Il 18 luglio 1870 il Concilio Vaticano, riunito a conclusione della sua quarta sessione plenaria, promulgava la Costituzione “Pastor Aeternus”, approvata da Papa Pio IX, che definiva in maniera solenne molte verità già comunemente e universalmente credute e tenute nella Chiesa cattolica, elevandole a rango di Verità di fede definita. Tra queste annoveriamo il Primato del Papa su tutta la Chiesa e l’infallibilità del suo Magistero. Radio Spada, anche in questi anni di generale indebolimento e oscuramento della verità cattolica, vuole festeggiare questa splendida ricorrenza attraverso l’appassionata prosa cattolico-romana di monsignor Pierre Simon Louis Marie de Dreux Brézé, vescovo di Moulins (1811-1893), in un suo discorso tenuto nell’assise il 2 giugno 1870. (testo raccolto a cura di Piergiorgio Seveso)
[…]In una parola o neghiamo a Pietro la suprema potestà magisteriale o lo predichiamo infallibile. E la forza di questo argomento vale per coloro che, andando in direzione opposta e tentando di diminuirne la portata, tentarono
di separare il Primato dalla suprema autorità, quasi che Pietro fosse primo nel magistero ma non sommo.[…]
Questa è espressione gallicana, non gallica. Contro di essa la nostra lingua volle indicare la supremazia papale con tanta designazione di eccellenza che chiamò il successore di Pietro, non primo, non massimo ma supremo: parlando francese del Papa diciamo “le souveraine pontife”, in lingua italica “il sovrano pontefice”.
Con questa parola giuntaci attraverso i secoli, inconsapevoli ma forse per una divina disposizione della Provvidenza dichiariamo che la potestà del Papa nella Chiesa è equiparabile a quella regia, che un tempo presso di noi vigeva piena e non arbitraria nel governo civile.[…] Anche la Sacra Scrittura mostra appieno il senso di questa potestà regia, portando come sempre
il suo tributo alla Verità. Perchè il re porta la spada? Perchè legifera? Perchè attraverso le leggi rivendica i diritti dell’equità e della giustizia affinchè le stesse leggi meritino ossequio? Perchè siede a giudicare, se non per difendere la Verità in parole e opere?
Ogni autorità infatti quando sia ben ordinata a questo fine, ovvero di servire la Verità in atto di suprema sottomissione alla manifestazione della verità stessa, è paragonata all’esercizio della suprema autorità, non senza attenzione
al senso più profondo di quel servizio. Infatti dalla bocca dei profeti e dalla voce stessa di Dio, Nostro Signore è riconosciuto come Re, per alcun altra causa principale. se non per l’annuncio e la proclamazione della Verità.
Ego autem constitutus sum rex ab eo super Sion, montem sanctum ejus, praedicans praeceptum Ejus. Parimenti, interrogato se fosse Re, collegò la sua regalità alla predicazione della Verità: Tu dicis quia rex sum ego, Ego in hoc sum natus, et ad hoc veni in mundo, ut testimonium perhibeam veritati. Infine, patendo sulla croce, facendo di essa la cattedra del suo Magistero, volle che vi fosse fosse sovrainciso il titolo regale, affinchè comprendissimo che questo eccellentissimo magistero di carità era magistero regale.
Regale e per questo libero, ovviamente solo per quella libertà che Egli stesso affermò: Cognoscetis veritatem et veritas liberabit vos. Ovvero vi farà liberi dai nemici esterni ed interni, dai visibili e dagli invisibili.
Quante volte nel corso dei secoli il Vicario di Cristo, avendo egli stesso una croce per cattedra, protendendo le mani a popoli credenti e fedeli, li avrebbe attratti a Sè e alla Verità, se non si fossero interposti dottori che volevano deprimere l’esaltazione del Pontificato attraverso la negazione del privilegio dell’Infallibilità. E’ quindi proprio del nostro dovere di insegnare, il proclamare [il Papa] innanzi ai popoli e ai re come il Supremo araldo della Verità nell’universo mondo.[…]