – è anticristiano, nda] (paragrafo quarto). Nel paragrafo settimo Pacelli ritorna su “certe personalità del nazionalsocialismo” [Rosenberg e camerati] che manovrano per distruggere la Chiesa ([13]).
- Il professorGiovanni Miccoliha scritto recentemente addirittura che Pio XII all’inizio del suo pontificato, cercò di «avviare un processo di distensione [col III Reich]. La prima notizia che egli comunicò ai quattro cardinali tedeschi (Bertram, Faulhaber, Schulte e Innitzer), aprendo gli incontri che egli volle avere con essi nei giorni successivi al conclave, [fu]: Noi non siamo contro la Germania e nemmeno contro una determinata forma di governo. […]. Da questo punto di vista emerge chiaramente come le posizioni assunte da Pio XI nei confronti della Germania nazista fossero andate al di là dei desideri e degli orientamenti di almeno una parte dell’episcopato tedesco […] che si richiama alla distinzione tra i massimi dirigenti del governo [Hitler compreso, nda] e gli estremisti neopagani del partito [Rosenberg-Goebbels], con una persistente fiducia nella disponibilità di Hitler. […]» ([14]).
Pio XII e il nazismo
Il nuovo Papa e l’episcopato germanico riprendevano il principio secondo cui «il cittadino deve rispetto e obbedienza all’autorità legittima, non importa se sul trono sieda un Pilato o un Nerone» ([15]), tranne quando essa comandi qualcosa di intrinsecamente perverso, ossia contrario alla fede e alla morale. Come si vede l’Autorità può essere legittima anche se non è buona o conforme alla dottrina sociale cattolica. Addirittura il card. Faulhaber – che pur non era tenero con le derive neopagane del nazismo – scrisse il 4 novembre 1936, dopo aver incontrato personalmente Hitler, «di essersi trovato davanti non a un Nerone, ma a un grande e serio uomo di Stato» ([16]). Tale posizione non era condivisa dal card. von Galen e dal card. Schulte, i quali nel 1937 espressero tutte le loro perplessità a Pio XI anche su Hitler stesso. «Ma ancora nel marzo 1939, nell’incontro dei cardinali tedeschi con Pio XII, Faulhaber poteva avanzare osservazioni e proposte come questa: “talvolta nutriamo dubbi se da parte dei supremi capi del partito si desidera la pace […]. Soprattutto se si tratta di combattere la Chiesa» ([17]).
Finita la guerra, il 2 giugno del 1945, Pio XII teneva un’udienza ai cardinali residenti a Roma sulla natura del nazionalsocialismo, in cui precisava il significato autentico di quanto era stato scritto da Pio XI: “Voi vedete ciò che lascia dietro a sé una concezione dello Stato che non tiene in nessun conto i sentimenti più sacri dell’’umanità, che calpesta gli inviolabili principi della fede cristiana. Il mondo intero […] contempla oggi la rovina, che ne è derivata”. Il Papa definisce poi la natura del nazismo come: “Lo spettro satanico esibito dal nazionalsocialismo” e precisa che Pio XI con la Mit brennender Sorge “svelò […] quel che il nazionalsocialismo era in realtà: l’apostasia orgogliosa da Gesù Cristo, la negazione della sua dottrina e della sua opera redentrice, il culto della forza, l’idolatria della razza e del sangue”, perciò, conclude, vi è “radicale opposizione tra lo partito nazionalsocialista e la Chiesa cattolica”. Occorre dire che Pio XI nello stesso 1937 condannava nazismo e comunismo; ma diceva, nella Divini Redemptoris, che il comunismo è “intrinsecamente perverso e nessun cristiano può, per nessun motivo, collaborare con esso”; mentre non dice altrettanto del nazionalsocialismo. Infatti il nazismo non ha abolito la religione, la proprietà privata e la famiglia, mentre il comunismo sì. Perciò vi è una gradazione nella malizia dei due totalitarismi e quello comunista è ben peggiore di quello nazista. Nonostante ciò, Pio XI, quando Hitler venne a Roma, volle lasciare la Città santa e andarsene, in segno di protesta, a Castelgandolfo, dicendo che a Roma sventolava una “ croce [uncinata] nemica della croce di Cristo”([18]).
Inoltre, occorre specificare che Ernest Nolte ha mostrato nelle sue opere come i Gulag di Stalin siano ben anteriori ai Lager di Hitler il quale, secondo lo storico tedesco, è stato essenzialmente un anticomunista e poi un antisemita, dacché all’origine del comunismo marxista e leninista vi è il giudaismo. Auschwitz viene dopo il Gulag, determinato dal Gulag. ([19]).
Pacelli 1937 e 1945
La nota del cardinale Pacelli (1937) non è in contraddizione con il discorso di Pio XII al S. Collegio (1945). In quest’ultimo il Papa parla di “spettro satanico del nazionalsocialismo, […] che era orgogliosa apostasia del Cristianesimo”, dopo aver constatato lo sviluppo storico del nazismo; mentre nel 1937 il card. Pacelli e Pio XI speravano di poter salvare ancora lo Stato (o Reich) tedesco – col quale avevano stipulato un concordato (1933) – e una parte – meno oltranzista – del Partito nazista, separandola dal gruppo più estremista ed anticristiano (Rosenberg-Goebbels) di esso. Ciò era ancora possibile nel 1933-37, ma lo svilupparsi della storia (1939-45) e forse le circostanze avverse (il giudaismo internazionale, l’America e il bolscevismo), che hanno spinto la Germania in una guerra contro tutti e l’hanno riportata all’esasperazione di Versailles da cui era stata fatta uscire proprio da Hitler, hanno mostrato a papa Pacelli che la natura di una parte del nazismo, la quale era inizialmente tendenzialmente anticristiana, lo è diventata in atto e di fatto dopo, e sotto le brutture della guerra totale e di annientamento del Nuovo Ordine Europeo, ha preso il sopravvento o è stata fatta emergere dalle circostanze belliche. Tale Nuovo Ordine Europeo avrebbe potuto veder il sole se l’Inghilterra avesse accettato l’invito della Germania (che inviò von Ribbentropp nel Regno Unito) a mettersi a fianco di lei, assieme con l’Italia, la Spagna, il Portogallo contro l’Unione Sovietica. Hitler non voleva la guerra contro l’Inghilterra e gli Usa, ha voluto solo riprendere per la Germania ciò che Versailles le aveva sottratto, avrebbe voluto estirpare il comunismo sovietico, porre un argine allo strapotere del giudaismo mondiale ed espandere la civiltà europea ad est. Ma il complotto demo-pluto-giudaico-massonico glielo ha impedito e lo ha riportato a Versailles spingendolo verso la disperazione distruttrice, piuttosto che verso l’accettazione di una capitolazione incondizionata o una Versailles-bis. Tutto ciò ha sprofondato l’Europa nel baratro di una guerra mai vista prima, ed ha fatto ricader tutte le colpe solo su chi ha perso (“vae victis”) e non ha potuto difendersi essendo stato “norimberghizzato” (ubi non licebat dicere: “tu quoque”). In breve tutti gli orrori del conflitto sono stati attribuiti ad una parte, la quale è stata presentata come il “male assoluto” e la negazione della retta ragione e della vera Religione e quindi come anticristianesimo radicale. Tuttavia ciò che è venuto dopo (bolscevismo penetrato in Europa dell’est, demo-plutocrazia e demo-cristianesimo[20] ad ovest) non è assolutamente migliore dell’hitlerismo. Anzi, vedendo come le demoplutocrazie hanno ridotto la povera Europa, viene voglia di domandarsi se non sia il caso di rivisitare o revisionare anche per Adolfo Hitler, che certamente non era peggiore di Roosvelt, Churchill, Stalin e De Gasperi.