di Giampaolo Rossi
Era il 2009 e le città italiane si riempirono di questi manifesti colorati, targati Pd.
Doveva ancora venire il “contrordine compagni” con cui, nel lessico politically correct della sinistra italiana, la parola “clandestini” sarebbe stata abolita; anche per legge, visto che pochi anni dopo il governo Renzi-Alfano avrebbe depenalizzato il reato di immigrazione clandestina togliendo, di fatto, l’unico freno legislativo all’invasione dal Mediterraneo.
Ma il manifesto piddino del 2009, rimane una pietra miliare della stupidità della sinistra, della sua criminale responsabilità nel disastro che stiamo vivendo, della sua ipocrisia vestita di peloso umanitarismo.
In quei mesi l’Italia aveva da poco chiuso un accordo con il governo libico: Il “Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione” stipulato tra Berlusconi e Gheddafi, rappresentava anche il più efficace strumento di controllo dell’immigrazione dal sud del mondo (peraltro in buona parte finanziato dall’Unione Europea).
Nei tre anni precedenti (dal 2006 al 2008), gli anni del Governo Prodi per intenderci, il nostro Paese aveva conosciuto una prima invasione dal Mediterraneo con numeri di sbarchi mai raggiunti fino a quel momento: oltre 100 mila. Numeri che oggi fanno quasi sorridere rispetto a quello che sta avvenendo.
Quando Berlusconi arrivò a Palazzo Chigi, nel Giugno 2008, il nuovo esecutivo approntò immediatamente la decisione dell’accordo bilaterale per bloccare gli sbarchi. L’accordo, approvato dal Parlamento all’inizio del 2009, ottenne uno straordinario risultato: in quello stesso anno gli immigrati sbarcati si ridussero a 9.500 e l’anno successivo (2010) solo a 4 mila.
Ovviamente questi risultati si ottennero non solo perché c’era un Governo che aveva chiaro cosa significasse difendere la sovranità nazionale e gli interessi del Paese, ma anche perché la situazione geopolitica lo consentiva.
Dal 2011 le cose cambiarono: la Primavera Araba, che secondo i cantori del progressismo democratico doveva portare libertà e benessere, generò solo conflitti e radicalizzazione islamista facendo esplodere come una polveriera il nord Africa. La criminale guerra di aggressione alla Libia voluta da Sarkozy ed Obama (e benedetta dagli intellettuali di sinistra) trasformò quella nazione in uno Stato fallito, oggi via centrale di passaggio del nuovo mercato degli schiavi.
La guerra alla Siria, voluta dalle potenze occidentali, dai loro pusher sauditi e dall’élite mondialista, ha completato l’opera di trasformazione di Africa e Medio Oriente in un’area destabilizzata, con una forza demografica dirompente che preme in maniera irreversibile sui confini dell’Europa generando l’esodo migratorio le cui conseguenze le sconteremo per almeno 50 anni.
Ma il 2011 cambiò anche il corso del nostro Paese; il complotto ordito dai centri di potere tecnocratico contro il governo Berlusconi e realizzato da Napolitano, dalla sinistra e dal Deep State italico (quella palude contaminata di magistratura, poteri finanziari, media e grande industria) ha di fatto commissariato la nostra democrazia sospendendo la sovranità popolare ed alternando governi tecnocratici e del Pd imposti da giochi di potere e ricatti incrociati.
Ed è in questa fase che la sinistra italiana ha cambiato per l’ennesima volta la sua pelle e, con la capacità camaleontica che la caratterizza, ha archiviato definitivamente l’internazionalismo proletario per quello globalista. Perché parliamoci chiaro, alla sinistra degli immigrati non frega nulla tranne quando dieci di loro vanno a disturbare l’estetica delle ville radical-chic di Capalbio; e a quel punto è facile vedere intellettuali, imprenditori liberal, boiardi di Stato, femministe al caviale e vecchi notabili di partito ribellarsi alla contaminazione multiculturale.
E se un tempo a sinistra avevano il pudore (e l’ipocrisia) di costruire una narrazione umanitaria dietro il loro disegno di favorire l’immigrazione (sono “profughi a cui non possiamo negare ospitalità”, sono “poveri da accogliere” ci dicevano), oggi non hanno neanche il bisogno di manipolare la parola: la Boldrini li chiama “risorse” (più che altro necessarie ad alimentare quel business dell’accoglienza di cui il mondo catto-comunista si ciba da anni) e Tito Boeri ci dice che serviranno a “pagarci le pensioni” (cosa ovviamente non vera perché l’immigrazione di massa non servirà a pagare le pensioni agli italiani ma a garantire forza lavoro a basso costo nella nuova ristrutturazione economica in atto).
Fatto sta che negli ultimi anni, la sinistra di governo ha scientificamente approvato o progettato decisioni atte a favorire l’immigrazione invece che a controllarla e arginarla: dalla depenalizzazione del reato di immigrazione clandestina, allo Ius Soli [v. qui, qui e qui, ndr] che anche ieri Renzi ha definito “una battaglia di civiltà” e su cui inspiegabilmente si stanno mobilitando intellettuali, poteri economici, pezzi del mondo catto-comunista, affinché la legge passi anche a colpi di fiducia. Uno strano senso delle priorità per il Paese sopratutto considerando che l’attuale legislazione già garantisce ai cittadini stranieri di divenire italiani attraverso un serio percorso di maturazione e consapevolezza (tanto che, come abbiamo dimostrato in questo articolo, in due anni abbiamo dato la cittadinanza a 400 mila nuovi italiani).
E così un risvolto “immigrazionista” lo si può trovare anche in battaglie del Pd apparentemente lontane dal tema. Per esempio, l’obbligatorietà dei vaccini imposti per legge dallo Stato in quantità che non impone nessun altro Governo europeo ai propri cittadini, può essere letto come la preparazione ad un’invasione; è scappato detto alla stessa ministra Lorenzin: la vaccinazione di massa servirà a scongiurare “malattie di ritorno” dovute ai “flussi migratori di milioni di persone che provengono da paesi in cui queste epidemie ci sono”.
E così, anche lo scandalo di questi giorni va letto in una luce diversa: che il governo Renzi nel 2014 abbia chiesto all’Ue che gli sbarchi avvenissero tutti in Italia (come ha rivelato incautamente Emma Bonino) non può essere spiegato solo con il dilettantismo di un leader arrogante e incapace che ha cercato di barattare con l’Europa il fallimento economico del proprio governo; è lecito pensare che sia voluto allo scopo proprio di aumentare la presenza di immigrati nel nostro Paese.
La sensazione è che l’Italia si appresti a diventare un test di laboratorio, la sperimentazione di come dissolvere uno Stato nazionale ed imporre modelli sociali e politici più funzionali alla globalizzazione apolide. E la sinistra sta scientificamente operando per questo, scardinando l’assetto demografico, sociale e culturale dell’Italia; accettando passivamente l’immigrazione incontrollata come fosse un disegno del destino e non uno “schema indotto” dal potere globalista.
Per chi volesse approfondire cos’è “l’immigrazione indotta”, l’abbiamo spiegato qui.
Tutto questo, quindi non è solo “idiozia della sinistra” (che comunque accompagna buona parte della sua intellighenzia mainstream); è proprio un disegno che i maggiordomi di Soros e dei suoi potenti amici, stanno cercando di attuare partendo dal nostro Paese; perché qui è dove è più debole l’identità nazionale, minata da 70 anni di catto-comunismo e dove i poteri forti garantiscono da tempo governi non eletti dai cittadini che, non dovendo rispondere alla sovranità popolare, possono rispondere alla sovranità dell’élite globalista (ed è questo il motivo per cui, nel pieno dell’emergenza immigrazione e nei giorni in cui è scoppiato lo scandalo della Ong, George Soros si è precipitato a Roma ad incontrare “riservatamente” il Presidente del Consiglio italiano per dispensargli suggerimenti e magari qualche sereno avvertimento).
L’immigrazionismo è la nuova ideologia del sinistra italiana. Il nuovo approdo di una cultura debole che si arrende alla forza del potere tecnocratico. Ecco perché occorre smascherare l’ipocrisia umanitarista dei nuovi schiavisti.
Fonte: ilgiornale.it (“L’anarca”, blog di Giampaolo Rossi), 7 luglio 2017